mercoledì 16 febbraio 2011

EZLN - La guerra di Calderón produrrà migliaia di morti e lauti guadagni economici

15 / 2 / 2011
Marcos discute su chi beneficerà di questo affare e a quale cifra ammonta

Se la guerra di Felipe Calderón Hinojosa (benché si sia cercato, invano, di addossarla a tutti i messicani) è un commercio (e lo è), manca la risposta alla domanda per chi o quale è l’affare, e a che cifra ammonta, perché non è poco quello che è in gioco, sostiene il subcomandante Marcos in uno scritto sulla guerra del Messico dell’alto, diffuso oggi.
Da questa guerra non solo ne verranno migliaia di morti e lucrosi guadagni economici. Ma anche, e soprattutto, ne verrà una nazione irrimediabilmente distrutta, spopolata, spezzata, avverte il capo militare dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN): La nostra realtà nazionale è invasa dalla guerra, per il resto persa dal governo perché concepita non come la soluzione ad un problema di insicurezza, ma ad un problema di mancanza di legittimità. Questa guerra ora distrugge l’ultima cosa che rimane di una nazione: il tessuto sociale.
L’esperienza bellica non solo non è più lontana per chi era abituato a vederla in geografie o calendari distanti, ma incomincia a governare le decisioni e le indecisioni di chi pensava che i conflitti stavano solo nei notiziari e nei documentari di luoghi lontani come Iraq, Afghanistan o Chiapas.
Scambio epistolare
Marcos sottolinea che la guerra si svolge ora in tutto il Messico. Grazie al patrocinio di Calderón Hinojosa non dobbiamo ricorrere alla geografia del Medio Oriente per riflettere criticamente sulla guerra, dice al filosofo Luis Villoro come parte di uno scambio epistolare in corso su etica e politica: Non è più necessario ripercorrere il calendario fino al Vietnam, Playa Girón, sempre la Palestina. E non cito il Chiapas e la guerra contro le comunità indigene zapatiste, perché si sa che non sono più di moda.
Per questo, aggiunge il capo zapatista, “il governo dello stato del Chiapas ha speso un mucchio di soldi per far sì che i media non lo collochino sull’orizzonte della guerra, ma dei ‘progressi’ nella produzione di biodiesel, nel ‘buon’ trattamento degli emigranti, dei ‘risultati’ in agricoltura ed altre storielle ingannevoli passate a comitati di redazione che firmano come proprie le veline governative povere di forma e contenuti”.
L’irruzione della guerra nella vita quotidiana del Messico attuale non arriva da un’insurrezione, né da movimenti indipendentisti o rivoluzionari. Secondo il subcomandante Marcos, viene, come tutte le guerre di conquista, dal Potere. E questa guerra ha in Felipe Calderón Hinojosa il suo iniziatore e promotore istituzionale (e vergognoso).
Calderón “si è impossessato della titolarità dell’esecutivo federale per le vie di fatto”, ma non si è accontentato del supporto mediatico ed è dovuto ricorrere a qualcosa di più per distrarre l’attenzione ed eludere la massiccia messa in discussione della sua legittimità: la guerra. Questo ha suscitato la sfiducia timorosa degli industriali messicani, l’entusiasta approvazione degli alti comandi militari ed il caloroso plauso di chi realmente comanda: il capitale straniero.
La critica a questa catastrofe nazionale chiamata “guerra contro il crimine organizzato”, riflette Marcos, dovrebbe essere completata da un’analisi approfondita dei suoi sostenitori economici. Non mi riferisco solo al vecchio assioma che in epoche di crisi e di guerra aumenta il consumo superfluo. Nemmeno “agli incentivi che ricevono i militari (in Chiapas, gli alti comandi militari ricevevano, o ricevono, un salario extra del 130% per essere in ‘zona di guerra’)”. Bisognerebbe cercare anche tra le licenze, i fornitori ed i crediti internazionali che non rientrano nella cosiddetta “Iniciativa Mérida”.
Ricorrendo a fonti d’inchieste giornalistiche e cifre ufficiali, il comandante ribelle rileva che nei primi quattro anni della guerra contro il crimine organizzato, gli enti governativi incaricati (Segreteria della Difesa Nazionale, Marina e Pubblica Sicurezza – SSP – e Procura Generale della Repubblica) hanno ricevuto dal Bilancio di Spesa della Federazione una somma superiore a 366 mila milioni di pesos (circa 23 miliardi di Euro al cambio attuale).
Il capo ribelle tira fuori cifre inquietanti: Nel 2010 un soldato semplice federale guadagnava circa 46.380 pesos l’anno (2.852 Euro); un generale di divisione 1 milione 603 mila 80 pesos l’anno (98.575 Euro), ed il Segretario della Difesa Nazionale percepiva redditi per 1.859.712 pesos (114.317 Euro). Con il bilancio bellico totale del 2009 (113 mila milioni di pesos per i 4 enti – 6.948.820.000 Euro) si sarebbero potuti pagare i salari annui di 2 milioni e mezzo di soldati semplici; o di 70.500 generali di divisione; o di 60.700 titolari della Segreteria della Difesa Nazionale.
Ovviamente, non tutto quello che è a bilancio viene speso per stipendi e prestazioni. C’è bisogno di armi, attrezzature, munizioni… perché quelle a disposizione non servono più o sono obsolete, aggiunge nell’analisi. “Lasciamo da parte la domanda ovvia di come è stato possibile che il capo supremo delle forze armate, Felipe Calderón Hinojosa, si lanciasse in una guerra (“di lungo respiro”, dice lui) senza avere le condizioni materiali minime per sostenerla, non diciamo per ‘vincerla’..”
Per il subcomandante zapatista, “il principale promotore di questa guerra è l’impero delle torbide stelle e strisce (a conti fatti, in realtà gli unici complimenti ricevuti da Felipe Calderón Hinojosa sono arrivati dal governo nordamericano)”. Stando così le cose, gli Stati Uniti vinceranno con questa guerra locale? La risposta è sì, sostiene.
Lasciando da parte i guadagni economici e gli investimenti monetari in armi, munizioni e equipaggiamenti, il risultato è la distruzione/spopolamento e ricostruzione/riordino geopolitico che li favorisce.
Marcos lamenta che la guerra (persa dal governo perché concepita non come la soluzione ad un problema di insicurezza, ma ad un problema di mancanza di legittimità), sta distruggendo l’ultima cosa che rimane di una nazione: il tessuto sociale. E questo, per il potere statunitense, è l’obiettivo da raggiungere.
Ritiene che ad ogni passo di questa guerra, per il governo federale è sempre più difficile spiegare dove stia il nemico. E questo non solo perché i mezzi di comunicazione di massa sono stati superati dalle forme di scambio di informazioni della gran parte della popolazione (non solo, ma anche dalle reti sociali e dalla telefonia mobile); ma anche e, soprattutto, perché il tono della propaganda governativa è passata dal tentativo di inganno allo scherzo. Nello stesso tempo, le “rivelazioni di Wikileaks sulle opinioni dell’alto comando statunitense circa le ‘deficienze’ dell’apparato repressivo messicano (la sua inefficienza ed il suo connubio con la criminalità) non sono nuovi”.
Fin dall’origine, questa guerra non ha una fine ed è persa, perché non ci sarà un vincitore messicano (a differenza del governo, il potere straniero ha sì un piano per per ricostruire / riordinare il territorio), e lo sconfitto sarà l’ultimo angolo dello Stato Nazionale agonizzante: le relazioni sociali che, dando identità comune, sono la base di una nazione. In conclusione, l’identità collettiva del Messico sta per essere distrutta e soppiantata da un’altra.
La versione completa di questo passaggio dello scritto Sopra le Guerre si trova on-line.
Su Enlace Zapatista
Testo originale su La Jornada

mercoledì 2 febbraio 2011

Coalizione italiana Stop Agrexco

Coalizione italiana Stop Agrexco
La COOP non ci ascolta. Diciamoglielo più forte!


Cara COOP: No al sostegno della colonizzazione dei territori palestinesi
sono oltre 1200 le persone che hanno scritto alla COOP finora ! Se non avete ancora inviato un messaggio, potete farlo con un clic dal sito: http://www.stopagrexcoitalia.org/iniziative/online/213-mail-coop.htmlRiceverete una risposta dalla COOP/ANCC del tutto non soddisfacente. Invitiamo tutte/i a rispondere all'ANCC/Coop (in copia a Coalizione italiana Stop Agrexco e cambiando l'oggetto) con le proprie parole, prendendo spunto da documenti sul , ad esempio l'ultimo comunicato stampa (http://stopagrexcoitalia.org/news/comunicati/186-cs-23-12-2010.html) e le lettere a sostegno della campagna dalla Palestina (http://stopagrexcoitalia.org/a-sostegno.html). Troverete sotto anche gli indirizzi dei giornali soci della COOP.E chiediamo a tutte/i di dare una mano per aumentare il numero e inondare la COOP Coalizione italiana Stop Agrexco

martedì 1 febbraio 2011

BOICOTTIAMO L’ECONOMIA DI GUERRA E DI APARTHEID DELLO STATO DI ISRAELE !

BOICOTTIAMO L’ECONOMIA DI GUERRA E DI APARTHEID DELLO STATO DI ISRAELE !
LIBERIAMO TUTTI I DETENUTI PALESTINESI SEQUESTRATI NEI LAGER SIONISTI


