venerdì 1 settembre 2006

Associazione Ya Basta - Intervista a Diego del Colectivo Situaciones



Intervista a Diego del "Colectivo Situaciones"
a cura di Susana Ciummelli dell’Associazione Ya Basta! Marche
Buenos Aires Maggio 2006

C’è un cambio in corso in Argentina, non si può dire che il governo Kirchner sia come quello di Menem.
Penso che la migliore maniera per fare un analisi su Kirchner e su quello che sta succedendo politicamente in Argentina oggi , è quella di non avere il bisogno, la necessità di costruire un scenario negativo; bisogna essere oggettivi e non cercare a tutti costi di trovare una sinistra sempre molto dogmatica, che dica sempre le stesse cose, che sempre abbia bisogno di essere perseguita per poter essere legittimata.
Se uno non ha il bisogno di trovare la sinistra di governo sempre criticabile si può pensare molto più liberamente e in maniera obiettiva.
Non è la medesima cosa la politica dei Diritti Umani perseguita dal governo Kirchner da quella di Menen, e questo è senza dubbio un risultato prodotto dagli accadimenti del 19 e 20 dicembre 2001.
Già il riconoscimento che c’è da parte del governo a ciò che sono state le lotte degli anni ‘70, con tutte le contraddizioni e le ambiguità, porta a una legittimazione alle lotte dei ‘70.
Ma questo non vuol dire che il cambio sia totale e che non si deva continuare a lottare.
Quando avviene un cambiamento ci sono delle situazioni che bisogna rivedere, una ad esempio è che molta gente smette di lottare, non è sufficiente rendersene conto, bisogna anche capirlo; un’altra è che si aprono possibilità di nuove lotte, e anche questo va compreso.
Oggi lo stato non racconta che quella degli anni ‘70 è stata una storia di terrorismo.
Molti protagonisti di quegli anni possono rivendicare oggi la loro storia pubblicamente, si è iniziato a parlare di risarcimenti, e anche le Madres de Plaza de Mayo dicono che questo governo sta facendo quello che loro si aspettano nell’ ambito dei Diritti Umani.
Tutto ciò è un cambio . Poi certamente ci sono molte critiche, perchè tutto questo riconoscimento che viene fatto per i diritti umani è anche molto strumentale, serve al governo per legittimare ciò che non fa.
Dal punto di vista economico non ci sono cambi, il modello è molto polarizzato come nel periodo neoliberista di Menen; da una parte crescita economica per le persone di classe più o meno alta, mentre dall’altra, tutta una classe sociale più debole si trova costretta con lavoro precario, disoccupazione, povertà ecc..
E’ una situazione molto negativa che mette in evidenza una disparità molto grande, questo lo si può notare anche solo camminando per le strade della città. E’ questa sicuramente la manipolazione “siccome c’è un governo che difende i Diritti Umani non lo si può criticare”.
Non si riesce mai a cambiare ad esempio il sistema carcerario che è un problema enorme, come è enorme anche la corruzione della polizia nei quartieri, e il tipo di risposta che viene data al problema delle droghe e le tante morti di ragazzi a causa del “gatillo facil” (grilletto facile).
Allora, siccome c’è un governo che parla dei diritti umani, pensano che non devono essere criticati e che non devono subire le proteste sociali per altri temi molto importanti, quali ad esempio: il problema ambientale, si parla tanto della produzione della cellulosa per l’industria della carta da parte delle imprese uruguayane e del blocco e dell’opposizione della società civile argentina, ma non è solo l’unico problema, ci sono molti quartieri che si stanno mobilizzando spontaneamente anche sul problema dell’inquinamento magnetico, contro le opere che lo stesso governo ha approvato fin dall’inizio, ma le mobilitazioni costringono il governo a prendere delle posizioni precise .
Il governo è cambiato, è cambiata la sua posizione di fronte alla società , non cerca più di opporsi alla società civile continuamente, fa degli sforzi, tratta con i sindacati, c’è una parte del movimento piquetero che è totalmente inclusa nella politica del governo, sono diventati dei funzionari e questo prima era impensabile.
