Argentina, YaBasta Marche - Un Viaggio en "EL PAN DEL BORDA"
a cura di Susana Ciummelli della delegazione ya basta in Argentina (2006)
a cura di Susana Ciummelli della delegazione ya basta in Argentina (2006)
Fra tutte le iniziative d’autorganizzazione della società civile argentina, sicuramente questa colpisce doppiamente: primo perché “El pan del Borda” (il forno del Borda) è un forno recuperato dai lavoratori, un forno all’interno dell’Ospedale neuropsichiatrico Borda di Buenos Aires senza uso e totalmente abbandonato dopo le privatizzazioni e gli appalti concesse a ditte esterne per la gestione della mensa, poi perché “El pan del Borda” viene gestito e portato avanti da un gruppo di persone disoccupate dove ci sono anche pazienti dell’ospedale.. e questo forno ha un doppio ruolo di “fabbrica recuperata” ed inserimento lavorativo–terapeutico per una gran parte dei lavoratori.
Il Forno del Borda viene occupato e recuperato nel 2002 in pieno furore della rivolta del Caserolazo (poco dopo che gli argentini si riversarono nelle strade e nelle piazze il 19 e 20 dicembre 2001, costringendo alla fuga il presidente ) lì prende forza un nuovo attore sociale: las asembleas barriales (le assemblee dei quartieri) fra queste l’assemblea della zona sud della provincia di Buenos Aires dove all’interno c’era quello che si chiamava Inter-salud, un’assemblea nell’assemblea tra quartieri che lavorava sul tema specifico della salute.
Questo spazio di inter-salud cercava di approfondire tutte le questioni riguardanti questo tema.
Inter-salud si coordina con studenti e con lavoratori del ospedale Borda.
Si conosce così che dentro del Borda c’era una fabbrica di pasta, l’antica pasticceria del Borda.
Nel processo di privatizzazione di diversi settori dell’ospedale che privatizza la cucina, la mensa si da in gestione ad una impresa.
In questo processo rimane abbandonato lo spazio, i forni di cottura, le attrezzature.
Si riflette, ci si organizza, ci si mobilita, si riesce a trovare la chiave e questo spazio totalmente allagato, abbandonato, diventato il rifugio di topi viene pulito e sistemato.
Tutto ciò con il sostegno, le battaglie, le esplosioni delle mobilitazioni di massa. La condivisione di quel movimento sociale argentino che forse oggi sembra un po’ in crisi, ma come dicono loro “siamo sicuramente di meno ma la consapevolezza e il senso di appartenenza è più alto” la gente che è rimasta nel progetto sicuramente ha una condivisione e un forte spirito comune. Nonostante che nel movimento ci siano divisioni, divergenze in molte questioni, c’è stato un grande passo avanti dal punto di vista della democrazia.
Il gruppo che lavora dentro lo spazio inter-salud ( dove ci sono anche vicini che lavorano dentro dell’ospedale Borda) capisce che quel forno abbandonato può diventare un progetto concreto di salute.
Perciò si lavora per entrare nel posto, e poi si convoca la gente dell’università di psicologia, che dista quattro isolati del quartiere dove si riuniscono.
Il progetto prevede di recuperare il forno per fare un lavoro di Demanicomializzazzione autogestita.
Perciò si capisce che c’è il contatto con l’ospedale ma la forza è dentro l’assemblea.
Oggi nove persone disoccupate lavorano nella produzione, vendita e distribuzione.
Poi ci sono gli operatori della salute che si sono aggiunti al progetto, molta gente che ha transitato, che oggi non può dedicare la sua presenza totale continua a collaborare e molta altra gente fa parte di una rete di sostegno.
Oggi il Pan del Borda mantiene un rapporto molto autonomo dentro l’ ospedale. Fra la gente che lavora c’è chi è interno del Borda, chi qualche volta lo è stato e oggi non lo è più, chi non e mai stato ricoverato ma utilizza gli ambulatori esterni di sostegno psicologico e chi non è mai stato paziente psichico.
Le nove persone che producono prendono uno stipendio in relazione alle entrate e alle ore lavorate, lo spirito di questa cooperativa è stato sempre quello di distribuire egualmente lo stipendio, ma non sempre è stato possibile.
La produzione del forno cerca di essere commercializzata con quello che si chiama “canasteo”.
Si gira dentro e fuori l’ospedale come venditori ambulanti con la cesta. Si cerca di vendere anche dentro delle fabbriche recuperate, nelle università e dentro al mondo del movimento. Un punto vendita importante è anche il bar dell’Università di Madres de Plaza de Mayo.
La produzione non è tanto alta, molte macchine non funzionano e altre non funzionano al 100%, e un grosso problema è che non ricevono nessun sostegno economico de nessun settore, nè sociale, nè istituzionale, nè privato… tutto quello che si porta avanti all’interno del progetto del Pan del Borda è realizzato solo ed esclusivamente con le proprie energie e con lo sforzo umano di coloro che sono dentro al progetto.
La cosa buffa è che ( come succede anche con Radio La Colifata) questa esperienza non viene ufficialmente riconosciuta dai vertici del Borda ( e in qualche caso viene anche boicottata... ) non viene legalizzata, ma in qualche modo viene legittimata perché c’è una lista di attesa per l’ingresso di pazienti richiesta di diversi servizi dell’ospedale e questo fa capire che il progetto viene valorizzato e riconosciuto.
