mercoledì 29 novembre 2006

29/11/2006 | Dalla Patagonia alle Marche: incontro con la comunità Mapuche


JESI - Vergognosa accoglienza delle autorità italiane alla delegazione del popolo Mapuche ospite dell'ass. Ya Basta!: sabato al momento dello sbarco a Fiumicino, Dina e Rogelio sono rimasti ostaggio della Polizia di frontiera che ha sequestrato loro i passaporti. Senza spiegazioni, nè assistenza hanno atteso tutta la notte e il mattino seguente per ore prima di essere liberati grazie all'intervento dei legali, e all'interessamento di parlamentari e amministrazioni coinvolte nei progetti a sostegno delle comunità Mapuche. Il fermo è stato succesivamente giustificato per effetto - nefasto - della legge Bossi-Fini. Delegazione Mapuche ostaggio della polizia di frontiera - Vai all'articolo di GlobalProject I rappresentanti Mapuche, comunità in lotta per la propria terra preda del neocolonialismo dell'impero Benetton, durante la loro visita faranno tappa anche nelle Marche. Appuntamenti con la delegazione del popolo Mapuche - Vai al calendario degli incontri - Il sito dell'associazione Ya Basta! martedì 5 dicembre, ore 21.00 Csa TNT - Jesi Via Politi (vicino stazione Fs) Invisibles pueblos of Benetton I rappresentanti della comunità Mapuche della Patagonia nelle Marche Incontro con Rogelio Fermìn, Comunità Vuelta del Rio e Dina Huincaleo, Comunità di Leleque "C’e chi crede che la terra gli appartenga... ...noi sappiamo di appartenere alla terra" Nella Patagonia vive il popolo Mapuche che lotta contro l'arroganza dell’impero Benetton, che è oggi il più grande proprietario terriero in Argentina con 900.000 ettari di terreno (un area equivalente a 900.000 campi da calcio) nella ricca e fertile Patagonia. Una lotta, quella dei Mapuche, contro un modello economico-sociale che vorrebbe affermare la proprietà di risorse, spazi e vite umane semplicemente da sfruttare in ogni latitudine. Sono passati tre anni dalla ì prima visita dei rappresentanti Mapuches in Italia, in quell’occasione si era mobilitò il premio Nobel per la Pace, Perez Esquivel, che chiese, attraverso una lettera pubblica ed un incontro, la restituzione delle terre sottratte ad una famiglia Mapuche da Benetton ed il riconoscimento del loro proprio diritto in quanto abitanti originari della Patagonia Argentina. Quell’incontro si concluse con un nulla di fatto. Dopo cinque secoli di colonialismo, la resistenza continua... La delegazione è arrivata in Italia anche con l’obiettivo di promuovere e portare a termine il progetto di realizzazione di una radio comunitaria indipendente in quelle terre, progetto avviato in partnership con l’Associazione Ya Basta! e con il sostegno anche di alcune municipalità italiane.

giovedì 2 novembre 2006

02/11/2006 | Oaxaca resiste! YaBasta! al consolato messicano


OAXACA - Dalla mobilitazione del Sindacato dei Maestri fino alla costituzione dell'assemblea popolare, la Appo, milioni di persone sono scese in piazza per la destituzione del governatore Ulises Ruiz Ortiz. Un intero stato messicano, in rivolta da mesi contro il suo governatore, assediato dalla repressione violenta di paramilitari e polizia federale. Il 29 ottobre il bilancio degli scontri si fa pesantissimo: almeno 6 morti, decine di feriti e un numero imprecisato di desaparecido. Tra gli altri, viene assassinato un reporter statunitense di Indymedia, Brad Will. Nonostante l'occupazione della città da parte dei federali lo scorso 27 novembre, continua la resistenza popolare alla vigilia della cerimonia di insediamento del nuovo presidente del Messico, Felipe Calderon. Si moltiplicano le iniziative di solidarietà in tutto il mondo: il 2 novembre ad Ancona azione dell'ass. Ya Basta! al consolato messicano. Il console invia un comunicato di condanna all'ambasciatore a Roma. Tutti siamo Oaxaca! Tutti siamo Atenco! Tutti siamo L’Otra Campaña - Leggi il comunicato dell'associazione Ya Basta! Marche Oaxaca - In attesa del primo dicembre Giovedì 2 novembre - El pueblo de Oaxaca no está solo! Le iniziative di solidarietà in tutto il mondo Sabato 11 novembre - L’ira di Frida all’Accademia di Spagna - Azione a Roma Mercoledì 1 novembre - Giornata per il popolo di Oaxaca Mercoledì 1 novembre - Nessuno tocchi Oaxaca! - Azione a Roma Martedì 31 ottobre - Bologna - Tutti siamo Oaxaca! Domenica 29 ottobre - Milano in azione contro il massacro del governo in Messico Gli ultimi aggiornamenti 4 dicembre - L'Otra Campana: Giornata Mondiale per Oaxaca 27 novembre - Oaxaca - Settima mega marcha della APPO 21 novembre - Duri scontri ad Oaxaca 13 novembre - Un’altra settimana di lotta popolare a Oaxaca 2 novembre - Oaxaca - Il movimento vince la prima battaglia 2 novembre - Nuovo attacco al popolo di Oaxaca 30 ottobre - La PFP invade la capitale, tutti si mobilitano a difesa della cittá 29 ottobre - Cronaca di una infamia. L'assassinio dell'Indy-reporter Brad Will 29 ottobre - Arde Oaxaca: 3 morti per mano di polizia e paramilitari

lunedì 18 settembre 2006

18/09/2006 | Da Jesi al Chiapas. Donde esta el corazon


JESI - Giovedì 21 settembre, dalle 17.30, presso la sala Salara del Palazzo della Signoria, l’associazione Ya Basta! presenterà il gemellaggio istituito fra il Comune di Jesi e e il Municipio Autonomo Zapatista San Pedro de Michoacan Chiapas - Messico. Nell’occasione si svolgerà un incontro a cui parteciperanno: l’Assessore alla Cultura del Comune di Jesi, Leonardo Animali, Simona Granati di Ya Basta! Roma e Vilma Mazza (rappresentante Ya Basta! alla IV Commissione Civile Internazionale di Osservatori per i Diritti Umani). Unitamente all’iniziativa del gemellaggio verrà allestita la mostra fotografica di Simona Granati dal tema "Donde esta el Corazon" (immagini di 10 anni di lotta zapatista) che sarà in esposizione fino a domenica 24 settembre, dalle ore 16 alle 20. "DONDE ESTA EL CORAZON" Dieci anni di zapatismo nelle immagini di Simona Granati [scarica il manifesto] Questo Patto di Solidarietà fra i due municipi, concretizza il processo mediante il quale una istituzione, una associazione, un semplice gruppo di persone della società occidentale può decidere di appoggiare in modo concreto la lotta delle comunità indigene del Chiapas per il riconoscimento dei propri diritti, la lotta della dignità e per la dignità. Le comunità indigene zapatiste si sono sollevate il 1° gennaio del 1994 ponendo 11 richieste: “lavoro, terra, casa, cibo, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace”. Le comunità indigene sono il prodotto di 500 anni di lotta. Dopo il 12 gennaio 1994 l’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) continua la sua resistenza scegliendo la “parola” come propria arma. Le rivendicazioni che partono da questo popolo indigeno riguardano tutta l’umanità: per questo gli zapatisti chiedono il sostegno della Società Civile messicana ed internazionale. Le comunità indigene ed i municipi autonomi continuano a seguire, nonostante le ripetute violenze, il proprio cammino di resistenza pacifica. La situazione si fa tuttavia sempre più difficile e la vita quotidiana è resa impossibile dalla presenza delle forze militari e paramilitari. Gli uomini hanno difficoltà ad andare a coltivare i campi, le donne non possono andare a prendere l’acqua, le strade sono bloccate da controlli. Commercializzare prodotti indigeni è molto difficile, come poter comprare generi di prima necessità nelle città o usufruire dell’assistenza sanitaria . Le comunità sono isolate da qualsiasi attenzione sociale e dai servizi medici. Ogni giorno sono costrette a subire abusi e violazioni dei diritti umani. In questo momento di difficoltà, le relazioni tra i paesi del resto del mondo e le comunità autonome zapatiste hanno il fine di permettere la continuità e la visibilità della resistenza. La società civile internazionale può portare l’attenzione del mondo sulla realtà del Chiapas, denunciare gli abusi dei diritti umani contro le comunità indigene, aprire il dialogo sui problemi dell’esclusione e del neoliberismo. La comunità internazionale può sostenere il popolo chiapaneco riguardo ai problemi della salute, dell’educazione, dell’agricoltura, dell’appoggio ai rifugiati. Si possono scambiare idee, esperienze e tradizioni. Sono molti i comuni europei che hanno deciso di materializzare questo sostegno con patti di solidarietà. Il Comune di Jesi è uno di questi, e con il Gemellaggio concretizza un accordo di relazione che va oltre il semplice aiuto unilaterale e scambio culturale. Proprio per questo aderisce al progetto “Agua para todos”, un progetto di potabilizzazione dell’acqua , per affermare che l’acqua è una risorsa collettiva che appartiene a tutta l’umanità, questo progetto che l’associazione Ya Basta stà portando avanti nella regione gestita dalla Giunta del Buongoverno “Hacia la Esperanza” dove si trova il municipio Autonomo Zapatista San Pedro de Michoacan, , può contribuire ad affermare che l’acqua è un diritto, il che implica riconoscere che la collettività ha la responsabilità di creare le condizioni necessarie affinché questo diritto venga esercitato. Diplomazia popolare, sostenibilità ambientale, auto-progettazione partecipata, sono stati le basi per i progetti di cooperazione sviluppati dall’Associazione Ya Basta!. Sviluppare cooperazione dal basso tra comunità locali è una delle basi che ci spinge a lavorare in un progetto di gemellaggio, perchè crediamo in uno spazio pubblico, aperto, di relazioni tra comunità, tra esperienze, da sempre in contatto con i movimenti che in tutto il Pianeta pongono al centro l’umanità, i diritti, la dignità e la costruzione di nuove relazioni.. Per una Pace fatta di Diritti e Dignità. All'interno dell'iniziativa sarà proiettato il video "Romper el cerco" (Rompere L’assedio) sui gravi fatti di violenta repressione, accaduti il 4 maggio scorso a San Salvador Atenco.

