sabato 23 luglio 2005

23/07/2005 comunicato del Subcomandante Marcos


- 23 luglio. Nuovo comunicato del Subcomandante Marcos UN PINGUINO NELLA SELVA LACANDONA [prima parte] (La zapatista è appena una casetta, forse la più piccola, in una strada chiamata "Messico", in un quartiere chiamato "America Latina", in una città chiamata "Mondo"). Non ci crederete, ma nel quartier generale dell'ezetaellenne c'è un pinguino. Voi direte "accidenti al sup! è fuso per l'allerta rossa", ma è la verità. E per giunta, mentre vi sto scrivendo, lui (il pinguino) è qui di fianco a me, che mangia lo stesso pane duro e rancido (ha tanta muffa che gli manca un niente per essere penicillina) che, col caffè, mi è toccato oggi come razione. Sì, un pinguino. Ma di questo vi racconterò più avanti perché prima bisogna parlare un po' della Sesta Dichiarazione. Abbiamo letto con attenzione parte dei dubbi, critiche, consigli e dibattiti su quello che esponiamo nella Sesta. Non tutte, certo, ma non attribuitelo alla negligenza, bensì alla pioggia e al fango che allungano ancor più le strade nelle montagne del Sudest Messicano. Benché i punti siano molti, in questo testo farò riferimento solo ad alcuni. Alcuni dei perni su cui si basano le critiche si riferiscono all'invito ad un nuovo intercontinentale, al carattere nazionale messicano della Sesta Dichiarazione e, direttamente da questa, alla proposta (è ancora solo questo, una proposta) di unire la lotta indigena a quelle di altri settori sociali, specificatamente a quelle dei lavoratori della campagna e della città. Altri si riferiscono alla definizione di sinistra anticapitalista ed al fatto che la Sesta tocca "temi vecchi" o utilizza concetti "consunti". Altri avvertono pericoli: lo spostamento della questione indigena per altre e, di conseguenza, la messa da parte dei popoli indios come soggetti di trasformazione; l'avanguardismo e centralismo che potrebbe nascere nella politica di alleanze con organizzazioni di sinistra; la sostituzione della leadership sociale da quella politica; che la destra usi lo zapatismo per sconfiggere López Obrador, cioè il centro politico (io so che queste segnalazioni dicono che AMLO è di sinistra, ma lui dice che è di centro, quindi noi qui prendiamo per buono quello che dice lui, non quello che dicono per lui). La maggioranza di queste segnalazioni hanno buone intenzioni e cercano di aiutare, avvertendo di ostacoli sul cammino, oppure fornendo opinioni su come potrebbe crescere il movimento che la Sesta vorrebbe risvegliare. Di tutto questo ringraziamo, lo valutiamo e lo prendiamo in considerazione. Taglia e incolla Lascerò da parte chi lamenta che l'allerta rossa non sia culminata nella ripresa dei combattimenti offensivi da parte dell'EZLN. Spiacenti di non avere soddisfatto le vostre aspettative di sangue, morte e distruzione. E' così, scusateci. Forse in un'altra occasione.... Restano da parte anche le critiche disoneste. Come quelle di chi pubblica il testo della Sesta Dichiarazione perché dica quello che vuole che dica. Questo è quello che fa il signor Víctor M. Toledo nel suo articolo "Lo zapatismo superato. Sostenibilità, resistenze indigene e neoliberismo", pubblicato sul giornale messicano La Jornada (18 luglio 2005). Credo che si possano discutere i propositi e metodi che espone la Sesta Dichiarazione senza bisogno di essere disonesti. Perché applicando il metodo del "taglia e incolla", il signor Toledo pubblica la Sesta per segnalare che gli manca... quello che ha tagliato. Dice Toledo: "Sorprende che (l'EZLN nella Sesta Dichiarazione) decida di unire i suoi sforzi a contadini, lavoratori, operai, studenti, donne, giovani, omosessuali, lesbiche, transessuali, sacerdoti, suore e attivisti sociali, e che non faccia un solo riferimento alle migliaia di comunità indigene convertite alla ricerca della sostenibilità." Beh, le parti della Sesta che il signor Toledo ha pubblicato dicono il contrario. Per esempio, nella parte in cui si riconosce l'esistenza di resistenze ed alternative al neoliberismo in Messico, ed al primo posto nell'enumerazione di queste, si segnala: "E così sappiamo che ci sono indigeni, che vivono in terre lontane dal Chiapas, che costruiscono la loro autonomia e difendono la loro cultura e curano la terra, i boschi, l'acqua." Forse il signor Toledo si aspettava un racconto dettagliato di quelle lotte indigene, ma questo è un cosa, mentre è un'altra