venerdì 18 dicembre 2009

Gaza, bombardamenti hanno lasciato suolo contaminato: popolazione a rischio


COMUNICATO STAMPA

17 dicembre 2009
I bombardamenti israeliani a Gaza del 2006 e del 2009 hanno lasciato sul terreno forti concentrazioni di metalli tossici, che possono provocare nella popolazione leucemie, problemi di fertilità e gravi effetti sui nuovi nati, come malformazioni e patologie di origine genetica. Questi metalli sono in particolare tungsteno, mercurio, molibdeno, cadmio e cobalto.
E' il risultato di uno studio condotto da New Weapons Research Group (Nwrc), una commissione indipendente di scienziati e collaboratori basata in Italia che studia l'impiego delle armi non convenzionali e i loro effetti di medio periodo sui residenti delle aree in cui vengono utilizzate. Il gruppo di lavoro del Nwrc ha esaminato 4 crateri: due provocati dai bombardamenti del luglio 2006, uno nella città di Beit Hanoun e uno nel campo profughi di Jabalia, e due provocati da bombe sganciate nel gennaio 2009 a Tufah, sobborgo di Gaza City. Inoltre ha analizzato la polvere residua all'interno del guscio di una bomba (THS89D112-003 155mm M825E1[1]) al fosforo bianco esplosa vicino all’ospedale di Al Wafa, nel gennaio 2009.
Lo studio ha messo a confronto i livelli di concentrazione dei metalli rilevati nei crateri con quelli indicati in un rapporto sulla presenza di metalli nel suolo di Gaza, realizzato attraverso il campionamento di 170 luoghi, pubblicato nel 2005.
Le analisi hanno rilevato anomale concentrazioni di questi metalli nei crateri, indicando una contaminazione del suolo che, associata alle precarie condizioni di vita, in particolare nei campi profughi, espone la popolazione al rischio di venire in contatto con sostanze velenose per via cutanea, respiratoria e attraverso gli alimenti.
“Il nostro studio – spiega Paola Manduca, che insegna genetica all'università di Genova, portavoce del New Weapons Research Group – indica una presenza anomala di elementi tossici nel terreno. Occorre intervenire subito per limitare le conseguenze della contaminazione su persone, animali, e colture. Occorrono strategie di sostegno per le persone contaminate. Auspichiamo – aggiunge – che le indagini fino ad ora svolte dalla commissione Goldstone, voluta dalle Nazioni unite, vadano oltre l’analisi del rispetto dei diritti umani, e prendano in considerazione e gli effetti sull’ambiente provocati dall'uso di varie tipologie di bombe e le ricadute sulla popolazione nel tempo. Una rapida raccolta di dati può essere realizzata secondo modalità che molti scienziati possono descrivere agevolmente e programmare”.
[1] THS89D è il codice di identificazione del produttore e indica che la bomba è stata realizzata nell'aprile 1989 da Thiokol Aerospace; 112-003 è un numero di serie e indica che molti lotti di queste munizioni sono stati prodotti; 155 millimetri è il calibro; M825E1 è un sigla adottata dalle forze armate statunitensi che indica una vecchia versione dell'attuale standard M825A1 delle munizioni al fosforo bianco.


LO STUDIO

I crateri esaminati
Tutti i crateri esaminati sono di grandi dimensioni e il campionamento è stato condotto lungo uno dei lati del pendio di ciascun cratere. Tutti si trovano nella parte nord della Striscia di Gaza, come si può vedere dalla mappa.


I campioni dei crateri di Beit Hanoun e Jabalia sono stati raccolti nell'agosto 2006, due settimane dopo la fine degli attacchi del mese di luglio. Quelli di Tufah sono stati raccolti il 28 gennaio 2009, e fanno riferimento ai bombardamenti del 14 gennaio.

I dati raccolti nei crateri
I risultati delle analisi con Icp/Ms (una tipologia di spettrometria di massa altamente sensibile e in grado di determinare diverse sostanze inorganiche) mostrano presenza in quantità superiori alla media attesa di:

1. Tungsteno e mercurio
Nel cratere di Beit Hanoun sono state rilevate quantità significative di tungsteno (tra 20 e 42 volte il livello medio atteso nel suolo) e quantità elevate di Mercurio (tra 8 e 16 volte il livello massimo rilevato nello studio del 2003). Gli altri 3 crateri esaminati presentavano livelli simili a quelli medi del suolo. Entrambi gli elementi, mercurio e tungsteno, sono rari in natura e il loro ritrovamento in uno dei crateri indica che a disperderli nel terreno è stata la deflagrazione della bomba, che ha diffuso i metalli in un raggio di dimensione sconosciuta che potrebbe avere prodotto la contaminazione delle acque, del suolo e delle colture.
Entrambi tungsteno e mercurio sono metalli che hanno gravi effetti tossici e cancerogeni sull'uomo a medio-alte concentrazioni. Il mercurio è un agente classificato come cancerogeno; si assume anche per via cutanea, e in gravidanza si trasferisce dalla pelle al feto e provoca fetotossicità negli animali. Il tungsteno e le leghe di tungsteno sono genotossici e sospetti fetotossici. A concentrazioni meno elevate, il tungsteno è causa di patologie respiratorie e neurologiche.

2. Molibdeno
Il molibdeno è un elemento raro nel terreno ed è stato trovato in alte concentrazioni in tutti i crateri esaminati, con livelli compresi tra 0,1 a 12 parti per milione (ppm), vale a dire tra 25 e 3.000 volte il livello medio del suolo (0,004 ppm). Il molibdeno viene usato in leghe con vari metalli (singoli e multipli), alcuni dei quali vengono utilizzati come componenti di armi.
Il molibdeno è tossico per gli spermatozoi, a livelli elevati produce effetti sulla spermatogenesi.

3. Cadmio
Il cadmio è un elemento presente normalmente in basse concentrazioni nel suolo di Gaza (0,093 ppm secondo lo studio del 2003). Lo studio ha rilevato una elevata quantità di cadmio (fino a 7,3 volte il livello medio) in uno dei crateri di Tufah.
Il cadmio è un noto cancerogeno.

4. Cobalto
Il cobalto è stato trovato in entrambi i crateri di Tufah, in quantità fino a 26,2 ppm, circa 5 volte superiore a quella normalmente contenuta nel suolo (5,1 ppm).
Il cobalto può inibire la riparazione del dna e causarne la rottura, con effetti mutageni.

5. Nichel, manganese, rame e zinco
Nichel, manganese, rame e zinco sono stati trovati in uno dei crateri di Tufah, in quantità due volte più elevate rispetto a quello medio.
Alcuni componenti di nichel e manganese sono cancerogeni.

6. Stronzio
Lo stronzio è presente in quantità superiore alla media in tutti i crateri esaminati, ma la sua concentrazione varia in luoghi diversi e non ci sono dati disponibili di misurazione per il territorio di Gaza, per cui non è possibile stabilire con certezza se si tratti di una presenza è anomala.
I risultati dell'analisi della bomba al fosforo bianco THS89D112-003 155mm M825E1
Queste bombe sono costituite principalmente da settori alternati di fosforo bianco e alluminio, un metallo potenzialmente nocivo e fetotossico, ma impiegano anche diversi altri metalli.
Gli effetti dei bombardamenti di Gaza, perciò, non dipendono soltanto dal fosforo bianco, ma anche dagli altri metalli nocivi che rimangono sul terreno, contaminandolo. Il gruppo di lavoro di Nwrc ha raccolto e testato, per il contenuto di metalli, il deposito di polvere aderente alla parte interna di una bomba (vedi foto) esplosa il 6 gennaio 2009 nei pressi dell'ospedale di Al Wafa, e i cui resti sono stati raccolti il 28 gennaio sul posto dell'esplosione. La polvere è stata raschiata con un cucchiaio di plastica, dai lati e dalla parte inferiore della bomba.

Le analisi hanno rilevato nella polvere della bomba alluminio in alta quantità, come previsto; ma sono state rilevate anche grandi concentrazioni di molibdeno (125-200 volte superiori a quelle del contenuto del suolo), tungsteno (più di 41 volte) e mercurio (più di 160 volte). Questo indica che tali bombe, oltre al fosforo incendiario, possono disperdere anche metalli tossici e che il loro largo uso nel corso della guerra a Gaza, combinato con l'esplosione in altitudine, a una certa distanza dal suolo, può aver causato la diffusione di questi metalli sul territorio.

CONTATTI UFFICIO STAMPA
Fabio De Ponte
Tel. 347.9422957
Email: info@newweapons.org
Sito: http://www.newweapons.org/


martedì 15 dicembre 2009

Campagna Palestina Solidarietà partecipa alla Gaza Freedom March


Campagna Palestina Solidarietà
partecipa alla Gaza Freedom March
27 Dicembre 2009 - 3 Gennaio 2010 http://www.gazafreedommarch.org/



Attivisti dalle Marche faranno parte della delegazione italiana (140 persone) che partirà per il Cairo e assieme a più di mille internazionali entrerà a Gaza ad un anno di distanza dalla devastante operazione militare israeliana Piombo Fuso. Rispondendo all´appello dell´associazione statunitense Code Pink, con la convinzione che la resistenza non violenta, sia l'unica forma di lotta efficace, più di 1.500 volontari ed attivisti di tutto il mondo daranno vita ad una delle più grandi manifestazioni di solidarietà internazionale della storia recente, entrando nella Striscia di Gaza dal confine egiziano del Valico di Rafah. Il 31 Dicembre, assieme a 50.000 palestinesi marceranno fino al valico di Erez al confine con Israele con l'intento di rompere l'assedio deciso da Israele e sostenuto dalla comunità internazionale che tiene prigionieri un milione e mezzo di persone oramai da anni, deprivandole di ogni genere di prima necessità e costringendole alla costruzione dei celebri tunnel per garantire la propria sopravvivenza. Ad un anno dall'invasione israeliana nella Striscia di Gaza che provocò la morte di 1400 palestinesi, la Gaza Freedom March vuole essere una risposta internazionale dal basso all'indifferenza dei governi e delle istituzioni mondiali. L´appello per la Gaza Freedom March è sostenuto da Nelson Mandela, Jimmy Carter, il Premio Nobel per la Pace Mairead Maguire, la sopravvissuta dell´Olocausto Hedi Epstein, il musicista dei Pink Floyd Roger Waters, i registi Ken Loach, Oliver Stone ed Aki Kaurismaki, il nipote del Mahatma Arun Gandhi, l´attivista israeliano per i diritti umani Jeff Halper, gli scrittori Naomi Klein, Gore Vidal e Noam Chomsky, e moltissimi altri. Fra i sostenitori italiani, segnaliamo gli europarlamentari Luigi De Magistris, Gianni Vattimo e Sonia Alfano, Presidente dell´Associazione dei Parenti delle Vittime della Mafia, Vittorio Agnoletto, Marco Rizzo, Don Andrea Gallo e la Comunità di San Benedetto al Porto, oltre a numerosi intellettuali, esponenti del sindacalismo di base e rappresentanti della società civile. A Gaza, i preparativi coinvolgono una larga parte della società civile che include studenti, professori, gruppi di rifugiati, sindacati, ONG e le organizzazioni delle donne palestinesi. Tutti marceranno nelle loro "uniformi" di pescatori, dottori, studenti, contadini, insegnanti, etc. "Confidiamo molto nella riuscita di questa marcia e nella risposta che riuscirà a dare la comunità internazionale" dichiara Haidar Eid, membro del comitato organizzativo a Gaza. In quanto cittadini dello stato italiano, che appoggia Israele e indirettamente la politica segregazionista del suo governo nei territori occupati, non possiamo rimanere indifferenti. Invitiamo tutti a seguire e sostenere le azioni della marcia per liberare Gaza da un assedio disumano, per il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione, per la giustizia internazionale.