Il boicottaggio è una forma di protesta e di pressione che va usata contro chi con la forza, espropria i popoli della loro libertà e sfrutta le risorse degli altri adottando politiche coloniali, sradicando popolazioni intere dalle loro terre, per costruire nuove colonie illegali. Questo è quanto accade al popolo palestinese per mano di Israele.
Oggi davanti agli occhi del mondo il governo coloniale israeliano mette sotto completo assedio la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, costringendo oltre un milione e mezzo di persone a vivere nella più grande prigione a cielo aperto del mondo, impedendo il passaggio dei generi di prima necessità.
Il governo israeliano imprigiona migliaia di persone (ad oggi circa 11.000), costruisce quotidianamente colonie, distrugge case e terreni coltivati, si appropria illegalmente dell’acqua dei palestinesi, attua sistematicamente una vera e propria pulizia etnica con metodi criminali, usa contro il popolo palestinese armi non convenzionali.
E’ chiaro che lo stato sionista di Israele, sin dalla sua nascita, altro non è che il baluardo degli interessi imperialisti in tutta la regione del Medio Oriente, rappresentando realmente la punta dell’iceberg del vecchi/nuovo colonialismo che mira allo sfruttamento globale dei popoli e delle loro risorse.
L’iniziativa di oggi si inquadra all’interno della Campagna Internazionale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni dell’economia di guerra e di apartheid dello stato di Israele, ed oggi siamo a Livorno perché dal suo porto la società di navigazione ZIM, fa entrare in Europa le merci prodotte in Israele sfruttando le risorse dei territori occupati ai palestinesi. La ZIM è il maggior operatore marittimo israeliano e assicura i servizi di trasporto vitali per l’economia israeliana e le sue forze armate, e non a caso approda a Livorno, che è vicino alla base USA di Camp Darby, che è un sito essenziale per il rifornimento militare di Israele, come è successo durante l’aggressione a Gaza del 2008/2009. L’Italia, il migliore alleato di Israele in Europa, ha con questo stato coloniale, rapporti economici, scientifici, culturali e militari; dobbiamo ribaltare questa realtà, facendo decadere tutti i trattati di collaborazione Italia-Israele affinché quest’ultimo riconosca i diritti del popolo palestinese
Campagna Italiana per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni dell’economia israeliana
UDAP (Unione Democratica Arabo Palestinese)
SABATO 12 FEBBRAIO 2011, alle ore 14.00 INIZIATIVA NAZIONALE AL PORTO DI LIVORNO CHE OGNI MESE VEDE APPRODARE DECINE DI NAVI MERCANTILI ISRAELIANE AL TERMINAL PASSEGGERI DI FRONTE A PIAZZA DEL LUOGO PIO, Per adesioni : udap.it@gmail.com
- Livorno è da anni il più importante scalo italiano di ZIM Integrated Shipping Services, il maggior operatore marittimo israeliano (e tra i primi 12 operatori mondiali), la cui storia è all’origine stessa dello stato di Israele
- ZIM è di fatto la compagnia marittima di bandiera di Israele, sebbene sia stata privatizzata e dal 1999 sia sotto il controllo del gruppo multinazionale di Sammy Ofer e famiglia (Ofer Group/Ofer Brothers)
- il processo di privatizzazione di ZIM è stato ampiamente “pilotato” dal governo israeliano: la scalata di Ofer non ha infatti messo in discussione i servizi di trasporto e logistici forniti allo stato e alle forze armate israeliane, assolutamente vitali per la sopravvivenza di Israele e la prosecuzione dell’occupazione militare di Gaza e Cisgiordania
- il gruppo Ofer – coinvolto in molti settori d’attività: bancario, immobiliare, media, hi-tech, petrolchimica ecc. – è perٍ concentrato nello shipping, ed è tra l’altro l’armatore delle due navi (Carmel Eco-Fresh e Carmel Bio-Top) utilizzate da Agrexco nella rotta Israele-Europa
- alcuni servizi ZIM (tra cui quelli verso e dall’America del Sud) scalano non solo Livorno ma anche Vado Ligure, Marsiglia-Fos e Valencia, cioè i tre porti mediterranei toccati anche dalle navi Agrexco, a confermare la complementarietà delle due logistiche (reefer e non) gestite nei diversi scali
- non va dimenticato che la scelta di Livorno come hub italiano di ZIM è fortemente legata alla vicinanza di Camp Darby. L’asse USA-Livorno-Israele è una linea essenziale per l’approvvigionamento militare di Israele
UDAP - Unione Democratica Arabo Palestinese

giovedì 27 gennaio 2011

NEWS - COMUNICATO DEL CCRI-CG DEL EZLN sulla morte del vescovo don Samuel Ruiz.


COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDO GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE



