Pubblichiamo qui di seguito un contributo di un partecipante alla Carovana di solidarietà e documentazione a Comandante Abel, che si è svolta dal 18 al 20 settembre, per documentare l'attacco e lo sgombero che hanno subito gli abitanti della comunità per mano di paramilitari appoggiati dalle forze governative.
La controinsurrezione in
Chiapas, decine di famiglie zapatiste sfollate
Noi che abbiamo
combattuto sappiamo riconoscere il passo di ciò che si sta preparando e
avvicinando.
I segnali
di guerra all’orizzonte sono chiari: la guerra, come la paura, ha odore. E già
ora si comincia a respirare il suo fetido odore nelle nostre
terre.
(Subcomandante Insurgente Marcos, dicembre 2007)
Nell’anno in corso, il 2012, si continua a respirare giorno per
giorno l’odore della guerra che, lo stato messicano, ha scatenato contro le
comunità zapatiste.
La politica di controinsurrezione elaborata con l’aiuto del
governo USA, dopo l’insurrezione armata dell’EZLN nel 1994 e precisata nel
documento denominato “Piano per la Campagna Chiapas 94”, ha fornito la struttura
per una nuova forma di guerra contro le popolazioni indigene ribelli.
Negli ultimi mesi, le Giunte del Buon Governo di Morelia e
La Realidad hanno denunciato le aggressioni subite dalle Basi di Appoggio del
EZLN da parte della ORCAO (Organización Regional Cafeticultores Altamirano
Ocosingo) nell’ejido1 Moises Gandhi e da parte di gruppi affiliati al PRI, al PRD e al
PVEM (Partido Verde Ecologista Mexicano). Queste provocazioni si aggiungono a
quelle ben note in tutto il territorio zapatista, come nel caso di San Marcos
Avilés, assediata dai paramilitari e per questo al centro di una campagna di
solidarietà internazionale.
Lo stato messicano è in guerra contro un nemico interno: l’EZLN,
contro le comunità zapatiste in resistenza e soprattutto contro l’autonomia, la
cultura e la vita dei popoli indigeni che non accettano di essere assimilati al
modello di sviluppo capitalista. Il messaggio che le Giunte del Buon Governo
hanno lasciato nelle varie denunce è chiaro: il governo, attraverso menzogne,
promesse di terra e finanziamenti, sta rianimando i gruppi paramilitari e
armando altre organizzazioni, affinché questi alimentino l’ostilità e le
aggressioni contro coloro che si oppongono all’omologazione neoliberista. La
strategia del governo contro la resistenza si sviluppa su due fronti: da una
parte la “guerra di bassa intensità” impiegando le formazioni paramilitari così
da evitare le ripercussioni internazionali che si avrebbero con l’impiego
diretto dell’esercito e dall’altra, la cosiddetta linea morbida, con l’impiego
massiccio di progetti assistenzialisti per calmare la fame, creare dipendenza e
logorare la resistenza, concentrando i progetti nelle zone dove è più forte la
lotta contro il governo.
L’8 settembre la Giunta del Buon Governo Nueva Semilla Que Va a
Producir del Caracol V di Roberto Barrios ha denunciato la nuova invasione
paramilitare nelle terre del nuovo villaggio Comandante Abel, del Municipio
Autonomo La Dignidad, Municipio ufficiale di Sabanilla. Il 12 settembre una
nuova denuncia della stessa Giunta sottolineava la gravità della situazione: 70
donne e bambini sfollati dal nuovo Villaggio Comandante Abel e 14 persone
scomparse nella vicina comunità di Union Hidalgo.
Il nuovo villaggio Comandante Abel si trova in zona indigena di
lingua ch’ol, nelle terre recuperate dall’EZLN nel 1994.
Fino a maggio di quest’anno la popolazione si trovava nella
comunità di San Patricio che fin dagli anni 90 ha vissuto resistendo ai
persistenti attacchi paramilitari.