Contatti: http://www.gazafreedommarch.org/ info@gazafreedommarch.org

venerdì 11 dicembre 2009

Da Arrigoni al Convoglio verso Gaza imbarcatosi dal porto di Ancona

Venerdì 11 dicembre è passato per Ancona, per imbarcarsi dal porto, il convoglio "convoy to Gaza" organizzato da Viva Palestina http://www.vivapalestina.org/ , un convoglio di un centinaio di veicoli carico di aiuti umanitari, partito il 6 dicembre dalla Gran Bretagna e diretto a Gaza attraversando Europa, Grecia, Turchia, Siria, Egitto, fine al valico di Rafah. Il convoglio entrerà a Gaza, assieme a migliaia di attivisti per i diritti umani provenienti da tutto il mondo il 27 Dicembre, a ricordare un anno dal terribile massacro e con lo scopo di rompere l’assedio da Rafah fino al valico con Israele.
Come società civile delle Marche, come attiviste, come studenti, come lavoratori e come persone che credono al valore della vita, della libertà e della dignità umana, abbiamo portato la nostra solidarietà alla delegazione di "vivapalestina" in partenza dal Porto di Ancona.
La Campagna Palestina Solidarietà ('Associazione Ya Basta! Marche, Csa Oltrefrontiera, Fuoritempo, Resistenza Solidale, Ambasciata dei Diritti ,Csoa Tnt, Collettivo Studentesco CortoCircuito, Emergency Ascoli, Lupo Osimo, Collettivo OPS ) hanno organizzato un presidio e una conferenza stampa nel porto di Ancona con i portavoci del convoglio.

Il 3 , 4 e 5 dicembre Vittorio Arrigoni ha fatto quattro incontri nelle Marche
Vittorio Arrigoni, volontario dell'International Solidarity Movement (www.palsolidarity.org, ha fatto 4 incontri nelle Marche, organizzati dalla Campagna Palestina Solidarietà, percorso collettivo di associazioni e singoli individui, che da anni portano avanti azioni di solidarietà e informazione a favore del popolo palestinese, il 3, 4 e 5 dicembre è stato ascoltato dalla società civile di Ascoli Piceno, Jesi, Pesaro ed Ancona con una grande partecipazione ed interesse .Venerdì 4 dicembre ha avuto luogo l'incontro, al Centro Sociale Autogestito Tnt di Jesi in occasione del tour di presentazione del suo libro "Restiamo Umani".Arrigoni, ci ha calati con il suo racconto , attraverso le pagine del suo libro e i filmati da lui stesso girati, nella realtà quotidiana di Gaza durante i giorni dell'operazione "Piombo fuso" e durante la tregua, spiegandoci che anche quando c'è tregua a Gaza le pallottole vengono sparate lo stesso uccidendo civili disarmati. Vik ( nome di battaglia di VIttorio) ha vissuto circa un anno a Gaza (novembre 2008-settembre 2009), in cui ci fu una sconvolgente e massiccia controffensiva da parte delle forze israeliane iniziata il 27 dicembre 2008 e "conclusa" il 18 gennaio 2009, contro la popolazione palestinese.In 22 giorni ci sono state più di 1400 vittime palestinesi (di cui 420 erano bambini ) e più di 6000 feriti e l'85% erano civili.Bombardamenti a moschee, a mercati, ad ospedali, ad ambulanze, alle scuole delle Nazioni Unite e alla Sede delle Nazioni Unite.Arrigoni ha voluto raccontare quanto vale la vita e la morte a Gaza,che viene definita la più grande prigione a cielo aperto del mondo con più di 50mila persone senza più una casa che vivono in tendopoli da quasi un anno. Non può essere importato il cemento, il ferro e il vetro per ricostruire, perché gli israeliani dicono che i palestinesi ci costruirebbero dei tunnel per trafficare armi.Più del 70% della popolazione è disoccupata. Il 96% delle industrie ha dovuto chiudere.Arrigoni con l'immagine girate dagli stessi volontari del ISM ci ha fatto vedere ed ascoltare gli spari dei militari israeliani durante la tregua, spari diretti su contadini disarmati che andavano a raccogliere prezzemolo. Ci ha mostrato il "lavoro" volontario di poche decine di attivisti dei diritti umani che ogni giorno diventano scudi umani e che salvano le vite degli abitanti della Striscia .Non è usuale l'impatto con certe immagini , visto che i mass media occidentali ostacolano la loro produzione e distribuzione favorendo oramai da anni quel "genocidio lento" della popolazione palestinese di cui parla Ilan Pappe nel suo libro "La pulizia etnica della Palestina".Durante l'incontro a Jesi è intervenuto il palestinese Hamdan Jeaw'l un'attivista di una'associazione culturale giovanile di Belhlehem , che ha detto semplicemente di essere felicementte sorpreso dell'interesse che la gente ha mostrato verso la sua terra partecipando all'incontro al Tnt organizzato dalla Campagna Palestina Solidarietà. L'iniziativa ha contato anche sulla partecipazione di Radio La Colifata di Buenos Aires con la presenza di Hugo Lopez invitato a partecipare alla IX Rassegna Malati di Niente del 17 e 18 dicembre .Le parole di Vitorio Arrigoni, che si definisce "fortunato come se avesse vinto alla lotteria" di poter raccontare ciò che ha vissuto a Gaza, nell'inferno di Gaza, sono fondamentali per chi vuole capire quella realtà, poichè l'informazione è un diritto, ma anche un dovere di questi tempi !
Perciò :
http://guerrillaradio.iobloggo.com/ ( blog di vittorio arrigoni),
Vittorio Arrigoni "Restiamo Umani" edizioni Manifesto libri.
I proventi dell'autore, andranno INTERAMENTE alla causa dei bambini di Gaza sopravvissuti all'orrenda strage, affinché le loro ferite possano rimarginarsi presto.

Alla fine di un incontro come questo la domanda che sopraggiunge è : e ora che cosa si può fare ?La proposta è boicottare, cominciando col non comperare i prodotti israeliani sopratutto quelli prodotti nei territori occupati con il codice a barra n.7290.
Questo il sito dove informarsi :

domenica 18 ottobre 2009

BDS - Campagna Internazionale per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni nei confronti di Israele

Le principali campagne internazionali di boicottaggio

Ahava
Ahava è saldamente radicata negli insediamenti di Mitzpe Shalem Kaliya e nella Cisgiordania occupata ma i suoi prodotti per la cura della pelle sono importati nell UE come provenienti da "II Mar Morto, Israele'"
Agrexco
Agrexco è la principale società di esportazione di prodotti agricoli israeliani e commercializza il 70% di tutta la frutta e verdura prodotta dalle colonie israeliane nei Tenitori Occupati.
Pompelmi, avocado, melograni, mango, datteri e altri prodotti con il mar­chio Carmel sono venduti in tutti i principali supermercati italiani.
Veolia
Veolia Environnement è una multinazionale francese e fa parte del consor­zio CityPass, che si occupa di costruire un sistema di ferrovia leggera tra Gerusalemme ovest e vari insediamenti ebraici illegali come Pisgat Ze'ev, French Hill, Neve Ya'akov Gilo e Gerusalemme est occupata. Una volta costruito, il sistema ferroviario permetterà ad Israele di legare in maniera sempre più definitiva Gerusalemme est e gli insediamenti illegali allo Stato d'Israele.
Lev Leviev
Lev Leviev e' l'uomo d'affari più ricco di Israele e tra i primi 250 al mondo.

Lev Leviev è direttamente coinvolto nella costruzione di colonie nella Cisgiordania.
LINK UTILI

"Restare neutrali davanti alle Ingiustizie significa
Aver scelto distare con l'oppressore "
Desmond Tutù, Arcivescovo Sudafricano
"l'apartheid e'un crimine contro l'umanità.
"Israele ha privato milioni di palestinesi della loro proprietà e della loro libertà"
Nelson Mandela
(dalla lettera aperta a ThomasFrtedman)


Per anni l'occupazione della Palestina e l'apartheid in Sudafrica hanno cata­lizzato l'attenzione della comunità internazionale. Giunta a termine nel 1994 l'apartheid sudafricana, la Palestina è rimasta l'unico paese al mondo sotto il giogo di un regime filo-occidentale. Ci sono molti regimi al mondo che non rispettano i diritti umani, ma non c'è nessun altro regime filo-occidentale a negare l'autodeterminazione e i diritti umani di un popolo e da così lungo tempo.
Durante l'ultimo attacco da parte d'Israele alla Striscia di Gaza si sono con­tati oltre 1400 morti e migliaia di feriti.
I Palestinesi di Gaza si sono trovati soli a fronteggiare una delle maggiori potenze militari, soli contro uno stato con testate nucleari, migliaia di soldati, armi non convenzionali . Lasciati soli a fronteggiare tutto questo con il bene­placito della comunità internazionale.
Nel marzo 2008, in soli 4 giorni, sono stati uccisi 164 civili tra cui 62 bam­bini e anche allora non c'è stata nessuna reazione. Anzi qualche mese dopo si è stretta una nuova intesa Israele-Europea atta a garantire nuovi rapporti commerciali privilegiati. Accordi che hanno dato nuovo impulso al succes­sivo attacco.
Per questo la campagna BDS si basa principalmente sulla mobilitazione dal basso e lavora, tra le altre cose, per spingere all'azione le istituzioni ufficiali. Ed è per l'analogia col sistema sudafricano d'apartheid che la società civile palestinese altrettanto analogamente, e guardando ai risultati ottenuti in Su­dafrica, ha lanciato il suo appello per il boicottaggio d'Israele.
La campagna internazionale per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le San­zioni (BDS) nei confronti dello Stato di Israele nasce formalmente il 9 luglio 2005, ad un anno dalla sentenza della Corte di Giustizia Intemazionale che ave­va dichiarato l'illegalità del Muro dell'Apartheid e, più in generale, l'occupazio­ne dei tenitori palestinesi. In realtà, di appelli al boicottaggio dell'economia di guerra israeliana ne erano già stati lanciati molti, anche da parte di organizza­zioni ebraiche democrafiche, ma quello del luglio 2005 è arrivato a costituire il punto di riferimento di tutti quelli che, nel mondo, si battono per una pace giusta in Medio Oriente.
Successivamente sono diventate oltre 170 le organizzazioni palestinesi, movi­menti, partiti e sindacati che si sono riuniti per lanciare il 9 luglio 2005 l'appello unitario del BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) della società civile Palestinese, fornendo una nuova risposta per contestare Israele e le sue moltepli­ci forme di oppressione coloniale e razzista nei confronti dei Palestinesi. Da quando è stato diramato, l'invito è risuonato in tutto il movimento di soli­darietà. Iniziative BDS si stanno gradualmente e costantemente diffondendo in tutto il mondo e quella del BDS è diventata una tattica fondamentale per la soli­darietà con il popolo Palestinese.
Secondo l'appello, Israele deve essere isolata "affinchè rispetti l'obbligo di riconoscere il diritto inalienabile del popolo palestinese all'autodeterminazione e alla piena adesione ai precetti del diritto intemazionale :
1. Cessando l'occupazione e colonizzazione di tutte le terre arabe e sman­tellando il Muro;
2. Riconoscendo i diritti fondamentali dei cittadini arabo-palestinesi di Israele alla piena uguaglianza,
3. Rispettando, proteggendo e promuovendo i diritti dei rifugiati palestine­si a ritornare alle loro case e proprietà, come previsto nella risoluzione 194 dell'ONU.
"L'unica via è quella della solidarietà tra popoli: guardiamo al risultato del Sudafrlca.
Ora ci si aspetta solo un responso da tutti voi, questo appello non può essere Ignorato ".
Dott.Halder Eld (Boycott National Committe -Gaza)
In occasione del Meeting Nazionale BDS - Pisa 3,4 Ottobre 2009