Al Popolo Del Messico:
Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale esprime il suo cordoglio per la morte del Vescovo Emerito Don Samuel Ruiz García.
Nell’EZLN militano persone di diversi credi religiosi e non credenti, ma la statura umana di questo uomo (e di chi, come lui, cammina dalla parte degli oppressi, degli sfruttati, dei disprezzati) ci induce ad esprimere la nostra parola.
Anche se non sono state poche né superficiali le differenze, i disaccordi e le distanze, oggi vogliamo rimarcare l’impegno ed il percorso che non sono solo di un individuo, bensì di tutta una corrente all’interno della Chiesa Cattolica.
Don Samuel Ruiz García non si è distinto solo per un cattolicesimo praticato tra e con i diseredati, con la sua squadra ha formato anche una generazione di cristiani impegnati in questa pratica della religione cattolica. Non solo si è preoccupato per la grave situazione di miseria ed emarginazione dei popoli originari del Chiapas, ma ha anche lavorato, insieme all’eroica squadra pastorale, per migliorare quelle condizioni di vita e morte.
Quello che i governi di proposito hanno dimenticato per coltivare la morte, si è fatto memoria di vita nella diocesi da San Cristóbal de Las Casas.
Don Samuel Ruiz García e la sua squadra non solo si sono impegnati per raggiungere la pace con giustizia e dignità per gli indigeni del Chiapas, ma hanno inoltre rischiato e rischiano la loro vita, libertà e beni in questo cammino ostacolato dalla superbia del potere politico.
Già da molto prima della nostra sollevazione del 1994, la Diocesi di San Cristóbal ha subito la persecuzione, gli attacchi e le calunnie dell’Esercito Federale e dei governi statali di turno.
Almeno da Juan Sabines Gutiérrez (ricordato per il massacro di Wolonchan nel 1980) e passando per il Generale Absalón Castellanos Domínguez, Patrocinio González Garrido, Elmar Setzer M., Eduardo Robledo Rincón, Julio César Ruiz Ferro (uno degli autori del massacro di Acteal nel 1997) e Roberto Albores Guillén (già noto come “el croquetas“), i governatori del Chiapas hanno perseguitato chi nella diocesi di San Cristóbal si opponeva ai loro massacri ed alla gestione dello Stato come fosse una tenuta porfirista.
Dal 1994, durante il suo lavoro nella Commissione Nazionale di Intermediazione (CONAI) in compagnia delle donne e degli uomini che formavano quell’istanza di pace, Don Samuel ricevette pressioni, vessazioni e minacce, compreso attentati contro la sua vita da parte del gruppo paramilitare mal chiamato “Paz y Justicia”.
E come presidente della CONAI Don Samuel, nel febbraio del 1995, subì anche una minaccia di arresto.
Ernesto Zedillo Ponce de León, come parte di una strategia di distrazione (tale e quale come ora) per occultare la grave crisi economica nella quale lui e Carlos Salinas de Gortari avevano sprofondato il paese, riattivò la guerra contro le comunità indigene zapatiste.
Mentre lanciava una grande offensiva militare contro l’EZLN (peraltro fallita), Zedillo attaccava la Commissione Nazionale di Intermediazione.
Ossessionato dall’idea di distruggere Don Samuel, l’allora presidente del Messico, ed ora impiegato delle multinazionali, approfittò dell’alleanza che, sotto la tutela di Carlos Salinas de Gortari e Diego Fernández de Cevallos, si era stretta tra il PRI ed il PAN.
In quelle date, in una riunione con la cupola ecclesiale cattolica, l’allora Procuratore Generale della Repubblica, il panista e fanatico dello spiritismo e della stregoneria più volgare, Antonio Lozano Gracia, brandì di fronte a Don Samuel Ruiz García un documento con il mandato di cattura nei suoi confronti.
E si racconta che il procuratore laureato in Scienze Occulte fu affrontato dagli altri vescovi, tra loro Norberto Rivera, chi si alzarono in difesa del titolare della Diocesi di San Cristóbal.
L’alleanza PRI-PAN (alla quale si uniranno poi in Chiapas il PRD ed il PT) contro la Chiesa Cattolica progressista non si è fermata lì. Dai governi federale e statale si sono favoriti attacchi, calunnie ed attentati contro i membri della Diocesi.
L’Esercito Federale non è rimasto indietro. Mentre finanziava, addestrava ed equipaggiava i gruppi paramilitari, si diffondeva la tesi che la Diocesi seminava la violenza.
La tesi di allora (e che oggi è ripetuta da idioti della sinistra da scrivania) era che la Diocesi aveva formato le basi ed i quadri della direzione dell’EZLN.
Un segno dell’ampia dimostrazione di questi argomenti ridicoli si ebbe quando un generale mostrò un libro come prova del legame tra la Diocesi ed i “trasgressori della legge”.
Il titolo del libro incriminante è “Il Vangelo secondo Marco”.
Oggigiorno quegli attacchi non sono cessati.
Il Centro dei Diritti Umani “Fray Bartolomé de Las Casas” riceve continuamente minacce e persecuzioni.
Oltre ad essere stato fondato da Don Samuel Ruiz García e di essere di ispirazione cristiana, il “Frayba” ha come “aggravante” il credere nell’Integrità ed Indivisibilità dei Diritti Umani, nel rispetto della diversità culturale e nel diritto alla Libera Determinazione, nella giustizia integrale come requisito per la pace, e nello sviluppo di una cultura del dialogo, tolleranza e riconciliazione, nel rispetto della pluralità culturale e religiosa.
Niente di più fastidioso di questi principi.
E questa molestia arriva fino al Vaticano, dove si opera per dividere in due la diocesi di San Cristóbal de Las Casas, in modo da diluire l’opzione per, tra e con i poveri, nel conformismo che lava le coscienze col denaro. Approfittando del decesso di Don Samuel, si riattiva questo progetto di controllo e divisione.
Perché là in alto sanno che l’opzione per i poveri non muore con Don Samuel. Vive ed agisce in tutto quel settore dalla Chiesa Cattolica che ha deciso di essere coerente con quello che predica.
Nel frattempo, la squadra pastorale, e specialmente i diaconi, ministri e catechisti (indigeni cattolici delle comunità) subiscono le calunnie, gli insulti e gli attacchi dei neo-amanti della guerra. Il Potere rimpiange i suoi giorni di dominio e vede nel lavoro della Diocesi un ostacolo al ripristino del suo regime di forca e coltello.
La grottesca sfilata di personaggi della vita politica locale e nazionale davanti al feretro di Don Samuel non è per onorarlo, ma per verificare, con sollievo, che è morto; ed i mezzi di comunicazione locali esprimono falso cordoglio ma in realtà festeggiano.
Al di sopra di tutti gli attacchi e cospirazioni ecclesiali, Don Samuel Ruiz García e le/i cristian@ come lui, hanno avuto, hanno ed avranno un posto speciale nel cuore scuro delle comunità indigene zapatiste.
Ora che è di moda condannare tutta la Chiesa Cattolica per i crimini, gli eccessi, le commistioni ed omissioni di alcuni dei suoi prelati…
Ora che il settore che si autodefinisce “progressista” si sollazza a si fa scherno della Chiesa Cattolica tutta…
Ora che si incoraggia a vedere in ogni sacerdote un pederasta potenziale o attivo…
Ora sarebbe bene tornare a guardare in basso e trovare lì chi, come prima Don Samuel, ha sfidato e sfida il Potere.
Perché qust@ cristiani credono fermamente che la giustizia deve regnare anche in questo mondo.
E così lo vivono, e muoiono, in pensieri, parole ed opere.
Perché sebbene sia vero che nella Chiesa Cattolica ci sono i Marciales e gli Onésimos, c’erano e ci sono anche i Roncos, Ernestos, Samueles, Arturos, Raúles, Sergios, Bartolomés, Joeles, Heribertos, Raymundos, Salvadores, Santiagos, Diegos, Estelas, Victorias, e migliaia di religios@ e secolari che, stando dalla parte della giustizia e della libertà, stanno dalla parte della vita.
Nell’EZLN, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti, oggi non solo onoriamo la memoria di Don Samuel Ruiz García.
Salutiamo anche, e soprattutto, l’impegno conseguente de@ cristian@ e credenti che in Chiapas, in Messico e nel Mondo, non si rifugiano nel silenzio complice di fronte all’ingiustizia, né restano immobili di fronte alla guerra.
Don Samuel se ne va, ma rimangono molte altre, molti altri che, in e per la fede cattolica cristiana, lottano per un mondo terreno più giusto, più libero, più democratico, cioè, per un mondo migliore.
Salute a loro, perché anche dalle loro pene nascerà il domani.
LIBERTÀ!
GIUSTIZIA!
DEMOCRAZIA!
Dalle montagne del Sudest Messicano. Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’EZLN
Tenente Colonnello Insurgente Moisés - Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 26 gennaio 2011
Versione originale
COMUNICADO DEL COMITÉ CLANDESTINO REVOLUCIONARIO INDÍGENA-COMANDANCIA GENERAL DEL EJÉRCITO ZAPATISTA DE LIBERACIÓN NACIONAL. MÉXICO.
ENERO DEL 2011.
AL PUEBLO DE MÉXICO:
El Comité Clandestino Revolucionario Indígena-Comandancia General del Ejército Zapatista de Liberación Nacional manifiesta su pesar por la muerte del Obispo Emérito Don Samuel Ruiz García.
En el EZLN militan personas con diferentes credos y sin creencia religiosa alguna, pero la estatura humana de este hombre (y la de quienes, como él, caminan del lado de los oprimidos, los despojados, los reprimidos, los despreciados), llama a nuestra palabra.
Aunque no fueron pocas ni superficiales las diferencias, desacuerdos y distancias, hoy queremos remarcar un compromiso y una trayectoria que no son sólo de un individuo, sino de toda una corriente dentro de la Iglesia Católica.
Don Samuel Ruiz García no sólo destacó en un catolicismo practicado en y con los desposeídos, con su equipo también formó toda una generación de cristianos comprometidos con esa práctica de la religión católica. No sólo se preocupó por la grave situación de miseria y marginación de los pueblos originarios de Chiapas, también trabajó, junto con heroico equipo de pastoral, por mejorar esas indignas condiciones de vida y muerte.
Lo que los gobiernos olvidaron propositivamente para cultivar la muerte, se hizo memoria de vida en la diócesis de San Cristóbal de Las Casas.
Don Samuel Ruiz García y su equipo no sólo se empeñaron en alcanzar la paz con justicia y dignidad para los indígenas de Chiapas, también arriesgaron y arriesgan su vida, libertad y bienes en ese camino truncado por la soberbia del poder político.
Incluso desde mucho antes de nuestro alzamiento en 1994, la Diócesis de San Cristóbal padeció el hostigamiento, los ataques y las calumnias del Ejército Federal y de los gobiernos estatales en turno.
Al menos desde Juan Sabines Gutiérrez (recordado por la masacre de Wolonchan en 1980) y pasando por el General Absalón Castellanos Domínguez, Patrocinio González Garrido, Elmar Setzer M., Eduardo Robledo Rincón, Julio César Ruiz Ferro (uno de los autores de la matanza de Acteal en 1997) y Roberto Albores Guillén (más conocido como “el croquetas”), los gobernadores de Chiapas hostigaron a quienes en la diócesis de San Cristóbal se opusieron a sus matanzas y al manejo del Estado como si fuera una hacienda porfirista.
Desde 1994, durante su trabajo en la Comisión Nacional de Intermediación (CONAI), en compañía de las mujeres y hombres que formaron esa instancia de paz, Don Samuel recibió presiones, hostigamientos y amenazas, incluyendo atentados contra su vida por parte del grupo paramilitar mal llamado “Paz y Justicia”.
Y siendo presidente de la CONAI Don Samuel sufrió también, en febrero de 1995, un amago de encarcelamiento.
Ernesto Zedillo Ponce de León, como parte de una estrategia de distracción (tal y como se hace ahora) para ocultar la grave crisis económica en la que él y Carlos Salinas de Gortari habían sumido al país, reactivó la guerra contra las comunidades indígenas zapatistas.
Al mismo tiempo que lanzaba una gran ofensiva militar en contra del EZLN (misma que fracasó), Zedillo atacó a la Comisión Nacional de Intermediación.
Obsesionado con la idea de acabar con Don Samuel, el entonces presidente de México, y ahora empleado de trasnacionales, aprovechó la alianza que, bajo la tutela de Carlos Salinas de Gortari y Diego Fernández de Cevallos, se había forjado entre el PRI y el PAN.
En esas fechas, en una reunión con la cúpula eclesial católica, el entonces Procurador General de la República, el panista y fanático del espiritismo y la brujería más chambones, Antonio Lozano Gracia, blandió frente a Don Samuel Ruiz García un documento con la orden de aprehensión en su contra.
Y cuentan que el procurador graduado en Ciencias Ocultas fue confrontado por los demás obispos, entre ellos Norberto Rivera, quienes salieron en la defensa del titular de la Diócesis de San Cristóbal.
La alianza PRI-PAN (a la que luego se unirían en Chiapas el PRD y el PT) en contra de la Iglesia Católica progresista no se detuvo ahí. Desde los gobiernos federal y estatal se apadrinaron ataques, calumnias y atentados en contra de los miembros de la Diócesis.
El Ejército Federal no se quedó atrás. Al mismo tiempo que financiaba, entrenaba y pertrechaba a grupos paramilitares, se promovía la especie de que la Diócesis sembraba la violencia.
La tesis de entonces (y que hoy es repetida por idiotas de la izquierda de escritorio) era que la Diócesis había formado a las bases y a los cuadros de dirección del EZLN.
Un botón de la amplia muestra de estos argumentos ridículos se dio cuando un general mostraba un libro como prueba de la liga de la Diócesis con los “transgresores de la ley”.
El título del libro incriminatorio es “El Evangelio según San Marcos”.
Hoy en día esos ataques no han cesado.
El Centro de Derechos Humanos “Fray Bartolomé de Las Casas” recibe continuamente amenazas y hostigamientos.
Además de ser haber sido fundado por Don Samuel Ruiz García y de tener una inspiración cristiana, el “Frayba” tiene como “delitos agravantes” el creer en la Integralidad e Indivisibilidad de los Derechos Humanos, el respeto a la diversidad cultural y al derecho a la Libre Determinación, la justicia integral como requisito para la paz, y el desarrollo de una cultura de diálogo, tolerancia y reconciliación, con respeto a la pluralidad cultural y religiosa.
Nada más molesto que esos principios.
Y esta molestia llega hasta el Vaticano, donde se maniobra para partir la diócesis de San Cristóbal de Las Casas en dos, de modo de diluir la alternativa en, por y con los pobres, en la acomodaticia que lava conciencias en dinero. Aprovechando el deceso de Don Samuel, se reactiva ese proyecto de control y división.
Porque allá arriba entienden que la opción por los pobres no muere con Don Samuel. Vive y actúa en todo ese sector de la Iglesia Católica que decidió ser consecuente con lo que se predica.
Mientras tanto, el equipo de pastoral, y especialmente los diáconos, ministros y catequistas (indígenas católicos de las comunidades) sufren las calumnias, insultos y ataques de los neo-amantes de la guerra. El Poder sigue añorando sus días de señorío y ven en el trabajo de la Diócesis un obstáculo para reinstaurar su régimen de horca y cuchillo.
El grotesco desfile de personajes de la vida política local y nacional frente al féretro de Don Samuel no es para honrarlo, sino para comprobar, con alivio, que ha muerto; y los medios de comunicación locales simulan lamentar lo que en realidad festinan.
Por encima de todos esos ataques y conspiraciones eclesiales, Don Samuel Ruiz García y l@s cristian@s como él, tuvieron, tienen y tendrán un lugar especial en el moreno corazón de las comunidades indígenas zapatistas.
Ahora que está de moda condenar a toda la Iglesia Católica por los crímenes, desmanes, comisiones y omisiones de algunos de sus prelados…
Ahora que el sector autodenominado “progresista” se solaza en hacer burla y escarnio de la Iglesia Católica toda…
Ahora que se alienta el ver en todo sacerdote a un pederasta en potencia o en activo…
Ahora sería bueno voltear a mirar hacia abajo y encontrar ahí a quienes, como antes Don Samuel, desafiaron y desafían al Poder.
Porque est@s cristianos creen firmemente en que la justicia debe reinar también en este mundo.
Y así lo viven, y mueren, en pensamiento, palabra y obra.
Porque si bien es cierto que hay Marciales y Onésimos en la Iglesia Católica, también hubo y hay Roncos, Ernestos, Samueles, Arturos, Raúles, Sergios, Bartolomés, Joeles, Heribertos, Raymundos, Salvadores, Santiagos, Diegos, Estelas, Victorias, y miles de religios@s y seglares que, estando del lado de la justicia y la libertad, están del lado de la vida.
En el EZLN, católicos y no católicos, creyentes y no creyentes, hoy no sólo honramos la memoria de Don Samuel Ruiz García.
También, y sobre todo, saludamos el compromiso consecuente de l@s cristian@s y creyentes que en Chiapas, en México y en el Mundo, no guardan un silencio cómplice frente a la injusticia, ni permanecen inmóviles frente a la guerra.
Se va Don Samuel, pero quedan muchas otras, muchos otros que, en y por la fe católica cristiana, luchan por un mundo terrenal más justo, más libre, más democrático, es decir, por un mundo mejor.
Salud a ellas y ellos, porque de sus desvelos también se nacerá el mañana.
¡LIBERTAD! ¡JUSTICIA! ¡DEMOCRACIA!
Desde las montañas del Sureste Mexicano. Por el Comité Clandestino Revolucionario Indígena-Comandancia General del EZLN.
Teniente Coronel Insurgente Moisés. Subcomandante Insurgente Marcos.
México, Enero del 2011.

