RACCONTO DELLA CAROVANA EUROPEA
ESTATE 2008
INVITO AL
PRIMO FESTIVAL MONDIALE
DELLA RABBIA DEGNA Messico – Chiapas dal 26 dicembre 2008 al 4 gennaio 2009
A cura Associazione Ya Basta Nord Est
Carovana Nazionale e Internazionale di Osservazione e Solidarietà con le Comunità Zapatiste in Chiapas
Estate 2008
Da Città del Messico al Chiapas
La proposta della Carovana nasce dalla volontà di denunciare la situazione di aggressione costante alle Comunità Indigene zapatiste ma soprattutto dalla decisione collettiva, maturata a livello europeo, di affermare pubblicamente il legame forte tra l’esperienza zapatista e le lotte nel mondo. Una condivisione rafforzata nel corso delle innumerevoli occasioni in cui lo zapatismo si è trasformato in un ponte tra quanti nel mondo lottano e si organizzano in forma autonoma.
La carovana aveva lo scopo di affermare che “gli zapatisti non sono soli” ma che rappresentano un laboratorio costante di conflitto, di costruzione di una alternativa radicale che sperimenta in forma concreta la ricerca delle forme che la ribellione si dà nell’epoca della globalizzazione.
La partecipazione da tutta Europa e dal Messico alla Carovana è stata anche l’occasione per intrecciare relazioni e rapporti specchiandosi nell’esperienza dell’autonomia zapatista.
I luoghi che la Carovana ha visitato ci hanno permesso di entrare nel “cuore della resistenza zapatista”: le piccole e grandi comunità che affrontano quotidianamente la costruzione capillare dei percorsi dell’autogoverno; i Caracoles e l’operato delle Giunte del Buongoverno come applicazione della ricerca del “comandare obbedendo” … in un viaggio che ci ha fatto conoscere l’ampiezza del processo di recupero delle terre ad una dinamica collettiva, rompendo lo sfruttamento del latifondo, che ci ha fatto misurare la profondità della resistenza degli zapatisti di fronte al costante ed ipocrita attacco del Governo del Chiapas e di quello centrale.
Voci e volti, storie personali e collettive che fanno parte della complessità di una esperienza che nel mantenere una forma forte di organizzazione comune al tempo stesso costruisce comunità che agisce e si propone all’esterno non chiudendosi in formule identitarie. Lo zapatismo cerca, tra le mille contraddizioni della realtà, di costruire un comune basato sulla condivisione di un progetto sociale nuovo.
La Carovana ha rappresentato un’esperienza forte e carica di suggestioni che, ancora una volta, ci hanno fatto tornare con la voglia di socializzare la nostra esperienza e di partecipare ancora con più energia al prossimo appuntamento che i nostri fratelli e sorelle zapatiste propongono a tutti noi: il Primo Festival Mondiale della Rabbia Degna che si svolgerà in Messico e Chiapas dal 26 dicembre 2008 al 4 gennaio del 2009.
Perchè tutti quelli che nel mondo si organizzano dal basso stanno scrivendo un pezzo della storia futura dell’umanità e perché, come dicono gli zapatisti, il problema non è cambiare il mondo ma costruirne uno di nuovo.
Nel bollettino che vi proponiamo abbiamo raccolto:
- la cronaca della Carovana estiva
- i discorsi del Sub Comandante Marcos e del Tenente Colonnello Moises
- la proposta del Primo Festival Mondiale della Rabbia Degna
INIZIA IL VIAGGIO …..
Il 27 luglio inizia a Città del Messico la Carovana Nazionale ed Internazionale.
Ospitati nella sede dell’Unios inizia a formarsi la Carovana. Dall’Europa ci sono delegazioni da tutti i paesi che si uniscono ai partecipanti messicani.
Prima della partenza dalla capitale i partecipanti alla Carovana hanno la possibilità di approfondire la realtà del Messico attuale segnata da una forte militarizzazione e da una repressione generalizzata che viene giustificata da parte del governo Calderon con le necessità della guerra al narcotraffico. Peccato che le filiere dei cartelli della droga, anche in Messico, si innervano nel potere politico e che la lotta “al narcotraffico” assume le stesse caratteristiche di tutte le operazioni di creazione e gestione dell’emergenza con conseguente militarizzazione che ben conosciamo anche a casa nostra.