cosa molto diversa, e disonesta, dire che non si fa un solo riferimento. Nel racconto che fa il signor Toledo degli sforzi ai quali l'EZLN ha deciso di unirsi, ha tagliato il primo gruppo sociale al quale si riferisce la Sesta, che dice testualmente: "Allora, secondo l'accordo che prenderà la maggioranza di queste persone che ascolteremo, faremo una lotta con tutti, con indigeni, operai, contadini, eccetera". E non solo; il primo punto della Sesta propriamente detta segnala: "1. - Continueremo a lottare per i popoli indios del Messico, ma non più solo per loro né solo con loro, ma per tutti gli sfruttati e diseredati del Messico, con tutti loro ed in tutto il paese". E nella chiusura della Sesta si dice: "Invitiamo indigeni, operai, contadini, eccetera". Alla fine, immagino che ci saranno, tra gli irritati per le nostre critiche a López Obrador ed al PRD, argomenti più seri ed onesti per la discussione. Chissà che un giorno li espongano. Aspettiamo, è la nostra specialità. In questo quartiere non ti vogliamo Ci sono anche critiche, sebbene più sommesse, al fatto che la Sesta Dichiarazione si riferisca ad alcuni temi internazionali ed al modo in cui sono toccati. Così, alcuni criticano che ci riferiamo al blocco che il governo nordamericano mantiene contro il popolo di Cuba. "È un tema vecchio", dicono. Cos'è tanto vecchio? Vecchio come il blocco? O tanto vecchio quanto la resistenza dei popoli indios in Messico? Quali sono i temi "moderni"? Chi, con onestà, può guardare il mondo e lasciar correre, "perché è un argomento vecchio", un'aggressione ad un popolo che fa ciò che devono fare tutti i popoli, cioè, decidere la loro direzione, passo e destino come Nazione ("difendere la sovranità nazionale", gli dicono)? Chi può ignorare i decenni di resistenza di tutto un popolo di fronte alla prepotenza nordamericana? Chi, sapendo che può fare qualcosa, anche se molto poco, per riconoscere quello sforzo, non lo fa? Chi può ignorare che quel popolo deve sollevarsi, dopo una catastrofe naturale, non solo senza gli aiuti ed i crediti di cui godono altri paesi, ma anche in mezzo ad un accerchiamento brutale ed inumano? Chi può ignorare la base nordamericana di Guantánamo in territorio cubano, il laboratorio di torture in cui si è trasformata, la ferita che rappresenta nella sovranità di una nazione e dire: "Andiamo, questo è un argomento vecchio"? D'altra parte, non vi sembra naturale che un movimento maggioritariamente indigeno, come quello zapatista, desti simpatie ed ammirazione, per quello che fanno gli indigeni in Ecuador e Bolivia? Che senta fratellanza con coloro che non hanno terra e lottano in Brasile. Che si identifichi con i "piqueteros" dell'Argentina e che saluti le Madri di Plaza de Mayo. Che percepisca similitudini in esperienze ed organizzazione con i mapuche del Cile e con gli indigeni della Colombia. Che noti in Venezuela quanto evidente, ovvero: che il governo nordamericano sta facendo tutto il possibile per colpire la sovranità di quel paese. Che applauda con entusiasmo alle grandi mobilitazioni in Uruguay per opporsi all'imposizione della "stabilità macroeconomica." La Sesta Dichiarazione non si riferisce ad istituzioni in alto, buone o cattive. La Sesta guarda in basso. E sta vedendo una realtà che è condivisa, almeno dalle conquiste che Spagna e Portogallo fecero nelle terre che oggi condividono il nome di "America Latina". Forse questo sentimento di appartenenza alla "grande patria" che è l'America Latina, è "vecchio" ed è "moderno" rivolgere lo sguardo e le aspirazioni al "nord caotico e brutale". Forse, ma se c'è qualcosa di "vecchio" in questo angolo di Messico, dell'America e del Mondo, è la resistenza dei popoli indios. In questa strada non ti vogliamo Ci sono anche (sottolineo e riassumo alcune di queste) le critiche per il fatto di pretendere di "nazionalizzare e perfino universalizzare" il nostro discorso e la nostra lotta. La Sesta, ci dicono, ricade in questi spropositi. Raccomandano allora che l'EZLN rimanga in Chiapas, che rafforzi le Giunte di Buon Governo, e che si limiti al compartimento stagno che gli è toccato. Giacché questo progetto è ormai consolidato e poiché abbiamo dimostrato che possiamo "mettere in pratica una modernità alternativa al neoliberismo nei propri territori", allora potremmo lanciarci a livello nazionale, internazionale e intergalattico. Di fronte a questi argomenti, noi presentiamo