sabato 17 ottobre 2009

Ass.ne YA BASTA! : Argentina - Patagonia Presenz/attiva gennaio 2010

Quest’inverno saremo presenti in Argentina con l’obiettivo di capire cosa sta succedendo in questo paese dell’America Latina: vogliamo attraversare questo immenso territorio per conoscere direttamente le lotte che in questo periodo stanno interessando questa parte del mondo.
Dalle mobilitazioni metropolitane che riguardano la crisi economica e la precarietà urbana raggiungeremo le lotte locali in difesa dei beni comuni contro la devastazione ambientale.
L’Argentina è scenario di numerose mobilitazioni contro lo sviluppo di un modello basato sullo sfruttamento dei beni collettivi e della natura da parte delle transnazionali come ad esempio l’espansione incondizionata delle monocolture oppure la coltivazione della soia transgenica.
Così come crescono le mobilitazioni contro le compagnie minerarie e petrolifere nelle Ande. Vorremmo attraversare queste diverse realtà fino a giungere in Patagonia dove il Popolo Mapuche sta continuando ed allargando la pratica del "recupero" dei territori usurpati dalle grandi transazionali.
PERCORSI
* Buenos Aires - Incontri con le realtà metropolitane per conoscere il dibattito politico e la situazione sociale nel pieno di una profonda crisi economica.
* La Famatina - Nord-Ovest argentino - A La Rioja, a 1.800 metri di altitudine, incontreremo il piquete più alto del mondo.
Gli abitanti della regione hanno dato vita ad un Coordinamento di assemblee con cui si sono auto-organizzati per resistere e dire no al Progetto (sponsorizzato dal governo) di una miniera a cielo aperto.
Dal marzo del 2007 a Peñas Negras, di fronte al Monte della Famatina, nella Cordigliera, i cittadini stanno bloccando la multinazionale Barrick Gold Corporation e il suo progetto estrattivo che porterebbe alla distruzione delle montagne ed all’inquinamento da cianuro delle acque. “…Noi vogliamo preservare il Famatina con i suoi ghiacciai, con l’acqua e il paesaggio, la nostra aria e la nostra terra agricola. Noi non vogliamo diventare minatori, non accettiamo di essere minatori, e crediamo nel “consenso sociale” e nella autodeterminazione dei popoli, siamo convinti che i governanti devono, anche se a loro non piace, accettare la decisione dei popoli..”
* El Maitén - Chubut (Patagonia) - Per incontrare il Collettivo di comunicazione della Radio Comunitaria Mapuche “Petu Mogeleiñ” e per contribuire attivamente alla costruzione della Casa Comunitaria.
La proposta è quella di creare uno spazio comune che sia riferimento locale per le iniziative del Popolo Mapuche e che possa essere punto di riferimento autogestito per chi vuole viaggiare in Patagonia con occhi diversi.
La realizzazione di questo spazio permetterà una maggiore capacità d’azione di Radio Petu Mogeleiñ, la voce libera di un territorio che non solo Benetton ma molti dei moderni invasori vorrebbero sfruttare fino alla devastazione.
Patagonia - Visita ad alcune comunità Mapuche, ai terreni recuperati, per conoscere direttamente la resistenza delle comunità agli attacchi e tentativi di sgombero da parte delle autorità locali e dei nuovi colonizzatori.
Per info. treviso@yabasta.it http://www.yabasta.it/
Patagonia en rebeldia - Carovana Marzo 2008

martedì 6 ottobre 2009

Io non ho paura


tnt: concerto"Io non ho paura"
contro la chiusura degli spazi di libertà: inventare costruire percorsi di socialità, autogestione, pratiche del comune
NELLA MIA CITTA' IO NON HO PAURA
in concerto:
gerda jesus
franco and the drogas
onefuckone
La paura non è l'unica passione che tiene gli uomini insieme.
Più forte e più degna della paura è la nostra libera socialità, il nostro desiderio di vivere la città come spazi comuni.
Se è vero che tra paura e crisi quelli in mezzo siamo noi, allora non restereme fermi, faremo in modo che il rapporto si sbilanci:
LIBERTA' VS PAURA
csoa tnt * ya basta * collettivo studentesco corto circuito
ore 19 piazza delle monighette jesi (an)

giovedì 24 settembre 2009

Messico Chiapas Estate 2009 - Racconti dalla presenza attiva Associazione Ya Basta


MESSICO
CHIAPAS
ESTATE 2009
Racconti dalla Presenz/attiva Associazione Ya Basta
L'esperienza di autogoverno zapatista rappresenta un laboratorio concreto di alternativa in un paese in cui la contraddittoria “guerra al
narcos” sta aumentando a dismisura la militarizzazione e la violenza.
Sommario
Chiapas: l'autogoverno zapatista

Messico: le Terre Recuperate in Michoacan, la lotta dei 13 Pueblos, la “guerra ai narcos”, l'impunità su Acteal e il paramilitarismo.
INFO http://www.yabasta.it/

domenica 20 settembre 2009

"Corazón del tiempo" Il film che ti porta nel cuore della Resistenza Zapatista



A Jesi - "Corazón del tiempo" Nel Cuore della Resistenza Zapatista
Un Film di Alberto Cortés


Domenica 15 novembre ore 18,30 / CSOA TNT - Via Politi - Jesi


E' uscito in Messico un film davvero unico: "Corazón del tiempo" di Alberto Cortes. Girato nelle comunità zapatiste, prodotto dalla Junta de Buen Gobierno di La Realidad e recitato da basi d'appoggio zapatiste. Hermann Bellinghausen, giornalista de La Jornada, è autore della sceneggiatura. Il film, in anteprima, viene presentato atraverso l'Associazione Ya Basta!. Dopo Venezia, Vicenza , Firenze, Milano , Napoli, Roma, il 15 novembre sarà a Jesi. Il film verrà proiettato al csa Tnt . Un'occasione unica, perché non si tratta di un documentario sugli zapatisti, bensì di un film che è anche degli zapatisti!Intanto, in Chiapas è appena arrivata la terza ambulanza zapatista (dopo le 2 ambulanze dedicate a Carlo Giuliani e a Dax, consegnate nel 2005), dedicata alla Comandanta Ramona e consegnata al Sistema Sanitario Ribelle Autonomo Zapatista degli Altos de Chiapas. Continua il progetto "Agua para Todos" per la potabilizzazione dell'acqua nella JBG La Realidad di cui fa parte il Municipio Autonomo Zapatista San Pedro de Michoacan, municipio con rapporti di fratellanza con il Comune di Jesi. Durante la serata ci sarà anche la presenza dei carovanieri di Ya Basta! Roma . E’ un’occasione anche per potere acquistare il café rebelde zapatista e i due libri prodotti da Ya Basta! nel 2009: "Sette racconti per nessuno" (racconti del Subcomandante Marcos con illustrazioni, prodotto da Ya Basta! Milano) e "Così raccontano i nostri vecchi" (racconti zapatisti prodotti da Ya Basta! Napoli in collaborazione con IntraMoenia). Un momento di socialità ma anche di aggiornamento sulla situazione zapatista e di raccolta fondi per le comunità zapatiste in resistenza.
Al CSOA TNT - Jesi Domenica 15 novembre 18.30
presentazione del film proiezione in lingua originale (sottotitoli in italiano)
Il film:
Corazon del Tiempo è la storia di un amore che ci porta attraverso le passioni, i sentimenti, le scelte delle donne e degli uomini che dal 1 gennaio 1994 conosciamo come "le zapatiste e gli zapatisti".
Equipe
Regia Alberto Cortes
Sceneggiatore Hermann Bellinghausen
Direttore della fotografia Marc Bellver
Direttrice Artistica Ana Solares
Addetto al suono Emilio Sebastian Cortes Guerra
Trama
In un villaggio del Chiapas, nel più profondo della Selva Lacandona, Sonia mette tutti di fronte alle intime rivoluzioni del suo cuore nel tempo della lotta e della resistenza. “Promessa” nella maniera tradizionale per sposarsi con Miguel, valoroso dirigente giovanile della comunità, che conosce dall'infanzia, Sonia si innamora, ricambiata del tenente insurgente Julio.
Intorno a Sonia si muove in un mondo quasi magico la sorella minore Alicia, insieme alla nonna Zoraida, che con l'esperienza della vita vissuta, riporta sulla terra gli occhi avidi e sognatori della nipote. La decisione di Sonia mette alla prova le volontà e le convinzioni.
Come in un onda espansiva la commozione si allarga alla famiglia, alla comunità ed anche alla stessa organizzazione armata che si nasconde nelle montagne.Intanto il mondo si muove. L'Esercito del Governo occupa le terre ribelli e cerca di stringere l'assedio. Sotto il rumore degli elicotteri di guerra, le donne indigene fermano i soldati facendo muro con i loro corpi.
L'elettricità che il Governo non ha mai voluto dare sta per arrivare alla comunità: Miguel riceve l'incarico di far passare la turbina attraverso l'assedio militare.
Fedeli al fatto di essere se stessi e di cambiare costantemente, i moderni Maya della Selva Lacandona hanno intrapreso una trasformazione profonda per il Messico e forse per il mondo.Con questa intensità trascorrono i giorni del tempo indigeno.
Mezzo secolo prima l'amore aveva permesso a Zoraida di lasciare la schiavitù dei suoi antenati nel latifondo per andarsene a “fondare” la selva insieme al suo uomo ora alla fine del secolo, l'amopre fa sì che Sonia sfidi la tradizione ed anche le nuove “abitudini” rivoluzionarie.
Mateo è il tormentato padre di Sonia, Alice ed anche dell'ironico Valente.
Susana, la madre vive le contrarietà che la mettono di fronte alle insoddisfazioni del suo passato.
Mateo, Susana così come gli altrio padri e madri della comunità appartengono alla generazione che ha rotto i ponti e ha detto "Ya Basta" il Primo Gennaio del 1994. Loro sono quelli che videro e vissero la necessità di ribellarsi contro il “mal governo” .Anche la natura partecipa alla storia. La milpa, i fiumi, le montagne e gli animali sono personaggi che influiscono nel destino dei Tojol Winik , gli uomini “verdaderos”.
La famiglia, l'assemblea comunitaria e l'esercito insurgente, immersi nell'occhio dell'uragano della storia, dovranno vivere la commozione di Sonia innamorata.In un mondo in cui tutto cambia, in una terra straordinaria di indigeni liberi, che hanno deciso di non arrendersi, la passione di una donna si gioca il senso della sua libertà nel cuore del tempo.
Links Utili:
Corazon del Tiempo - web ufficiale
Corazon del tiempo - In arrivo in Italia in film che ti porta nel Cuore della Resistenza Zapatista
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lunedì 31 agosto 2009

