sabato 21 maggio 2011

Onadekom......il cuore di Gaza che batte!
















Onadekom... il cuore di Gaza che batte!contributo di Miria Annini dell'Associazione Ya Basta! Moltitudia di Roma
23 / 5 / 2011
Nonostante quello che abbiamo visto e che Vittorio ci ha sempre raccontato, dell’oppressione, della distruzione e della morte, della povertà, dell’embargo, della aggressione israeliana che continua costante e della oppressione interna integralista islamica…

Nonostante Israele… Gaza ha un cuore che batte!Nei territori rubati ai confini, intorno al muro, in territorio palestinese, cani feroci addestrati sguinzagliati nei campi e cecchini israeliani pronti a colpire nei giorni del raccolto. I contadini e le contadine sono controllati a vista anche da sofisticate apparecchiature computerizzate che segnalano qualsiasi movimento nei campi e avvertono i cecchini, che si divertono a colpire ogni giorno punti diversi del corpo, un giorno tutte caviglie, un altro tutte ginocchia, qualche volta uccidono. Ma non impediscono totalmente la coltura, lasciano versare sudore e sangue, poi nel momento del raccolto colpiscono duro, ma anche bruciano nella notte i campi e i frutti di mesi e mesi di tanto duro lavoro sotto il gioco del tiro al piccione. Solo quando gli internazionali fanno interposizione, come faceva Vik, si riesce a lavorare la terra con un po’ più di relativa tranquillità, perché invece di colpire i soldati sparano solo fino a mezzo metro dalle persone…
Nel mare non si può uscire a più di tre miglia che ti sparano. E così vicino c’è poco pesce ed acque inquinate per il bombardamento che ha distrutto il sistema fognario. Ho visto delle vasche di itticoltura, ho pensato bravi! Poi ho saputo che funziona anche quella con periodi di raccolta, quando il pesce è pronto per essere messo in vendita, per misura, per quantità. Ed è proprio in quei periodi che stranamente si lascia pescare con un po’ più di tranquillità, cosi che ci sono momenti che il pesce abbonda… e l’itticoltura fallisce!
Durante l’operazione piombo fuso, nella zona invasa dai carri armati e dai soldati, avviene la strage di una famiglia costretta ad entrare nella propria casa per poi bombardarla e le ambulanze bloccate per cinque giorni non hanno permesso di soccorrere i feriti. Prima di andarsene i soldati hanno lasciato una scritta ironica su un muro: scusateci per quello che vi abbiamo fatto. Lì sono morte molte donne e molti bambini. In quella zona ancora distrutta, senza servizi e senza scuole, i giovani ragazzi di Gaza city hanno realizzato un piccolo parco giochi ed una aula per l’educazione, con un progetto ancora pieno di idee...
Lo sapevamo già ma va ancora detto con forza: quella di Israele non è una lotta al terrorismo. Queste e molte altre cose abbiamo visto che ci mostrano come la perversa mente israeliana persegue con scientificità e crudeltà l’annientamento di un popolo, fisico, psicologico, che mira a distruggere la dignità degli uomini e delle donne che vivono nella striscia.