Esattamente un anno fa, il 6 settembre 2011, quelle terre furone
invase dai paramilitari provenienti dalla vicina comunità di Ostilucum, causando
lo sfollamento della popolazione, fame e malattie. La comunità riuscì a tornare
ma ormai si trovava derubata dei raccolti che i paramilitari si erano portati
via e per questo dovette dipendere dagli aiuti alimentari organizzati dalla
Giunta del Buon Governo della Zona Nord. Nel frattempo sono continuate le
minacce di una nuova invasione e di un massacro, così che, nel mese di maggio,
le famiglie base di appoggio del EZLN hanno preso la decisione di ricostruire la
comunità nel vicino predio “La Lampara”, mostrando nei fatti la volontà degli
zapatisti di cercare forme pacifiche di risolvere conflitti, con coloro che essi
definiscono fratelli ingannati dal malgoverno. Nonostante questa, ovviamente
sofferta, decisione le minacce sono continuate e il 6 di settembre i
paramilitari della località di Union Hidalgo hanno invaso le terre del nuovo
villaggio Comandante Abel, sparando contro gli zapatisti e provocando la fuga
forzata, verso la montagna, dei bambini e della maggioranza delle donne che non
riuscivano a sopportare la situazione, mentre gli uomini e alcune donne
rimanevano sul luogo, per difendere la comunità.
Una carovana di Solidarietà e Documentazione
Per rompere l’accerchiamento, mostrare solidarietà e
documentare le violazioni ai diritti umani si è organizzata una carovana di Solidarietà e Documentazione a Comandante
Abel. La carovana, organizzata da Organismi dei
Diritti Umani, osservatori internazionali, da compagni impegnati nel movimento e
nella comunicazione indipendente, è partita da San Cristobal de Las Casas,
Chiapas il 18 settembre del 2012. Ha visitato tre comunità: quella assediata -
Comandante Abel -, la comunità autonoma di San Marcos e la comunità Zaquitel Ojo
de Agua. Nelle ultime due comunità i partecipanti alla carovana hanno potuto
intervistare le donne sfollate di Comandante Abel e gli sfollati di Union
Hidalgo.
Testimonianza delle donne sfollate nella Comunità San
Marcos
Alla fine della lunga valle che da Sabanilla si estende verso lo
stato di Tabasco, si trova la comunità di San Marcos. La comunità si trova in
posizione gradevole, a fianco del fiume Sabanilla che si attraversa passando per
un ponte sospeso. La comunità, ha dimostrato la sua solidarietà nei confronti
degli sfollati di Comandante Abel, ospitandoli nella scuola del villaggio e
condividendo il loro scarso mais e il cibo.
Le donne e le autorità della comunità hanno ricevuto i carovanieri
e quattro donne e due membri della Giunta del Buon Governo hanno dato la loro
testimonianza. Lucia ed Elvira hanno raccontato di quell’8 settembre quando, per
la paura e la percezione di non essere in grado di proteggere la vita dei propri
bambini, sono fuggite per la montagna, passando per precipizi, dormendo sotto le
liane, correndo verso San Marcos, l’unico luogo che sentivano sicuro, in una
zona percorsa dai paramilitari di Paz y Justicia già dagli anni 90, da soldati e
elementi corrotti della Pubblica Sicurezza.
Nello stato di timore e confusione in cui si trovavano, alcune si
sono perdute. “Arrivate qui eravamo intorpidite dalla paura e non sentivamo i
nostri corpi, sentivo che una tigre mi seguiva. Ci siamo perdute, eravamo
spaventate, mi sembrava di non essere più in questo mondo” racconta Lucia.
Un compagno della Giunta spiega: “Le compagne non sopportavano più
le sofferenze. Ma gli zapatisti non piangono. Torneremo a lavorare per resistere
e vivere”.