Comunicato dei lavoratori della fabbrica argentina Zanon

ZANON È DEI LAVORATORI
Dopo 9 anni di lotta, siamo riusciti a strappare l’esproprio definitivo della nostra fabbrica
Traduzione: Jorge Centurion

Questo cammino, percorso dalle operaie e dagli operai della Zanon, non sarebbe stato possibile senza prima aver strappato alla burocrazia sindacale le nostre rappresentanze di categoria.
Per prima cosa, nel 1998, abbiamo ricuperato la nostra commissione interna per lottare contro i licenziamenti, i maltrattamenti, le umiliazioni e per le condizioni di sicurezza e igiene, contro la polifunzionalità, per i nostri salari, ecc, ma soprattutto per instaurare una nuova forma di lavoro: la democrazia diretta per poi, nel 2000, ricuperare il nostro sindacato e metterlo al servizio dei lavoratori.
In questi quasi nove anni ne è passata di acqua sotto i ponti, abbiamo valorizzato profondamente l’appoggio che abbiamo ricevuto in questi anni di lotta. Dalla [gente della] comunità di Centenario, Neuquén, Plottier, ecc, che sul finire del 2001 si avvicinava con un pacchetto di spaghetti alle tende che abbiamo sostenuto per 5 mesi, fino ai lavoratori interni dell’unità n° 11 che si trova a pochi metri dalla fabbrica, che per 3 giorni hanno donato le loro razioni di cibo affinché potessimo resistere.
Le Madri di Plaza de Mayo, associazione regionale di Neuquén, che fin dal primo giorno ci hanno adottato come loro figli e camminano per le strade assieme a noi, fino ad oggi, resistendo assieme ad ognuno di noi 5 ingiunzioni di sfratto, repressioni, minacce.
I compagni e le compagne docenti dell’ATEN
[1], compagni della CTA[2] Neuquén. Fino alla solidarietà a livello nazionale e internazionale di compagni che mai abbiamo conosciuto e che, conoscendo la nostra lotta, ci inviavano i loro fondi sciopero per resistere.
Abbiamo imparato anche ad essere solidali con altri lavoratori, creando un Fondo per lo Sciopero permanente, abbiamo spinto dicendo che la coordinazione è fondamentale per il trionfo delle lotte operaie.
Dai minatori di Río Turbio, lavoratori del petrolio di Las Heras, statali e lavoratori di fabbriche di Neuquén e Río Negro, Garrahan Subterráneas, Aeronautici, Ferroviari, fino ai movimenti di lavoratori disoccupati di Tartagal e decine di fabbriche ricuperate.
Dal principio abbiamo aperto la fabbrica alla comunità, ricevendo migliaia di bambini e adulti affinché conoscessero la nostra esperienza di lotta.
Abbiamo consolidato l’unità operaio-studentesca, tanto nei giovani studenti medi quanto con i compagni universitari, che ha avuto e ha espressione nell’accordo quadro di collaborazione con l’Università.
Abbiamo organizzato concerti senza polizia, con artisti regionali e gruppi nazionali come La Renga, Attaque 77, Bersuit Vergarabat, León Gieco, Raly Barrionuevo, Dúo Coplanacus, tra gli altri, che hanno solidarizzato con la nostra lotta lasciando la loro arte e solidarietà alle operaie e agli operai della Zanon, plasmata nella comunità di Neuquén.
La nostra lotta si è sempre basata nella pratica della lotta di classe, identificando i governi, i padroni e le burocrazie sindacali come il nemico dei lavoratori.
Questa esperienza, che abbiamo costruito lungo questi nove anni e con l’enorme consenso di cui gode la nostra lotta nella provincia, a livello nazionale e internazionale ha fatto sì che potessimo ritorcere la volontà politica del Governo Provinciale del MPN
[3] che ha dovuto sostenere e votare il progetto di legge di esproprio.
Consideriamo che questa conquista, da parte di tutto l’insieme della classe dei lavoratori, ha un valore enorme, e che questo governo che oggi vota l’esproprio della “Zanon bajo gestión obrera
[4]” è lo stesso che ha assassinato Teresa Rodríguez[5]; lo stesso che ha represso noi operaie e operai della Zanon a fine del 2001 e ha voluto sgomberarci 5 volte; lo stesso che ha fucilato il nostro compagno ceramista Pepe Alveal, facendogli perdere un occhio, nella repressione del Barrio San Lorenzo; lo stesso che ci ha assassinato il compagno Carlos Fuentealba e lo stesso che oggi parla di pace sociale quando in questi momenti di crisi economica mondiale gli impresari e i loro governi ci dichiarano guerra con licenziamenti, salari da fame, caro prezzi, ecc.
Le scuole e gli ospedali sono stati svuotati e l’unica opera pubblica di cui parlano è la costruzione di carceri per rinchiudere i nostri giovani, mentre ogni giorno muoiono decine di famiglie negli incendi delle loro precarie casette occupate.
Per questo, nonostante l’enorme conquista che abbiamo ottenuto, in un contesto di crisi economica internazionale, strappando l’esproprio a questo governo, cosa che ha un valore molto maggiore, dalla gestione operaia della Zanon e dal Sindacato Ceramisti di Neuquén siamo convinti che la nostra lotta non è finita perché, come fin dal primo giorno, consideriamo che la salvezza non è individuale ma dell’insieme della classe lavoratrice.
Compagni e compagne, a tutti e tutte quelli che in qualche modo sono stati parte, hanno portato il loro granello di sabbia: condividiamo l’allegria di questo grande passo!!
Ai compagni che ancora guardano increduli, talvolta timorosi, talvolta scettici diciamo: vi invitiamo ad essere parte di questa storia che non è né più né meno che contribuire con un granello di sabbia alla trasformazione della realtà e riprendere il sogno dei nostri 30 mila compagni
[6]: una società senza sfruttatori né sfruttati!!

¡¡ZANON ES DEL PUEBLO!!

http://www.obrerosdezanon.com.ar/

martedì 11 agosto 2009

Dall'Italia al Messico - Presenz/attiva dell'Associazione Ya Basta!

10 / 8 / 2009
La resistenza in difesa della terra
7 / 8 / 2009

Dal 1994 gli zapatisti in tutto il Chiapas hanno liberato e recuperato ettari ed ettari di terra che erano nelle mani dei latifondisti.
Queste terre sono state abitate, coltivate, dedicate all'allevamento e sono alla base dello sviluppo dell'autonomia zapatista.
Con la copertura del Governo statale del Chiapas è in corso una offensiva per cercare di togliere queste terre ... »
http://www.globalproject.info/it/mondi/Incontro-con-gli-zapatisti-al-Presidio-delle-Terre-recuperate-nella-zona-Moises-Gandhi/1604

http://www.globalproject.info/it/mondi

martedì 4 agosto 2009

Argentina: Processi ai militari. E' stata fatta giustizia?