Nonostante Hamas… Gaza ha un cuore che batte!L’oppressione interna, l’integralismo fatto stato, che ha fatto buon viso a cattivo gioco a questo convoglio, fisicamente presente intorno a noi nelle molte figure grigio topo con radiolina e barbetta, nei volti l’inespressività accompagnata da tristezza, che magari sbircerete in qualche angolo morto delle nostre bellissime foto. Sono quelli che controllano, reprimono tutto quello che si muove, arrestano, interrogano, picchiano i giovani e i dissidenti. Ed è successo anche ora. Siamo andati via col magone, pensando a ciò che poteva accadere a chi si era esposto per noi, con noi. Niente di grave, per fortuna… hanno solo aperto un'inchiesta per capire perchè il posto /locale all’aperto (il Gallery, frequentato anche da Vittorio) è diventato il luogo di ritrovo nostro e dei giovani del le mobilitazioni del 15 marzo. Lì rientravamo la sera, e si è trasformato in quei giorni in spazio di socialità, di festa, di riunioni, incontri o semplicemente con un tè e un narghilè, in un luogo di riposo. Eravamo all’interno delle tre settimane di esami dove il governo ha vietato qualsiasi attività e festa o similari. I ragazzi palestinesi lo sapevano che non potevano, molte altre cose non potevano prima del 15 marzo, ma si sono conquistati spazi di agibilità dopo quella mobilitazione, ed anche questa volta hanno scelto di forzare, di continuare con determinazione a portare avanti quello che hanno deciso di fare. In questo caso era semplicemente stare con noi, con Vittorio nel cuore. Qualcuno dopo è stato maltrattato, qualcuno rimproverato per i troppi baci che ci siamo scambiati nel momento intenso e commovente in cui ci siamo salutati. Per un buon musulmano non va bene. Quei molti “I love you” che ho ancora nel cuore e negli occhi mentre il bus si allontanava, erano di mille colori e ai grigio topo non sono piaciuti…
Abbiamo incontrato tantissima gente, e dire che ci hanno accolto a braccia aperte è veramente riduttivo. Sono loro, le amiche e gli amici di Vittorio, i contadini, i pescatori, gli studenti, i medici, le donne ma soprattutto i giovani e le giovani, tanti, tante, bellissim* e determinat*.
Sono tutti e tutte loro il cuore di Gaza!E questo convoglio ha dato loro forza, ha detto “no estan sol@s!”, come ci hanno insegnato i compagni zapatisti. La morte assurda di Vittorio li ha sconvolti, ci chiedevano scusa per non averlo protetto, ci dicevano che chi l’ha ucciso non era un palestinese, e che invece Vittorio si, era un palestinese, un Gazawi. E' stato importante andare così, in tante e tanti, per dire a tutti e tutte che la solidarietà internazionale ha capito, non si spaventa e continuerà a sostenere la lotta del popolo palestinese, per dire che eravamo lì per ricordare Vik ma anche per vedere e capire come continuare e moltiplicare il suo lavoro. Questo ha rafforzato la determinazione nella lotta verso una Palestina libera, da oppressori e integralismi.
Alcuni giovani che erano con noi, del gruppo DARG ovvero Da Arabian Revolution Guys (i ragazzi della rivoluzione araba), formazione rap, hanno dedicato il remix di una tradizionale canzone palestinese a Vittorio, Onadekum, che insieme a Bella ciao è stata la colonna sonora di questo viaggio. Sono gli stessi e le stesse con cui abbiamo condiviso molto. Hanno regalato a noi lo stesso amore e lo stesso rispetto che avevano per Vik, hanno capito e fatto proprio il significato profondamente politico del suo “restiamo umani”. Noi lo abbiamo capito, ci hanno detto, gli israeliani no.
Non lasciamoli soli!.
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Rafah, una frontiera aperta?Un obiettivo più che una realtà.
Nell’Egitto post rivoluzione ci si è detto non ha più senso che si tenga chiusa quella frontiera. Ma le dichiarazioni che sarebbe stata aperta sono ancora solo teoria.
In realtà la partita in Egitto è ancora tutta da giocare. Quello che sta succedendo ora, sotto un governo militare, è il tentativo di bloccare un processo rivoluzionario per instaurare un processo riformatore. L’ondata di movimento non ha scrollato il paese da tutte le dirigenze corrotte e dalle forze economiche, che non aspirano certo ad un cambio di sistema.
Quindi il Cairo è e sarà ancora scenario di grandi mobilitazioni.
E la palestina sta nel cuore dei movimenti. Quasi tutti i giorni ci sono manifestazioni sotto l’ambasciata israeliana. Dal Cairo, nel giorno della Nakba più di 100 autobus dovevano partire per Rafah ed in tantissimi comunque hanno deciso di andare verso la frontiera, nonostante il diniego da parte delle autorità militari egiziane.
Noi siamo passati… dopo tanti e tanti controlli nella zona militarizzata del Sinai. Ma non facciamo testo. Anche se attraversarla in così tanti ha rappresentato il raggiungimento di un obiettivo importante, per noi e per i palestinesi.
Al ritorno una delle giovani palestinesi è uscita da Gaza con noi. Aveva con sé un biglietto per la Turchia quindi doveva solo transitare in Egitto. Non è passata, ed è stata rimandata indietro. Rafah non è ancora aperta, soprattutto per i palestinesi. Dobbiamo insistere e continuare a fare pressione fino a che, almeno da quella parte, la frontiera sia aperta per tutte e tutti coloro che la vogliono attraversare e aprire realmente una falla all’oppressione e all’isolamento voluto da Israele
sito: Vik2Gaza
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