E’ questo un riconoscimento da parte del governo alle dinamiche aperte dopo il 19 e 20 dicembre, capisce che non si può governare contro ciò che è successo in quei giorni, e questo riconoscimento dei movimenti sociali, dei movimenti per i diritti umani, è anche la necessità di avere il controllo della piazza, delle strade. Il governo ha delle persone di fiducia nelle piazze, piqueteros amici, perchè sa che se non controlla la piazza e le strade, indebolisce la propria legittimità.
Da questo punto di vista è un governo molto ambiguo, il grande problema è che in Argentina da 30 anni a questa parte non ci sono stati governi ambigui, infatti i precedenti, erano tutti di ultra destra e basta, perciò questa ambiguità cambia la percezione che tutti hanno su ciò che si può fare o non si può fare, c’è molta confusione politica oggi .
Perciò si deve comprendere che il governo di Kirchner ha compreso il senso delle giornate del 19 e 20 dicembre, a suo modo , ma l’ha capito, cominciando a sviluppare una potenza statale, una nuova capacità dello stato di essere presente.
Non è come prima quando si diceva qui c’è lo stato che ha un suo potere di comando , la società deve obbedire, vedremo quale politiche fare, Kirchner parte dalla posizione qui non esiste stato , qui nessuno deve essere obbediente, qui ci sono dinamiche molto complesse della società e un livello di irritazione molto alto e in maniera molto intelligente fa una politica di gesti simbolici molto accattivanti per costruirsi una specie di ruolo di referente fondamentale della società, parlando con tutti, rapportandosi con tutti, cacciando via militari e poliziotti coinvolti con la dittatura , abbracciando le Madres de Plaza de Mayo il 24 marzo (anniversario del Golpe) e dicendo che la dittatura non è solo colpa dei militari ma anche dei poteri forti economici, che l’Argentina non è un paese dipendente, che sarà un paese povero ma non dipendente perché può decidere cosa fare del suo destino con le proprie risorse.
Per esempio un gesto molto significativo è stato quello di scontrarsi con i latifondisti produttori di carne e dire che il prezzo della carne deve diminuire, e che se non cala, sarà chiusa l’esportazione.
Il governo ha un problema molto grande con l’inflazione e per fare in modo che non aumentino i prezzi delle tariffe, dei servizi , degli alimenti, deve adoperarsi per non aumentare il costo della vita più di tanto, ci sono certi limiti , e se aumentano i prezzi la legittimità del governo diventa poco credibile, perciò per due vie comincia a controllare che non aumentino i prezzi: da una parte dialoga con i sindacati , con i sindacati amici di governo, che sono gli antichi sindacati di sempre, e si accorda con loro per far si che i salari non aumentino più del 19 % ( tutti gli economisti ammettono che i salari sono molto al di sotto nel rapporto del potere d’acquisto degli ultimi anni, ma anche in rapporto alla crescita economica) e i sindacati hanno molta capacità di lotta e di influire sui lavoratori, in qualche modo il sindacato nelle strade potrebbe fare una forzatura per un aumento di salario, ma il governo tratta, come tratta anche con le imprese per una lista di 150 prodotti che non possono aumentare. L’esempio della carne è che siccome l’Argentina esporta molta carne, questo fa si che il prezzo si alzi perchè ne rimane poca per il consumo interno, infatti è più la carne che viene esportata perchè pagata in dollari, allora il governo ha chiuso la possibilità di esportare dicendo che non potevano inviarla fuori fino a che non venga definita una politica dove ci sia la possibilità di avere della carne per il consumo interno a un prezzo accessibile.
Da ciò si vede che viene fatta una politica di gesti simbolici, la quale viene propagandata ogni momento sulla TV, sulle testate dei giornali, tutto il tempo si mandano segnali alla gente che dicono “questo adesso è un’altra cosa”.
Altri gesti simbolici forti sono le alleanze con Evo Morales e con Hugo Chavez, molta gente valorizza questo perché vede una volontà di recuperare una sovranità nazionale, una volontà di reindustrializzazione.
Parlando di politiche dei gesti simbolici possiamo considerare il problema, che dicevamo prima, sulla produzione di cellulosa da parte dell’ Uruguay, che la società argentina tanto contesta e combatte; la situazione è assurda, perchè l’Argentina ha delle fabbriche che sono molto più inquinanti di quella uruguayana, sono più piccole, ma la tecnologia industriale è molto peggiore e molto più contaminante.