Il 23 aprile 2009 nel Tribunale di Comodoro Py nella zona di Retiro a Buenos Aires,Víctor Enrique Rei, comandante della Gendarmeria, è stato condannato a sedici anni per appropriazione e soppressione d'identità del figlio dei desaparecidos Pedro Sandoval e Liliana Fontana.
La condanna è la prima che viene attuata con un percorso di ricerca fatto con il prelievo di campioni di materiale genetico avuto tramite una perquisizione giudiziaria.
E' anche la pena più alta comminata per "un apropiador" (colui che è accusato di sequestro e di appropriazione di figlio di desaparecido).
In una sala affollata di realtà sociali, come quelle di H.I.J.O.S, Madres e Abuelas de Plaza de Mayo, ex detenuti in periodo di dittatura e attivisti di movimenti come il Colectivo Situaciones e il MTD Solano, c’era anche la presenza di Ya Basta!.
Quando il giudice María del Carmen Roqueta, presidente del Tribunale Oral Federal 6, dichiara che rubare bambini è un reato di lesa umanità e chiede che si faccia luce anche per altri capi di accusa, quali la partecipazione di Rei negli interrogatori con torture ai prigionieri sequestrati, che egli ha svolto nella caserma di Campo di Mayo, la soddisfazione dei presenti è stata enorme.
I militanti presenti al processo, si sono tolti i maglioni che indossavano per far vedere la maglietta che portavano sotto con stampate le foto di Lili e Pedro e con la scritta Giustizia, e cantando tutti insieme "... come ai nazisti succederà, dove sia vi andremo a cercar..."
Il tribunale ha dato indicazione all'Albo degli avvocati di analizzare la violazione di tutte le norme etiche e professionali da parte dell’ avvocato difensore di Rei, Alejandro Macedo Rumi, che ha provato in tutti i modi di difendere il suo assistito, anche giustificando azioni utilizzate dalla dittatura considerate non accettabili in qualunque vera democrazia.
Militanti del Fronte Rivoluzionario “17 Ottobre”, Pedro e Liliana sono stati sequestrati nel 1977 e visti l'ultima volta in vita nel centro clandestino “Club Atlético”.
Liliana, 20 anni, è stata portata via il 26 dicembre, poco tempo prima della data del parto di suo figlio, che voleva chiamare Pedro.
Rei, su indicazione della "Direzione d'Inteligencia della Gendarmería del Primo Corpo del Esercito", ha iscritto il neonato il 5 aprile 1978.
L'atto di nascita l'ha firmato il cardiólogo militare Julio Cáceres Monié, che ha collaborato con altri otto ladri di bambini.
Nel 2006 la Banca Nazionale di Dati Genétici dell’Ospedale Durand, conferma che il DNA di Alejandro è compatibile in un 99,999996 per cento con quello di Fontana-Sandoval.
E' stata fatta giustizia?
da *Edgardo Fontana (Colectivo Situaciones)
* fratello di Liliana e zio di Alejandro Sandoval Fontana
http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-123818-2009-04-24.html
Si è concluso il processo orale e pubblico all’ex comandante di Gendarmería Víctor Rei, che tre decenni fa si è appropriato di mio nipote Alejandro, dopo aver sequestrato mia sorella Lili e il suo compagno Pedro Sandoval, entrambi militanti del Frente Rivoluzionario 17 Ottobre. Il tribunale ha ritenuto responsabile Rei per i reati di "appropriazione ed occultamento di un minorenne" e "falsificazione ideologica di documenti pubblici" e l'ha condannato a sedici anni di carcere, questa è la condanna più alta data ad un caso come questo.
Ha meravigliato tutti coloro che hanno assistito ai dibattiti in aula, l'atteggiamento presuntuoso dell’accusato, che non ha ammesso nemmeno ciò che il processo ha messo chiaramente in evidenza, cioè che Liliana ha dato alla luce suo figlio in un centro clandestino di detenzione e che il risultato delle prove del DNA, portato avanti durante il processo giudiziario, dimostrarono senza ombra di dubbio, che Alejandro è suo figlio.
Come può essere possibile che Victor Rei continui a negare pubblicamente e continui a coinvolgere Alejandro in un meccanismo perverso, che inizia con quello che hanno fatto ai suoi genitori tanti anni fa?
Coloro che hanno partecipato alla repressione nella dittatura militare hanno scelto di fare parte di un tessuto ideologico ed operativo fortemente settario, che non gli permette di costruire una argomentazione giudiziaria più o meno credibile.
Aggrappati ai loro miti ed ad un'articolata retorica, la strategia è quella di non riconoscere globalmente l'ordine giudiziario che si azzarda a processarli, appellandosi ai ragionamenti più primari e lineari "con coloro che abbiamo vinto in periodo di guerra, abbiamo perso in periodo di pace".
Trovano del tutto inconcepibile che siano i " terroristi" coloro che accusano "i salvatori della patria", e non è un ragionamento ingenuo, perché presuppone l' attualizzazione di quello schema istituito dal potere genocida ( che non è stato mai completamente smantellato).
Di fatto si può percepire la soddisfazione che esprimono nel ricordarci che una volta erano loro ad avere il potere sulla vita e la morte di ogn’uno di noi .
Comunque, la causa di questo discorso tetro è l'impotenza e l’esibizione della trama miserevole che sostiene oggi la loro vita.
Ciò che questi personaggi pretendono di coniugare è il risultato negativo, che la testimonianza, che riporta verità, avrebbe sulle proprie biografie.
Non dimenticheremo mai tutti questi anni di ricerca a tatto, come bambini che cercano con le loro mani nel buio e si angosciano perchè non hanno la capacità di trovare un punto di sostegno.
Quella ricerca, da una parte, non finisce mai, sia perchè ancora oggi, ci sono tanti ragazzi che continuano ad essere sequestrati, sia perchè, è il nostro caso, avere trovato Alejandro non significa avere cancellato tutto, se non ci disponiamo ad una esperienza di costruzione che sarà difficile e dolorosa , perchè esige sostegno e mutuo rispetto per i trenta anni che ogn’ uno ha vissuto in modo così diverso.
Tutti sappiamo che questa nostra storia manca di un "finale felice".
Finisce una tappa in maniera positiva ed è estremamente importante trasmettere questa sensazione : ciò che abbiamo costruito in decenni di lotta per la verità e la giustizia, trova oggi un valore pubblico definitivo attraverso questa condanna giudiziaria contro coloro che continuano a tacere, con evidente codardia.
Senza disconoscere la lentezza e la insensibilità che caratterizza il Potere Giudiziario, valorizziamo in questi processi, una certa capacità di istituire una legalità comune, sulla base della lacerazione che la dittatura ha generato, impugnando tanto il miserevole patto di silenzio del quale "i repressori" si fanno scudo come nel ridicolo scenario conciliatorio che negli ultime decenni ci è stato offerto..
Che cosa allora siamo riusciti ad ottenere in questa cerimonia giudiziaria?
Condizioni di dignità elementari che riescono a fare immaginare nuovi punti di partenza, favorendo la capacità sociale per affrontare le sfide del presente .
Non si tratta allora di un porto d'arrivo, ma nemmeno di una formalità senza conseguenze.
E' stata fatta giustizia?
Difficile rispondere.......
da un punto di vista riparatorio, la condanna è inevitabilmente parziale.
C’è qualcosa di irreparabile , lo sappiamo, quando si annullano migliaglia di persone e poi si instaura per decenni l'impunità.
E' evidente d’altra parte che qualche anno di carcere non spegne il dolore e le perdite, che sono ovviamente irreversibili....
teniamo presente però, la lotta di coloro che durante tutti questi anni hanno insistito nella esigenza di verità e giustizia e consideriamo che queste sentenze sono un precedente che potrà essere considerato dalle future lotte che verranno per combattere la prepotenza repressiva dei poteri.
Forse la giustizia non è altro che questa creazione di giurisprudenza, cioè, la maniera che abbiamo come società civile, di valorizzare i successi che accadono.
Non sento che in questo processo sia stata messa in gioco la "restituzione" di Alejandro, sento il diritto ad esercitare finalmente la sua libertà.
La possibilità di scegliere il suo proprio destino non può misurarsi in termini di " a quella famiglia appartiene", il quale è per noi una novità e una sfida.
Bisognerà vedere se siamo all'altezza di questa ricerca che ha perso il suo aspetto fantasmatico, da quando è diventata carne di qualcuno che come tutti noi è essenzialmente un enigma non decifrabile.
Durante queste dure settimane di udienze abbiamo sperimentato qualcosa che sentiamo fondamentale e che trascende le istanze giudiziarie.
Mi riferisco alla sensazione di poter contare su di una rete viva di affetti e complicità che ci potenzia, fatta di amici e compagni di diverse generazioni e esperienze.
Non si può dire che coloro che ci sono stati vicini, ci abbiano semplicemente accompagnato o di essere stati solo solidali, poichè si sono coinvolti attivamente.
In quella rete troviamo il sostegno e un appoggio quotidiano, per vivere questo presente pieno di complessità e paradossi, dove nonostante tutto, continua ad essere possibile costruire un immagine di gioia collettiva.
da Susana Ciummelli - Ya Basta! Marche

martedì 28 luglio 2009

24 luglio 2009 - ANCONA COME L’AQUILA DIFENDIAMO I TERRITORI IL PORTO È DI TUTTI

In occasione dell’iniziativa di solidarietà con l’Abruzzo organizzata per il venerdi 24 luglio al porto di Ancona dalla Polizia e dalla Guardia di Finanza, noi associazioni di volontariato, studenti e singole soggettività vogliamo porre alla vostra attenzione alcune considerazioni che riteniamo importanti per il nostro vivere in comune.
Siamo gli stessi che il 9 luglio scorso abbiamo promosso e realizzato la giornata di mobilitazione al porto di Ancona nella quale 2000 persone sono riuscite a violare la zona rossa, oltrepassare le barriere che ci separano dall’intera area portuale per ridare dignità ad un luogo strappato alla città, da sempre considerato un bene comune.
L’abbiamo fatto stando al fianco delle comunità vicentine e abruzzesi, nel segno del protagonismo dell'autonomia e dell'indipendenza affermate dalle stesse per dire che i territori sono di chi quotidianamente li vive e che la trasformazione del presente oggi è possibile solo attraverso la presa di decisioni in comune.
Per questo oggi vogliamo ribadire che essere solidali con le comunità abruzzesi significa innanzi tutto sostenere le lotte per la ricostruzione al 100% portate avanti dai comitati, sorti per affermarsi protagonisti delle scelte politiche sui loro territori rifiutando le logiche impositive di chi sfrutta queste tragedie per innalzare la propria immagine e di chi vuole trarre benefici economici dalla ricostruzione.
Inoltre visto che si tira in ballo la solidarietà ci sembra doveroso ricordare la tragedia umanitaria di cui quotidianamente soffre il nostro porto.
Frontiera crocevia delle rotte della speranza di quei rifugiati che, fuggendo dalla fame e dalla guerra, si imbarcano lasciando il campo profughi di Patrasso, tentando di evitare i controlli di sicurezza e tentando di sopravvivere a condizioni estreme di un viaggio che per Zaher, per Amir e per tanti altri è finito sotto le ruote di un camion.
Queste vite umane chi li ricorda? Forse valgono di meno perché nate in un altro paese? Ci auguriamo che il Porto di Ancona diventi luogo di accoglienza e non di respingimenti violenti che come oggi accade nega il diritto di asilo ai molti che tentano di ricostruirsi la propria vita altrove.
Ci auguriamo che l’intera zona del porto possa essere utilizzata per molte altre iniziative di solidarietà, il più possibile aperta alla cittadinanza, e che non sia solo un luogo ad uso e consumo delle forze dell’ordine che costantemente la presidiano.
Aprire alla cittadinanza senza confini lo spazio negato del porto, perché ritorni ad essere un bene comune di tutta la città.
Dire basta alla vergogna dei respingimenti, per abbattere l'infrastruttura securitaria del nuovo razzismo aprendo le porte d'oriente alla libertà e ai diritti.

Ambasciata dei Diritti, Ass. Ya Basta!, Collettivo studentesco delle scuole superiori di Ancona, Polisportiva Antirazzista Assata Shakur, Osservatorio Faro sul Porto, alcuni cittadini e cittadine di Ancona.

venerdì 10 luglio 2009

Contro il G8, Senza Frontiere!