venerdì 1 settembre 2006

Associazione Ya Basta - Intervista a Diego del Colectivo Situaciones



Intervista a Diego del "Colectivo Situaciones"
a cura di Susana Ciummelli dell’Associazione Ya Basta! Marche
Buenos Aires Maggio 2006

C’è un cambio in corso in Argentina, non si può dire che il governo Kirchner sia come quello di Menem.
Penso che la migliore maniera per fare un analisi su Kirchner e su quello che sta succedendo politicamente in Argentina oggi , è quella di non avere il bisogno, la necessità di costruire un scenario negativo; bisogna essere oggettivi e non cercare a tutti costi di trovare una sinistra sempre molto dogmatica, che dica sempre le stesse cose, che sempre abbia bisogno di essere perseguita per poter essere legittimata.
Se uno non ha il bisogno di trovare la sinistra di governo sempre criticabile si può pensare molto più liberamente e in maniera obiettiva.
Non è la medesima cosa la politica dei Diritti Umani perseguita dal governo Kirchner da quella di Menen, e questo è senza dubbio un risultato prodotto dagli accadimenti del 19 e 20 dicembre 2001.
Già il riconoscimento che c’è da parte del governo a ciò che sono state le lotte degli anni ‘70, con tutte le contraddizioni e le ambiguità, porta a una legittimazione alle lotte dei ‘70.
Ma questo non vuol dire che il cambio sia totale e che non si deva continuare a lottare.
Quando avviene un cambiamento ci sono delle situazioni che bisogna rivedere, una ad esempio è che molta gente smette di lottare, non è sufficiente rendersene conto, bisogna anche capirlo; un’altra è che si aprono possibilità di nuove lotte, e anche questo va compreso.
Oggi lo stato non racconta che quella degli anni ‘70 è stata una storia di terrorismo.
Molti protagonisti di quegli anni possono rivendicare oggi la loro storia pubblicamente, si è iniziato a parlare di risarcimenti, e anche le Madres de Plaza de Mayo dicono che questo governo sta facendo quello che loro si aspettano nell’ ambito dei Diritti Umani.
Tutto ciò è un cambio . Poi certamente ci sono molte critiche, perchè tutto questo riconoscimento che viene fatto per i diritti umani è anche molto strumentale, serve al governo per legittimare ciò che non fa.
Dal punto di vista economico non ci sono cambi, il modello è molto polarizzato come nel periodo neoliberista di Menen; da una parte crescita economica per le persone di classe più o meno alta, mentre dall’altra, tutta una classe sociale più debole si trova costretta con lavoro precario, disoccupazione, povertà ecc..
E’ una situazione molto negativa che mette in evidenza una disparità molto grande, questo lo si può notare anche solo camminando per le strade della città. E’ questa sicuramente la manipolazione “siccome c’è un governo che difende i Diritti Umani non lo si può criticare”.
Non si riesce mai a cambiare ad esempio il sistema carcerario che è un problema enorme, come è enorme anche la corruzione della polizia nei quartieri, e il tipo di risposta che viene data al problema delle droghe e le tante morti di ragazzi a causa del “gatillo facil” (grilletto facile).
Allora, siccome c’è un governo che parla dei diritti umani, pensano che non devono essere criticati e che non devono subire le proteste sociali per altri temi molto importanti, quali ad esempio: il problema ambientale, si parla tanto della produzione della cellulosa per l’industria della carta da parte delle imprese uruguayane e del blocco e dell’opposizione della società civile argentina, ma non è solo l’unico problema, ci sono molti quartieri che si stanno mobilizzando spontaneamente anche sul problema dell’inquinamento magnetico, contro le opere che lo stesso governo ha approvato fin dall’inizio, ma le mobilitazioni costringono il governo a prendere delle posizioni precise .
Il governo è cambiato, è cambiata la sua posizione di fronte alla società , non cerca più di opporsi alla società civile continuamente, fa degli sforzi, tratta con i sindacati, c’è una parte del movimento piquetero che è totalmente inclusa nella politica del governo, sono diventati dei funzionari e questo prima era impensabile.
E’ questo un riconoscimento da parte del governo alle dinamiche aperte dopo il 19 e 20 dicembre, capisce che non si può governare contro ciò che è successo in quei giorni, e questo riconoscimento dei movimenti sociali, dei movimenti per i diritti umani, è anche la necessità di avere il controllo della piazza, delle strade. Il governo ha delle persone di fiducia nelle piazze, piqueteros amici, perchè sa che se non controlla la piazza e le strade, indebolisce la propria legittimità.
Da questo punto di vista è un governo molto ambiguo, il grande problema è che in Argentina da 30 anni a questa parte non ci sono stati governi ambigui, infatti i precedenti, erano tutti di ultra destra e basta, perciò questa ambiguità cambia la percezione che tutti hanno su ciò che si può fare o non si può fare, c’è molta confusione politica oggi .
Perciò si deve comprendere che il governo di Kirchner ha compreso il senso delle giornate del 19 e 20 dicembre, a suo modo , ma l’ha capito, cominciando a sviluppare una potenza statale, una nuova capacità dello stato di essere presente.
Non è come prima quando si diceva qui c’è lo stato che ha un suo potere di comando , la società deve obbedire, vedremo quale politiche fare, Kirchner parte dalla posizione qui non esiste stato , qui nessuno deve essere obbediente, qui ci sono dinamiche molto complesse della società e un livello di irritazione molto alto e in maniera molto intelligente fa una politica di gesti simbolici molto accattivanti per costruirsi una specie di ruolo di referente fondamentale della società, parlando con tutti, rapportandosi con tutti, cacciando via militari e poliziotti coinvolti con la dittatura , abbracciando le Madres de Plaza de Mayo il 24 marzo (anniversario del Golpe) e dicendo che la dittatura non è solo colpa dei militari ma anche dei poteri forti economici, che l’Argentina non è un paese dipendente, che sarà un paese povero ma non dipendente perché può decidere cosa fare del suo destino con le proprie risorse.
Per esempio un gesto molto significativo è stato quello di scontrarsi con i latifondisti produttori di carne e dire che il prezzo della carne deve diminuire, e che se non cala, sarà chiusa l’esportazione.
Il governo ha un problema molto grande con l’inflazione e per fare in modo che non aumentino i prezzi delle tariffe, dei servizi , degli alimenti, deve adoperarsi per non aumentare il costo della vita più di tanto, ci sono certi limiti , e se aumentano i prezzi la legittimità del governo diventa poco credibile, perciò per due vie comincia a controllare che non aumentino i prezzi: da una parte dialoga con i sindacati , con i sindacati amici di governo, che sono gli antichi sindacati di sempre, e si accorda con loro per far si che i salari non aumentino più del 19 % ( tutti gli economisti ammettono che i salari sono molto al di sotto nel rapporto del potere d’acquisto degli ultimi anni, ma anche in rapporto alla crescita economica) e i sindacati hanno molta capacità di lotta e di influire sui lavoratori, in qualche modo il sindacato nelle strade potrebbe fare una forzatura per un aumento di salario, ma il governo tratta, come tratta anche con le imprese per una lista di 150 prodotti che non possono aumentare. L’esempio della carne è che siccome l’Argentina esporta molta carne, questo fa si che il prezzo si alzi perchè ne rimane poca per il consumo interno, infatti è più la carne che viene esportata perchè pagata in dollari, allora il governo ha chiuso la possibilità di esportare dicendo che non potevano inviarla fuori fino a che non venga definita una politica dove ci sia la possibilità di avere della carne per il consumo interno a un prezzo accessibile.
Da ciò si vede che viene fatta una politica di gesti simbolici, la quale viene propagandata ogni momento sulla TV, sulle testate dei giornali, tutto il tempo si mandano segnali alla gente che dicono “questo adesso è un’altra cosa”.
Altri gesti simbolici forti sono le alleanze con Evo Morales e con Hugo Chavez, molta gente valorizza questo perché vede una volontà di recuperare una sovranità nazionale, una volontà di reindustrializzazione.
Parlando di politiche dei gesti simbolici possiamo considerare il problema, che dicevamo prima, sulla produzione di cellulosa da parte dell’ Uruguay, che la società argentina tanto contesta e combatte; la situazione è assurda, perchè l’Argentina ha delle fabbriche che sono molto più inquinanti di quella uruguayana, sono più piccole, ma la tecnologia industriale è molto peggiore e molto più contaminante.
Il governo, che da tre anni sa di questa nuova fabbrica uruguayana, non ha detto mai niente, è stata l’assemblea e l’opposizione spontanea della gente che ha imposto il tema al governo, e quando il governo ha cercato di smontare questa opposizione non ci è riuscito, perciò quello che utilizza, sono queste forme di riconoscimento strumentale, va incontro alla società che fa il blocco, parla di sovranità nazionale, fà proprie le rivendicazione dell’assemblea.
C’è un meccanismo di riconoscimento delle assemblee, per non affrontare apertamente i temi, per cercare in maniera sottile di smontarli, e se non ci si riesce allora ci si passa sopra, riconoscendola e guadagnando il consenso della società.
Dall’altra parte sembrerebbe che ci sia una grande settore della società civile, fra quella militante, che disperatamente cerca a tutti costi di dimostrare che dietro alla maschera progressista, si nasconda una politica convenzionale, neoliberista, fascista, di destra.
Forse questo non aiuta, perché al quarto anno di governo Kirchner, invece di vedere che la società civile è una forza vitale, che ha costretto a molti cambiamenti e che ha imposto certi limiti, che stanno determinando di conseguenza una determinata azione di governo, anche se a dire il vero, esso continua a essere neoliberalista,(tutte le condizioni economiche dell’America Latina sono neoliberaliste, come sempre) ci sono comunque certi limiti che si possono imporre e c’è una coscienza e un sapere popolare accumulato negli anni .
Perciò quello che dobbiamo fare è chiederci: in questi nuovi scenari, quali possono essere gli spazi che noi possiamo costruire per continuare a guadagnare terreno, per continuare a costruire le nostre esperienze, qualche volta può essere più semplice nascondere le proprie debolezze, e in questo scenario , in termini oratici, questo governo ha più possibilità di essere sconfitto da una destra politica organizzata che non da una sinistra politica organizzata.
Questo è molto chiaro, quando ci saranno le prossime elezioni l’attuale governo non competerà con un movimento politico organizzato dal basso dai movimenti sociali, ma competerà con la destra politica, come succede in Bolivia, come succede in Brasile ….
D’altra parte non possiamo dire che questo è un governo che ci appartiene, che lo sentiamo nostro, perchè non è per niente cosi , pensiamo che quello che bisogna fare è riconoscere le nostre forze per determinare certi limiti alla situazione, pensare a come organizzarci adesso, ed è per questo che bisogna riconoscere che molti dei movimenti, molto forti qualche anno fa, oggi si sono indeboliti, perchè questa confusione, questa mancanza di rielaborazione ci ha lasciato molto confusi, con solo la chiarezza di come si lavora nei vecchi scenari, ma non in quelli presenti.
E questo è molto interessante da considerare, per non incasellarsi costringendoci a pensare che tutto continua ad essere come prima, bisogna sfruttare e approfittare dei nuovi momenti, cercare di ripensare e rielaborare tutto sulle nuove situazioni e le nuove ricchezze.
Certi metodi di lotta non hanno lo stesso significato di quello che avevano qualche anno fa. Il piquete (piqueto), oggi si può vedere, è un metodo di lotta con una efficacia molto diversa.
In un determinato momento il piquete è servito per spaccare e distruggere il consenso politico che c’era intorno al neoliberismo, soprattutto nel periodo del governo di Della Rua, esso ha aperto un terreno di smascheramento delle visioni reali sulle politiche neoliberiste, un movimento molto grande, è stata una realtà molto forte e importante e tutta la società è diventata un poco piquetera, tutta la società in diverse maniere, e il piqueto e il movimento piquetero godevano di un prestigio e autorità molto significativo.
Oggi si percepisce un’altra situazione, per diversi motivi, un’altra volta ancora, vengono visti come gente che infastidisce, come piccoli gruppetti senza obiettivi validi, già non creano il consenso che creavano prima; e questa ostilità non è solo un problema della classe sociale più o meno agiata, è un problema che si vive anche nei quartieri popolari, che ha una presa di posizione molto diversa a quella del piquetero oggi.
Una persona che torna a casa dopo aver lavorato dodici ore e trova la strada bloccata da un piqueto, ha come un rifiuto, ci sono stati anche degli scontri a causa di ciò.
E’ come se oggi per la gente non sia giustificato fare un piqueto, questo non vuole dire che non ci siano problemi economici tanto gravi come prima da giustificarlo, ma uno può capire che gli effetti sono diversi fra un piqueto del passato e uno fatto oggi.
Da queste percezioni si vedono anche cambiamenti delle dinamiche interne fra i movimenti piqueteros, infatti ci sono dei movimenti che da un pezzo hanno cominciato a riflettere su questi cambiamenti, continuano a considerarsi piqueteros, nel senso che continuano a pensare che è sempre la stessa lotta, ma allo stesso tempo cercano d’analizzare su quale strada e in che termini continuare la lotta oggi.
Ed è proprio li, dove si aprono cose molto diverse che bisogna continuare i percorsi di lotta.
Si notano tre diverse posizioni all’interno del Movimento piquetero: una filo-governativa, forse sono i “vincitori” di questo momento, ricoprono delle cariche importanti all’interno del governo, hanno una posizione di legittimità e di potere molto alta, sono un gruppo che rappresentano la base sociale di Kirchner; una seconda posizione si può vedere fra le sigle dei piqueteros che sono rimasti legati al metodo del piqueto, con una posizione di critica radicale alle politiche attuali, che dice che i cambiamenti sono solo cosmetici e molto superficiali, è tutto come al solito e il metodo del piqueto continua ad essere la forma di lotta referenziale; la terza posizione è quella della quale si parlava all’ inizio, di quei gruppi che cercano di trovare nuove forme di lotta, cercando di rompere quell’inerzia, cercando di uscire da quelle posizioni del tipo “sono con il governo o sono contro il governo “, cercando di fare diverse iniziative, cercando di dedicare più tempo a riflettere su ogni questione, cercando di generare più sensibilità, ciò non vuol dire che possano sempre risolvere tutto, che quello che si fa riesca per forza, questo è un altro problema.
Ci sono molti gruppi che si trovano in questa cornice, in questo ragionamento. E’ una terza posizione che percorrono molti movimenti, che non per forza lavorano insieme e sono coordinati, e non è che la pensino su tutto allo stesso modo, ma hanno capito che lo scenario non è più quello di prima e non sperano che tutto sia come prima, si rendono conto che l’attuale è diverso e che bisogna pensare a nuove strategie, nuove forme di lotta.