la nostra realtà. Non pretendiamo di competere con nessuno per vedere chi è più antineoliberista è o chi presenta più progressi nella resistenza, ma, modestamente, il nostro livello e apporto sono nelle Giunte di Buon Governo. Si può venire, parlare con le autorità o con le comunità, ignorare le lettere e comunicati dove abbiamo dato conto di questo processo ed indagare, di prima mano, su quello che succede qui, dei problemi che si affrontano, di come si risolvono. Non so a chi dobbiamo dimostrare che tutto questo è "mettere in pratica una modernità alternativa al neoliberismo nei propri territori", e chi ci promuoverà o boccerà e, dunque, ci permetterà di uscire e cercare di unire la nostra lotta ad altri settori. Inoltre, abbiamo il presentimento che queste critiche sarebbero lodi... se la Sesta dichiarasse l'appoggio incondizionato al centro politico rappresentato da López Obrador. E se dicessimo "usciamo per unirci alle reti civiche in appoggio ad AMLO", ci sarebbe entusiasmo, i "sì", "certo che bisogna uscire, non bisogna rimanere rinchiusi, è ora che lo zapatismo abbandoni la sua tana ed unisca le sue esperienze alle masse votate a favore dell'atteso". Mmh.... López Obrador. Ha appena presentato il suo "Progetto Alternativo di Nazione" davanti alle reti civiche. Noi diffidiamo e non vediamo altro che un trucco, una maschera (che cambia a seconda del rispettabile) ed una lista di promesse che si dimenticano. Come sia, forse qualcuno potrebbe dire ad AMLO che non può promettere "il compimento degli Accordi di San Andrés", perché questo significa, tra altre cose, riformare la Costituzione e, se non ricordo male, questo è compito del Congresso. In ogni caso, la promessa dovrebbe farla un partito politico, indicando che i suoi candidati compiranno se saranno eletti. In altro modo, si dovrebbe proporre che l'Esecutivo federale comandasse sugli altri poteri o li ignorasse. Cioè, una dittatura. Ma non si tratta di questo. O sì? Nella politica dell'alto, nei periodi elettorali, i progetti cercano si attirare più consensi possibili. Ma attirando alcuni, sottraggono ad altri. Allora decidono di sommare ai più e sottrarre ai meno. Come struttura parallela al PRD, AMLO ha creato le "reti civiche" ed il suo obiettivo è attirare quelli che non sono perredisti. Per queste "reti civiche" AMLO presenta sei persone che coordinano, a livello nazionale, tutti i lopezobradoristi non perredisti. Vediamo due dei "coordinatori nazionali." Socorro Díaz Palacios, sottosegretaria della Protezione Civile nel governo di Carlos Salinas de Gortari. Il 3 gennaio 1994, mentre i federali perpetravano il massacro nel mercato di Ocosingo, dichiarò (cito il bollettino stampa della Segreteria di Governo): "I gruppi violenti che stanno agendo nello stato del Chiapas presentano un miscuglio di interessi e di persone sia nazionali che straniere. Mostrano affinità con altre fazioni violente che operano in paesi fratelli dell'America Centrale. Alcuni indigeni sono stati reclutati, su pressione dei capi di questi gruppi e, senza dubbio, anche manipolati circa le loro rivendicazioni storiche che ancora continuano ad essere disattese". E più avanti: "L'Esercito Messicano, da parte sua, continuerà ad agire nel pieno rispetto dei diritti individuali e della popolazione, fino a dare una risposta chiara e decisa alla richiesta di ordine e sicurezza... bla, bla, bla". Nei giorni successivi la Forza Aerea bombardava le comunità indigene a sud di San Cristóbal de las Casas e l'Esercito fermava, torturava ed assassinava 3 indigeni nella comunità di Morelia, allora nel municipio di Altamirano, Chiapas, Messico. Ricardo Monreal Ávila. Nel gennaio del 1998, appena alcuni giorni dopo il massacro di Acteal, allora deputato per il PRI e membro della Commissione Permanente del Congresso dell'Unione, commentò "che l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) è un gruppo paramilitare, come quelli che assassinarono i 45 indigeni tzotziles il 22 dicembre 1997 a Chenalhó, Chiapas. Perché paramilitare è tutto ciò che opera come un Esercito senza esserlo e si arma essendo civile. Tutti devono disarmarsi, perché tutti hanno contribuito a questa inutile violenza, ingiusta e turpe che ha messo a lutto tutti i messicani", dichiarò (El Informador, di Guadalajara, Jalisco, 3/I/98). Giorni dopo, prima di passare al PRD, perché nel PRI non lo candidarono per il governo di Zacatecas, dichiarava (cito la nota di Ciro Pérez ed Andrea Becerril, ne La Jornada, 7/I/98) che l'episodio di Chenalhó (si riferisce al massacro di Acteal) era stato pianificato "ma non da assicura il leader bianco degli indigeni dalla pelle scura." Ritiene che la posizione dell'EZLN rispetto al massacro voglia "fornire una giustificazione anticipata a Marcos e agli interessi che protegge", e termina segnalando che l'EZ serve interessi stranieri che cercano di "ottenere il dominio sulla zona dell'Istmo di Tehuantepec, le sue risorse e la sua collocazione strategica, obiettivo al quale adeguatamente servono Marcos e gli eserciti che disputano la bandiera indigena". Mmh... mi suona, mi suona... sì, è il punto 28 del programma di AMLO che dice, testuale: "Vincoleremo il Pacifico con l'Atlantico, nell'Istmo di Tehuantepec, attraverso la costruzione di due porti commerciali: uno a Salina Cruz, Oaxaca, ed un altro a Coatzacoalcos, Veracruz, e con ferrovie per il trasporto merci e l'ampliamento della strada esistente." Con questi personaggi, López Obrador si è qualificato, ha sommato ad alcuni, e con loro ha sottratto, tra gli altri, ai "neozapatisti." Ma, d'altra parte, perché non c'è niente in questo programma sui carcerati e scomparsi politici nella guerra sporca degli anni 70 e 80? Né sulla punizione per gli ex governanti che si arricchirono in maniera illecita. Né su fare giustizia nei casi dei massacri di Acteal, El Bosque, Aguas Blancas, El Charco. Temo che, in fatto di giustizia, López Obrador offra "un colpo di spugna e si comincia di nuovo", ciò che, paradossalmente, non è nuovo. Prima di tornare sulle critiche contro le dichiarazioni contenute nella Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona su Messico, America Latina ed il Mondo, permettetemi di dire qualcosa: Usciamo Usciamo. Usciamo, e tanto vale farsene un'idea. Usciamo e, credo, ci siano solo quattro modi di fermarci. Uno è con un attacco preventivo, tanto di moda in questa tappa neoliberista. I passaggi pronosticabili sono: accuse di legami con il narcotraffico o, in generale, con il crimine organizzato; invocazioni allo stato di diritto e amenità per lo stile; una campagna mediatica intensa; un doppio attacco (contro le comunità e contro il Comando Generale); controllo dei danni (cioè, distribuzione di denaro, concessioni e privilegi tra i "portavoce dell'opinione pubblica"); le autorità invitano a prendere le cose con calma; i politici dichiarano che la cosa più importante è che il processo elettorale si svolga in pace e calma sociale; dopo un breve impasse, i candidati riprendono le loro campagne. Un'altro è arrestarci nel momento di uscire, o durante lo svolgimento de "l'altra campagna". Le fasi? Riunioni clandestine tra le dirigenze del PRI, PAN e PRD per stringere accordi (come nel 2001 con la controriforma indigena); la Cocopa dichiara che il dialogo è rotto; il Congresso vota l'annullamento della Legge per il Dialogo; la PGR attiva gli ordini di cattura; un comando dell'AFI, con l'appoggio dell'Esercito, fa prigionieri i delegati zapatisti; contemporaneamente, l'Esercito circonda le comunità indigeni ribelli "per prevenire il disordine e mantenere la pace e la stabilità nazionale"; controllo dei danni, eccetera. Un'altro è ammazzarci. Tappe: si assume un sicario; si monta una provocazione; si commette il crimine; le autorità si dispiacciono del fatto e promettono di indagare "fino alle ultime conseguenze, chiunque sia il colpevole". Un'altra alternativa: "un deplorevole incidente ha provocato la morte della delegazione zapatista che stava percorrendo il tratto di strada verso bla, bla, bla". In entrambe, controllo dei danni, eccetera. Un'altra è farci sparire. Mi riferisco ad una sparizione forzata, come quella di centinaia di oppositori politici nella tappa di "stabilità" priista. Questa potrebbe svolgersi così: i delegati zapatisti non arrivano; l'ultima volta che sono stati visti è stato quando bla, bla, bla; le autorità promettono di indagare; si azzarda l'ipotesi di una faccenda passionale; le autorità dichiarano che indagano tutte le piste e che non si scarta che la delegazione zapatista abbia approfittato dell'uscita per fuggire, con una certa quantità di pozol aspro, verso un paradiso fiscale; l'Interpol indaga nell'Isole Caiman; controllo dei danni, eccetera. Questi sono i pericoli iniziali contro cui cozza la Sesta. Ci siamo preparati molti anni per affrontare queste possibilità; è per questo motivo che l'allerta rossa delle truppe ribelli non è cessata, ma è cessata solo quella delle comunità, e è per questo che uno dei comunicati segnalava che l'EZLN può perdere, per prigione, morte o sparizione forzata, in parte o totalmente la sua dirigenza conosciuta pubblicamente, e continuare a lottare. (Continua...) Dalle montagne del Sudest Messicano Subcomandante Insurgente Marcos Messico, luglio 2005