mercoledì 26 gennaio 2011

ORE 3.00 : NOTTE ROSSA AI CANCELLI DELLA FIAT


ORE 3.00 : NOTTE ROSSA AI CANCELLI DELLA FIAT

Il 28 gennaio, giorno dello sciopero indetto dalla Fiom, i Centri Sociali delle Marche saranno presenti con gli operai davanti ai cancelli della FIAT (Jesi) alle ore 3.00 del mattino.
Sarà una lunga “NOTTE ROSSA” da vivere insieme, in attesa dell’ingresso del primo turno di fabbrica alle 5.00. Mentre gli operai si stanno organizzando nell’allestimento di bracieri per scaldarsi e cibo da cuocere, il TNT sta allestendo il camion con sound-system. Verrà a suonare Marino, il famoso cantante della GANG e Angelo Ferracuti, noto scrittore fermano, leggerà alcuni dei suoi racconti.
Aspetteremo insieme l’ingresso dei lavoratori del turno della mattina per invitare tutti a partecipare al corteo regionale che alle 10.00 partirà dalla Fiera della Pesca in Ancona.
“Uniti con la FIOM” è lo slogan che dai cancelli della FIAT porterà studenti, precari e centri sociali a rispondere con la solidarietà a chi vuole imporre la competitività ad ogni costo, schiacciando diritti e dignità. Un percorso di unità è iniziato: la consapevolezza di una comune condizione di precarietà sta diventando pratica e progetto del “comune”.

lunedì 17 gennaio 2011

UNITI CONTRO LA CRISI


Giovedì 20 gennaio csa TnT ore 21: assemblea di movimento con Maurizio Landini
Assemblea con Maurizio Landini segretario nazionale della FIOM che si terrà Giovedì 20 gennaio a Jesi c/o il centro Sociale "TNT".
L'incontro si doveva tenere il 16 Dicembre ma è stato rimandato a causa delle forti nevicate di quei giorni.
Sarebbe stata l'occasione per scambiarci valutazioni sulle mobilitazioni che da Ottobre a Dicembre si sono svolte sia a livello nazionale che locale.
Ora, il dibattito si arricchisce di nuovi argomenti dopo la firma del contratto FIAT seguita dai referendum di cui avremo i risultati da valutare insieme e soprattutto in vista del seminario nazionale che "Uniti contro la Crisi" organizza a Marghera per il 22 e 23 Gennaio.
Per chi volesse partecipare può comunicarlo tramite il Centro Sociale TNT (o altri centri sociali e sedi FIOM) oppure tramite il sito globalproject.org dove è possibile trovare tutte le informazioni.
Ma ancora più importante è l'occasione che questo incontro può offirci per organizzarci per lo sciopero generale del 28 Gennaio e continuare le mobilitazioni sui terreni del lavoro, del precariato, della controriforma universitaria e dei beni comuni.

Sabato 22 e domenica 23 gennaio 2011- Seminario/Meeting "Uniti contro la crisi" Verso lo sciopero del 28 gennaio. CSO Rivolta, Marghera - (VE)
L’arroganza con cui i poteri forti del sistema della crisi attaccano diritti, democrazia e qualità della vita, pongono con urgenza la questione dell’elaborazione collettiva.........
Programma http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Programma-SeminarioMeeting-Uniti-contro-la-crisi/7089
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MAURIZIO LANDINI - FIOM: CONFERENZA STAMPA - ROMA 10.01.11
http://www.youtube.com/watch?v=NF4_3VK6G98
Con la Fiom - Sì ai diritti , No ai ricatti - Aderisci all'appello in Micromega http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Con-la-Fiom-Si-ai-diritti-No-ai-ricatti-Aderisci-allappello-in-Micromega/7039

mercoledì 12 gennaio 2011

Messico - False notizie e nuove provocazioni contro gli zapatisti




Messico

False notizie e nuove provocazioni contro gli zapatisti





8 / 1 / 2011
Il primo gennaio è cominciata a partire da alcuni giornali nazionali ed internazionali, partendo dall'Agenzia di Stampa EFE, una nota nella quale si dice che " un integrante delle forze insorgenti dell'EZLN" attribuiva, mediante un comunicato, il sequestro di Diego Fernández de Cevallos (NdT - influente uomo politico messicano è stato rapito nell'estate 2010 e rilasciato il 20 dicembre dopo un pagamento di un riscattio di cui non si conosce l'entità) all'EZLN.
Nella nota confusa diffusa dall'agenzia spagnola si accusava anche diversi collettivi dell'Otra Campaña di essere copartecipi di questo sequestro riferendosi a varie pagine elettroniche e comunicati vecchi, di libera circolazione, a disposizione di tutti in rete, come siti dove trovare prove per questa accusa contro gli zapatisti.
Alla posta della nostra pagina web è arrivato questo "comunicato" completo, così come è arrivato agli altri mezzi di comunicazione che lo hanno pubblicato e hanno scritto le loro note. Sarebbe bastata anche una lettura superficiali per capire che è impossibile che il comunicato sia in relazione con l'EZLN.
E' scritto in maniera incoerente ed è chiaro che chi lo ha fatto cerca solo protagonismo, generare confusione e servire gli interessi del potere.
La Otra Campaña è un movimento politico, civile e pacifico. E' stato così fin dalla sua convocazione e così si è motivata ed ha attuato in questi lunghi anni. Non ricorre dunque ai sequestri per avere fondi nè per fare propaganda politica.
Nella stessa maniera è cosa risaputa da tutti che l'EZLN, la sua storia e la sua pratica durante questi 27 anni dall'inizio fino ai giorni odierni lo dimostra, non realizza sequestri e questi vanno contro i suoi principi. Per questo l'EZLN non ha sviluppato nè la struttura organizzativa nè l'infrastruttura materiale per questo tipo di azioni.
Dal 1994 nel quale gli zapatisti hanno decretato il cessate il fuoco offensivo, per dare una opportunità alla costruzione della pace giusta e degna, l'EZLN ha manenuto la sua parola, non ha fatto così invece lo Stato messicano che ha aggredito in maniera economica, politica e militare dal 1 gennaio 1994 fino ad oggi.
Per tutto questo è chiaro, e lo ripetiamo ancora una volta, che nè l'EZLN nè l'Otra Campaña realizzano sequestri. Nè l'EZLN nè l'Otra Campana hanno sequestrato Diego Fernandez Cevallos.
Se qualcuno ha simpatia o considera che politicamnente è corretto praticare il sequestro non ha spazio nell'Otra Campaña. Il "guerrigliero Balam", come si chiama chi ha mandato il comunicato al quale ci riferiamo, ha già avuto i suoi 15 minuti di fama, infatti alcuni media hanno ripreso frammenti dei suopi scritti e li hanno messi in prima pagina.
Nel frattempo le comunità indigene zapatiste soffrono una nuova escalation di aggressioni come risultato di questo tipo di eventi inopportuni e polizieschi. Questo è il vero pericolo, compagni e compagne, restiamo vigili di fronte alla nuova provocazione contro i compagni zapatisti.
Per Enlace zapatista, Javier Elorriaga, Sergio Rodríguez Lascano.México, a 2 de enero del 2011.
Tratto da:
Enlace Zapatista



EN SOLIDARIDAD Y APOYO AL EZLN, LAS COMUNIDADES ZAPATISTAS Y LA OTRA CAMPAÑA DE MÉXICO

Version Espanol: http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fzapateando.wordpress.com%2F2011%2F01%2F10%2Fen-solidaridad-y-apoyo-al-ezln-las-comunidades-zapatistas-y-la-otra-campana-de-mexico%2F&h=35d40

lunedì 27 dicembre 2010

IO NON DIMENTICO


A due anni dal massacro di Piombo Fuso, perchè la Freedom Flotilla 2
A due anni dal massacro di Piombo Fuso, Gaza è ancora assediata e sotto il tiro Israeliano. Invitiamo a leggere i servizi su Infopal (http://www.infopal.it/) e i rapporti sul blog di Vittorio Arrigoni, da Gaza. (http://guerrillaradio.iobloggo.com/).

mercoledì 22 dicembre 2010

DA GAZA - Vittorio Arrigoni



Da GAZA - Vittorio Arrigoni
21 dicembre 2010 18:23
Una sola parola. BOICOTTARE ISRAELE.
http://bdsmovement.net/
Ore 17 30 locali.
Altri missili su Khan Younis e di nuovo su Rafah.
Per il momento si contano 4 feriti, ma il bilancio e' certamente destinato a crescere.
http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=344173
Ore 16 45.
10 minuti fa aerei da guerra hanno bombardato Rafah, apparentemente un luogo di esercitazione delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio harmato di Hamas

0re 15:32 locali
Altri bombardamenti certi, e pesanti, previsti nelle prossime 12 ore.
Tutti i palazzi governativi sono stati evacuati,
dopo le bombe di ieri notte, il piu' massiccio attacco aereo dopo gennaio 2009.
Non siamo alle porte di un nuovo Piombo Fuso, ma e' dinnanzi ai nostri occhi, lampante
una escalation in corso.
Il piombo non e’ piu’ fuso ma continua a piombarci addosso a intervalli regolari.

Ore 00 29 locali: la Striscia di Gaza sotto pesanti bombardamenti aerei da Sud a Nord.
7 attacchi lungo tutta la Striscia.
Caccia f 16 hanno colpito Rafah, 3 volte Khan Younis e poi a Nord Beit Lahia e Jabalya.
Nel centro della Striscia colpita una fabbrica di latte.
Per il momento si contano 3 palestinesi feriti, di cui uno molto grave, a cui hanno dovuto amputare una gamba.