Il governo, che da tre anni sa di questa nuova fabbrica uruguayana, non ha detto mai niente, è stata l’assemblea e l’opposizione spontanea della gente che ha imposto il tema al governo, e quando il governo ha cercato di smontare questa opposizione non ci è riuscito, perciò quello che utilizza, sono queste forme di riconoscimento strumentale, va incontro alla società che fa il blocco, parla di sovranità nazionale, fà proprie le rivendicazione dell’assemblea.
C’è un meccanismo di riconoscimento delle assemblee, per non affrontare apertamente i temi, per cercare in maniera sottile di smontarli, e se non ci si riesce allora ci si passa sopra, riconoscendola e guadagnando il consenso della società.
Dall’altra parte sembrerebbe che ci sia una grande settore della società civile, fra quella militante, che disperatamente cerca a tutti costi di dimostrare che dietro alla maschera progressista, si nasconda una politica convenzionale, neoliberista, fascista, di destra.
Forse questo non aiuta, perché al quarto anno di governo Kirchner, invece di vedere che la società civile è una forza vitale, che ha costretto a molti cambiamenti e che ha imposto certi limiti, che stanno determinando di conseguenza una determinata azione di governo, anche se a dire il vero, esso continua a essere neoliberalista,(tutte le condizioni economiche dell’America Latina sono neoliberaliste, come sempre) ci sono comunque certi limiti che si possono imporre e c’è una coscienza e un sapere popolare accumulato negli anni .
Perciò quello che dobbiamo fare è chiederci: in questi nuovi scenari, quali possono essere gli spazi che noi possiamo costruire per continuare a guadagnare terreno, per continuare a costruire le nostre esperienze, qualche volta può essere più semplice nascondere le proprie debolezze, e in questo scenario , in termini oratici, questo governo ha più possibilità di essere sconfitto da una destra politica organizzata che non da una sinistra politica organizzata.
Questo è molto chiaro, quando ci saranno le prossime elezioni l’attuale governo non competerà con un movimento politico organizzato dal basso dai movimenti sociali, ma competerà con la destra politica, come succede in Bolivia, come succede in Brasile ….
D’altra parte non possiamo dire che questo è un governo che ci appartiene, che lo sentiamo nostro, perchè non è per niente cosi , pensiamo che quello che bisogna fare è riconoscere le nostre forze per determinare certi limiti alla situazione, pensare a come organizzarci adesso, ed è per questo che bisogna riconoscere che molti dei movimenti, molto forti qualche anno fa, oggi si sono indeboliti, perchè questa confusione, questa mancanza di rielaborazione ci ha lasciato molto confusi, con solo la chiarezza di come si lavora nei vecchi scenari, ma non in quelli presenti.
E questo è molto interessante da considerare, per non incasellarsi costringendoci a pensare che tutto continua ad essere come prima, bisogna sfruttare e approfittare dei nuovi momenti, cercare di ripensare e rielaborare tutto sulle nuove situazioni e le nuove ricchezze.
Certi metodi di lotta non hanno lo stesso significato di quello che avevano qualche anno fa. Il piquete (piqueto), oggi si può vedere, è un metodo di lotta con una efficacia molto diversa.
In un determinato momento il piquete è servito per spaccare e distruggere il consenso politico che c’era intorno al neoliberismo, soprattutto nel periodo del governo di Della Rua, esso ha aperto un terreno di smascheramento delle visioni reali sulle politiche neoliberiste, un movimento molto grande, è stata una realtà molto forte e importante e tutta la società è diventata un poco piquetera, tutta la società in diverse maniere, e il piqueto e il movimento piquetero godevano di un prestigio e autorità molto significativo.
Oggi si percepisce un’altra situazione, per diversi motivi, un’altra volta ancora, vengono visti come gente che infastidisce, come piccoli gruppetti senza obiettivi validi, già non creano il consenso che creavano prima; e questa ostilità non è solo un problema della classe sociale più o meno agiata, è un problema che si vive anche nei quartieri popolari, che ha una presa di posizione molto diversa a quella del piquetero oggi.