domenica 17 luglio 2005

17/07/2005 | Fine dell'allerta rossa. Parte "L'Altra Campagna"


CHIAPAS - Con gli ultimi comunicati diffusi tra il 14 e il 15 luglio, l'EZLN annuncia la cessazione dell'allarme rosso e la riapertura dei Caracoles in tutto il territorio zapatista. Nel testo del Subcomandante Marcos l'annuncio dell'avvio di una serie di riunioni tra quanti, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, intendano portare avanti "L'Altra Campagna" all'interno della situazione politica messicana. - Vai allo speciale L'Ezln apre una "nuova fase" - Gli ultimi articoli dai corrispondenti de "La Jornada" in Chiapas conlasexta@revistarebeldía.org). Indubbiamente può essere che alcune organizzazioni non hanno ancora preso decisioni sulla Sesta o stanno aspettando di vedere se López Obrador offre loro una candidatura, o di vedere se Cárdenas esce dal PRD o si candida per un altro partito; o può essere che alcune persone la stanno ancora leggendo o aspettano che gli arrivi, ed allora non riescano a mandare la loro parola prima del giorno 31 di luglio. Non c'è da preoccuparsi, in qualsiasi momento possono unirsi al lavoro sulla strada verso cui stiamo andando. Bene, ma con chi manderà a dire, al più tardi il 31 luglio, che è assolutamente deciso, in primo luogo noi ci riuniremo con questi per incominciare a definire accordi sul piano di "L'Altra Campagna". Queste riunioni si terranno nel mese di agosto e parte di settembre, perché non ci riuniremo tutti in una volta, ma prima con alcuni, poi con altri, e alla fine con tutti. Questo avverrebbe in Chiapas, in alcune delle comunità zapatiste che accetteranno di accoglierci per questo lavoro. Abbiamo scelto il fine settimana perchè non siate costretti a mancare dal vostro lavoro... o non molto. Dunque, il calendario che proponiamo è il seguente (attenzione: può subire cambiamenti, ma vi avviseremo in tempo): . - Organizzazioni Politiche di Sinistra: arrivo venerdì 5 agosto, riunione sabato 6 agosto e partenza domenica 7 agosto. . - Organizzazioni Indigene e Popoli Indios del Messico: arrivo venerdì 12 agosto, riunione sabato 13 agosto e partenza domenica 14 agosto. . - Organizzazioni sociali di Sinistra: arrivo venerdì 19 agosto, riunione sabato 20 agosto e partenza domenica 21 agosto. . - Organizzazioni Non Governative, artistiche, culturali, gruppi, collettivi, eccetera: arrivo venerdì 26 agosto, riunione sabato 27 agosto e partenza domenica 28 agosto. . - Donne, uomini, anziani, bambini e bambine, a titolo individuale, familiare, di comunità, strada, quartiere, o vicinanza: arrivo venerdì 2 settembre, riunione sabato 3 settembre e partenza domenica 4 settembre. . - Altri (cioè quelli che non hanno potuto partecipare a nessuna degli appuntamenti precedenti): arrivo venerdì 9 settembre, riunione sabato 10 settembre e partenza domenica 11 settembre. Noi calcoliamo che, col vento a favore, potremmo già emettere una dichiarazione pubblica congiunta (cioè non più solo l'EZLN, ma di tutti quelli che si sono messi d'accordo) il 16 settembre. Con questa dichiarazione pubblica e già con una commissione di tutti quelli che entreranno nell'attività, continueremmo a riunirci con gruppi e persone cheaderiranno a questa iniziativa. Bene, vi stiamo avvisando per tempo affinché continuiate a vedere e preparare come nominare delegati o rappresentanti, il costo del viaggio, il soggiorno, la coperta, il telo di nailon (sta piovendo molto e pioverà ancora di più), la torcia, le pile, gli stivali per il fango, i documenti, il quaderno e la penna per prendere appunti e così informare puntualmente i vostri compagni, eccetera. Vi chiediamo il favore di portarvi qualcosa per il la vostra alimentazione che preparete voi stessi, per non essere di peso nelle comunità che, generose come sempre, ci accoglieranno. Ed alle organizzazioni, gruppi e collettivi chiediamo di non venire tutti in una volta, ma di nominare alcuni o alcune per questo lavoro, in modo che si possa