9 / 7 / 2009
Ancona: Bloccata la Nave dei Rimpatri, il corteo di 2.000 manifestanti entra nella zona rossa del porto
Poco prima del corteo, i movimenti bloccano le operazioni di una delle navi dirette a Patrasso
Aggiornamento ore 21:00 - Il corteo dopo aver occupato la zona rossa del porto ed aver simbolicamente rilasciato in mare dei fiori di loto, torna in piazza dopo aver trasformato in realta' ad Ancona una giornata senza frontiere e senza zone rosse.
Aggiornamento ore 20:30 - Il corteo di 2.000 persone entra nel porto, al di là nella zona rossa.
Oggi ad Ancona abbiamo abbattuto tutte le frontiere.
Aggiornamento ore 20:10 - 2000 persone in attesa di entrare dentro il porto.
Determinati ribadiscono che non c'è zona rossa e nessuna frontiera oggi ad Ancona.
Aggiornamento ore 20:05 - Il Corteo è in attesa di entrare dentro il porto.
In contemporanea alla manifestazione di Ancona, a Patrasso i movimenti ricordano l'orrore del campo lager e delle misteriose scomparse di tantissimi migranti.
Aggiornamento ore 20:00 - Il Corteo diventa sempre piu' grande mentre si avvicina al Porto.
Aggiornamento 19:50 - Il corso principale di Ancona e' occupato da oltre 1000 persone insieme per riaffermare che oggi è la giornata senza zone rosse e senza frontiere.
Aggiornamento ore 19:00 - Il Corteo comincia a muoversi per il corso principale di Ancona dopo che all'interno del porto il blocco degli attivisti è durato oltre un'ora.
Il corteo vuole entrare dentro il porto ed oltre le reti per ribadire che oggi è la Giornata Senza Frontiere.
Aggiornamento ore 18:40 - Nel porto di Ancona è in corso la conferenza stampa di fronte alla nave bloccata dagli attivisti delle Comunità Resistenti delle Marche, Ya Basta Marche e Ambasciata dei Diritti.
E' stato ricordato Amir, il ragazzo morto proprio in questo porto nel tentativo di sfuggire ai controlli di quello che è ormai uno dei bastioni della Fortezza Europa.
I movimenti ribadiscono l'apertura del territorio, che è ospitale e solidale con i migranti e con chi fugge da situazioni terribili come i conflitti che la guerra globale permanente scatena in tutto il mondo.
Ore 18:00 - In questo momento decine di attivisti stanno bloccando le operazioni di una delle navi della linea Superfast nel porto di Ancona, nell'ambito della giornata "Senza Frontiere" promossa dai movimenti marchigiani.
Il porto è circondato dalla polizia sin da stamattina, ma nonostante questa blindatura l'azione di blocco è pienamente riuscita.
La nave è una di quelle utilizzate dai migranti provenienti da Patrasso, in cui è presente un campo che accoglie migliaia di profughi in fuga dai teatri di guerra mediorientali e asiatici, che spesso trovano la morte cercando di sfuggire ai controlli e alla militarizzazione dei porti.
Chi viene scoperto infatti viene rimbarcato e rispedito indietro, senza alcuna procedura di verifica sul diritto d'asilo.
Tra pochissimo, alle ore 19 partirà la manifestazione in partenza da Piazza Roma sui diritti di cittadinanza per i migranti, la parola d'ordine con cui hanno scelto di attraversare il g8 dislocato, da Vicenza al No G8 romano.
Finirà di fronte alla sede della Polizia di frontiera, sempre nel porto della città di Ancona.
Partecipano le reti dell'Emilia Romagna, dell'Umbria, e gli studenti marchigiani dell'Onda, che chiedono anche la libertà dei 21 arrestati lunedì nell'ambito del'operazione Rewind.
Video corteo NO G8 in Ancona:

lunedì 6 luglio 2009

Giovedì 9 luglio diamo il benvenuto al G8!


Da Vicenza all’Aquila, da Roma ad Ancona, dal 2 al 10 luglio a contestare il G8 della crisi saranno le comunità che difendono i beni comuni dalla devastazione ambientale e dalle basi di guerra, che si battono per il reddito, il diritto alla casa, per estendere spazi di libertà contro i dispositivi autoritari.
Quelle comunità che vogliono riprendersi il diritto di decidere sul loro futuro, e rivendicare indipendenza e autonomia.
Quelle comunità che hanno intessuto reti solidali con le popolazioni abruzzesi colpite dal sisma che in quei giorni protesteranno contro la militarizzazione della gestione dell'emergenza e per un progetto di ricostruzione sociale dal basso.
Nelle Marche l'appuntamento é al Porto di Ancona, alle porte d'oriente dei nostri territori.
Porte che si vorrebbero chiuse al bisogno di libertà e dignità affidato al mare da migliaia di migranti.
Chiuse dalla frontiera della guerra all'umanità in fuga dall'oppressione e dalla disperazione.
Nel porto di Ancona ogni giorno si violano i più elementari diritti umani, si nega sistematicamente il diritto di asilo.
Ogni giorno, profughi e richiedenti asilo, uomini e donne che scappano dall'Afghanistan o dall'Iraq, vengono direttamente respinti dalla polizia di frontiera e reimbarcati nel viaggio di ritorno verso l'inferno del campo profughi di Patrasso. Uomini e donne che, come Amir, incontrano la morte soffocati nei container o schiacciati dai tir.
Giovedì 9 luglio vogliamo una Giornata Senza Frontiere:
una giornata per liberare il porto di Ancona dalle barriere e dalle gabbie dove si infrangono quei desideri di libertà e dignità che vengono dal mare.
Una Giornata Senza Frontiere per aprire alla cittadinanza senza confini lo spazio negato del porto, perché ritorni ad essere un bene comune di tutta la città.
Una Giornata Senza Frontiere per rivendicare l'indipendenza e l'autonomia delle comunità che vogliono rovesciare la crisi in opportunità di decisione comune sulla trasformazione del presente.
Una Giornata Senza Frontiere per dire basta alla vergogna dei respingimenti, per abbattere l'infrastruttura securitaria del nuovo razzismo aprendo le porte d'oriente alla libertà e ai diritti.
Ancona - Giovedì 9 luglio
Una Giornata Senza Frontiere
la Giornata Senza Frontiere avrà inizio con il concentramento della manifestazione alle ore 19.00 in Piazza Roma ad Ancona.
Comunità Resistenti delle Marche contro il G8
Ambasciata dei Diritti
Associazione Ya Basta! Marche
Il comunicato delle Comunità Resistenti delle Marche
Ancona, 9 luglio.
Per l'immediata liberazione di Marco, Anton e di tutti gli arrestati
La vasta operazione di polizia e magistratura che ha portato a perquisizioni in tutta Italia e a 21 arresti a carico di studenti e militanti dei centri sociali, ha colpito anche Marco e Anton, attivisti del Csa Oltrefrontiera di Pesaro, realtà storica delle reti di movimento nelle Marche.
Anton è attualmente agli arresti domiciliari, Marco è tutt'ora rinchiuso nel carcere delle Vallette.
Il salto di qualità nell'offensiva giudiziaria contro i movimenti offre la misura del restringimento dell'agibilità sociale delle garanzie democratiche in questo paese.
Un teorema insostenibile e un inconsistente impianto accusatorio, quelli costruiti dalla Procura di Torino sulle contestazioni studentesche del maggio scorso, per produrre arresti preventivi in relazione alla mobilitazione diffusa contro il G8.
Dove risulta evidente come la composizione dei soggetti individuati come responsabili ricalchi la mappa delle realtà sociali e studentesche protagoniste dei percorsi di mobilitazione.
Nelle università come nelle città e nei nostri territori, sono in tanti, studenti, precari, migranti, intere comunità che, contro la crisi, hanno scelto di difendere i beni comuni, hanno scelto di resistere e di riaffermare indipendenza e autonomia.
Chi crede che provocazioni e intimidazioni possano fermare tutto questo commette un grossolano errore di valutazione.
Lo dimostra la tempestiva reazione agli arresti in tutte le università italiane, lo dimostra la determinazione del percorso di contestazione diffusa al G8 inaugurato con la giornata dell'indipendenza di Vicenza.
Lo dimostrerà la stessa determinazione che le Comunità resistenti, gli attivisti dei centri sociali, gli studenti dell'Onda, porteranno in piazza anche ad Ancona giovedì 9 luglio per dare il benvenuto al G8 costruendo insieme la Giornata Senza Frontiere, contro la politica dei respingimenti e dei pacchetti sicurezza.
Per l'immediata liberazione di Marco, Anton e di tutti gli arrestati.
Comunità Resistenti delle Marche
Ambasciata dei Diritti
Ya Basta! Marche
Per costruire città senza frontiere, dall'Emilia Romagna ad Ancona
Contro il G8, stop ai respingimenti e al pacchetto sicurezza
Manifestazione ad Ancona, 9 luglio ore 19
Il 9 luglio la città di Ancona esprimerà la propria indignazione e rifiuto verso la violenza dei respingimenti illegali contro i migranti in fuga da terre martoriate da conflitti e povertà.
Il porto di Ancona, come altri luoghi che si affacciano sull'Adriatico, rappresenta oggi un nuovo territorio di quella guerra ai migranti che già si dispiega nelle acque del Mediterraneo e della Manica, nei deserti dell'Africa, nelle carceri della Libia e ovunque donne e uomini mettano in gioco le loro vite per sottrarsi ad ingiustizie ed affermare il diritto ad una esistenza degna.
Sulle navi provenienti da Patrasso arrivano ogni giorno ad Ancona migranti, spesso poco più che bambini, costretti a cercare in Italia uno spiraglio di umanità e futuro garantito dal diritto di asilo.
Convenzioni internazionali e qualche articolo di legge enunciano infatti tutele e diritti per chi cerca un luogo sicuro dove ripararsi da guerre, dittature ed occupazioni.
Ma anziché trovare accoglienza e protezione, i migranti sono accolti dai manganelli e dalla violenza della polizia di frontiera che li respinge in manette in Grecia, un paese che nega sistematicamente il riconoscimento dello status di rifugiato ed esegue deportazioni collettive verso la Turchia e verso l'Afghanistan, dove queste persone subiranno nuove torture e nuove violenze.
E' per sfuggire a questa crudeltà che i migranti sono disposti a legarsi sotto i tir, rischiando di finire sfracellati sull'asfalto, come è successo a Zaher, Amir e a tanti altri senza nome.
E mentre alle nostre frontiere si sbriciolano così gli ultimi brandelli del diritto di asilo, nei nostri territori facciamo i conti ogni giorno con il continuo restringimento dei diritti e delle libertà dei migranti, fino all'introduzione del reato di clandestinità che colpisce gli individui per una condizione subita ed imposta dalle leggi che, come la Bossi-Fini, impediscono di ottenere il permesso di soggiorno.
L'approvazione del Pacchetto Sicurezza interviene infatti in un contesto di enorme precarietà e sfruttamento delle vite dei migranti per sancire senza ambiguità che ogni presupposto di uguaglianza e democrazia è sospeso a discrezione del potere e dei suoi interessi, sostituito oggi con forme moderne ed articolate di apartheid, introdotte con abili campagne per aumentare la paura collettiva.
Restringimenti nell'accesso a diritti civili e servizi, permessi a punti, tasse di soggiorno, inasprimento dei criteri di ottenimento della cittadinanza italiana e ricongiungimenti familiari, insieme ad altri perversi ostacoli ad una serena vita quotidiana vanno a peggiorare ulteriormente la qualità dell'esistenza dei migranti, in una fase di crisi che espelle dal lavoro migliaia di persone privandole di reddito e di forme di tutela sociale.
Al contempo vediamo potenziato il sistema della detenzione amministrativa dei CPT/CIE - dove oggi i tempi di reclusione sono triplicati - anello strategico di una catena di controllo attraverso la quale gestire e governare i corpi in esubero, la manodopera divenuta inutile per il mercato ma preziosa per costruire l'immaginario della paura e del nemico su cui scaricare i costi della crisi.
Di ritorno dall'Independence Day di Vicenza, vediamo nella Giornata Senza frontiere di Ancona una risposta ai regimi di regolamentazione della mobilità delle persone teorizzati e praticati dai G8 e dai loro eserciti.
Contro le morti per frontiera, la proliferazione delle forme di controllo, la militarizzazione dei mari e delle città saremo alla manifestazione di Ancona per portare le lotte quotidiane che conduciamo nei nostri territori insieme ai migranti per l'accesso al reddito, alla casa, ai diritti, ai servizi, all'accoglienza reale e dignitosa per tutti, oltre che una pratica quotidiana di solidarietà e scambio su cui costruire comunità che sperimentano la nuova cittadinanza globale.
Stop ai respingimenti, chiusura dei CIE, libertà di movimento e diritti per tutti/e!
Gli Sportelli Migranti e le scuole di Italiano per migranti di Bologna, Reggio Emilia, Rimini e Parma*