Una persona che torna a casa dopo aver lavorato dodici ore e trova la strada bloccata da un piqueto, ha come un rifiuto, ci sono stati anche degli scontri a causa di ciò.
E’ come se oggi per la gente non sia giustificato fare un piqueto, questo non vuole dire che non ci siano problemi economici tanto gravi come prima da giustificarlo, ma uno può capire che gli effetti sono diversi fra un piqueto del passato e uno fatto oggi.
Da queste percezioni si vedono anche cambiamenti delle dinamiche interne fra i movimenti piqueteros, infatti ci sono dei movimenti che da un pezzo hanno cominciato a riflettere su questi cambiamenti, continuano a considerarsi piqueteros, nel senso che continuano a pensare che è sempre la stessa lotta, ma allo stesso tempo cercano d’analizzare su quale strada e in che termini continuare la lotta oggi.
Ed è proprio li, dove si aprono cose molto diverse che bisogna continuare i percorsi di lotta.
Si notano tre diverse posizioni all’interno del Movimento piquetero: una filo-governativa, forse sono i “vincitori” di questo momento, ricoprono delle cariche importanti all’interno del governo, hanno una posizione di legittimità e di potere molto alta, sono un gruppo che rappresentano la base sociale di Kirchner; una seconda posizione si può vedere fra le sigle dei piqueteros che sono rimasti legati al metodo del piqueto, con una posizione di critica radicale alle politiche attuali, che dice che i cambiamenti sono solo cosmetici e molto superficiali, è tutto come al solito e il metodo del piqueto continua ad essere la forma di lotta referenziale; la terza posizione è quella della quale si parlava all’ inizio, di quei gruppi che cercano di trovare nuove forme di lotta, cercando di rompere quell’inerzia, cercando di uscire da quelle posizioni del tipo “sono con il governo o sono contro il governo “, cercando di fare diverse iniziative, cercando di dedicare più tempo a riflettere su ogni questione, cercando di generare più sensibilità, ciò non vuol dire che possano sempre risolvere tutto, che quello che si fa riesca per forza, questo è un altro problema.
Ci sono molti gruppi che si trovano in questa cornice, in questo ragionamento. E’ una terza posizione che percorrono molti movimenti, che non per forza lavorano insieme e sono coordinati, e non è che la pensino su tutto allo stesso modo, ma hanno capito che lo scenario non è più quello di prima e non sperano che tutto sia come prima, si rendono conto che l’attuale è diverso e che bisogna pensare a nuove strategie, nuove forme di lotta.

Argentina, YaBasta Marche - Un Viaggio en "EL PAN DEL BORDA"

Argentina, YaBasta Marche - Un Viaggio en "EL PAN DEL BORDA"
a cura di Susana Ciummelli della delegazione ya basta in Argentina (2006)


Fra tutte le iniziative d’autorganizzazione della società civile argentina, sicuramente questa colpisce doppiamente: primo perché “El pan del Borda” (il forno del Borda) è un forno recuperato dai lavoratori, un forno all’interno dell’Ospedale neuropsichiatrico Borda di Buenos Aires senza uso e totalmente abbandonato dopo le privatizzazioni e gli appalti concesse a ditte esterne per la gestione della mensa, poi perché “El pan del Borda” viene gestito e portato avanti da un gruppo di persone disoccupate dove ci sono anche pazienti dell’ospedale.. e questo forno ha un doppio ruolo di “fabbrica recuperata” ed inserimento lavorativo–terapeutico per una gran parte dei lavoratori.
Il Forno del Borda viene occupato e recuperato nel 2002 in pieno furore della rivolta del Caserolazo (poco dopo che gli argentini si riversarono nelle strade e nelle piazze il 19 e 20 dicembre 2001, costringendo alla fuga il presidente ) lì prende forza un nuovo attore sociale: las asembleas barriales (le assemblee dei quartieri) fra queste l’assemblea della zona sud della provincia di Buenos Aires dove all’interno c’era quello che si chiamava Inter-salud, un’assemblea nell’assemblea tra quartieri che lavorava sul tema specifico della salute.
Questo spazio di inter-salud cercava di approfondire tutte le questioni riguardanti questo tema.
Inter-salud si coordina con studenti e con lavoratori del ospedale Borda.