discutere e prendere accordi, perché se siamo in troppi diventa un chiasso e ci perdiamo via a discutere, ed i politici la fanno finita con il nostro paese prima che noi ci siamo messi d'accordo per impedirlo. E a tutti e tutte chiediamo di mettercela tutta perché abbiamo qualcosa da perdere: la Patria. Bene. Salute e che il cuore batta dove già si trova, cioè, a sinistra. Dalle montagne del Sudest Messicano Per la Commissione Sesta del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale Subcomandante Insurgente Marcos Messico, Luglio 2005 - Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale 13 luglio 2005 Al popolo del Messico Questa è la nostra parola: Primo. L'EZLN ha designato una commissione della sua direzione affinché s’incarichi di tutto quanto in relazione con le attività per portare avanti la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona ed affinché lavori, in maniera congiunta e rispettosa, con le organizzazioni, i gruppi, i collettivi e gli individui che si uniranno a questa nuova iniziativa civile e pacifica in Messico. Secondo. La Sesta Dichiarazione è chiara nei suoi contenuti e propositi, per cui è stata compresa dai suoi destinatari. Solo i politici e gli impresari messicani hanno dimostrato di non aver capito nulla e non hanno perso l'occasione di cadere nel ridicolo. Terzo. L'EZLN ha letto, con rispetto ed attenzione, le diverse analisi scritte su questa iniziativa. Ringraziamo chi ha avvertito dei rischi e pericoli ed ha dato la sua opinione e consiglio sulla migliore rotta e sui passi da intraprendere per andare avanti. Inoltre, l'EZLN ha preso nota delle molte adesioni che ci sono giunte da diversi canali. Quarto. Per ordinare e sistematizzare tutto questo, in accordo con la rivista messicana di sinistra Rebeldía, l'EZLN avvisa che le adesioni, le disponibilità a lavorare congiuntamente, i commenti positivi e negativi, le critiche costruttive e distruttive, appoggi, rifiuti e ripudi, alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dovranno essere inviati ai seguenti indirizzi di posta elettronica. Per aderire alla Sesta Dichiarazione e per collaborare attivamente, congiuntamente con l'EZLN nel progetto per una Campagna Nazionale con un'Altra Politica, per un Programma Nazionale di Lotta di Sinistra ed una Nuova Costituzione, l’indirizzo di posta elettronica è conlasexta@revistarebeldía.org. Vi chiediamo il favore di inserire qualche vostro riferimento per comunicare con voi, mantenervi informati di tutto e per potervi invitare alle riunioni ed attività che si realizzeranno. Per tutto quanto è contro la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, l’indirizzo di posta elettronica è contralasexta@revistarebeldia.org. Tutte le opinioni contrarie saranno lette ed analizzate con serietà. In generale, per qualunque informazione, consultare la pagina web: www.revistarebeldia.org. Quinto. La commissione dell'EZLN incaricata del lavoro per il compimento della Sesta Dichiarazione stenderà, il primo agosto 2005, un primo elenco delle persone e delle organizzazioni di sinistra che si uniranno a questo lavoro per realizzare con loro una serie di riunioni di discussione e di lavoro, programmate per gruppi e comunicate col dovuto anticipo. Sesto. Chiediamo rispettosamente alle organizzazioni politiche e sociali, indigene, non governative, culturali, artistiche, scientifiche, di genere, omosessuali, lesbiche, transessuali, ognuno-come-gli-pare, gruppi, collettivi e qualunque altro tipo di raggruppamento di nominare i loro delegati o rappresentanti per assistere a dette riunioni di lavoro. Democrazia! Libertà! Giustizia! Dalle montagne del Sudest Messicano Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale Messico, Luglio 2005 "La Jornada" dai suoi inviati in Chiapas - da "La Jornada", 16 luglio 2005 La JBG Camino del futuro riapre le sue strutture CON FESTE E BALLI GLI ZAPATISTI CESSANO L'ALLERTA ROSSA Anche i consigli municipali riprendono le attività HERMANN BELLINGHAUSEN La Garrucha, Chis. 15 luglio. Con feste e balli le comunità della selva tzeltal hanno cessato l'allerta rossa. La giunta di buon governo (JBG) "Camino del futuro", oggi ha riaperto le sue strutture ed i quattro consigli municipali ricevono di nuovo nei loro uffici. La musica è durata tutto il giorno. In realtà, la festa era iniziata già da ieri, giovedì. Effettivamente ha "svegliato" la comunità, capoluogo del