Argentina, YaBasta Marche - Un Viaggio en "EL PAN DEL BORDA"

Argentina, YaBasta Marche - Un Viaggio en "EL PAN DEL BORDA"
a cura di Susana Ciummelli della delegazione ya basta in Argentina (2006)


Fra tutte le iniziative d’autorganizzazione della società civile argentina, sicuramente questa colpisce doppiamente: primo perché “El pan del Borda” (il forno del Borda) è un forno recuperato dai lavoratori, un forno all’interno dell’Ospedale neuropsichiatrico Borda di Buenos Aires senza uso e totalmente abbandonato dopo le privatizzazioni e gli appalti concesse a ditte esterne per la gestione della mensa, poi perché “El pan del Borda” viene gestito e portato avanti da un gruppo di persone disoccupate dove ci sono anche pazienti dell’ospedale.. e questo forno ha un doppio ruolo di “fabbrica recuperata” ed inserimento lavorativo–terapeutico per una gran parte dei lavoratori.
Il Forno del Borda viene occupato e recuperato nel 2002 in pieno furore della rivolta del Caserolazo (poco dopo che gli argentini si riversarono nelle strade e nelle piazze il 19 e 20 dicembre 2001, costringendo alla fuga il presidente ) lì prende forza un nuovo attore sociale: las asembleas barriales (le assemblee dei quartieri) fra queste l’assemblea della zona sud della provincia di Buenos Aires dove all’interno c’era quello che si chiamava Inter-salud, un’assemblea nell’assemblea tra quartieri che lavorava sul tema specifico della salute.
Questo spazio di inter-salud cercava di approfondire tutte le questioni riguardanti questo tema.
Inter-salud si coordina con studenti e con lavoratori del ospedale Borda.
Si conosce così che dentro del Borda c’era una fabbrica di pasta, l’antica pasticceria del Borda.
Nel processo di privatizzazione di diversi settori dell’ospedale che privatizza la cucina, la mensa si da in gestione ad una impresa.
In questo processo rimane abbandonato lo spazio, i forni di cottura, le attrezzature.
Si riflette, ci si organizza, ci si mobilita, si riesce a trovare la chiave e questo spazio totalmente allagato, abbandonato, diventato il rifugio di topi viene pulito e sistemato.
Tutto ciò con il sostegno, le battaglie, le esplosioni delle mobilitazioni di massa. La condivisione di quel movimento sociale argentino che forse oggi sembra un po’ in crisi, ma come dicono loro “siamo sicuramente di meno ma la consapevolezza e il senso di appartenenza è più alto” la gente che è rimasta nel progetto sicuramente ha una condivisione e un forte spirito comune. Nonostante che nel movimento ci siano divisioni, divergenze in molte questioni, c’è stato un grande passo avanti dal punto di vista della democrazia.
Il gruppo che lavora dentro lo spazio inter-salud ( dove ci sono anche vicini che lavorano dentro dell’ospedale Borda) capisce che quel forno abbandonato può diventare un progetto concreto di salute.
Perciò si lavora per entrare nel posto, e poi si convoca la gente dell’università di psicologia, che dista quattro isolati del quartiere dove si riuniscono.
Il progetto prevede di recuperare il forno per fare un lavoro di Demanicomializzazzione autogestita.
Perciò si capisce che c’è il contatto con l’ospedale ma la forza è dentro l’assemblea.
Oggi nove persone disoccupate lavorano nella produzione, vendita e distribuzione.
Poi ci sono gli operatori della salute che si sono aggiunti al progetto, molta gente che ha transitato, che oggi non può dedicare la sua presenza totale continua a collaborare e molta altra gente fa parte di una rete di sostegno.
Oggi il Pan del Borda mantiene un rapporto molto autonomo dentro l’ ospedale. Fra la gente che lavora c’è chi è interno del Borda, chi qualche volta lo è stato e oggi non lo è più, chi non e mai stato ricoverato ma utilizza gli ambulatori esterni di sostegno psicologico e chi non è mai stato paziente psichico.
Le nove persone che producono prendono uno stipendio in relazione alle entrate e alle ore lavorate, lo spirito di questa cooperativa è stato sempre quello di distribuire egualmente lo stipendio, ma non sempre è stato possibile.
La produzione del forno cerca di essere commercializzata con quello che si chiama “canasteo”.
Si gira dentro e fuori l’ospedale come venditori ambulanti con la cesta. Si cerca di vendere anche dentro delle fabbriche recuperate, nelle università e dentro al mondo del movimento. Un punto vendita importante è anche il bar dell’Università di Madres de Plaza de Mayo.
La produzione non è tanto alta, molte macchine non funzionano e altre non funzionano al 100%, e un grosso problema è che non ricevono nessun sostegno economico de nessun settore, nè sociale, nè istituzionale, nè privato… tutto quello che si porta avanti all’interno del progetto del Pan del Borda è realizzato solo ed esclusivamente con le proprie energie e con lo sforzo umano di coloro che sono dentro al progetto.
La cosa buffa è che ( come succede anche con Radio La Colifata) questa esperienza non viene ufficialmente riconosciuta dai vertici del Borda ( e in qualche caso viene anche boicottata... ) non viene legalizzata, ma in qualche modo viene legittimata perché c’è una lista di attesa per l’ingresso di pazienti richiesta di diversi servizi dell’ospedale e questo fa capire che il progetto viene valorizzato e riconosciuto.
Ci sono dei professionisti, operatori, medici che visitano il forno per seguire i loro pazienti, c’è un rapporto con certi settori isolati dell’ospedale, con certi medici ed operatori , ma a livello istituzionale, il rapporto non è per niente collaborativo, anzi.
Nell’intervista fatta a Ya Basta si racconta che l’ospedale rappresenta la politica dello Stato nel settore della Salute mentale, ciò significa che ci sono tante cose che non funzionano come succede con tutte le esperienze manicomiali, e il manicomio come istituzione totale non ha bisogno che l’informazione di ciò che succede dentro esca all’esterno, perciò ogni iniziativa dentro l’ospedale che è anche informazione, comunicazione, azione… diventa pericolosa per il regime dell’ ospedale stesso: è pericoloso per coloro che hanno interesse a che tutto continui a funzionare come funziona oggi.
Il bugget per ogni paziente non è poco, ma quella cifra non si vede nei servizi che sono costretti a subire i pazienti del ospedale.
L’ospedale psichiatrico ha una politica totalmente espulsiva e questa tensione fra istituito ed istituente attraversa anche i diversi settori, ci sono professionisti impegnati che non sono d’accordo con la politica statale di salute mentale e sono i professionisti che sostengono queste tipi d’iniziative, anche rischiando, perciò la lotta che esiste fra le diverse classe sociale si riproduce anche dentro l’ospedale.
La posizione dell’ospedale è quella di ignorare, negare, e questa è una posizione molto chiara.
Dopo un lavoro in salute di due anni, dove una persona fa tutto un processo di soggettività, dove si riappropria di uno strumento, di uno spazio, della gestione dei suoi orari, di un prodotto che lui stesso ha prodotto ma di fronte al fatto che lo stato non ha un proprio progetto di demanicomializzazione, il lavoro poi finisce qui, molte di queste persone non hanno casa e vivono per la strada, dormendo negli spazi chiamati “dormidero” ( grandi capannoni che lo stato mette a disposizione per i senza tetto) dove non c’è posto per tutti, dove devono fare ore di fila, dove alle 7 del mattino sono mandati fuori, costretti a passare le feste e la Pasqua nel marciapiede, dove non hai altra possibilità di lavoro e non hai lo spazio per riuscire ad reinserirsi nella società.

Continuando con una grande tradizione argentina di quello che si conosce come Psicologia Sociale iniziata e fondata dal famosissimo psichiatra-psicanalista Enrique Pichon Rivière, la parola demanicomializzazione comincia a prendere corpo e ad essere molto utilizzata per una gran parte del movimento sociale argentino. Dopo un primo Convegno sulla Salute Mentale fatto nel 2004 nell’Università de Las Madre de Placa de Mayo, nasce il “Movimento Sociale per la Demanicomializzazione e Trasformazione Istituzionale”, che ha già fatto diverse assemblee ed iniziative ( da anni una forte esperienza su demanicomializazione esiste già nella provincia di Rio Negro nella Patagonia Argentina).
L’associazione Ya Basta ha partecipato il 22 aprile 2006 nell’ Ospedale Borda a uno degli incontri del movimento, tanto partecipato che è dovuto spostarsi all’Aula Magna, sempre nel Borda.
Fra psichiatri, psicologi, operatori, utenti del servizio, gente comune del movimento, associazioni, parte del sindacato e anche il Segretario per la Salute Mentale del Gobierno de la Ciudad (Città di Buenos Aires), l’Aula Magna si è riempita.
Con mille difficoltà e resistenze ( le resistenze che sviluppano ogni cambiamento) il movimento per la demanicomializzazione continua a battersi per abbattere i muri del manicomio e delle menti, come quella del sindacato che vede nella demanicomializzazione il pericolo della perdita di posti di lavoro, quello che un po’ succede in Italia con la legge 180, così detta legge Basaglia per la chiusura dei manicomi.
La presenza del Direttore Salute Mentale del Governo della Città, Pablo Berrettoni, dava dei segnali importantissimi, ma da qualche settimana tutto il Gabinetto del governo della città è stato revocato e forse anche il direttore per la Salute Mentale Berrettoni.
Oggi è tutto incerto , non è chiaro se lui continuerà, o in caso di un sostituto questo nuovo direttore che apertura avrà, in un governo, come l’attuale governo dell'argentina, si spera che questa apertura continui nonostante le contraddizioni e le ambiguità, perché il governo di Kirchner sa benissimo che non si può governare contro le dinamiche aperte dopo il 19 e 20 dicembre 2001. Susana CiummelliYa Basta! Marche
Intervista di Ya Basta! al "Collettivo Situaciones"
Per maggiori info,ecco alcuni link di riferimento:

sabato 22 luglio 2006

22/07/2006 | L'odissea del FreePalestine FootballClub


ROMA - Quando le barriere dell'apartheid arrivano fino in Europa. La vicenda di una squadra di calcio di Gaza, in Italia per partecipare alle iniziative di sport solidale legate agli Altrimondiali, a cui viene negato il diritto di tornare nella propria terra a causa del pesante assedio israeliano. Bloccato da settimane, il "FreePalestine" team è risciuto finalmente a rientrare in Palestina. La mobilitazione dei movimenti sociali a sostegno della martoriata popolazione palestinese non si ferma. Ritorna a Gaza il "Free Palestine" team - Il comunicato di YaBasta_Moltitudia Approfondimenti e altre notizie: www.moltitudia-yabasta.blogspot.com www.corto.circuito.info/ www.altremappe.org MARCHE - Con le iniziative di Pergola il 7 luglio e di Pesaro sabato 22, l'associazione Ya Basta! Marche ha promosso anche nel territorio marchigiano una campagna di sensibilizzazione verso le istituzioni e la società civile a sostegno della squadra "Free Palestine" e di tutto il popolo palestinese. Con la Palestina negli occhi - Vai allo speciale sull'iniziativa di YaBasta! Marche a cura di Fuoritempo