Panico fra la popolazione civile.
Seguiranno aggiornamenti.
Stay Human
Vittorio Arrigoni da Gaza city
Palestina occupata
Costanti aggiornamenti qui:
http://www.facebook.com/pages/Vittorio-Arrigoni/290463280451

martedì 21 dicembre 2010

Cancun - Riflessioni sul postCop16


di Francesco Martone
22 / 12 / 2010
Un fallimento annunciato, Copenhagen II, un passo verso la giusta direzione, una scialuppa di salvataggio per un multilateralismo alla deriva. Mai come stavolta tentare di fornire una valutazione univoca dell’esito della Conferenza di Cancun risulta essere esercizio complesso, viste le differenti tracce di analisi possibili. Che il risultato potesse essere di basso profilo quello era ormai cosa certa. Bastava leggere attentamente il cosiddetto “testo del Presidente” del gruppo di lavoro sulla Cooperazione a largo termine (dedicato a definire le linee di lavoro sui temi dell’adattamento, mitigazione, trasferimento di tecnologie, finanze) per notare come nella selva di verbi utilizzati per definire le decisioni finali, pochi erano i verbi che definivano un qualche tipo di impegno. Tra questi quello – poi confermato a Cancun - di lanciare definitivamente un programma globale sulla riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado delle foreste (REDD - Reduced Emissions from Deforestation and Degradation), un fondo verde per il clima, un centro per il trasferimento delle tecnologie, una cornice istituzionale per gestire i programmi di adattamento. Il resto era affidato a quello che i tecnici chiamano “rolling process” un processo in itinere, nel quale si decide di non decidere, e di sostituire a impegni certi , l’opzione di tenere aperti canali di negoziato. La presidenza messicana aveva infatti optato per una strategia alternativa a quella fino ad allora attuata. Piuttosto che pensare di poter approvare un pacchetto onnicomprensivo d’impegni e di azioni, si era deciso di lavorare sui cosiddetti “building blocks”. Un gioco del Lego nel quale mattoncino per mattoncino si ricostruiva il quadro negoziale e si definivano pezzo per pezzo gli impegni politici e di spesa. Partendo dalla base, dai mattoncini sui quali si era registrato già a Copenhagen una sorta di consenso.
Astuzia diplomatica e delicati equilibrismi hanno così caratterizzato la gestione della Conferenza da parte della presidenza messicana. Già a Tianjin la “vulgata” ufficiale indicava in un eventuale fallimento di Cancun il colpo di grazia per un processo multilaterale già messo a dura prova a Copenhagen, grazie alla scellerata gestione della presidenza danese, ed al colpo di mano attuato da Barack Obama ed altri paesi che imposero un accordo non vincolante di fatto contraddicendo le più elementari regole del consenso. Allora il “Copenhagen Accord” venne “notato” dalla Conferenza delle Parti, non essendo testo ufficiale di negoziato, né condiviso da alcuni paesi quali la Bolivia, e l’Ecuador. Allora l’ALBA sembrava potesse essere un nuovo importante attore nel negoziato globale. Oggi, al conteggio finale del dopo Cancun, la Bolivia risulta essere più isolata che mai. L’Ambasciatore Pablo Solon – a parte qualche manifestazione di sostegno di circostanza fatta dai tradizionali alleati (Nicaragua, Cuba, Ecuador) - è stato lasciato solo, come un Davide contro Golia a reiterare l’inadeguatezza dell’accordo finale, possibile complice di “genocidio ed ecocidio” (così nelle sue parole). Oggi gli “Accordi di Cancun” (“Cancun Agreements”) vengono accettati da tutti, chi più e chi meno, come un minimo comun denominatore necessario per tenere aperto il negoziato multilaterale verso la prossima Conferenza delle Parti di Durban 2011.
Quale sarà lo scenario dei prossimi mesi è difficile prevedere, sicuramente però si possono già intuire quelli che saranno le questioni sulle quali si concentrerà il negoziato. Prima fra tutte quella relativa al supporto al secondo periodo d’ implementazione del Protocollo di Kyoto, protocollo messo a dura prova dal fuoco incrociato di Canada, Giappone Stati Uniti, e per ultimo dalla Russia che aveva annunciato proprio a Cancun la sua decisione di non sottoscrivere il secondo periodo di impegno. Di riflesso l’inattesa apertura di India e Cina pronte ad accettare impegni di riduzione delle emissioni, in cambio di un sostegno al protocollo di Kyoto ha contributo a ridisegnare i rapporti di forza negoziali, dando al gruppo BASIC (Brasile, Cina, Sudafrica e India) un ruolo propulsore, e lasciando gli Stati Uniti all’angolo, stretti tra il rilancio di Cina ed India ed un Congresso a maggioranza repubblicana che non permette strappi in avanti. Se una similitudine si può trovare con il negoziato di Cancun 2003 all’Organizzazione Mondiale del Commercio forse è proprio quella relativa al rafforzamento del ruolo dei paesi BASIC che allora diedero il colpo di grazia al Doha Round ed ora invece una boccata d’ossigeno alla Conferenza sui Mutamenti Climatici. Il Protocollo di Kyoto resta così in piedi, ma duramente provato: basti leggere le parti relative agli impegni di riduzione delle emissioni accettate a Cancun per capirne il destino.
In un gioco d’incastri tra vari documenti, necessario per mantenere un equilibrio tra esigenze dei paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati, si è nei fatti ribadito il contenuto dell’Accordo di Copenhagen. Stabilizzazione della crescita di temperatura a 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali (che in molti ritengono comunque letale ad esempio per i piccoli paesi insulari) sottoposta però a revisione nel 2015 nell’ottica di una possibile riduzione a 1,5 gradi. Alcuni osservatori hanno accolto questa decisione con soddisfazione visto che per la prima volta il limite dei 2 gradi verrebbe incluso in un accordo internazionale. Al posto dei cosiddetti MRV (Monitoring Reporting and Verification) il vero irritante del negoziato degli ultimi mesi, si è sostituito un sistema di verifica “leggero”, “non intrusivo” e “rispettoso della sovranità”. A Cancun si è poi fissato definitivamente il 1990 come l’anno di riferimento per calcolare il livello di riduzione delle emissioni, anche se poi si lascia ampia discrezionalità ai paesi di decidere per una data differente. Il vero bandolo della matassa riguarda il rapporto tra impegni di riduzione e piani di mitigazione nazionali, che - a detta dei paesi in via d’ industrializzazione - rischiano di essere eccessivamente onerosi riguardo alle loro prospettive di crescita.
Allora il primo nodo che i negoziati verso Durban dovranno sciogliere è proprio questo che tiene ancorati i destini del protocollo di Kyoto ai piani di mitigazione. Sul protocollo di Kyoto e sulla “forma legale” del nuovo accordo vincolante, la partita è ancora aperta. Si è esteso di un anno il mandato del gruppo di lavoro dedicato, con l’obiettivo di continuare a discutere sullo strumento da adottare, ossia se proporre un nuovo protocollo, o un’ appendice al vecchio. O se seguire il sistema – nei fatti legittimato a Cancun - del cosiddetto “pledge and review” proposto dagli USA e del quale l’Accordo di Copenhagen è imbevuto: ci impegniamo sulla carta a ridurre le emissioni e di volta in volta facciamo e verifiche del caso. Nessuna sanzione, nessun impegno chiaro. A queste condizioni il Protocollo resterebbe sì in piedi , ma come una “imago sine re”, immagine senza sostanza. Sul tema delle finanze per i programmi sul clima, è stato lanciato definitivamente il Fondo Verde per il Clima, la cui struttura dovrà essere definita da un gruppo di lavoro ad hoc entro la Conferenza di Durban. Questo fondo dovrà essere sotto l’autorità della Conferenza delle Parti, ma per i primi tre anni affidato alla Banca Mondiale che opererà come amministratore fiduciario.
Un colpo al cerchio uno alla botte, per chi voleva la banca mondiale attore centrale dei finanziamenti per il clima e chi invece la voleva fuori. Peccato che ci si scordi di due dettagli non indifferenti: il primo che la Banca Mondiale è l’istituzione pubblica di sviluppo maggiormente coinvolta nel sostegno ai combustibili fossili ed il secondo che il suo ruolo come amministratore fiduciario è risultato essere discutibile e di scarsa efficacia come attestato da alcune valutazioni interne in corso. E di quanti soldi stiamo parlando?
A Cancun si riafferma l’impegno a stanziare 30 miliardi di dollari l’anno fino al 2012 e da allora in poi 100 miliardi di dollari, ma dove andare a trovare queste somme è ancora poco chiaro. Da una parte va rilevato che non si è adottato alcun impegno sul sostegno a meccanismi di mercato per il finanziamento dei programmi di mitigazione, né per la costruzione di un mercato mondiale di permessi di emissione, anche se viene ribadita la centralità dei meccanismi di flessibilità previsti da Kyoto. Dall’altra però nulla è stato deciso sugli impegni di spesa relativi a fondi pubblici , nuovi ed addizionali, e non riciclati dalla cooperazione allo sviluppo, che devono invece essere la principale fonte di sostegno ai programmi di adattamento e mitigazione. Il rapporto stilato dal gruppo di lavoro ad hoc costituito da Ban Ki Mun identifica poi alcune ipotesi quali una carbon tax globale, o addirittura una possibile tassazione sulle transazioni finanziarie che però non ha avuto grande eco nel negoziato. Certo è che da Cancun parte un segnale chiaro verso il settore privato, che può vedere nella “green economy” e nella transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio un’importante opportunità.
A leggere il documento finale di Cancun risulta evidente che tutto il tema dei mutamenti climatici resta solidamente ancorato ad un paradigma economico e di sviluppo che continua a vedere nella crescita economica (“high growth”) il parametro centrale di riferimento. Questo forse è il vero grande limite del negoziato: quello di non prospettare una vera inversione di rotta, un nuovo modello che possa mettere in sinergia ambiente inteso come giustizia ambientale, ed economia intesa come sganciamento progressivo dal falso mito della crescita. Su questo il lavoro da fare è ancora molto soprattutto per creare e irrobustire quella domanda politica dal “basso” che può contribuire a scalfire la fiducia mal riposta nel modello di mercato e di crescita. Lasciare tutti i destini del Pianeta solo ed esclusivamente ad un negoziato internazionale tra stati rischia di legittimare una corsa verso il ribasso, se in questo negoziato le uniche due forze trainanti sono gli interessi nazionali degli stati , o quelli del posizionamento nella governance globale, e l’opportunismo delle imprese.
Perché se da Cancun si è deciso di tenere in vita il processo multilaterale, varrà ora la pena di interrogarsi di quale multilateralismo si stia parlando, giacché il ruolo dei movimenti della società civile, delle municipalità, dei soggetti non statuali altri rispetto agli Stati ne è risultato fortemente eroso. Chi era a Cancun non ha potuto non constatare la grande difficoltà di incidere e seguire le trattative, quasi tutte a porte chiuse, ed anche prendere atto della frammentazione dei movimenti, riuniti in ben 4 coordinamenti ed iniziative differenti che ne hanno certamente diluito la capacità di incidenza politica.
Al di là delle questioni specifiche relative al clima ed al modello energetico, che oggi più di prima devono essere affrontate soprattutto a livello nazionale e locale, Cancun ci lascia quindi un messaggio chiaro riguardo all’urgenza di costruire nuove alleanze, tra movimenti sociali, ed ambientali, piccole e medie imprese dedicate alle energie rinnovabili ed al risparmio energetico, comunità che già applicano metodi di adattamento e mitigazione dei mutamenti climatici, organizzazioni indigene e contadine, amministrazioni locali “virtuose”, sindacati.
Senza questa convergenza di soggetti politici, il percorso verso Durban rischia di restare un percorso tra Stati, guidato quindi solo ed esclusivamente dall’urgenza di conciliare un generico interesse nazionale con l’imperativo categorico della crescita economica. E dal quale difficilmente difficilmente potrà derivare una netta inversione di rotta.