Si conosce così che dentro del Borda c’era una fabbrica di pasta, l’antica pasticceria del Borda.
Nel processo di privatizzazione di diversi settori dell’ospedale che privatizza la cucina, la mensa si da in gestione ad una impresa.
In questo processo rimane abbandonato lo spazio, i forni di cottura, le attrezzature.
Si riflette, ci si organizza, ci si mobilita, si riesce a trovare la chiave e questo spazio totalmente allagato, abbandonato, diventato il rifugio di topi viene pulito e sistemato.
Tutto ciò con il sostegno, le battaglie, le esplosioni delle mobilitazioni di massa. La condivisione di quel movimento sociale argentino che forse oggi sembra un po’ in crisi, ma come dicono loro “siamo sicuramente di meno ma la consapevolezza e il senso di appartenenza è più alto” la gente che è rimasta nel progetto sicuramente ha una condivisione e un forte spirito comune. Nonostante che nel movimento ci siano divisioni, divergenze in molte questioni, c’è stato un grande passo avanti dal punto di vista della democrazia.
Il gruppo che lavora dentro lo spazio inter-salud ( dove ci sono anche vicini che lavorano dentro dell’ospedale Borda) capisce che quel forno abbandonato può diventare un progetto concreto di salute.
Perciò si lavora per entrare nel posto, e poi si convoca la gente dell’università di psicologia, che dista quattro isolati del quartiere dove si riuniscono.
Il progetto prevede di recuperare il forno per fare un lavoro di Demanicomializzazzione autogestita.
Perciò si capisce che c’è il contatto con l’ospedale ma la forza è dentro l’assemblea.
Oggi nove persone disoccupate lavorano nella produzione, vendita e distribuzione.
Poi ci sono gli operatori della salute che si sono aggiunti al progetto, molta gente che ha transitato, che oggi non può dedicare la sua presenza totale continua a collaborare e molta altra gente fa parte di una rete di sostegno.
Oggi il Pan del Borda mantiene un rapporto molto autonomo dentro l’ ospedale. Fra la gente che lavora c’è chi è interno del Borda, chi qualche volta lo è stato e oggi non lo è più, chi non e mai stato ricoverato ma utilizza gli ambulatori esterni di sostegno psicologico e chi non è mai stato paziente psichico.
Le nove persone che producono prendono uno stipendio in relazione alle entrate e alle ore lavorate, lo spirito di questa cooperativa è stato sempre quello di distribuire egualmente lo stipendio, ma non sempre è stato possibile.
La produzione del forno cerca di essere commercializzata con quello che si chiama “canasteo”.
Si gira dentro e fuori l’ospedale come venditori ambulanti con la cesta. Si cerca di vendere anche dentro delle fabbriche recuperate, nelle università e dentro al mondo del movimento. Un punto vendita importante è anche il bar dell’Università di Madres de Plaza de Mayo.
La produzione non è tanto alta, molte macchine non funzionano e altre non funzionano al 100%, e un grosso problema è che non ricevono nessun sostegno economico de nessun settore, nè sociale, nè istituzionale, nè privato… tutto quello che si porta avanti all’interno del progetto del Pan del Borda è realizzato solo ed esclusivamente con le proprie energie e con lo sforzo umano di coloro che sono dentro al progetto.
La cosa buffa è che ( come succede anche con Radio La Colifata) questa esperienza non viene ufficialmente riconosciuta dai vertici del Borda ( e in qualche caso viene anche boicottata... ) non viene legalizzata, ma in qualche modo viene legittimata perché c’è una lista di attesa per l’ingresso di pazienti richiesta di diversi servizi dell’ospedale e questo fa capire che il progetto viene valorizzato e riconosciuto.
Ci sono dei professionisti, operatori, medici che visitano il forno per seguire i loro pazienti, c’è un rapporto con certi settori isolati dell’ospedale, con certi medici ed operatori , ma a livello istituzionale, il rapporto non è per niente collaborativo, anzi.
