martedì 14 giugno 2011

Quorum: la tempesta perfetta del comune

Quorum: la tempesta perfetta del comune

Considerazioni a caldo sulla vittoria dei quattro referendum

da articolo Globalproject
 
 
 
 
 
E’ fatta. Con un risultato straordinario il quorum è raggiunto e superato.

Se ne erano già accorti a metà mattina i mercati finanziari: Piazza Affari, la borsa valori di Milano, aveva registrato un pesante calo dei titoli delle multiutility quotate, quelle che avevano scommesso sulla privatizzazione della gestione del servizio idrico, e un crollo azionario delle imprese legate al ciclo delle tecnologie atomiche.
Altro che “referendum inutile”!
Una prima valutazione non può prescindere dal merito dei quesiti: ad essere sconfitta è innanzitutto l’idea che si era affermata negli ultimi vent’anni, per cui non solo era giusto e legittimo considerare l’acqua, così come qualsiasi altro “bene comune”, come una risorsa economica, merce oggetto di un irreversibile processo di privata appropriazione, ma che anche la sua gestione in quanto servizio al cittadino, così come di qualsiasi altro “servizio pubblico”, sarebbe stata di gran lunga più “efficiente ed efficace” se affidata alle virtù naturaliter salvifiche del mercato capitalistico. Ideologia e politica economica del neoliberismo sono, così per come li abbiamo conosciuti, nella crisi che ne ha messo a nudo la reale portata, i primi sconfitti dall’esito referendario. Ad essere battutto è pure, nel merito, l’incubo di un ritorno della scelta nucleare in Italia, l’idea cioè che il concatenamento energetico della crisi potesse essere affrontato con il rilancio in grande stile del ciclo atomico, con tutti i rischi ad esso connessi e con il consolidarsi di un modello di produzione centralizzato e autoritario che esso inevitabilmente comporta.
Una seconda valutazione rinvia alle possibili prospettive aperte dal voto: da una parte l’opportunità di praticare, a partire dall’acqua e sulla scala di nuovi laboratori metropolitani e territoriali, la necessità di una radicale inversione di tendenza nella “gestione comune” dei servizi pubblici, inoculando fortissime dosi di partecipazione diretta nelle scelte politiche e amministrative che li riguardano e facendo di essi i pilastri di un’alternativa fondata sulla riappropriazione democratica del governo locale; dall’altra la possibilità di avviare sul serio, una volta rimosso l’ostacolo rappresentato dagli enormi interessi della lobby nuclearista, un ciclo di lotte e di progettualità alternativa per l’affermazione di un “comune energetico”, fondato su elementi praticabili e praticati di indipendenza e democrazia nel disegno del passaggio di civiltà alla produzione di energia da fonti rinnovabili e pulite, connettendo a questo cambio di modello una più ampia proposta di riconversione produttiva in senso ecologico.
Una terza valutazione considera come questi percorsi di grande innovazione siano resi pensabili proprio a partire da un più generale senso di cambiamento, che il carattere di “tempesta perfetta” dell’esito referendario dimostra: a partire infatti dalla crucialità di quesiti costruiti intorno a singoli, ma al tempo stesso paradigmatici “beni comuni” quali acqua ed energia, salute e ambiente, è la domanda di un complessivo orizzonte comune, alternativo allo stato di cose presenti e all’interno del quale ciascuna e ciascuno possa aspirare a migliori condizioni di vita, ad affermarsi come maggioranza sociale (e anche, banalmente, quantitativa nel corpo elettorale) in questo paese. E’ un dato eccezionale, ma è, al tempo stesso, segno di un mutamento profondo; che sarebbe sciocco considerare come acquisito una volta per tutte, ma dev’essere piuttosto interpretato come un positivo e produttivo punto di ripartenza.
Infine, le conseguenze sul quadro politico-istituzionale: è certo evidente come non solo il governo Berlusconi, ma tutto il lungo ciclo del berlusconismo, gli stessi presupposti materiali e ideologici su cui era impiantato, abbiano ricevuto oggi un sonoro “voto di sfiducia moltitudinario”, ben più significativo di qualsiasi maggioranza parlamentare. E che, non a caso, ciò sia avvenuto attraverso il ritorno a nuova vita, la resurrezione dello strumento del referendum, che mancava l’obiettivo del quorum (se si esclude quello confermativo del 2006) da ben diciotto anni. Ma attenzione a quanti sono saltati sul vincente carro referendario solo da due settimane. Una lettura tutta politicista, tutta schiacciata sulla sconfitta del Caimano, che eludesse il contenuto di positiva alternativa sociale dei quesiti, servirebbe solo ad aiutare i tentativi, che certo dobbiamo aspettarci, di intercettare e normalizzare la grande spinta al cambiamento che in queste ore giustamente festeggiamo.

lunedì 13 giugno 2011

Per una nuova stagione di lotta per i beni comuni, tra antiberlusconismo e rincorsa al centro.

Prossima fermata?

di Antonio Musella
15 / 6 / 2011









I risultati del referendum e le considerazioni complessive sulla battaglia referendaria ci aprono le porte ad un ragionamento rinnovato.
La difesa dei beni comuni ha caratterizzato l’ultimo lustro dei movimenti sociali nel nostro paese. Ha caratterizzato l’affermazione di nuove forme di autorganizzazione sociale che a macchia di leopardo si sono sviluppate tra Sud e Nord del paese.
Si sono affermati dei modelli organizzativi come i comitati, abbiamo riscoperto la definizione di territorio e di conseguenza abbiamo sviluppato l’idea di intervento territoriale, infine abbiamo cominciato ad estendere la categoria di bene comune oltre i beni naturali.
Un ciclo di lotte che ha attraversato il paese aiutandoci a definire passo dopo passo cosa sono i beni comuni e quale dinamica di conflitto sociale si sviluppa intorno alla loro difesa. Questi anni, c’hanno fatto comprendere l’importanza dei termini della difesa della terra dalle basi militari, dalla devastazione ambientale delle discariche e degli inceneritori, dalla presenza invasiva degli impianti della green economy, dalla speculazione edilizia, dal governo dell’emergenza, e da tanti e tanti impianti di morte.
Battaglie che qualche volta hanno vinto, altre hanno perso e magari in altre occasioni possiamo dire che…hanno pareggiato…trovando un riassestamento tra eccedenza sociale prodotta in termini di autorganizzazione sociale e risultato concreto.

E' mancato Matteo Dean


E' mancato nella notte del 11 giugno a Toluca in Messico in un incidente stradale con la sua moto, Matteo Dean.
Matteo per tutt@ noi era un riferimento umano e politico in quel grande e lontano/vicino paese che è il Messico.
Matteo ci aspettava quando arrivavamo all'aereoporto per accoglierci e accompagnarci, per darci la possibilità di entrare realmente in quel grande paese che lui amava e dove aveva scelto di vivere.
Matteo con le interviste, i suoi articoli ci raccontava in una maniera che nessuno potrà sostituire la realtà sociale, politica dell'altra lato dell'oceano.
Matteo era soprattutto uno di noi. Lo era fino in fondo in un legame fortissimo che la distanza non aveva mai spezzato.
Con lui abbiamo viaggiato in Messico e in tutta l'America Latina, in Europa, con lui abbiamo partecipato alle mobilitazioni internazionali, perchè Matteo era uno spirito libero sempre alla ricerca delle strade e dei cammini per cambiare l'ordine di cose esistenti.
Siamo vicini ai suoi affetti, ai suoi cari, ai suoi amici in Messico, che sono anche i nostri, ed in Italia.

Matteo ci mancherai.
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