Ci sono dei professionisti, operatori, medici che visitano il forno per seguire i loro pazienti, c’è un rapporto con certi settori isolati dell’ospedale, con certi medici ed operatori , ma a livello istituzionale, il rapporto non è per niente collaborativo, anzi.
Nell’intervista fatta a Ya Basta si racconta che l’ospedale rappresenta la politica dello Stato nel settore della Salute mentale, ciò significa che ci sono tante cose che non funzionano come succede con tutte le esperienze manicomiali, e il manicomio come istituzione totale non ha bisogno che l’informazione di ciò che succede dentro esca all’esterno, perciò ogni iniziativa dentro l’ospedale che è anche informazione, comunicazione, azione… diventa pericolosa per il regime dell’ ospedale stesso: è pericoloso per coloro che hanno interesse a che tutto continui a funzionare come funziona oggi.
Il bugget per ogni paziente non è poco, ma quella cifra non si vede nei servizi che sono costretti a subire i pazienti del ospedale.
L’ospedale psichiatrico ha una politica totalmente espulsiva e questa tensione fra istituito ed istituente attraversa anche i diversi settori, ci sono professionisti impegnati che non sono d’accordo con la politica statale di salute mentale e sono i professionisti che sostengono queste tipi d’iniziative, anche rischiando, perciò la lotta che esiste fra le diverse classe sociale si riproduce anche dentro l’ospedale.
La posizione dell’ospedale è quella di ignorare, negare, e questa è una posizione molto chiara.
Dopo un lavoro in salute di due anni, dove una persona fa tutto un processo di soggettività, dove si riappropria di uno strumento, di uno spazio, della gestione dei suoi orari, di un prodotto che lui stesso ha prodotto ma di fronte al fatto che lo stato non ha un proprio progetto di demanicomializzazione, il lavoro poi finisce qui, molte di queste persone non hanno casa e vivono per la strada, dormendo negli spazi chiamati “dormidero” ( grandi capannoni che lo stato mette a disposizione per i senza tetto) dove non c’è posto per tutti, dove devono fare ore di fila, dove alle 7 del mattino sono mandati fuori, costretti a passare le feste e la Pasqua nel marciapiede, dove non hai altra possibilità di lavoro e non hai lo spazio per riuscire ad reinserirsi nella società.
Continuando con una grande tradizione argentina di quello che si conosce come Psicologia Sociale iniziata e fondata dal famosissimo psichiatra-psicanalista Enrique Pichon Rivière, la parola demanicomializzazione comincia a prendere corpo e ad essere molto utilizzata per una gran parte del movimento sociale argentino. Dopo un primo Convegno sulla Salute Mentale fatto nel 2004 nell’Università de Las Madre de Placa de Mayo, nasce il “Movimento Sociale per la Demanicomializzazione e Trasformazione Istituzionale”, che ha già fatto diverse assemblee ed iniziative ( da anni una forte esperienza su demanicomializazione esiste già nella provincia di Rio Negro nella Patagonia Argentina).
L’associazione Ya Basta ha partecipato il 22 aprile 2006 nell’ Ospedale Borda a uno degli incontri del movimento, tanto partecipato che è dovuto spostarsi all’Aula Magna, sempre nel Borda.
Fra psichiatri, psicologi, operatori, utenti del servizio, gente comune del movimento, associazioni, parte del sindacato e anche il Segretario per la Salute Mentale del Gobierno de la Ciudad (Città di Buenos Aires), l’Aula Magna si è riempita.
Con mille difficoltà e resistenze ( le resistenze che sviluppano ogni cambiamento) il movimento per la demanicomializzazione continua a battersi per abbattere i muri del manicomio e delle menti, come quella del sindacato che vede nella demanicomializzazione il pericolo della perdita di posti di lavoro, quello che un po’ succede in Italia con la legge 180, così detta legge Basaglia per la chiusura dei manicomi.
Con mille difficoltà e resistenze ( le resistenze che sviluppano ogni cambiamento) il movimento per la demanicomializzazione continua a battersi per abbattere i muri del manicomio e delle menti, come quella del sindacato che vede nella demanicomializzazione il pericolo della perdita di posti di lavoro, quello che un po’ succede in Italia con la legge 180, così detta legge Basaglia per la chiusura dei manicomi.
La presenza del Direttore Salute Mentale del Governo della Città, Pablo Berrettoni, dava dei segnali importantissimi, ma da qualche settimana tutto il Gabinetto del governo della città è stato revocato e forse anche il direttore per la Salute Mentale Berrettoni.
Oggi è tutto incerto , non è chiaro se lui continuerà, o in caso di un sostituto questo nuovo direttore che apertura avrà, in un governo, come l’attuale governo dell'argentina, si spera che questa apertura continui nonostante le contraddizioni e le ambiguità, perché il governo di Kirchner sa benissimo che non si può governare contro le dinamiche aperte dopo il 19 e 20 dicembre 2001. Susana CiummelliYa Basta! Marche
Intervista di Ya Basta! al "Collettivo Situaciones"
Per maggiori info,ecco alcuni link di riferimento:
Intervista di Ya Basta! al "Collettivo Situaciones"
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