Nell’intervista fatta a Ya Basta si racconta che l’ospedale rappresenta la politica dello Stato nel settore della Salute mentale, ciò significa che ci sono tante cose che non funzionano come succede con tutte le esperienze manicomiali, e il manicomio come istituzione totale non ha bisogno che l’informazione di ciò che succede dentro esca all’esterno, perciò ogni iniziativa dentro l’ospedale che è anche informazione, comunicazione, azione… diventa pericolosa per il regime dell’ ospedale stesso: è pericoloso per coloro che hanno interesse a che tutto continui a funzionare come funziona oggi.
Il bugget per ogni paziente non è poco, ma quella cifra non si vede nei servizi che sono costretti a subire i pazienti del ospedale.
L’ospedale psichiatrico ha una politica totalmente espulsiva e questa tensione fra istituito ed istituente attraversa anche i diversi settori, ci sono professionisti impegnati che non sono d’accordo con la politica statale di salute mentale e sono i professionisti che sostengono queste tipi d’iniziative, anche rischiando, perciò la lotta che esiste fra le diverse classe sociale si riproduce anche dentro l’ospedale.
La posizione dell’ospedale è quella di ignorare, negare, e questa è una posizione molto chiara.
Dopo un lavoro in salute di due anni, dove una persona fa tutto un processo di soggettività, dove si riappropria di uno strumento, di uno spazio, della gestione dei suoi orari, di un prodotto che lui stesso ha prodotto ma di fronte al fatto che lo stato non ha un proprio progetto di demanicomializzazione, il lavoro poi finisce qui, molte di queste persone non hanno casa e vivono per la strada, dormendo negli spazi chiamati “dormidero” ( grandi capannoni che lo stato mette a disposizione per i senza tetto) dove non c’è posto per tutti, dove devono fare ore di fila, dove alle 7 del mattino sono mandati fuori, costretti a passare le feste e la Pasqua nel marciapiede, dove non hai altra possibilità di lavoro e non hai lo spazio per riuscire ad reinserirsi nella società.

Continuando con una grande tradizione argentina di quello che si conosce come Psicologia Sociale iniziata e fondata dal famosissimo psichiatra-psicanalista Enrique Pichon Rivière, la parola demanicomializzazione comincia a prendere corpo e ad essere molto utilizzata per una gran parte del movimento sociale argentino. Dopo un primo Convegno sulla Salute Mentale fatto nel 2004 nell’Università de Las Madre de Placa de Mayo, nasce il “Movimento Sociale per la Demanicomializzazione e Trasformazione Istituzionale”, che ha già fatto diverse assemblee ed iniziative ( da anni una forte esperienza su demanicomializazione esiste già nella provincia di Rio Negro nella Patagonia Argentina).
L’associazione Ya Basta ha partecipato il 22 aprile 2006 nell’ Ospedale Borda a uno degli incontri del movimento, tanto partecipato che è dovuto spostarsi all’Aula Magna, sempre nel Borda.
Fra psichiatri, psicologi, operatori, utenti del servizio, gente comune del movimento, associazioni, parte del sindacato e anche il Segretario per la Salute Mentale del Gobierno de la Ciudad (Città di Buenos Aires), l’Aula Magna si è riempita.
Con mille difficoltà e resistenze ( le resistenze che sviluppano ogni cambiamento) il movimento per la demanicomializzazione continua a battersi per abbattere i muri del manicomio e delle menti, come quella del sindacato che vede nella demanicomializzazione il pericolo della perdita di posti di lavoro, quello che un po’ succede in Italia con la legge 180, così detta legge Basaglia per la chiusura dei manicomi.
La presenza del Direttore Salute Mentale del Governo della Città, Pablo Berrettoni, dava dei segnali importantissimi, ma da qualche settimana tutto il Gabinetto del governo della città è stato revocato e forse anche il direttore per la Salute Mentale Berrettoni.
Oggi è tutto incerto , non è chiaro se lui continuerà, o in caso di un sostituto questo nuovo direttore che apertura avrà, in un governo, come l’attuale governo dell'argentina, si spera che questa apertura continui nonostante le contraddizioni e le ambiguità, perché il governo di Kirchner sa benissimo che non si può governare contro le dinamiche aperte dopo il 19 e 20 dicembre 2001. Susana CiummelliYa Basta! Marche
Intervista di Ya Basta! al "Collettivo Situaciones"
Per maggiori info,ecco alcuni link di riferimento: