“Sorelle e fratelli, questi fatti li rendiamo
pubblici per farvi sapere quello che stanno facendo i cattivi governi corrotti
[...]. Ci hanno aggredito senza motivo alcuno, pensando che con questo ci
arrenderemo o ci venderemo a queste massa di ladroni, criminali e traditori
della patria; se pensano questo si stanno sbagliando, perché queste ingiustizie
che subiamo, invece di intimorirci ci danno più coraggio, rabbia e
indignazione”.
Con queste parole la Giunta di Buon Governo della Realidad
concludeva il comunicato col quale alcune settimane fa denunciava l'ennesima
aggressione contro un progetto comunitario nella propria regione.
I comunicati delle autorità
zapatiste usciti negli ultimi mesi, se da una parte ci mostrano come la
costruzione dell'autonomia da parte di migliaia di contadini va avanti e non si
fa intimidire, dall'altra ci raffigurano una nuova fase nella strategia di
guerra che il governo sta attuando contro le comunità autonome, una fase
caratterizzata dall'utilizzo di gruppi paramilitari che attaccano civili,
bruciano case e raccolti e cacciano i contadini dalle loro terre. Un caso
emblematico, e di questi giorni, ci viene dalla comunità Comandante Abel, della
regione di Roberto Barrios, i cui abitanti sono stati assediati ed attaccati da
150 paramilitari, e poi costretti a fuggire sotto i colpi dei fucili.
Dall'insurrezione zapatista
del 1994 non si è mai fermata la guerra contro le comunità ribelli del Chiapas.
Una guerra contro civili, cioè contro migliaia di contadini organizzati che
occuparono le terre dei latifondisti, e da allora costruiscono nuove forme di
democrazia e di società in una delle regioni più abbandonate ed emerginate del
paese. Comunità sfollate, persone arrestate, minacciate ed uccise. Negli ultimi
anni la guerra non si era fermata, ma aveva cambiato il suo volto, in un certo
senso aveva mascherato la violenza. Infatti, tanti analisti descrivevano
l'attuale strategia del governo contro l'autonomia zapatista come una “guerra
economica”, cioè la principale arma del governo erano i soldi ed i progetti
assistenziali con i quali cercava di comprare le famiglie di contadini poveri, a
patto che questi abbandonassero l'organizzazione e creassero divisione nelle
comunità. Ma da quello che sta succedendo ormai da un paio di anni, è ormai
evidente che la violenza, quella vera, è tornata, con la riattivazione di gruppi
paramilitari nei territori zapatisti.
Negli scorsi anni la stampa
messicana, sulla base di documenti governativi desecretati, ha mostrato quello
che già tutti sapevano, cioè che nel '94 il governo messicano organizzò gruppi
di civili armati in Chiapas, da usare contro i civili delle comunità ribelli.
Questi gruppi hanno scritto alcune tra le pagine vergognose della storia del
paese, con massacri di innocenti come quello realizzato nella comunità di Acteal
nel 1997, in cui furono uccisi più di 40 civili che stavano pregando nella
chiesa. Nella zona nord dello stato, quella di Roberto Barrios, operò un
organizzazione chiamata Paz y Justicia che per alcuni anni seminò terrore e
morte in numerose comunità, lasciando irreparabili danni sociali e psicologici
alla popolazione. Questa storia sembrava fosse finita. Ma ormai da un paio di
anni alcuni di questi gruppi sono stati riattivati, con nomi nuovi, e sempre con
l'appoggio delle istituzioni governative e di politici locali.
Il principale obbiettivo della
loro violenza è cacciare gli zapatisti dalle “terre recuperate”. Con questo
termine ci si riferisce a migliaia di ettari di terre che furono occupate nel
1994 ai latifondisti da parte di contadini, sia zapatisti che di altre
organizzaizoni. Su queste stesse terre il governo sta dirigendo adesso la
violenza dei paramilitari, molti dei quali sono contadini poveri ai quali è
promessa la terra una volta cacciate le famiglie zapatiste. Nelle varie regioni
del Chiapas sono ormai munerose le denunce delle Giunte di Buon Governo sulle
violenze dei paramilitari, che minacciano le persone, bruciano i raccolti,
uccidono animali di allevamento, cospargono erbicidi nei campi, fino ad arrivare
ad espulsioni violente della popolazione civile.