lunedì 6 dicembre 2010

14 DICEMBRE: UNITI CONTRO LA CRISI


Ancona - Oltre 2000 a difesa del diritto all'acqua



Studenti, precari e operai si uniscono alla battaglia per i beni comuni

Centinaia di persone da tutte le Marche hanno sfidato il vento forte e la temperatura rigida del capoluogo dorico e si sono ritrovate ad affollare Piazza della Repubblica di fronte al Teatro delle Muse.Pullman da ogni provincia e tanti che si sono mossi con mezzi propri per non mancare all'appuntamento lanciato dal popolo dell'acqua, decine le sigle del mondo dell'associazionismo che hanno sostenuto l'iniziativa
In collegamento da Cancun, la corrispondenza di Vilma Mazza, dell'associazione Ya Basta! in diretta dalla conferenza sul clima COP16. I videointerventi inviati da Elio e Neri Marcorè hanno poi lasciato spazio al concerto prima del saluto collettivo della piazza a Mario Monicelli.
La piazza dell'acqua chiede diritti e democrazia e parla la stessa lingua delle mobilitazioni studentesche e delle battaglie per la dignità del lavoro. Prossima fermata, il 14 dicembre a Roma tutti Uniti Contro la Crisi sotto Montecitorio.
http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Ancona-Oltre-2000-a-difesa-del-diritto-allacqua/6669
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Si legge Acqua, si scrive Democrazia
Cronaca completa della giornata Acqua Bene Comune
Acqua in movimento http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Acqua-in-movimento/6670
Il popolo dell’acqua è tornato in piazza ed è stata una giornata straordinaria. Cortei, happening, feste e presidi hanno attraversato tutti i capoluoghi di regione e decine di città.

domenica 28 novembre 2010

4 DICEMBRE MOBILITAZIONE NAZIONALE PER L'ACQUA PUBBLICA



INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE: singoli cittadini, associazioni laiche e religiose, forze politiche, forze sindacali …….

Comitati per l’Acqua Pubblica
Provincia di Ancona


Marche - I movimenti verso la mobilitazione del 4 dicembre
Tutte le iniziative territoriali in preparazione della manifestazione regionale

23 / 11 / 2010
Nella giornata di sabato 20 novembre il Coordinamento Marchigiano dei Movimenti per l'Acqua ha promosso iniziative territoriali per promuovere la mobilitazione nazionale a difesa dell’acqua pubblica del 4 dicembre.
Ad Ancona oltre 100 persone hanno preso parte all'assemblea pubblica di presentazione della mobilitazione e della manifestazione che si terrà nel capoluogo dorico.
Il coordinamento sta organizzando ad Ancona una manifestazione regionale per sabato 4 dicembre - concentramento alle ore 16.00 davanti al Teatro delle Muse - per chiedere l’immediata approvazione di un provvedimento di moratoria verso i processi di privatizzazione del servizio idrico, che sospenda e ridiscuta le scadenze previste dal “decreto Ronchi” e dal Governo Berlusconi.
La data non è casuale, ma cade durante le giornate di mobilitazioni nazionali e globali previste in occasione della conferenza Onu Cop 16 sui cambiamenti climatici, che si terrà a Cancun, in Messico, proprio nella prima metà del dicembre prossimo.
Un corteo per le vie del centro, quello del 4 dicembre prossimo, anche perchè venga rispettata la volontà popolare di esprimersi sulla gestione di un bene così essenziale come l'acqua, attraverso il referendum nel 2011.
Sempre il 20 novembre a Macerata e Civitanova Marche gli attivisti hanno organizzato una presenza comunicativa portando in piazza la campagna per la moratoria sull’affidamento dei servizi idrici, dove il messaggio a difesa del diritto all’acqua è passato anche per videoproiezioni e videomapping.
A Fabriano per giovedì 25 è prevista un'assemblea pubblica (C.a.g. Sant'Antonio Fuori le Mura - Via De Gasperi, 8 - 21.00) e una serie di azioni comunicative;
lunedì 29 a Falconara Santa Cannella, "l'acqua che sgorga liberamente dalla cannella di casa tua", apparirà ai fedeli e non, durante il mercato mattutino.
Ad Urbino il Comitato ACCAdueò ha lanciato per sabato 27 novembre l'iniziativa "Mani blu dal sindaco", dove verranno consegnate le firme della petizione per la modifica dello statuto comunale e i fondi raccolti per la riapertura di una fontana pubblica.

Eventi regionali 4 dicembre
L'elenco delle iniziative in programma:

Abruzzo: Pescara - manifestazione regionale: mattina attività con le scuole, pomeriggio street parade e critical mass, successivamente assemblea.
Calabria: Cosenza - Dalle 11.00 Biomercatino, alle 15.00 Manifestazione regionale per la moratoria sull'acqua, alle 21.30 concerti.
Campania: Napoli - corteo regionale.
Emilia Romagna: Bologna - alle 15 corteo con partenza dalla sede di Hera che attraverserà il centro. Al termine musica ed interventi.
Lazio: Roma - Manifestazione regionale. La mattina critical mass per l'acqua, pranzo e pomeriggio presidio con stand informativi e animazione: artisti di strada, giocolieri, musica e video. Il flyer
Liguria: Genova - Presidio in prefettura, pomeriggio kermesse con Emilio Molinari e Diego Parassole.
Lombardia: iniziative provinciali.
Marche: Ancona - manifestazione, corteo , concerto.
Molise:Campobasso - Ore 17:30 appuntamento in Piazza Pepe, sotto la prefettura, per consegnare al Prefetto l'appello per la moratoria. Il presidio continuerà nel pomeriggio con stand informativi e animazione, musica e creazione di graffiti e una scultura estemporanea il cui tema è l'acqua bene comune.
Campobasso - Ore 21:00 appuntamento al Blue Note, Concerto di artisti locali e DJ set banchetti informativi e proezioni video
Piemonte: Torino - Ore 14.00 - Presidio alla Fontana Angelica in Piazza Solferino in attesa del corteo degli studenti in partenza da Piazza Arbarello; Ore 15.00 - Corteo per via Pietro Micca fino a Piazza Castello - parteciperanno anche 4 somarelli con otri d'acqua, al seguito del Comitato Acqua Pubblica di Cuneo; Ore 16.00 - 18.00 - Manifestazione in Piazza Castello - musica - animazione - interventi dei Comitati Locali del Piemonte e chiusura del Prof. Ugo Mattei
Sardegna: iniziativa a Cagliari e in altre province.
Toscana: iniziative provinciali durante la settimana precedente il 4 settembre, per conlcudere il 04 con manifestazione sotto alla sede della Regione Toscana a Firenze. Qui tutte le inziative.
Trentino Alto Adige: Trento - Fiaccolata cittadina.
Sicilia: manifestazioni provinciali.
Veneto : Venezia - Manifestazione con inizio alle 14,00 dalla stazione ferroviaria e prevede due cortei: uno via terra e uno via acqua con barche fino al Rialto ed evento finale con concerti.

venerdì 29 ottobre 2010

VERSO CANCUN: PER LA GIUSTIZIA AMBIENTALE E SOCIALE




Verso Cancun - La Terra è un bene comune - Incontro con MST Brasile
28 / 10 / 2010
Novembre 2010
Associazione Ya Basta Italia
in collaborazione con http://www.comitatomst.it/all'interno delle attività della Rete Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale
incontra PRISCILA FACINA MONNERAT
Rappresentante del Movimento Sem Terra brasiliano, impegnato insieme alla Via Campesina nelle lotte per la difesa della terra, contro gli OGM, per la sovranità alimentare.
Agronoma e cordinatrice della scuola di agroecologia del Coordinamento Statale dello stato del Paranà.
CALENDARIO INCONTRI
Domenica 7 nov. Treviso
Lunedì 8 nov. Padova
Martedì 9 nov. Trento
Mercoledì 10 nov. Trieste
Domenica 14 nov. Firenze
Martedì 16 nov. Reggio Emilia
Mercoledì 17 nov. Bologna
Giovedì 18 nov. Parma
Nelle serate
* Presentazione dell'E-Book "Verso Cancun. cambiare il sistema non il clima"
* Azucar do Brasil - Lo zucchero dei Sem Terra
Ai primi di dicembre in Messico a Cancun si riunirà il Cop 16, vertice dell'Onu sui cambiamenti climatici.
In tutto il mondo cresce la mobilitazione perchè non si può più attendere od accettare false soluzioni.
Il tempo della giustizia ambientale e sociale è ora, è adesso.
Il cambio climatico , il surriscaldamento globale con le conseguenze drammatiche che portano con sé per l'umanità e il pianeta, affondano le loro radici in un modello di sviluppo inaccettabile, nell'imposizione dell'agrobusiness e nel tentativo costante di mercificare la vita e le risorse.
Le mobilitazioni in difesa del territorio come a Terzigno sono un esempio di pratica collettiva che si intreccia con le mille lotte in tutto il mondo.
La protesta attiva contro il nucleare così come le mille azioni contro la violenza delle corporation degli Ogm, dalla mobilitazione vincente in Friuli alle lotte dei contadini nei 5 continenti, ci dimostrano che è possibile opporsi e affermare l'alternativa.
Cambiare il sistema non il clima è la strada intrapresa nelle mobilitazioni globali per affermare che terra, acqua, aria sono beni comuni da difendere per costruire attraverso l'indipendenza energetica, la sovranità alimentare, un modello sociale di diritti e dignità.
Per approfondimenti
* Dichiarazione della Via Campesina
10, 100, 1000 Cancun
Vai al testo
* Appello di Via Campesina per appoggiare le mobilitazioni a Cancun
Vai al testo
Links Utili:
Amigos Sem Terra Italia
Rete Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale
Mst Brasil
Via Campesina
Tratto da:
Associazione Ya Basta Italia

mercoledì 27 ottobre 2010

ANCONA: GLI OPERAI FINCANTIERI BLOCCANO IL PORTO



Ancona - Gli operai Fincantieri bloccano il porto


Per 4 ore traffico fermo in entrata e uscita dal porto.
Con i portuali presenti metalmeccanici e attivisti dei centri sociali delle Marche
Giornata di mobilitazione del settore della cantieristica in occasione della giornata di sciopero indetta dalle rappresentanze Rsu della Fincantieri di Ancona, contro l'ipotesi dello stop delle attività dello stabilimento per il prossimo gennaio, quando già a prtire da novembre scatterà la cassa integrazione straordinaria per oltre 500 operai.

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Ancona-Gli-operai-Fincantieri-bloccano-il-porto/6172

lunedì 25 ottobre 2010

E' arrivato a Gaza il convoglio internazionale "VIVAPALESTINA 5"


IL CONVOGLIO VIVA PALESTINA 5
HA ROTTO L'ASSEDIO ED E' ENTRATO NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI GAZA! GRANDE ACCOGLIENZA! GRANDI RAGAZZI!
Campagna Palestina Solidarietà – Marche


COMUNICATO STAMPA

E’ arrivato a Gaza il convoglio internazionale “Viva Palestina 5”, carico di aiuti umanitari partito da Londra e transitato dal porto Ancona il 23 settembre.