giovedì 22 giugno 2006

22/06/2006 | Todos somos Atenco


ANCONA - Presidio dell'ass. Ya Basta! al consolato messicano di Piazza Cavour contro i gravissimi episodi di repressione avvenuti nelle ultime settimane in Messico a pochi giorni dalle elezioni presidenziali. Gli attivisti hanno consegnato un documento dove si denuncia il pesante clima di intimidazione contro i movimenti sociali e si chiede l'immediata liberazione di tutti i prigioneri politici. - Vai allo speciale su GlobalProject Fermiamo la repressione in Messico! - La lettera dell'associazione Ya Basta! Le organizzazioni sociali delle Marche - Italia, esprimono al Governo Messicano, il loro sdegno ed una ferma condanna per i gravi fatti di violenta repressione poliziesca, accaduti il 4 maggio scorso a San Salvador Atenco, che hanno provocato la morte di Javier Cortez Santiago, 14 anni, e lo studente universitario Alexis Benhumea di 20 anni, con numerosi feriti ed arresti; ed il 14 giugno a Oaxaca con la repressione nei confronti del presidio organizzato dal Magistero Democratico Oaxaqueño della Sezione 22 del SNTE (Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione) dove alcune fonti giornalistiche, ancora non smentite, parlano di un numero imprecisato di manifestanti assassinati, tra i quali alcuni bambini e una maestra incinta. Già ad Atenco la polizia messicana aveva arrestato più di duecento persone, fra cui nove minori, detenute senza nessun mandato, picchiate e torturate in maniera selvaggia. La maggior parte delle 47 donne arrestate hanno denunciato stupri e altri abusi di tipo sessuale. Cinque stranieri, dopo essere stati maltrattati, sono stati illegalmente espulsi dal paese. Ora gli ultimi fatti di Oaxaca di metà giugno, ancora oscurati dalla disinformazione di regime, gettano un’ombra inquietante sulle imminenti elezioni. Infatti con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del 2 luglio, già da mesi si infittiscono gli episodi di intimidazione e violenta repressione nei confronti dei movimenti sociali e popolari. Alla luce di questi incivili fatti noi diciamo “vergogna al governo Messicano” e non mancheremo di confermare il nostro impegno e la nostra testimonianza, nei nostri territori come nelle nostre attività di cooperazione internazionale, a sostegno dei fratelli e compagni in Messico, per l’umanità e contro il neoliberismo. In nome della giustizia e della dignità, chiediamo l’immediata liberazione dei prigionieri politici, la sospensione delle misure repressive intraprese ed il rispetto dei più elementari diritti all’informazione. Questi tragici avvenimenti non bloccheranno le legittime rivendicazioni dei movimenti messicani, né il nostro pieno e fiducioso sostegno alle loro lotte. Domenica 2 luglio saremo a Roma, sotto l’Ambasciata Messicana, per denunciare la violazione dei diritti umani da parte del governo Messicano. “Con la vita, con la dignità, con la memoria, ribelliamoci, sfidiamoli. Non avranno nè pace nè tranquillità” (Subcomandante Insurgente Marcos)

Ya Basta! Marche

sabato 27 maggio 2006

30 Anni di ronde per non dimenticare

Dopo l'incontro con il popolo Mapuche in lotta contro la repressione delle popolazioni indigene cilene, continua il reportage sul viaggio della delegazione dell'ass. Ya Basta!
in Argentina BUENOS AIRES
Per non dimenticare Trent'anni di lotta in Plaza de Mayo Il regime e la guerra delle Malvinas. Le rivendicazioni dei reduci
Dalla delegazione dell'associazione Ya Basta!

Giovedì 27 aprile ha avuto luogo una "ronda" speciale per tutte le Madres de Plaza de Mayo.
Come ogni giovedì le "Madres" scendono in strada con la storica "ronda", intorno al monumento della piazza, che le caratterizza da 29 anni per questa forma di denuncia pubblica della dittatura argentina che le ha fatte conoscere in tutto il mondo.
Per questo il 27 aprile hanno messo in pratica delle iniziative speciali, perché il 30 dello stesso mese ricorreva l’anniversario dalla prima "ronda" intorno alla piazza.
E' stato allestito un palco dove si è tenuto anche un concerto finale, ma l'evento che ha caratterizzato la giornata di anniversario è stata la partecipazione all'iniziativa dei veterani di guerra, che nel 1982 hanno combattuto nelle Isole Malvinas, in Europa meglio conosciute come Falkland.
Gli ex-combattenti hanno fatto un sit-in, giorno e notte, per 26 giorni.
Hanno raccontano all'associazione Ya Basta! che lo scopo di questo "acampe" era quello di dare visibilità alle rivendicazioni che i veterani di guerra e altre organizzazioni in tutto il paese portano avanti ormai da tempo rifiutando la soluzione di compromesso (la cosiddetta "Carta Verde") proposta dal Ministero dell'Interno in ordine alla questione degli ex-combattenti delle Falkland.
Al fine di ottenere un reale risarcimento morale ed economico si sono organizzati in un coordinamento avviando una forte campagna di mobilitazione.
La dittatura ne ha uccisi 649 - la democrazia 350, recitavano gli striscioni e i volantini, facendo riferimento ai morti in combattimento e ai suicidi dei soldati rientrati a casa.
Un risarcimento economico e morale, dicono, che in qualche modo possa dare un sostegno per i segni lasciati dalla guerra, lo stress post/traumatico e l’abbandono subito da parte dello stato dal 1982 al 1992, periodo dove gli ex-soldati di leva spediti alla guerra, sono stati lasciati al loro destino, senza assistenza sanitaria, assicurazione, pensione, senza lavoro e senza politiche sociali di reinserimento adeguate.
Niente restituirà i sogni perduti e gli anni persi dal 1982, quando sono stati strappati alla loro vita, ad appena diciotto anni, con la scusa di dover compiere il servizio militare obbligatorio.
Sommersi in un incubo di sangue, morte e confusione.
Niente potrà cancellare dalla mente dei sopravvissuti gli orrori della guerra, nè il tempo rubato.
Oggi la rivendicazione è quella della necessità di rimediare, di poter migliorare la qualità della vita degli ex-combattenti.
La giornata di iniziative si è conclusa con la lettura pubblica di una lettera degli ex-combattenti, da parte delle Madres de Plaza de Mayo.

27/05/2006 | Viaggi Ya Basta! - 30 anni di ronde per non dimenticare


Dopo l'incontro con popolo Mapuche in lotta contro la repressione delle popolazioni indigene cilene, continua il reportage sul viaggio della delegazione dell'ass. Ya Basta! in Argentina BUENOS AIRES - Per non dimenticare Trent'anni di lotta in Plaza de Mayo Il regime e la guerra delle Malvinas. Le rivendicazioni dei reduci - Dalla delegazione dell'associazione Ya Basta! Giovedì 27 aprile ha avuto luogo una "ronda" speciale per tutte le Madres de Plaza de Mayo. Come ogni giovedì le "Madres" scendono in strada con la storica "ronda" (girotondo), intorno al monumento della piazza, che le caratterizza da 29 anni per questa forma di denuncia pubblica della dittatura argentina che le ha fatte conoscere in tutto il mondo. Per questo il 27 aprile hanno messo in pratica delle iniziative speciali, perché il 30 dello stesso mese ricorreva l’anniversario dalla prima "ronda" intorno alla piazza. E' stato allestito un palco dove si è tenuto anche un concerto finale, ma l'evento che ha caratterizzato la giornata di anniversario è stata la partecipazione all'iniziativa dei veterani di guerra, che nel 1982 hanno combattuto nelle Isole Malvinas, in Europa meglio conosciute come Falkland. Gli ex-combattenti hanno fatto un sit-in, giorno e notte, per 26 giorni. Hanno raccontano all'associazione Ya Basta! che lo scopo di questo "acampe" era quello di dare visibilità alle rivendicazioni che i veterani di guerra e altre organizzazioni in tutto il paese portano avanti ormai da tempo rifiutando la soluzione di compromesso (la cosiddetta "Carta Verde") proposta dal Ministero dell'Interno in ordine alla questione degli ex-combattenti delle Falkland. Al fine di ottenere un reale risarcimento morale ed economico si sono organizzati in un coordinamento avviando una forte campagna di mobilitazione. La dittatura ne ha uccisi 649 - la democrazia 350, recitavano gli striscioni e i volantini, facendo riferimento ai morti in combattimento e ai suicidi dei soldati rientrati a casa. Un risarcimento economico e morale, dicono, che in qualche modo possa dare un sostegno per i segni lasciati dalla guerra, lo stress post/traumatico e l’abbandono subito da parte dello stato dal 1982 al 1992, periodo dove gli ex-soldati di leva spediti alla guerra, sono stati lasciati al loro destino, senza assistenza sanitaria, assicurazione, pensione, senza lavoro e senza politiche sociali di reinserimento adeguate. Niente restituirà i sogni perduti e gli anni persi dal 1982, quando sono stati strappati alla loro vita, ad appena diciotto anni, con la scusa di dover compiere il servizio militare obbligatorio. Sommersi in un incubo di sangue, morte e confusione. Niente potrà cancellare dalla mente dei sopravvissuti gli orrori della guerra, nè il tempo rubato. Oggi la rivendicazione è quella della necessità di rimediare, di poter migliorare la qualità della vita degli ex-combattenti. La giornata di iniziative si è conclusa con la lettura pubblica di una lettera degli ex-combattenti, da parte delle Madres de Plaza de Mayo. - La lettera dei veterani della guerra delle Malvinas " [...] Conseguenze dei decenni infami degli anni '70 e '80, come lo sono state le vittime dirette, coloro che erano parte della resistenza alla dittatura, i 30.000 desaparecidos, lo sono stati anche i 649 caduti nei combattimenti delle Malvinas che deliberatamente sono stati abbandonati, logisticamente e militarmente, al loro destino, soldati di leva ridotti alla servitù, all'umiliazione e alle torture psichiche che avvenivano nelle isole per mano dei militari di carriera; come lo sono stati anche i 10.000 soldati di leva che sono ritornati, nascondendo loro che avrebbero subito patologie psichiche di stress post-traumatico di guerra, conseguenza tragica, che portò a 350 suicidi di ex combattenti in democrazia. Oggi, dopo 24 anni di pieno vigore dei diritti umani, ancora non si riesce a capire perchè non si materializzi il risarcimento per tutti i danni subiti. Questo periodo democratico sembrerebbe dominato da un doppio discorso, quello presidenziale che parla e ammonisce sulla "memoria e giustizia contro la dittatura militare" ma parallelamente privilegia quegli stessi militari di carriera, sostenendo che per essere stati alle Malvinas gli verrà concesso al momento del ritiro, una pensione "onoraria" per decreto di necessità ed urgenza N° 886/05, che premia disonestamente quei militari, come il General Menendez ed altri repressori Ritirati e Veterani di guerra, senza che sia stato fatto nessun accertamento sulle loro responsabilità, nei confronti degli ex soldati di leva nelle Malvinas che sono stati le loro vittime sulle isole [...]" La dittatura ne ha uccisi 649 - la democrazia più di 350