*Centro Sociale TPO Bologna, Associazione Città Migrante Reggio Emilia, Lab Paz Rimini, Casa Cantoniera Autogestita Parma

Campagna Palestina Solidarietà: comunicato stampa conclusione boicottaggio Festival del Cinema di Pesaro













Il Festival del Cinema di Pesaro si è concluso e vogliamo rispondere a quelli che in questi giorni ci hanno criticato per il nostro appello al boicottaggio:
politici, semplici cittadini, critici cinematografici, partiti, ecc.

In linea di massima le critiche erano di tre tipi:
-- La cultura e il cinema non si boicottano perché sono una forma di comunicazione e dialogo tra culture ed è un modo per arrivare alla pace
-- Chi boicotta il festival del cinema per la presenza d’ Israele è un po’ razzista
-- I film presenti al festival del cinema sono di registi israeliani critici con il loro governo. Il festival presenta anche un film di un autore palestinese, quindi chi boicotta il festival non conosce la realtà israelo-palestinese e fa un clamoroso autogol.
Con ordine rispondiamo a tutti:
abbiamo ripetuto mille volte che il nostro non era un boicottaggio alla cultura ma, una forma di pressione sulle istituzioni israeliane.
In tanti hanno fatto finta di non capire e il ritornello è continuato, ben rappresentato dal “cinema che supera le barriere”.
Nei Territori Palestinesi Occupati però le barriere non sono di polistirolo ma di cemento armato, sono alte otto metri e i militari israeliani che le controllano sparano a vista.
Tra i tanti sostenitori del “cinema che supera le barriere” c’ è qualcuno che ricorda la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che nel luglio 2004 ha dichiarato illegittimo il muro che Israele sta costruendo nei Territori Palestinesi Occupati?
Del resto è un vero peccato che di tanti estimatori del dialogo nessuno si è presentato all’incontro con Fida Qishta, cittadina di Rafah, che abbiamo organizzato il 25 sera nella sala del Consiglio Comunale. Eppure Rafah è gemellata con Pesaro.
L’accusa di razzismo nei nostri confronti è un insulto a cui rispondiamo con i fatti
Chi in questi giorni ha partecipato alle nostre attività è in prima fila nella lotta contro il razzismo strisciante che avvolge la nostra società.
Chi ha aderito al nostro appello usa il tempo libero per organizzare conferenze e seminari sui migranti, raccoglie fondi per associazioni che "resistono" nel sud del mondo, alcuni hanno fatto periodi di volontariato in mezzo mondo;
Chi ci chiama razzisti non ci conosce e farebbe bene a venire alle nostre iniziative prima di parlare.
L’ ultimo genere di critica riguarda la nostra ignoranza, non abbiamo capito che al festival sono stati presentati tanti film che provocano una giusta indignazione di fronte alle ingiustizie subite dai palestinesi.
Dario Fò durante un suo spettacolo diceva che l’indignazione di fronte alle ingiustizie è il ruttino della democrazia se non è accompagnata da un impegno reale per mettervi fine.
Per quello che ci riguarda non ci siamo svegliati quando abbiamo appreso della retrospettiva su Israele al festival del cinema.
Sono anni che lavoriamo sulla questione israelo-palestinese.
Abbiamo organizzato decine di dibattiti, seminari, proiezioni, mostre fotografiche;
abbiamo ospitato attivisti israeliani e palestinesi, docenti universitari, giornalisti, scrittori.
Conosciamo bene la realtà dell’opposizione israeliana, abbiamo ospitato a Pesaro
militari israeliani che rifiutano di servire nei territori palestinesi occupati e intellettuali, ci hanno raccontato le contraddizioni di uno stato democratico che occupa militarmente da 41 anni i Territori Palestinesi Occupati e che discrimina il 20% dei propri cittadini perché palestinesi.
Conosciamo chi realmente in Israele si batte per i diritti dei palestinesi, sono loro che ci hanno spinto e incoraggiato a portare avanti il boicottaggio come forma di protesta contro la politica coloniale israeliana.
Siamo parte di un movimento che raccoglie israeliani, palestinesi e attivisti internazionali, altro che razzisti, altro che malati di protagonismo che non sanno quello che fanno!
C'è un'unica strada: "Boicottare Israele"
Sabato 27 Giugno Il Manifesto :
La scrittrice canadese Naomi Klein, che si trova in Cisgiordania per presentare il suo libro "Shock Economy", a fianco dei palestinesi e dei pacifisti israeliani.Il boicottaggio non è, dice, contro lo stato ebraico in quanto tale ma contro le politiche di segregazione e occupazione dei suoi governi."
Il boicottaggio di Israele, ne sono convinta, è l'unico modo per poter accelerare la fine dell'occupazione delle terre palestinesi.
E' necessario riprendere la pressione internazionale che consentì di mettere fine all'apartheid in Sudafrica. A pensarlo sono anche tanti ebrei israeliani."
http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090627/pagina/09/pezzo/253471/

La Campagna Palestina Solidarietà - Marche
costituita da associazioni e singoli che da anni lavorano per una pace giusta in Medio Oriente e contro l’occupazione israeliana, ringrazia tutti quelli che in queste settimane hanno lavorato al boicottaggio del Festival del Cinema di Pesaro e quelli che hanno aderito al nostro appello.
Sapevamo di non avere mai fatto nulla di simile ma, abbiamo cercato di fare del nostro meglio per dare voce al popolo palestinese.
Nella settimana del festival abbiamo fatto tre presidi e un dibattito pubblico, a tutte le iniziative hanno partecipato un buon numero di persone.
Abbiamo costretto gli organizzatori del festival a giustificare le loro scelte, certo il calendario del festival non è cambiato ma abbiamo fatto sentire la nostra voce e qualcuno si deve essere infastidito se ci siamo ritrovati a Pesaro una presenza di forze dell’ordine che non ricordiamo di aver mai visto prima.
Sicuramente abbiamo ottenuto tre risultati:
- abbiamo costruito una rete di rapporti con organizzazioni israeliane e palestinese attive nel boicottaggio d’Israele
- abbiamo dimostrato che anche in una piccola città si possono trovare modalità di boicottaggio della politica coloniale israeliana
- abbiamo contribuito a fare del boicottaggio una pratica diffusa.
Con la consapevolezza di avere ancora tanto da fare ma con la certezza di avere imboccato la strada giusta salutiamo e ringraziamo :

Comunità Resistenti delle Marche
Ya Basta Marche e Ya Basta Italia
Resistenza Solidale di Pesaro
Attivisti di Fuoritempo

Campagna Palestina Solidarietà




venerdì 26 giugno 2009

Elezioni in Argentina

Domenica 28 giugno, elezioni in Argentina per il parlamento.

Il prossimo 28 giugno, in Argentina si tengono le elezioni per il rinnovo della camera dei deputati, per il parlamento nazionale e provinciale, il governo di Cristina Fernandez è in difficoltà
Nel mese di maggio nel nostro viaggio in Argentina abbiamo fatto l’intervista che riportiamo di seguito, cercando di capire com'è oggi la situazione politica.

Josè: "bisogna considerare, che siamo in presenza di una crisi di multiple dimensioni , una crisi sociale, come ovvia conseguenza del sistema capitalista in termini di depapeurizzazione, sfruttamento , una crisi che viene da lontano, che ha avuto un relativo ricupero fra il 2003 e il 2007, anche se già alla fine del 2006 - anche per i più privilegiati , coloro che avevano una buona stabilità economica e lavorativa - quando la crescita dell'inflazione ha cominciato a superare la crescita dei salari, questo di conseguenza trascina una crisi sociale che si aggrava.
Poi c'è la crisi economica che è espressione della crisi a livello internazionale e che ha conseguenze particolarmente sulla disoccupazione, sui licenziamenti, con aumento della precarietà dei lavoratori - sia quelli già precari, sia coloro che avevano un posto di lavoro stabile ottenuto nella fase di crescita - che vedono minacciati il posto di lavoro o la riduzione del salario senza riduzione delle ore lavorative .
Poi c'è una terza dimensione della crisi che è quella dell' ambiente, il modello di crescita che si è consolidato nell'Argentina, particolarmente dopo il 2002, è un modello basato sullo sfruttamento dei beni collettivi della natura, da parte privata e soprattutto transnazionale, come nell' espansione della coltivazione della soia che comporta anche uno spostamento di popolazione contadina , che colpisce le popolazioni urbane dei lavoratori che vivono nelle zone che vengono fumigate con pesticidi o nelle zone dove avvengono le appropriazioni di minerali, dove si sviluppa il problema delle miniere nelle zone della cordigliera ; e c'è un'altro volto della crisi, che è quello di una crisi politica che ancora non si esprime totalmente, di cui ci sono grandi segnali sin dall'inizio del 2008 e che prende la forma, in questo anno, di un conflitto fra settori agrari e la politica governativa, ma che in realtà esprime le tensioni all'interno del blocco dominante sull' orizzonte politico da seguire, fra i settori più conservatori, più veicolati al mercato internazionale, gli esportatori della soia e di altri beni collettivi della natura in generale, e tra quei settori più vincolati alle attività industriali; con questo non voglio dire che sono progressisti, ma semplicemente voglio dire che c'è una differenza, e come dicevo, questo si è espresso con molta forza in questo conflitto fra "il campo e il governo" -come lo chiamano qui - anche se dire campo è utilizzare una parola molto ambigua perché anche se il campo comprende diversi tipi di produttori, in qualche modo è omogeneizzato dagli esportatori della soia e rivela qual'è stata la trasformazione dell'agricoltura nell'argentina, a partire dagli anni '90 con l'estensione del coltivo di soia e la colonizzazione dei piccoli produttori sotto il monocoltivo "sojero".
Questo si esprime oggi, come crisi dello scenario politico nelle elezioni del 28 giugno, dove il governo disputa la possibilità di conservare la maggioranza dei parlamentari o no, e l'opposizione che ha l'aspettativa di far indebolire il governo con la perdita della maggioranza dei parlamentari, aprendo uno scenario di maggior confronto sul terreno delle politiche statali
(pubbliche)".
Queste quattro crisi, permettono di vedere il panorama che oggi affrontano la società e i movimenti sociali del paese" .
Puoi spiegare un po' meglio questo conflitto del "campo e il governo"? :