Come Campagna Palestina Solidarietà Marche, costituita da associazioni e singoli che da anni lavorano per una pace giusta in Medio Oriente, abbiamo partecipato alla raccolta di fondi e medicine e all’organizzazione di un gruppo italiano, all’interno del convoglio internazionale, formato da sette mezzi, tra cui un’ambulanza e un’auto medica carichi di materiale medico e scolastico.

Il convoglio ha percorso quasi 5.000 kilometri ed è stato rinforzato da altre due colonne di mezzi provenienti da Marocco, Algeria, Stati del Golfo e Giordania.
“Viva Palestina 5” è entrato nella Striscia di Gaza con circa 150 veicoli, 370 persone provenienti da 30 paesi diversi e 5 milioni di euro di aiuti.

Esprimiamo tutta la nostra soddisfazione per il raggiungimento degli obiettivi del convoglio che ha spezzato l’inumano assedio posto alla popolazione palestinese della Striscia di Gaza costretta a vivere in un’immensa prigione a cielo aperto da cui non si entra e non si esce e dove merci e beni di prima necessità entrano con il contagocce.

La Campagna Palestina Solidarietà Marche s’impegna a continuare il proprio lavoro di solidarietà con il popolo palestinese e contro le politiche israeliane di occupazione, colonialismo e apartheid.

Campagna Palestina Solidarietà – Marche
cps.palestina@gmail.com

mercoledì 20 ottobre 2010

VIVAPALESTINA: SIT IN AMBASCIATA EGIZIANA


SIT IN DAVANTI AMBASCIATA EGIZIANA DELLA RETE ROMANA DI SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE GIOVEDI 21 DALLE 18 ALLE 20


Il Governo egiziano ha bloccato per ben 15 giorni nella città portuale di Lattakya (sIRIA) i 380 attivisti ed i i 145 veicoli del convoglio di Viva Palestina diretto a Gaza, condizionando all'adempimento di una serie di onerose prescrizioni il rilascio del permesso di attracco al porto egiziano di El Arish. Dopo che tutte le condizioni prescritte erano state esattamente adempiute, il governo egiziano, disattendendo l'accordo precedentemente siglato, ha avanzato una nuova pretesa, chiedendo, sulla base di motivazioni del tutto infondate, che dal convoglio venissero esclusi 17 attivisti. Il governo egiziano ha fornito così l'ennesima dimostrazione della sua subalternità al governo israeliano che malgrado le condanne dell'Onu e dell'opinione pubblica mondiale persiste nel tenere sotto assedio Gaza e la sua popolazione.
Per protestare contro l'ostruzionismo del governo egiziano la RETE ROMANA DI SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE, su invito dell'International Solidarity Movement ha indetto per GIOVEDI' 21 OTTOBRE UN SIT IN DALLE ORE 18 ALLE 20 IN VIA SALARIA DI FRONTE ALL'INGRESSO DELL'AMBASCIATA EGIZIANA INVITANDO A PARTECIPARVI QUANTI SI BATTONO PER LA LIBERTA' DEL POPOLO PALESTINESE ED IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE. Il Governo egiziano ha bloccato per ben 15 giorni nella città portuale di Lattakya (SiriaA i 380 attivisti ed i 145 veicoli del convoglio di Viva Palestina diretto a Gaza, condizionando all'adempimento di una serie di onerose prescrizioni il rilascio del permesso di attracco al porto egiziano di El Arish. Dopo che tutte le condizioni prescritte erano state esattamente adempiute, il governo egiziano, disattendendo l'accordo precedentemente siglato, ha avanzato una nuova pretesa, chiedendo, sulla base di motivazioni del tutto infondate, che dal convoglio venissero esclusi 17 attivisti. Il governo egiziano ha fornito così l'ennesima dimostrazione della sua subalternità al governo israeliano che malgrado le condanne dell'Onu e dell'opinione pubblica mondiale persiste nel tenere sotto assedio Gaza e la sua popolazione.Per protestare contro l'ostruzionismo del governo egiziano la RETE ROMANA DI SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE, su invito dell'International Solidarity Movement ha indetto per GIOVEDI' 21 OTTOBRE UN SIT IN DALLE ORE 18 ALLE 20 IN VIA SALARIA DI FRONTE ALL'INGRESSO DELL'AMBASCIATA EGIZIANA INVITANDO A PARTECIPARVI QUANTI SI BATTONO PER LA LIBERTA' DEL POPOLO PALESTINESE ED IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE.

martedì 19 ottobre 2010

VIVA PALESTINA 5



Chiediamo a tutto il movimento che in Italia è impegnato a fianco del popolopalestinese di mobilitarsi

L'attesa partenza per El Arish di lunedì mattina non c’è stata. Dopo unaconvulsa giornata di trattative e di snervante attesa, il convoglioVivaPalestina5 è ancora bloccato nella città portuale di Lattakya.Chiediamo a tutto il movimento che in Italia è impegnato a fianco del popolopalestinese di mobilitarsi per elevare una dura protesta nei confrontidell’Egitto, con tutte le iniziative che potranno essere intraprese e che inparte sono già in corso.Chiediamo alle forze politiche e sindacali italiane di far sentire la loro voce.Chiediamo ai parlamentari europei, ma anche ai membri del parlamento italiano,di sollevare la questione nelle rispettive sedi con interpellanze formali.Chiediamo alle ambasciate italiane al Cairo e a Damasco, chiediamo al Governo eal Ministero degli Esteri italiano, di tutelare i nostri diritti e la nostraintegrità e di sollevare una ferma protesta nei confronti del governo egiziano.La situazione va sbloccata non nell’arco di giorni, ma di ore.Noi, 14 componenti del gruppo italiano, insieme agli altri 380 partecipanti alConvoglio Viva Palestina5, siamo trattenuti in una forma illegale di sequestrodal 2 ottobre, da oltre 17 giorni in questa città siriana, impediti dal governoegiziano di arrivare a El Arish e da li, per un tragitto di 40 km di entrarenella striscia di Gaza.Fino ad ora la leadership del convoglio ha tenuto volutamente e pazientemente unatteggiamento di estrema collaborazione con le autorità egiziane per non offrirenessun appiglio a possibili irrigidimenti. E tuttavia, pur avendo ottemperato atutte le richieste non otteniamo ancora il permesso per l’ingresso.Questa situazione da qualsiasi punto la si osservi è assolutamente illegale.Noi vogliamo far arrivare nella Striscia di Gaza, sottoposta a un embargoillegale secondo il diritto internazionale, condannato dall'ONU e anche dall'UE,medicine e articoli sanitari, materiale per gli scolari di Gaza, un insieme diaiuti umanitari.Non trasportiamo armi, droghe o altre sostanze illecite.Non esportiamo valuta.Non siamo qui per praticare turismo sessuale.Non siamo finanziati da potenze straniere.Trasportiamo solo gli aiuti umanitari offerti dai tanti donatori italiani che cihanno generosamente sostenuto e che ci hanno permesso di realizzare questamissione per la popolazione di Gaza, sfiancata da un assedio e da unboicottaggio letale che dura dall'inizio del 2006.Se avessimo compiuto una o più di queste azioni le autorità egiziane, ma anchequelle turche o siriane avrebbero avuto tutto il diritto di arrestarci egiudicarci.Non è questo il caso.Siamo stati sempre accolti con grandissimo calore e, possiamo dirlo, inparticolare noi italiani, con grande simpatia, in Turchia come in Siria.Il comportamento del governo egiziano ci costringe a una sosta che ledegravemente i nostri diritti, a cominciare dal diritto alla libera circolazione.Abbiamo adempiuto a tutte le richieste presentare il 5 ottobre, in un incontro aDamasco, dall'ambasciatore egiziano.Poi il 16 ottobre è arrivata da parte egiziana una lista di proscrizione per 17attivisti (nessuno del gruppo italiano) che le autorità egiziane hannodichiarato “non graditi”, basata su dati inconsistenti e su errori grossolani,solo un ulteriore espediente per rinviare ancora la partenza.Tra questi, fatto particolarmente odioso, due parenti delle vittime della MaviMarmara, che vorrebbero unire la terra delle tombe dei loro cari a quellapalestinese di Gaza per piantare un albero di ulivo.E' evidente che si sta giocando contro di noi una partita squisitamente politicae che siamo vittime di una forma di “sequestro di persona”, tenuti in ostaggioper motivi che sono facilmente intuibili e dietro i quali si vede chiaramente lavolontà dello Stato di Israele di contrastare queste missioni di pace. Ilgoverno egiziano deve essere consapevole che non è tollerabile che si neghil’ingresso ai pacifisti, mentre lo si auspica e lo si sollecita per i turisti!Tutti e tutte sono decisi/e a resistere a oltranza, ma abbiamo famiglie eimpegni di lavoro e dovremmo rientrare al più presto nelle nostre case. Chi èpartito dall'Inghilterra è in viaggio da più di un mese, noi che siamo partitidall'Italia da 29 giorni.La mobilitazione in Italia, in Europa e nel mondo deve unirsi alla nostraindignazione e alla nostra resistenza.ISM-ItaliaLattakya, 19 ottobre 2010------------------------------------
Gaza risponde a Roberto Saviano
http://www.youtube.com/watch?v=NBgI_QWgXaI

Con Gaza nel cuore!!!!