mercoledì 17 maggio 2006

17/05/2006 | Viaggi Ya Basta! - La lotta del popolo Mapuche contro l'oppressione


Nel mese di aprile una delegazione di Ya Basta! Marche è tornata in Argentina per seguire le iniziative e i progetti condivisi con le realtà sociali argentine. PATAGONIA - La lotta del popolo Mapuche contro la repressione in Cile Proseguono in Argentina le iniziative in solidarietà con il popolo Mapuche colpito dalla dura repressione delle autorità cilene. Gli attivisti di Ya Basta! hanno partecipato al sit-in e all'occupazione del consolato cileno di Bariloche. Tutti gli aggiornamenti e i prossimi appuntamenti di mobilitazione nel resoconto a cura di Ya Basta! Marche. - Vai al report - I comunicati delle comunità Mapuche - L'appello di Ya Basta! alle autorità cilene ed europee Altre news sulle mobilitazioni del popolo Mapuche [esp] (da Clajadep.org e da Indymedia Argentina) 23 maggio - Manifiestan en Panguipulli por presos mapuche 23 maggio - Movilización mapuche contra aeropuerto 18 maggio - Acompañe hoy día minuto a minuto las batallas por los presos políticos mapuche 17 maggio - Acta de compromiso. Huelga de Hambre y Garantias 17 maggio - Marcha por la libertad de los mapuches www.presospoliticosmapuche.org PresenzAttiva 2006 In cammino per condividere i percorsi dei movimenti - Le carovane estive dell'ass. Ya Basta! [Bolivia][Brasile][Chiapas][Palestina]

lunedì 6 marzo 2006

06/03/2006 | "Malati di Niente" lancia la sesta edizione


JESI - Partirà mercoledì 8 marzo la sesta edizione di "Malati di Niente". Maturata negli anni attraverso il confronto con esperienze provenienti da ogni parte del mondo come "L'atelier du non faire" di Parigi, "Radio La Colifata" di Buenos Aires, la rassegna è ormai realtà consolidata di intervento socio-culturale nella lotta al pregiudizio e allo stigma sociale che la scorsa estate si è vista riconoscere il Premio nazionale per l'innovazione nei servizi sociali. Malati di Niente 2006 Valorizziamo le diversità per combattere lo stigma - Vai al programma della rassegna La Rassegna “Malati di niente” lancia la sua VI edizione 2006 “Il progetto promuove una riflessione contro il pregiudizio verso il diverso con un approccio culturale il cui punto centrale è la rassegna, durante la quale tutta la città di Jesi diventa un enorme teatro e luogo di confronto. L’intreccio tra arte, progetto terapeutico, promozione culturale e della tolleranza e convivenza civile ha valorizzato e valutato non solo un percorso socio-assistenziale, ma un’idea di diritto di cittadinanza e di diritto del cittadino alla fiducia e alla serenità” Con queste parole e motivazione “Malati di niente” è stato premiato, nel giugno 2005, come vincitore del Premio nazionale per l’innovazione nei servizi sociali. Parole che fanno bene, parole grandi come il mare, parole che incoraggiano a intraprendere nuovi viaggi e rinnovate responsabilità. “Diamo un’opportunità alla parola” è stato il nostro slogan, e le parole possono essere leggere come una piuma, o pesanti come montagne. In tutti questi anni di "Malati di niente" il confronto con esperienze di altre parti del mondo è stato uno degli arricchimenti della rassegna. Provare a confrontarsi, a inquinarsi ad imparare mutuamente è stato ciò che ha portato a creare anche una rete solidale . Nel 2004 “L’atelier du non faire” di Parigi, nel 2005 “Radio La Colifata” di Buenos Aires hanno lasciato la ricchezza dello scambio di esperienze e conoscenze. "Indietro non si ritorna, e non ci saranno più esseri umani dietro a delle sbarre, sporchi e impauriti, che guardano con i loro occhi “persi”, bellissimi parchi vuoti e ordinati. L’erba cresce per essere calpestata… I muri crescono per separare… Calpestiamo ancora l’erba e buttiamo giù i nuovi muri del pregiudizio, dell’intolleranza e della paura." - Pubblichiamo di seguito l'articolo e l'intervista a firma di Rachele Mancinelli della redazione di Capo Horn al coordinatore della rasegna “Malati di Niente” Gilberto Maiolatesi sull'edizione 2005. Tramite l’intervista che ho fatto recentemente a Gilberto Maiolatesi, vorrei chiedere di non dimenticare quanto Hugo Lopez ed Alfredo Olivera di Radio “La Colifata” ci hanno trasmesso. Le dimenticanze fanno parte di una sorta di lenta agonia per chi crede fermamente in ciò per cui lotta, e per chi per un attimo si trova sotto le luci dei riflettori come protagonista e poi piomba nel buio, il buio del silenzio. Non voglio dilungarmi troppo, quindi mi permetto di sintetizzare brevemente l’intervista che recentemente ho fatto a Gilberto Maiolatesi. Le sue parole dovrebbero veramente essere ricordate, Da chi? Da tutti…dai cittadini, dai mezzi d’informazione, dai politici. Il perché si sintetizza nella frase con la quale Maiolatesi fa capire che la malattia mentale oggettivizza.Penso che questa sia una frase emblematica perché tutti noi abbiamo il diritto di essere sempre considerati uomini. I nostri amici argentini lottano per questo in un contesto austero come quello manicomiale. Lo fanno parlando ad un microfono di una radio, quando per loro non è ammesso parlare in quanto nei manicomi non si hanno diritti. Lì i diritti te li prendono in cambio di una diagnosi. Ma la realtà umana, emotiva è assai più complessa di una istituzionale. Come mi ha ricordato Maiolatesi, l’intervento di Hugo al dibattito della scorsa edizione della rassegna “Malati di Niente” fa capire benissimo quanta ignoranza orbiti attorno alla malattia mentale. E senza dubbio l’ignoranza, che altro non significa che ignorare, non essere a conoscenza di, é un male universale, molto più deleterio della malattia mentale. In questo purtroppo i mezzi di comunicazione non fanno altro che alimentare l’ignoranza generale al riguardo, strumentalizzando il disturbo mentale facendo leva sulla paura che essa scaturisce nel gran marasma di leggende metropolitane che le orbitano attorno…o semplicemente perché come mi disse Maiolatesi nell’intervista: chi ha paura della malattia mentale forse è solo perché ha paura lui stesso di ammalarsi… Ricordiamoci sempre il significato primordiale d’essere umano, ricordiamo che ognuno di noi è un soggetto, non un oggetto, che la libertà da un’identità ma soprattutto che privane qualcuno la toglie. Ricordiamoci che la malattia mentale non è sinonimo di massacri, stragi, violenza …ma che in verità lo è più l’ignoranza nei riguardi di chi soffre di certi disturbi, perché dare giudizi a priori su questo tema ha contribuito all’emarginazione dalla società di persone ridotte ad oggetti…ricordiamoci della rassegna “Malati di Niente” e dei “Colifati” di Buenos Aires, perché se un problema come questo non ci tocca in prima persona non significa che ciò ci dà il diritto di distruggere la dignità di chi invece il problema lo vive…inteso io sono veramente una “Colifata”… Ringrazio Gilberto Maiolatesi, il Comune di Jesi, l’Associazione Ya Basta!, il dipartimento di salute mentale, Radio “La Colifata”, Hugo Lopez, Alfredo Olivera, tutti quelli che hanno contribuito alla riuscita della rassegna “Malati di Niente”,chi vi è intervenuto e chi è venuto ad ascoltare…ma soprattutto ringrazio chi non dimenticherà che anche il malato mentale è una persona… Rachele Mancinelli Questa intervista con Gilberto Maiolatesi ci ricorda i momenti e i temi centrali dell’intervento dei rappresentanti di “Radio La Colifata” alla scorsa edizione della rassegna “Malati di Niente”. Qualsiasi evento significativo deve essere tenuto ben in mente, soprattutto se esso si batte a favore dei diritti umani… il primo fra tutti quello di essere considerati come persone e non come oggetti… - Su quali principi si basa la collaborazione tra “malati di niente” e Radio “la Colifata”? Essenzialmente è la stessa visione rispetto la lotta allo stigma rispetto il disagio mentale, ossia che la dignità, la libertà, e i diritti sono egualmente terapeutici quanto la psicoterapia o la farmacoterapia. - Cosa ha portato a Jesi l’arrivo dei rappresentanti di Radio “la Colifata”? Ha portato molto. Innanzi tutto ci ha permesso di uscire dai confini della nostra piccola città. Loro arrivano da Buenos Aaires con un’esperienza molto drammatica. Hanno aperto questa radio all’interno del “Borda” che è uno dei manicomi più grandi dell’Argentina, quindi hanno portato molta esperienza facendoci riflettere, dandoci la prova che non siamo soli nel credere in una psichiatria diversa. - Cosa hanno potuto cogliere le persone non operanti nel settore psichiatrico? Penso che chi ha partecipato agli incontri con i nostri amici Hugo ed Alfredo lo psicologo, si siano commossi ed emozionati, Questo sia quando abbiamo visto il video che ci hanno portato sulla radio, ma sopratutto quando Hugo ha parlato. Hugo è una persona estremamente tenera sensibile, intelligente e molto altro, ma è anche un “Colifato” e questo hanno dato molto più valore alle sue parole, aldilà dell’interesse della politica psichiatrica. - Una frase in particolare di ciò che Hugo ha raccontato che ti ha colpito particolarmente? Senza dubbio quando durante il convegno Hugo prende la parola e dice: -mi sento a casa mia perché ho origini italiane e voi mi avete fatto rivivere quelle atmosfere. Poi si commuove e ci chiede scusa. Questo non me lo aspettavo, ha trasmesso gran forza e tanta tenerezza. E’ Senza dubbio una bella persona. - Quale elemento portante ci hanno voluto trasmettere e secondo te perché non dovremmo dimenticarlo? Due elementi meno emotivi rispetto ai precedenti.Motivi concettuali, teorici che ci devono portare immediatamente all’agire pratico nella nostra realtà. Uno è il tema della comunicazione. Tema importante. Anche adesso che rispondo alle tue domande e le mie risposte saranno usate in modo ché l’opinione pubblica possa leggere e quindi conoscere, è alla base della lotta che abbiamo intrapreso, perché purtroppo l’informazione sul disagio psichico è estremamente distorta e strumentalizzata. E’ importante parlare tramite giornali, televisioni, radio, aprirne noi per comunicare