Quando le donne sono arrivate a San Marcos ne mancavano due
con i loro piccoli. Subito si sono organizzate le ricerche con il timore che
fossero state sequestrate dai paramilitari. Il giorno 11, quattro giorni dopo la
fuga dal villaggio, i compagni e le compagne che cercavano gli scomparsi, hanno
sentito il pianto di un bambino scoprendo così il loro nascondiglio. Erano
tremanti di freddo e all’estremo per la fame e la stanchezza. “Abbiamo dato loro
pozòl2, caricati
sulle spalle i bambini e siamo ritornati tutti a San Marcos”.
Carmen e Jessica sono i nomi delle due donne che si erano perdute:
“Avevamo molta paura quando siamo fuggite. Abbiamo faticato ad attraversare il
fiume, siamo rimaste indietro e non siamo state in grado di seguire il percorso
delle altre. Abbiamo proseguito ma per la paura di incontrare i paramilitari, ci
siamo nascoste sotto una pietra, una specie di caverna. Lì ci siamo nascoste la
prima notte. I giorni seguenti ci siamo fatte largo nel monte cercando di
orientarci ma ci siamo perdute. Abbiamo mangiato erba momo e arance per calmare
la fame. Per la paura di essere individuate dai paramilitari scendevamo al fiume
per gettare le bucce”. Jessica guarda intensamente il suo piccolo che piange
perché respinge il seno della mamma. “La paura mi ha asciugato il seno” – dice -
“Mia figlia ha la febbre e non le passa”.
Gli sfollati di Union Hidalgo
Il giorno seguente la carovana ha visitato la Comunità Zaquitel
Ojo de Agua, accessibile solo camminando per 3 ore verso la cima del monte che
abbraccia la valle Sabanilla. Si trova in una bella posizione tra monti, grandi
alberi chiamati “ceibas” e torrenti. Come a San Marcos, tra le famiglie di
Zaquitel Ojo de Agua, c’è una grande solidarietà. Da Union Hidalgo si sapeva che
c’erano 10 scomparsi e si temeva per la loro vita e, come a San Marcos, gli
scomparsi sono stati ritrovati dopo 3 notti, dopo aver affrontato le forti
piogge stagionali d’alta montagna.
Jaime e Auxiliadora raccontano delle minacce subite dai
paramilitari di Union Hidalgo. “Giorno e notte, con altoparlanti ci gridavano
che avrebbero mangiato le nostre carni. Dicevano che siamo fuori dalla legge e
che non abbiamo diritti e non possiamo ricorrere alla giustizia. Ci trattano
come animali”. Il racconto è la dimostrazione della strategia psicologica del
governo, ancora in vigore in Chiapas, di disumanizzare gli oppositori e
legittimare gli attacchi nei loro confronti.
Narrano che le minacce sono cominciate nell’anno 2000, quando le
famiglie zapatiste rifiutavano, come tuttora, i programmi assistenziali. Le
minacce venivano dai dirigenti del PRI (Partito Rivoluzionario Istituzionale)
della comunità, collegato con il gruppo paramilitare Paz y Justicia. Nel 2003
hanno saccheggiato il negozietto collettivo delle donne zapatiste. Armati di
bastoni, machete e pietre colpirono una nostra compagna alla testa con una
pietra. Quella volta ci rubarono tutta la merce, le tavole e la lamina del
negozietto e anche 1800 chili di mais”. Lo sguardo di Auxiliadora mostra
indignazione e fermezza. “Un anno fa le minacce sono peggiorate” racconta. “Con
gli altoparlanti ci dicevano che, se non fossero riusciti a impossessarsi delle
terre di Comandante Abel, avremmo subìto noi le conseguenze e ci avrebbero
massacrato”. Jaime e Auxiliadora raccontano che hanno temuto per la loro vita e,
insieme ad altre, hanno lasciato il villaggio, lasciando 10 compagni nella
comunità, a difendere semenze, animali e casa che sono garanzia di
sopravvivienza. “Ci siamo incamminate per la montagna senza una meta precisa –
spiegano – finché al terzo giorno abbiamo incontrato le famiglie di Zaquitel Ojo
de Agua. Non sapevamo dove andare. Abbiamo raccontato loro delle minacce e ci
hanno accolto”. Ora sono alloggiati nella scuola della comunità ma alcuni
bambini si sono ammalati per la pioggia e il freddo.