CONVOGLIO VIVAPALESTINA

La lotta al sostegno dei palestinesi è una lotta in difesa di tutti i popoli oppresi .
E' una lotta per la dignità umana

Una carovana di furgoni carichi di medicine e materiale scolastico è partita il 18 settembre da Londra per raggiungere Gaza seguendo un percorso attraverso la Francia, l'Italia e la Grecia...
Ieri, 16 ottobre il convoglio VivaPalestina5 aveva completato tutte le operazioni per prepararsi all’imbarco sul cargo greco che doveva avvenire questa mattina a partire dalle ore 9.
Completato, a titolo gratuito, il pieno dibenzina per tutti i veicoli, dislocati i veicoli in ordine di marcia, ripulito il campo che ci ha ospitato, consegnati tutti i passaporti per facilitare le operazioni di frontiera, provveduto alle forniture di viveri e di acqua dato cheil vettore non è un traghetto per passeggeri e non offre alcuna opportunità di ristoro, nella serata era previsto un ultimo incontro di saluto e di festa con la comunità palestinese del campo profughi e con la comunità siriana che con generosità ci hanno accolto e ospitato per ben 15 giorni.
E invece, a smorzare gli entusiasmi, è arrivato improvvisamente il contrordine: le autorità egiziane hanno di nuovo bloccato l’operazione di ingresso con una nuova e vessatoria richiesta:
17 degli attivisti considerati persone non gradite, non possono entrare in Egitto.
Richiesta immotivata e ricattatoria che subito la direzione del convoglio ha dichiarato inaccettabile riservandosi di adottare oggi, con l’arrivo a Lattakya di George Galloway, tutte le contromisure per rispondere a questa ulteriore pretesa egiziana.
Non si conoscono i nomi dei 17 “indesiderati”, ma è evidente ormai che dietro a questa ennesima richiesta c’è l’intervento di Israele.
Israele vuole interrompere questa crescente catena di iniziative (convogli e flottiglie) che sta mettendo in crisi l’assedio e il boicottaggio adottato contro la popolazione della Striscia di Gaza.
Il governo egiziano si presta a questo sporco gioco cercando di logorare la resistenza e la compattezza dei partecipanti al convoglio, le delegazioni di oltre 30 paesi, 380 attivisti con 145 veicoli pieni di aiuti umanitari.
Si tenga conto che il Convoglio, nelle trattative svolte a Damasco aveva già, con grande senso di responsabilità, accettato condizioni molto pesanti, in particolare la rinuncia del leader del convoglio, George Galloway a entrare aGaza.
Ma non solo questo. Era stata accettata la pretesa egiziano-israeliana di escludere il trasferimento in Gaza del carico di cemento, questa arma di distruzione di massa che avrebbe permesso di ricostruire quelle case e quelle infrastrutture distrutte dall’esercito israeliano nell’operazione “piombo fuso”.
Era stata pazientemente accettata la condizione di riclassificare tutti gli aiuti e di caricarli su pallet per facilitare eventuali operazioni di controllo.
Tutto questo non è bastato, e non sono bastati 15 giorni di sequestro e di blocco del convoglio a Lattakya, con disagi immaginabili per i 380 attivisti, ma anche con un peso notevole per le autorità siriane che ci ospitano, fornendo cibo e bevande a tutto il convoglio.
Ora questa ulteriore e odiosa condizione. Non conosciamo i nomi della lista di proscrizione;
la direzione del convoglio ha evitato per ora di renderla pubblica per non creare ulteriori tensioni e non fare il gioco egiziano.
Ma è presumibile che si vuole decapitare la testa del convoglio e, di richiesta in richiesta, di rinvio in rinvio, bloccarlo definitivamente, questo e anche i possibili futuri convogli.
Gli egiziani con questa mossa hanno rotto e disatteso un accordo già siglato a Damasco e si sono resi responsabili di un inevitabile inasprimento del confronto.
La risposta del convoglio, per quanto pacifica non potrà che essere molto dura.
E’ vergognoso e intollerabile che si impedisca l’arrivo di aiuti umanitari a una popolazione come quella della striscia di Gaza così duramente provata da un assedio che dura dal 2006.
Ma è anche intollerabile che l’Egitto impedisca l’esercizio di uno dei diritti fondamentali che le convenzioni internazionali garantiscono a tutti i cittadini, la libera circolazione delle persone attraverso tutte le frontiere di tutti i paesi del mondo.
Ma la manovra egiziana appare sconsiderata. Perché una buona parte della sua economia si regge proprio sulla libera circolazione di tutti quei cittadini, moltissimi sono gli italiani, che ogni anno visitano l’Egitto e le sue più note e famose localitàarcheologiche e turistiche.
Turisti sì, attivisti no? Il governo egiziano che si sta esercitando in questa sfida pericolosa e insensata contro un convoglio di cittadini e di attivisti del mondo intero deve allora fare molta molta attenzione. La delegazione italiana, in queste ore di tensione e di duro confronto, mentre ribadisce la sua volontà di resistere a questa azione discriminatoria, invita il movimento italiano di solidarietà con la resistenza palestinese a manifestare la sua protesta davanti all’ambasciata e alle legazioni egiziane, di intervenire sul ministero degli esteri italiano affinché si faccia carico di una ferma protesta nei confronti del governo egiziano, ma anche a prepararsi a mettere in campo, se la situazione non si sbloccherà rapidamente, un boicottaggio contro il flusso turistico dall’Italia all’Egitto.
A fine serata c’è ancora tempo per una nuova esibizione, molto applaudita, del team italiano che ha cantato Bella ciao, che è stata preceduta su iniziativa di uno degli attivisti giordani dalla lettura del testo in arabo e in inglese.
Una ulteriore dimostrazione del forte spirito di umanità che caratterizza il convoglio. Aggiornamento delle ore 15 di domenica 17 ottobre
A mezzogiorno visita al campo del rappresentante in seconda di Hamas , accolto con grande entusiasmo. Poi press-conference con la presenza di George Galloway, un intervento attesissimo dopo la nuova pretesa del governo egiziano di escludere dall’ingresso in Egitto e a Gaza di 17 attivisti.
Con la sua straordinaria capacità comunicativa Galloway passa in rassegna la lista dei proscritti, dimostrando come le motivazioni addotte dalle autorità egiziane sono in alcuni casi crudeli, in altri casi assurde e in altri casi ancora sia crudeli che assurde.
Crudele l’esclusione di due attivisti turchi, parenti delle vittime della Mavi Marmara, che intendono portare a Gaza, terra raccolta sulle tombe e destinata a piantare fiori e alberi di ulivo a Gaza.
Assurda l’esclusione di una giovane attivista britannica, Amena Saleem, indicata come moglie di Galloway (soloperché il suo nome è simile a quello della ex moglie del leader britannico);crudele e assurda insieme la esclusione dello sceicco Ismail Nashwan, un anzianodi 83 anni, indicato erroneamente di avere nazionalità turca (e che nell’apprendere la notizia non trattiene le lacrime) L’intelligence egiziana, sottolinea Galloway, non ci fa certo una buona figura,rimarcando in ogni caso che la responsabilità di questa irricevibile lista diproscrizione è del Presidente Hosni Mubarak che deve avere “cattiviconsigleri”.
Conclusione: domani il convoglio, con tutti gli attivisti, partirà per El Arish; le autorità egiziane avranno tutto il tempo a disposizione per riflettere,prendere atto della assurdità ed inconsistenza di questa ennesima richiesta dilatoria e prendere atto degli errori commessi.
Si annuncia un attracco a El Arish alquanto movimentato.
ISM-ItaliaLattakya, 17 ottobre 2010

lunedì 23 agosto 2010

Rompere l'assedio della striscia di Gaza


PER ROMPERE L’ASSEDIO DELLA STRISCIA DI GAZA PIENO APPOGGIO ALLE PROSSIME FLOTTIGLIE E AI PROSSIMI CONVOGLI DIRETTI A GAZA

Il terribile massacro a bordo della Mavi Marmara il 31 maggio ha portato a un cambiamento radicale dell'opinione pubblica internazionale nei confronti dell'assedio disumano del popolo di Gaza.
Lungi dall'aver dissuaso le persone di coscienza dal tentare di porre fine a quell'assedio, l'assalto israeliano contro la Freedom Flotilla sta spingendo un maggior numero di attivisti a portare aiuti umanitari al popolo palestinese e a porre fine al blocco.
Viva Palestina UK ha lanciato "Viva Palestina 5 - a global lifeline to Gaza", un convoglio via terra, senza precedenti, che partirà da Londra sabato 18 settembre, in collegamento con i convogli che partiranno da Casablanca e da Doha (Qatar), con l'obiettivo di raggiungere Gaza con 500 veicoli di aiuti.
E' giunto il tempo di rispondere alle atrocità quotidiane dei militari israeliani con un flusso di umanità verso il popolo di Gaza. Contemporaneamente l'International Committee to Break the Siege on Gaza sta organizzando la Freedom Flotilla II, una flottiglia più grande della precedente, con l'obiettivo di arrivare a Gaza, a ottobre, nello stesso momento dei convogli.
Il messaggio del popolo assediato di Gaza è forte e chiaro: arrivate numerosi, in modo coordinato e organizzato, via mare e via terra, per consegnare aiuti vitali, per mettere in evidenza la brutalità e la violenza dell'assedio e per porre fine a questa barbara situazione.
Questo è il motivo per il quale il convoglio globale verso il valico di Rafah, che il governo egiziano ha affermato essere “aperto”, una atroce menzogna tra le tante, è così vitale. Questo è il motivo per il quale la Freedom Flotilla II, a fronte delle molte dichiarazioni di condanna dell'assedio, dopo l’eccidio della Mavi Marmara, che non hanno avuto alcun seguito operativo, è così vitale.
Viva Palestina Italia, su delega di Viva Palestina UK, ha il compito di coordinare la partecipazione italiana al convoglio che partendo da Londra arriverà a Gaza attraverso la Francia, l'Italia, la Grecia, la Turchia, la Siria, la Giordania e l'Egitto.
L'obiettivo ambizioso è di contribuire con almeno 20 veicoli dall'Italia.
Il movimento di solidarietà con la resistenza del popolo palestinese sta assumendo, attraverso tutte queste iniziative, le caratteristiche di autentiche brigate internazionali di attivisti non-violenti.
Bisogna rispondere con la forza della ragione politica e la determinazione del dovere morale a chi tenta di criminalizzare quanti hanno partecipato ai convogli e alle flottiglie precedenti e quanti, governi e associazioni umanitarie, li hanno sostenuti, Noi sottoscritti, consci della gravità della situazione nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, delle discriminazioni alle quali sono soggetti i palestinesi cittadini di Israele, del problema irrisolto dei profughi, esprimiamo tutto il nostro appoggio ai convogli e alle flottiglie che si stanno organizzando in numerosi paesi e anche in Italia.
Noi sottoscritti, consapevoli della complicità attiva con Israele dei governi occidentali, e tra questi del governo italiano, e dei paesi arabi “moderati”, invitiamo, in questo momento di profonda crisi morale, culturale e politica della società italiana, tutte le persone di coscienza, tutte le istituzioni rappresentative, tutte le organizzazioni politiche e sindacali, tutto l'associazionismo, a sostenere, politicamente ed economicamente, queste iniziative affinché venga posta fine ad una delle situazioni più barbare e disumane dei nostri tempi, la costrizione di 1.500.000 palestinesi nel campo di concentramento a cielo aperto della Striscia di Gaza. La lotta a sostegno dei palestinesi è una lotta in difesa di tutti i popoli oppressi. E' una lotta contro il colonialismo occidentale che in Medio Oriente ha manifestato e manifesta tutte le sue forme criminali.

E' una lotta per la dignità umana.
Info e link :
info@ism-italia.org
vivapalestinaitalia@gmail.com
www.ism-italia.org
www.vivapalestina.org
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