con la gente. A tal proposito c’è qui a Jesi il progetto di aprire una radio, ma questo è un progetto da perseguire con tenacia. L’altro invece è un discorso basato sulla soggettività. Argomento che abbiamo discusso a lungo con Alfredo Olivera, arrivando alla conclusione che una persona sta bene se recupera la sua soggettività poiché la malattia oggettivizza.Quando noi non siamo più noi stessi ma, subiamo delle alienazioni, depersolizzazione, siamo alienati non solo dal mondo ma anche da noi stessi, subiamo un processo d’oggettivazione. Credo che ogni essere umano nel momento che diventa oggetto e non più soggetto perde la capacita di critica, di scelta, di avere diritti elementari e la capacità di avere un giudizio su se stesso e sul mondo, Il disagio psichico in alcuni momenti più portare a questa situazione,.E’ anche vero però che questo stato lo amplifichiamo e lo rendiamo cronico noi operatori psichiatrici quando non siamo capaci di arginare quest’andamento. Il manicomio è stato l’apice nel produrre oggettivizzazione dell’essere umano. Molto spesso nei nostri servizi può succedere questo. Per spiegarmi meglio ti faccio un esempio: se io ti parlo di un ragazzo e penso che sia un uomo e lo chiamo per nome è diverso dal fatto se io mi riferisca, parlando di lui con un’etichetta diagnostica. In questo caso noi operatori stiamo attuando un’oggettivizzazione di un essere umano. Tornando all’esperienza di Radio “la Colifata” con le loro votazioni simboliche (in Argentina chi è in manicomio perde ogni diritto come per esempio quello del voto) nelle quali non solo hanno votato ma anche discusso, è stato un passo importante per divenire soggetti. Ti devo dire che mi ha colpito molto questo fatto delle elezioni simboliche, non tanto per il riconoscimento della validità del voto ma per il fatto di poter dire: - anche io esisto in questo contesto, anche se poi la mia opinione a livello politico non è rilevante io faccio sentire la mia voce. - Credo che questo sia molto simile al progetto portato avanti dalla rassegna “Malati di Niente”, tu che ne pensi? Sì ci sono molte similitudini.Con le elezioni simboliche in Argentina è stata aperta una discussione. Noi con la rassegna“Malati di Niente” cerchiamo di comunicare con la cittadinanza, con chi a volte non comprende bene cosa sia il disagio psichico essenzialmente perché ne ha paura, o ha paura lui stesso di ammalarsi. La differenza sta che qui da noi non ci sono più strutture manicomiali e in un certo senso in questo lavoro di comunicazione siamo avvantaggiati rispetto agli operatori psichiatrici Argentini. - Puoi sintetizzare lo scopo di quest’incontro? Vorrei risponderti con il titolo dell’iniziativa dal nome: Prove tecniche di rivoluzione. Credo che sia un’esperienza veramente rivoluzionaria nel contesto dell’Argentina. Per certi versi il modo in cui abbiamo posto la Rassegna Malati Di Niente è ugualmente rivoluzionario. E’ passato diverso tempo dall’ultima edizione della rassegna “Malati di Niente”. Malati di Niente 2006 Valorizziamo le diversità per combattere lo stigma Programma Mercoledì 8 marzo 2006 ore 10.00 - Teatro studio “V. Moriconi” RECINTI Spettacolo Teatrale di e con Dina Mogianesi Monologo a tre voci Scritto e diretto da: Dina Mogianesi Interpretato da: Dina Mogianesi, Elisabetta Santarelli (soprano), Giulia Copparoni. Musiche originali di: “Nirmalam” Prima di essere uno spettacolo, è stata una ricerca appassionata, la voglia di stabilire un contatto oltre il tempo e lo spazio con l'elemento femminile, con esperienze uniche, personali, eppure tutte unite da un solido legame, tutte chiuse in un cerchio senza principio ne fine. Tante donne evocate, tante voci che qui possono parlare: ciascuna narra di sé, il tempo vissuto, la vita vissuta, i recinti accettati o quelli superati, alcuni trasformati, altri subiti, ma tutte accumunate dalle stesse radici di genere. Dire di loro è stato un “tornare a casa”… Martedì 21 marzo 2006 ore 16.30 - Sala AVIS Moie di Maiolati "PREVENZIONE E COMUNITA’: LA FAMIGLIA COME RISORSA" Con Massimo Mari (direttore DSM Jesi) e Gilberto Maiolatesi (resp. Comunità Alloggio Soteria) Sabato 25 marzo 2006 ore 22.30 – Centro sociale TNT Concerto "THE GENTLEMENS" Mostra espositiva Atelier “Sollievo” Ingresso gratuito Lunedì 3 aprile 2006 ore 21.30 – Teatro Pergolesi In collaborazione con la rassegna “teatro giovani” “La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico” Spettacolo Teatrale di e con Ascanio Celestini Ascanio Celestini ha lavorato per 4 anni, come è nel suo stile, attorno ad un argomento che gli premeva raccontare, quello della follia... E' un elogio funebre del manicomio elettrico frutto di un laboratorio di “storie da legare”, una memoria di stagioni passate di psichiatria, terapia, farmaci e contenzione fisica, un riversamento in scena di vicende di ex degenti ed ex addetti …un racconto intimo, delicato e tormentatissimo… BIGLIETTI: Ridotto (fino a 25 anni e Universitari) €.8,00 - Intero €.12,00 i biglietti saranno in vendita dal martedì al sabato 9:30-12:30 / 17:00-19:30. Il lunedì 3 aprile la biglietteria sarà aperta dalle 17:00 fino all’inizio spettacolo. Tel. biglietteria 0731 206888 Per informazioni Teatro Pirata tel.0731 56590. Sabato 8 aprile 2006 ore 17.30 – Palazzo dei Convegni “Siamo fuori dal tunnel?” Dibattito/incontro con il regista e gli attori della “Compagnia della fortezza” sul tema del carcere e dell’inclusione sociale del detenuto Il ribaltamento delle prospettive, la sovversione dei valori, la rimozione delle certezze, la ricerca di un senso più autentico e di un dissenso autenticamente pasoliniano. La negazione di una visione manicheistica come frattura del mondo in ciò che è bene e ciò che è male, sono alcuni punti fermi della poetica di Armando Punzo e della sua compagnia teatrale. Dal 3 al 6 maggio 2006 ore 9.00/18.00 - Teatro studio “V. Moriconi” SALUTE MENTALE E COMPLESSITA’ SOCIALE Percorso formativo intensivo con la partecipazione del prof. Edgar Morin (Filosofo-Sociologo-Saggista) e del prof. Armando Bauleo (Psichiatra-Psicanalista-Didatta) Sabato 6 maggio ore 16:30 Incontro Pubblico. Per informazioni telefonare al: 0731 534882 / 0731 534045 ELOGIO ALLA LIBERTA’ Mostra fotografica a cura di Stefano Vaja (fotografo ufficiale della “Compagnia della Fortezza”) Domenica 14 maggio 2006 ore 21.00 – Teatro Pergolesi “L’ultimo metrò” Spettacolo teatrale in collaborazione con il Teatro Pirata Regia del Teatro Pirata In collaborazione con Centro Socio-riabilitativo “Un mondo a colori” Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri “G. Morea” Lo spettacolo è la conclusione di un laboratorio, durato un anno, tenuto con i ragazzi frequentanti l'Istituto Tecnico “G. Morea” e con gli ospiti del Centro Sociale “Un mondo a colori”. Liberamente ispirato al romanzo “Ambaraba” di G. Culicchia, “L'ultimo metrò” mette in scena la solitudine e la paura che ognuno ha dell'altro e del diverso, nel tempo sospeso dell'attesa in un posto chiuso qual' è la fermata di una metropolitana. Ogni personaggio rappresenta un individuo chiuso in se stesso che non si fida dell'altro. Personaggi come autoritratti della solitudine. E tutto potrebbe continuare cosi, fino all'arrivo del metrò. Ma il metrò non arriva e un fatto inatteso (una bomba , un attentato) costringerà tutti a prendere coscienza che solo la solidarietà, la paura condivisa possono spaccare il muro di silenzio che ci impedisce di vedere in ogni persona un amico, un fratello. Regia: Teatro Pirata. Con: Andrea, Bruno, Caterina, Chiara, Dario, Elisa, Elisabetta, Eloisa, Fabio, Fernando, Francesca, Francesco, Giacomo, Giulia, Irma, Marianna, Martina, Maria Teresa, Paola, Sara, Sergio, Teodora. Durata: 40 minuti. Domenica 21 maggio 2006 ore 15.00 – SRR Asiamente “Sulle tracce dell’inaudito e dell’invisto” Grande festa finale della rassegna con musica, teatro, atelier di pittura... Con la partecipazione straordinaria del “Teatro due mondi” di Faenza Dall' 8 al 16 aprile 2006 Palazzo dei Convegni ELOGIO ALLA LIBERTA’ Mostra fotografica a cura di Stefano Vaja (fotografo ufficiale della “Compagnia della Fortezza”) Dal 22 aprile al 2 maggio 2006 Palazzo dei Convegni MOSTRA di PITTURA a cura dell'Atelier del Centro Aggregazione Sociale “Sollievo” Febbraio/Aprile Csa TNT LABORATORIO ARTETERAPIA Partecipano gli studenti del Liceo S.Sociali, ITAS Galilei, Ist. d’Arte Mannucci e alcuni pazienti DSM di Jesi. Per maggiori informazioni: tel 0731 290003 - Fax 0731 290218 Comunità Alloggio Soteria, Via Tabano, 51 - Jesi (AN) e-mail c.soteria@libero.it Coo.s.s. Marche tel 0731 213660