"quello del campo è una questione complessa che non c'entra tanto con la proprietà terriera se non con il cambio di coltivazione, ciò che è successo è che il rapporto dei prezzi internazionali della soia è cresciuto - considerando gli anni passati - quella di soia è diventata la coltivazione più redditizia, anche per i piccoli produttori.
Diciamo che c'è stato un processo di soiazizzazione (OGM ovviamente) dei piccoli produttori che smettono di produrre per il mercato interno - come era abituale - e cominciano a farlo per il mercato esterno; o un'altro fenomeno che diventa l'affitto delle piccole terre a grandi produttori che - non sono proprietari - ma che concentrano l'uso della terra, questa mutazione è quello che rappresenta il fronte unito dei piccoli, medi e grandi produttori, c'entra con questo orientamento vincolato alla esportazione di soia, cioè al mercato esterno e non a quello interno.
Il governo proponeva un incremento delle tasse agrarie - che lo stato impone alla esportazione di certi prodotti agricoli - questa proposta aveva un senso fiscale in uno scenario dove il prezzo della soia tendeva ad aumentare sempre di più e in qualche modo conteneva i prezzi interni -perché la ritenzione fiscale ha un ruolo di controllore dei prezzi interni - , il limite della legge proposta dal governo era che non differenziava la quantità di produzione , non differenziava il tipo di coltivazione , penalizzava tutti nello stesso modo e l'altro grave limite è il fatto che colpiva i produttori e non le reti di commercializzazione, se uno analizza la struttura delle produzioni e la commercializzazione agricola, riesce a vedere che sono fondamentalmente piccoli e medi produttori che vendono il loro prodotto alle grandi reti di commercializzazione - che non sono più di quattro o cinque in tutto - fondamentalmente transnazionali che comprano e vendono al mercato mondiale , e il governo con la sua proposta andava a penalizzare i produttori senza toccare la grande commercializzazione, perciò non colpiva il cuore degli interessi del sojero ne dell'agrobisness - o colpiva soltanto un certo settore e non a tutti - in questo senso era disuguale , comunque questa è un logica che il governo ha portato avanti durante tutta la sua gestione, cioè quella di colpire qualche settore e privilegiarne altri, non faceva differenza fra piccoli e grandi , questo determinava che la proposta (pdl 125) sia questionabile.

Ovviamente la reazione si è tradotta con un senso molto conservatore, ha espresso l'apparizione pubblica del settore più conservatore del blocco dominante , con capacità di mobilizzare settori medi , medi urbani e con capacità di impatto elettorale, cioè è stata una proposta di blocchi di strade, picchetti , caserolazo, se uno guarda bene questo va in sintonia con altri processi che si stanno vivendo in america latina; come quello di colonizzare le forme di lotta che sono state il simbolo del ciclo di resistenza del 2001 e 2002 ( il tema dei caserolazo, le assemblee, i picchetti ). Queste forme di lotta, hanno assunto un nuovo significato con i conservatori, che riuscivano a riappropriarsi delle piazze con all'interno frazioni di settori medi urbani e settori popolari, che ha una rassomiglianza, con il ciclo di conflitti emersi con Evo Morales, in una delle province dell'oriente della Bolivia, che assumevano il tema dell'autonomia, quando il tema dell'autonomia era l' asse principale dei movimenti indigeni; o in Venezuela , dove il blocco dominante riesce a conquistare le strade e le piazze, con la stessa logica della mobilizzazione popolare e perfino con la stessa simbologia, il conflitto è stato così forte, che ha percorso tutto il 2008 e ha diviso la società argentina, compresa la divisione della sinistra: una parte si è schierata con il governo e un'altra con il campo, pochi settori hanno cercato di mantenere una posizione equidistante cercando di formulare un'alternativa che permettesse di costruire una posizione diversa da quella del governo e da quella che è stata chiamata la protesta del campo.
Questa polarizzazione è simile a quella che si vuole ricreare per le prossime elezioni del 28 giugno , la destra del blocco che ha vinto nelle strade nel 2008 cerca adesso di costruire una maggioranza parlamentare , in questo senso la situazione , soprattutto per i movimenti sociali è molto complessa , tutto dipenderà da come saranno i risultati delle elezioni - e lo scenario più realistico è che il governo ne esca indebolito - la cosa più probabile è che dopo questo risultato elettorale si approfondisca un'agenda di norme ( ajustes) di carattere regressivo che è gia in marcia.
Come dicevamo parte delle risposte alla crisi sono state i licenziamenti, il rifiuto degli aumenti salariali, la precarizzazione del lavoro, ma dopo il 28 giugno tutto ciò, tenderà ad approfondirsi, io visualizzo nel futuro un ciclo dove si aggraveranno le condizioni sociali , una crisi politica (larvada) che si prolungherà e uno scenario di criminalizzazione del movimento che viene sviluppandosi da diversi anni, che ha subito l'offensiva dei settori più conservatori , a ciò che alcuni hanno chiamato la colonizzazione del dolore, strumentalizzando il dolore delle persone per imporre il tema della sicurezza, utilizzando il rinforzamento della capacità punitiva dello stato come unica risposta al problema della sicurezza, la questione della sicurezza e la criminalizzazione si aggraverà ancora di più, dopo queste le elezioni, una situazione molto complessa dove cresceranno le resistenze sociali in una situazione molto più difficile".
e i movimenti ?
"al momento, i movimenti hanno attraversato una fase negativa, i settori più critici sono stati fortemente colpiti, sono stati messi da parte con le politiche sociali e sono stati criminalizzati, c'è stato un processo di cooptazione di quei settori che si sono avvicinati di più al governo, fatto che ha finito per disintegrare le organizzazioni e in nessun caso il movimento sociale è riuscito a conservare una forza capace di incidere in maniera forte.
Questa è la parte negativa .. invece c'è una parte positiva dove si può vedere che è in atto una "attività" frutto di una grande esperienza sviluppatasi dal 2001 in poi e che oggi ha consolidato esperienze, organizzazioni , pratiche; esiste una rete di organizzazioni, di artisti , di esperienze, che è viva , che lavora , che fanno sperare che questo nuovo ciclo di conflitti di resistenza trovi questi gruppi organizzati in una situazione ancora più matura e molto più formata ed organizzata per affrontare la nuova sfida che verrà.
L'esperienza dell'UAC (Unione Asseblee Citadine) esprime questo processo di confronto nella logica dell'appropriazione privata e transnazionale sotto la logica del lucro, i beni comuni della natura (idrico, minerario e gassifero); è una esperienza che è riuscita a nutrire un insieme di lotte (particolarmente nelle provincie andine) , come l'UAC, anche le esperienze delle organizzazioni pichetere che non sono sparite, anzi al contrario, anche se hanno avuto un processo di frammentazione, di riconversione, processi di confluenza , che hanno dato vita a nuove organizzazioni che in questo momento sono in un ciclo di conflittualità, di azione, di riflessione, di rafforzamento, e poi ci sono le esperienze ( nel terreno dei lavoratori asalariati) che non sono di massa ma che durante il ciclo dal 2003 al 2005 si era creato un coordinamento di sindacati di base ( che non sono all'interno dei sindacati confederati) e anche all'interno dei sindacati confederati ci sono delle correnti che hanno fatto il tentativo di fare un confronto perchè c'è una percezione che in qualche modo il kirchnerismo è finito, almeno la fase della crescita economica , tutto ciò che il kirchnerismo offriva a certi segmenti della società in termini di miglioramento della qualità della vita ( anche se non è stato molto ) era vincolato al ciclo della crescita economica e non a una ridistribuzione del reddito, e finito il ciclo della crescita economica il rapporto fra la distribuzione della richezza e la produzione sarà più assimetrica , perciò c'è la percezione che ci sarà una situazione che si aggraverà in termini sociali e questo ha anche portato a che, molte di quelle organizzazione pichetere che hanno avuto una convergenza con il kirchnerismo nella prima fase, oggi si stanno allontanando.
Tutta questa risorgenza, questo nuovo attivismo e certi processi di ricomposizione, di riorganizzazione, e il sorgere di nuove forme del movimento, nuovi collettivi e la loro sopravvivenza, possono renderci relativamente ottimisti nelle inziative che di fatto ci sono.

Il ciclo di confronto del 2008 anche se si è espresso con le iniziative del blocco dominante - campo -governo - provocò anche una politicizzazione della società e ha fatto si, che si riattivassero esperienze territoriali , la stessa UAC , l'esperienza delle "scuole superiore popolari" che sono molto interessanti, che mano a mano sono cresciute durante gli ultimi anni , che funzionano in sedi ricuperate, o in scuole che mettono a disposizione degli spazi, che hanno un programma pubblico ma che lo prendono anche in mano, con un percorso di battaglie politiche, organizzazioni territoriali vincolate ad organizzazioni pichetere , molto simile a quella del MST ma senza avere quella unità organizzativa che ha il MST ovviamente".
....le fabbriche ricuperate?

"anche se non seguo tanto specificatamente questa parte posso dire che anche se non sono mai sparite, ovviamente, c'è un ritorno a quelle esperienze , aldilà che il periodo più intenso dell'occupazione delle fabbriche è stato il 2001-2002 , molte si sono mantenute , qualcun'altra si è persa ,qualcuna si è burocratizzata, sono rimaste installate nella memoria storica, si è visto molto chiaramente che di fronte alla crisi economica dove ci sono stati settori industriali che hanno abbandonato l'attività, chiuso e mandato a casa i lavoratori, è insorta molto velocemente questa logica del recupero delle fabbriche, che tra l'altro ha creato una grande corrente di solidarietà popolare.
Anche all'interno della rete studentesca è insorta una specie di sinistra indipendente molto più vincolata alla rete di movimento, meno vincolata alla sinistra di partito o di partito di centro come era tradizione, con la costruzione anche di seminari con i temi del movimento, come quello dello zapatismo e dei Sem Terra".


articolo tratto da un intervista a:
Josè Seoane sociologo militante GEAL (Grupo Estudios America Latina)