municipio ribelle Francisco Gómez, a conclusione di diverse settimane di ritiro della popolazione e chiusura del caracol "Resistencia hacia un nuevo amanecer". All'altezza del villaggio, la strada sterrata è piena di gente e veicoli, come i dintorni del centro di governo autonomo. Un mare di tende di náilon (plastica), rudimentali tende a montagna, circonda la spianata centrale trasformata oggi in pista da ballo. Qui si sistemano i visitatori. Lo spirito è di festa. Le ragazze risplendono cosicché i ragazzi non possono far altro che invitarle a ballare. Era da molto tempo che il sottoscritto non vedeva tanti bambini scatenati in una celebrazione zapatista. Gli uomini salutano e sorridono. Alla festa partecipano almeno un migliaio di indigeni provenienti dalle diverse regioni che compongono questo caracol, i municipi San Manuel, Francisco Villa, Francisco Gómez e Ricardo Flores Magón. Sembra che anche negli altri quattro caracoles si stiano svolgendo feste simili. Per questa notte si aspetta di ricevere un messaggio della giunta zapatista. La "commissione di vigilanza del buon governo" riceve La Jornada nel suo ufficio e concede l'autorizzazione a parlare con la JBG. A pochi metri, un murale occupa la facciata di legno di una seconda sede di questa commissione: un grande occhio presenta ai suoi lati sole e la luna, e da una milpa verde germogliano due mani che lanciano grani gialli di mais. Al centro, sulla porta, si legge: "Per tutti tutto." Realizzato da indigeni e da un collettivo della società civile che si firma solo come Errore! Tabellone non definito, il murale rivela un concetto della "vigilanza" abbastanza originale. Come sua facoltà, la JBG, con la riserva che gli è abituale, dice al sottoscritto che la festa che si sta svolgendo nel caracol, per adesso è "tutto quella che gli zapatisti di qua hanno da dire." Nel pomeriggio, in maniera molto selvaggia e propiziatoria, arriva un forte acquazzone che mette a dura prova l'efficacia dei "tetti" di náilon e per un attimo interrompe le cumbias e le linee elettriche. Si teme che vada via la luce (cosa che succede quasi ogni giorno) ma mi raccontano che nemmeno questo ha fatto interrompere il ballo ieri sera, che poi è durato fino a tardi. La musica ritorna non appena spiove e poco dopo tutti ballano. Una pietra sul cammino. Un bambino piccolo agita una straccio arancione all'inizio di una curva pericolosa della strada che attraversa Huixtán. Molto piccolo, forse di sei anni. Solo. I veicoli diminuiscono la velocità. Metri più avanti, la madre del bambino, con i capelli annodati a coda di cavallo sulla testa, come un alto ciuffo, con la metà sinistra del corpo curava suo figlio e gli faceva segni. Con l'altra metà di sé controllava l'estremo opposto della strada, un rettilineo. Nello stesso tempo, guardando davanti, conversa con suo marito, forse gli dà indicazioni. L'uomo, un contadino tzeltal in apparenza molto povero, brandisce con forza un maglio che picchia contro una roccia abbastanza grande da bloccare tutta una corsia della strada San Cristobal de las Casas-Ocosingo. Lo smottamento è avvenuto ai bordi della sua casa ed egli ha compreso che rappresentava un serio pericolo per gli automobilisti. Il compito di frantumare l'immensa roccia sembra titanico, forse impossibile. I pezzi che stacca il maglio sono piccoli. Questo Sisifo ha deciso di non spostare la pietra. Da solo non ce la farebbe. A differenza del personaggio mitico, il suo progetto è rompere la roccia, rimuoverne poi i pezzi, e così ha fatto. Questo piccolissimo e fragile nucleo familiare ha messo a rischio la pelle per preoccuparsi degli altri. Nessuno ha ordinato loro di farlo. Nessuno li paga. L'incidente illustra molto bene il modo con cui gli indigeni affrontano i problemi che sono loro ma anche degli altri. Quando non importa l'affiliazione religiosa né i contenuti politici del loro pensiero per capire quello che è di tutti ed assumersene la responsabilità che compete. - da "La Jornada", 17 luglio 2005 Annunciano che ora le basi vigileranno sul lavoro delle JBG FESTEGGIATA TUTTA LA NOTTE LA FINE DELL'ALLERTA ROSSA Gli zapatisti anticipano che come parte della nuova fase di lotta porteranno il loro messaggio ad altri gruppi in condizioni vulnerabili HERMANN BELLINGHAUSEN La Garrucha, Chis., 16 luglio. Ieri sera, nel caracol "Resistencia hacia un nuevo amanecer" c'erano solo due modi per interrompere il ballo: un altro acquazzone, o l'energica apparizione della giunta di buon governo (JBG) "Camino del futuro" per rivolgere "alcune semplici e brevi parole" alle basi di appoggio dell'EZLN ed alla società civile. "Il motivo della nostra festa è per la fine dell'allerta rossa, perché avevamo chiuso i nostri uffici per prevenire qualunque tentativo del governo di attaccare i nostri fratelli mentre facevamo la nostra consultazione". Verso mezzanotte, "la compagna Carla" ha preso il microfono dei musicisti per parlare a nome della JBG, facendo riferimento al risultato della consultazione, dove i popoli zapatisti hanno deciso di "formare una coalizione di organizzazioni nazionale ed internazionale." A partire da oggi, ha aggiunto, "nei caracoles le basi di appoggio vigileranno affinché il governo autonomo compia il suo dovere. In 12 anni la nostra organizzazione ha fatto progressi. Siamo maturati. Abbiamo anche dialogato con il governo. E per questo abbiamo ottenuto gli accordi di San Andrés." Davanti ad un migliaio di indigeni, illuminati da luci sparse, la giunta zapatista ha dichiarato che, nonostante gli sforzi dei popoli, "i padroni ed i potenti hanno ucciso il dialogo". Carla, madre di famiglia ed ora governante zapatista, ha segnalato che, come prodotto della consultazione e dei cambiamenti della sua organizzazione, gli zapatisti d'ora in poi porteranno la loro parola in molte parti. "Andremo a parlare con tutti i settori non protetti e sfruttati. Con loro chiederemo il compimento dei 13 punti che hanno dato origine alla nostra lotta." Ha segnalato: "Non importano le conseguenze che potranno avere le nostre nuove azioni. Insieme avremo la forza." Poi ha preso la parola "il compagno Gustavo" che ha ripetuto il messaggio in tzeltal, in termini più coloriti e dettagliati, facendo riferimento al tradimento dei tre poteri dell'Unione e dei partiti politici ed al viaggio che effettueranno prossimamente gli zapatisti nei diversi stati della Repubblica. Un altro membro della JBG, di buon umore, con tutta l'ironia tzeltal, ha detto per concludere il breve evento politico: "Ora che sapete perché c'è la festa, festeggiamo fino a che il corpo ce la farà e credo che sarà fino all'alba." E così è stato. Le cumbias sono durate la notte intera, e così le coppie che ballavano e appena s'è fatto chiaro, quasi senza soluzione di continuità, i motori dei primi camion si sono messi in moto. E dal ballo al camion, senza dormire, centinaia di indigeni hanno preso le strade della selva. Impercettibilmente, come per magia, si sono tolte le tende dell'improvvisato accampamento ed al sorgere del sole rimanevano solo alcuni bastoni nel fango e gli ultimi gruppi di famiglie e giovani, accorsi alla riapertura del loro caracol, in attesa della partenza dei loro veicoli. Nello stesso tempo, iniziavano ad arrivare i gruppi di società civile interessati ai progetti dei municipi autonomi, ed i primi campamentisti. Uno di loro ieri sera, quando la festa durava già da molte ore e non sembrava essere prossima alla fine, così commentava: "Non posso immaginare una festa di questo tipo, con musica ed allegria, ed inoltre dove tutti bevono alcool. Sarebbe completamente diversa." Per incominciare, nessuno sarebbe arrivato vivo all'alba. E questi zapatisti sono tutti arrivati all'alba, pronti a tornare alle loro comunità nelle altre valli da qui ai Montes Azules, alcune a più di sette ore di viaggio. Alcuni in auto, altri a piedi in montagna. Quando Carla nel suo discorso citava la possibilità di essere attaccati e ribadiva quanto detto nei recenti comunicati del CCRI-CG dell'EZLN, circa i rischi che significa questa nuova tappa della lotta zapatista, non diceva parole solo per dirle. Secondo una folto numero di testimonianze raccolte da La Jornada nei giorni scorsi, tutto indica che su diverse regioni indigene del Chiapas ribelle si aggira un nuovo fantasma di contrainsurgencia paramilitare (direttamente legato alla struttura del PRI) che in alcune parti delle valli e della zona nord minaccia già in maniera esplicita le comunità ribelli. E' notevole che festeggino oggi le loro strutture di governo, con evidente allegria, comunità indigene che, dopo molti anni di lotta, vedono che la lotta ancora continua. "E manca un chingo", diceva ieri sera un indigeno che commentava la questione. E per di più, lo diceva ridendo. (Traduzione Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)