sabato 4 febbraio 2006

04/02/2006 | Oltre la cooperazione internazionale


MARCHE - L'associazione Ya Basta! e le Comunità Resistenti delle Marche presentano due giornate seminariali di approfondimento sul ruolo della cooperazione internazionale nello scenario della guerra globale. Sabato 4 - Sabato 11 febbraio OLTRE LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Pratiche orizzontali di solidarietà globale, diplomazia dal basso e presenza attiva come strumenti di scambio e sostegno alle comunità in resistenza - Vai al programma dell'evento Vai allo speciale di approfonsimento “Il linguaggio umanitario e il lamento per l’orrore del presente, se non divengono pratiche concrete di rifiuto della guerra, corrono il serio rischio di fungere da modalità politicamente corretta di abitare lo stato di guerra e di convivere con i suoi disegni di morte. In tal senso l’umanitarismo astratto (e moralista) e’ uno dei discorsi dell’impero.” (Colectivo Situaciones “Quinta dichiarazione del Colectivo Situaciones. Sul golpe in Venezuela”) La cooperazione allo sviluppo, le dottrine dei diritti umani e l’irrompere delle organizzazioni non governative, sono stati elementi propulsivi, critici, destabilizzanti che hanno accelerato la crisi di fine novecento: i processi di decolonizzazione, il crepuscolo della guerra fredda, l’incalzare della globalizzazione... Eppure si dimostrano nel presente delle guerre umanitarie, infinite, permanenti, come armi spuntate, se non integrate e compatibili rispetto ai meccanismi di controllo globale. La cooperazione internazionale rischia ormai di essere sempre più formalizzata in disciplina accademica e impresa economica, o di ripetere i paradigmi neoliberisti di governance di forme di scambio privatistiche e diseguali, assistenziali e caritatevoli, il cui dispiegarsi non solo si dimostra incapace di invertire o moderare, ma sembra anzi accompagnare e sedimentarsi nello strapotere finanziario dei flussi di capitale, nei rapaci meccanismi del debito estero che strangolano i tanti sud del mondo, nei processi di liberalizzazione commerciale unilaterali, nell’estensione delle forme di controllo delle multinazionali, nella “crescita economica senza sviluppo”, nella guerra come strumento tutt’altro che accessorio e opzionale delle relazioni intenazionali, ma elemento costituente del nuovo ordine globale... Intendiamo continuare a interrogarci su come sia possibile sabotare la guerra ed i suoi apparati “embedded”, compresi quelli del business umanitario; soprattutto ora che anche la cooperazione italiana non omologata si trova ostaggio della guerra globale. Oggi che esplodono quelle contraddizioni. Parlare di “dignita’ dei popoli in lotta contro il neoliberismo”, pratica che contraddistingue l’Associazione Ya Basta! sin dalla sua nascita, significa oggi affrontare la guerra globale permanente ed i suoi devastanti effetti globali, parlarne per tracciare sentieri di ribellione che attraversino le trincee della guerra e le frontiere dell’esclusione, immaginare e praticare spazi concreti e orizzontali di resistenza ed alternativa. Per noi cooperazione significa creare complicità tra disertori globali, dare corpo materiale a relazioni di reciproco riconoscimento tra comunita’ politiche consapevoli e ribelli. Il nostro praticare la cooperazione è gia’ un’eccedenza che supera e sovverte se stessa. Oltre la cooperazione internazionale, appunto. yabastamarche@libero.it tel 0731/5060 - 333/8235503 www.yabasta.it

domenica 15 gennaio 2006

15/01/2006 | Da Buenos Aires alla Patagonia. Carovana Ya Basta!


ARGENTINA - Dal 7 gennaio scorso una carovana organizzata dall'ass. Ya Basta! ha attraversato il paese sudamericano da Buenos Aires alla Patagonia. Un viaggio che ha incrociato le realtà di autorganizzazione dei movimenti piqueteri e delle fabbriche occupate fino alle esperienze di resistenza del popolo Mapuche contro l'arroganza dell'impero Benetton. Argentina - Le strade della ribellione Per incontrare le realtà urbane che resistono, occupano e si autogestiscono Per sostenere la lotta del Popolo Mapuche contro l’arroganza dei moderni colonizzatori come l’impero Benetton - Lo speciale a cura di Global Project - Il diario di viaggio della carovana 25 gennaio - Conferenza stampa finale della Carovana Ya Basta! in Argentina 19 gennaio - Aggiornamenti audio dalla Carovana Ya Basta! in Argentina 14/17 gennaio - Continua il viaggio nei territori Mapuche 12 gennaio - Arrivo in Patagonia 11 gennaio - Incontro con i lavoratori del Bauen 9 gennaio - Racconti dalla Carovana Ya Basta! in Argentina: incontro con MTD di Solano [audio] [foto] - Approfondimenti a cura di Global Project e Ya Basta! Nordest Patagonia - La storia del popolo Mapuche "Novembre 2005, dalla primaverile terra Mapuche" Marzo 2005 - Carovana Marimari peñi "Una proposta autonoma di salute" - Il progetto di ambulatorio popolare del Mtd Solano sostenuto da Ya Basta! Marche Il movimento argentino e il "prete piquetero" - Vai allo speciale sulla visita in Italia di Alberto Spagnolo, portavoce del Movimiento Trabajadores Desocupados di Solano "Enero autonomo" 2006 - III° Incontro internazionale dei movimenti sociali sudamericani, dal 12 al 15 gennaio, Buenos Aires Link di approfondimento sul popolo Mapuche e la campagna contro Benetton: - United Colors of Desalojos - www.mapuche-nation.org - argentina.indymedia.org - Per informazioni Associazione Ya Basta! Treviso tel 0422403535 - email yabastatv@globalproject.info Associazione Ya Basta! Marche email yabastamarche@libero.it tel. 0731.5060 - cell. 333/8235503