La resistenza nel Nuovo Villaggio Comandante
Abel
Nel nuovo villaggio Comandante Abel, 22 compagni e 5 compagne,
rimasti a difendere il villaggio, ricevono la carovana in una casa che mostra i
segni delle pallottole. I fori dei proiettili sono la testimonianza della
furiosa sparatoria dell’8 settembre, quando, 150 aggressori, guidati da leader
paramilitari, hanno tentato di fare un strage tra le famiglie zapatiste del
villaggio. I paramilitari hanno occupato la terra recuperata che si trova
dall’altra parte del fiume, prendendosi quella già seminata. Stanno costruendo
case e, nella notte, si avvertono i loro movimenti con armi. A neanche 400 metri
dal villaggio, alcuni elementi della Pubblica Sicurezza, dal 16 settembre, hanno
occupato quella che era la scuola autonoma zapatista. Raccontano che il 18
settembre, da quella postazione di polizia, sono partiti due spari in direzione
degli zapatisti.
I viveri stanno per esaurirsi e non è possibile né seminare, né
raccogliere legna per il forte rischio di essere attaccati.
Gli aggressori sono ben conosciuti dai compagni. Sono dirigenti
politici del malgoverno di Union Hidalgo. Questi ultimi non agiscono
autonomamente. I compagni zapatisti raccontano: “Il 4 settembre sono venuti qui
il segretario del governo del Chiapas Noé Castañon accompagnato da due alti
funzionari del malgoverno e da membri della pubblica sicurezza statale. Si sono
riuniti con i paramilitari per dir loro che quelle terre erano loro”. Due giorni
dopo si è scatenato l’attacco contro le basi di appoggio del EZLN.
Le Basi di Appoggio Zapatiste non si
arrendono
Nonostante le sofferenze provocate da questo attacco del
malgoverno nella regione, le donne e gli uomini zapatisti che parlano ai
partecipanti alla carovana, danno mostra di essere più convinti che mai nella
loro lotta e resistenza. La richiesta è l’immediato ritiro dei paramilitari.
Non ci sono dubbi sul far ricadere tutta la responsabilità sul
governo messicano. “Non vogliamo scontrarci con coloro che appartengono alla
nostra stessa razza indigena anche se appartengono ad altri partiti e si sono
venduti al mal governo” spiegano i compagni che resistono nel nuovo villaggio
Comandante Abel.
Le donne sfollate a San Marcos dicono a voce alta: “Non ci
arrendiamo, non ci lasceremo convincere da progetti come Oportunidades o Procampo3 con i quali il malgoverno cerca di tappare i
nostri occhi e comprare le nostre coscienze”. “Il denaro lo produciamo con il
nostro sudore e anche se dobbiamo curare i nostri bambini piccoli sappiamo
allevare polli e oche, sappiamo lavorare il mais come gli uomini. Per quanto non
mangiamo come mangiano quelli del governo, chiediamo di poter vivere nelle
nostre case e che il governo ritiri i suoi paramilitari”. Un’altra compagna
dichiara ”Resisteremo finché dio ci conserva in vita. Vogliamo insegnare ai
nostri figli come si deve vivere”.
1 L’ejido è una forma di proprietà
comunitaria della terra, tuttora riconosciuta dalla Costrituzione messicana, dai
tempi della rivoluzione di Zapata e Villa, nei primi anni del secolo scorso. La
terra viene pure lavorata collettivamente.
2 Pozòl: bevanda, a base di mais spesso
fermentata, in uso in tutto il Messico.
3 Oportunidades, Procampo fanno parte
della strategia del governo per ridurre l’appoggio indigeno all’EZLN. Il governo
offre appoggi in denaro e prestiti ai campesinos indigeni a condizione che non
appoggino l’EZLN ed entrino nelle organizzazioni politiche
governative
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