Nella zona nord, nel Caracol
di Roberto Barrios, da più di un anno sono sotto attacco gli abitanti della
comunità di San Patricio. Gli aggressori sono gente che viene dall'esperienza
del gruppo paramilitare Paz y Justicia, che adesso opera con un altro nome,
composto da membri del partito verde ecologista, e protetto da funzionari del
governo. Nel settembre 2011 accerchiarono per settimane la comunità di San
Patricio, i cui abitanti a maggio 2012 decisero di andarsene, per fondare una
nuova comunità in una altro terreno recuperato. La nuova comunità fu chiamata
“Comandate Abel”, in ricordo di un dirigente politico dell'EZLN responsabile di
questa regione, recentemente morto. Ma i paramilitari si sono ripresentati a
inizio del settembre 2012, accerchiando di nuovo la comunità e bruciando i campi
coltivati. L'otto settembre sotto un attacco da armi da fuoco, la gente è
fuggita nei boschi per rifugiarsi e poi raggiungere nei giorni successivi altre
comunità che hanno dato loro soccorso ed ospitalità. Due donne con i loro
bambini, che si erano perse nella fuga, sono state ritrovate dopo tre notti
passate nascoste nella foresta, ammalate e impaurite.
In questi giorni una carovana
di osservazione organizzata dal centro per i diritti umani Frayba, insieme ad
altre organizzazioni, ha visitato le famiglie di sfollati ed ha documentato le
violenze dei paramilitari. Nella loro relazione finale si mostrano le evidenze
della collaborazione di polizia e funzionari statali con i criminali che hanno
attaccato la comunità. Si testimonia di come questi ultimi avessero costruito
trincee attorno al centro abitato, e dei segni di spari ancora evidenti sulle
case ed addirittura sulla clinica autonoma zapatista.
Quindi, quello che emerge dalle notizie che
giungono ultimamente dal Chiapas è di una situaizone difficile per molte
comunità zapatiste, vittime delle violenze di gruppi armati sostenuti e protetti
da politici e funzionari governativi. Addirittura gli zapatisti denunciano come
dei finanziamenti dell'ONU per progetti di sviluppo sono in realtà utilizzati
dal governo del Chiapas per armare e finanziare questi gruppi di delinquenti che
attaccano i contadini zapatisti. La guerra e la violenza non intimoriscono certo
queste popolazioni ribelli che, come hanno sempre detto, non è da 15 anni, ma da
500 anni che sono in guerra, a causa delle condizioni di sfruttamento ed
emerginazione in cui hanno vissuto. “Non abbiamo paura di morire”,
disse la maggiore Ana Maria nel 1994, “è più doloroso vedere i nostri
bambini morire di malattie curabili”. Oggi, che con le terre recuperate e
l'organizzazione comunitaria, cioè con quello che gli zapatisti chiamano
“autonomia”, hanno concretamente migliorato le loro condizioni di vita,
abbattendo la denutrizione e la mortalità infantile, costruendo scuole e
cliniche autonome ed autogestite, creando le condizioni per un futuro dignitoso,
non sono certo disposti ad abbanmdonare la lotta le migliaia di contadini
ribelli del Chiapas. Come ci ricordano le autorità di Roberto Barrios nel
denunciare l'attacco paramilitare alla comunità di Comandante Abel: “Che sia
chiaro al governo imbroglione e bugiardo che non ci arrenderemo, a costo di
consegnare la nostra vita per la terra se è necessario; se crede che non è
bastato il sangue che abbiamo versato nel '94 per avere un posto in questo
mondo...”.
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