Dal Distretto federale la Carovana raggiunge il Chiapas e, dopo la generosa ospitalità offerta dall’Università della Terra a San Cristobal, si parte per 4 i Caracoles: La Realidad, Morelia, Oventic, La Garrucha.
La Cronaca che si proponiamo è tratta dalle relazioni elaborate dai 4 gruppi in cui la carovana si è organizzata.
DELEGAZIONE DELLA CAROVANA INTERNAZIONALE
NEL CARACOL DE LA GARRUCHA
Cronaca del 30 luglio
Incontro con le promotrici di salute nel Caracol
La giornata, iniziata molto presto dopo i lunghi festeggiamenti della sera precedente, ha visto i carovanieri impegnati in alcune riunioni organizzative che hanno messo a punto il programma, proposto dalle autorità zapatiste, per i prossimi giorni.Una volta definiti i compiti delle commissioni i carovanieri hanno incontrato le promotrici di salute della scuola e della clinica, per una presentazione delle attività e dei problemi che le promotrici devono affrontare quotidianamente sviluppando l’autonomia zapatista in questo campo.Infatti i progetti in corso cercano tutti di partire dal recupero di tecniche tradizionali delle comunità indigene, dallo sviluppo di un rapporto con la natura differente, capace di sviluppare anche soluzioni mediche, ma che non neghi l’importanza dello sviluppo tecnologico.
Cronaca del 1 Agosto
La Commissione Sesta incontra la Carovana
Tra un temporale e l’altro si attendeva un incontro che spiegasse la situazione generale e l’autonomia delle comunità e Caracoles zapatiste. Poi nell’auditorio è arrivata una delegazione dell’EZLN formata dal Sub Comandante Marcos, il Tenente Colonnello Moises e altri due comandanti che hanno voluto raccontare alla Carovana la storia dell’esperienza zapatista e la situazione attuale.
Cronaca del 2 Agosto
Incontro con la Comunità de La Galiana
Arrivano al Caracol cinque furgoncini per prelevare i carovanieri rimasti a La Garrucha. Il comandante Ismael ci vuole accompagnare a visitare due comunità, quella di Galiana e quella di San Alejandro, dove i militari hanno tentato di distruggere i campi di mais e di fagioli del popolo zapatista con la scusa che qui si coltivava marijuana. “E se la trovate – ci aveva detto scherzando il sub comandante Marcos, la sera prima – non fumatevela!” E’ proprio in quelle vallate che è cominciata la rebeldia.Ricordiamo che la coltivazione di marijuana è vietata in tutti i Municipi Autonomi Zapatisti per non dare all’esercito messicano l’opportunità di intervenire in armi con la scusa di combattere il narcotraffico.Il viaggio è piuttosto avventuroso. I vecchi motori dei camioncini stentano a cambiare marcia sulle salite e i carovanieri sono costretti a farsi lunghi tratti a piedi. Arrivati al sentiero, il comandante Ismael e altri “compas” zapatisti cominciano a farsi largo a colpi di machete. Salita dura per noi europei, tra fango, coltivazioni di mais (e non certo di marijuana), boscaglia fitta e milioni di zanzare e di altri animaletti assetati del nostro sangue.
Arriviamo a La Galiana a metà pomeriggio. Un villaggio di una trentina di abitazioni immerso in una vallata verde smeraldo dove il tempo pare essersi fermato. In mezzo scorre un piccolo torrente che è la vera “main street” del paese. La gente ci attende all’entrata. Siamo i primi “internazionali” a raggiungere la loro vallata. Tutti in fila, prima i bambini, poi le bambine, le donne e gli uomini. Tutti col volto coperto. Una chitarra, un violino con una corda di meno e un basso con solo due corde suonano per noi l’inno zapatista. La gente grida “Zapata vive”. Rispondiamo “La lucha sigue”. E’ subito festa grande. Ci chiedono di non fotografarli se non hanno il fazzoletto sul volto e gli diamo la nostra parola. Parola di “compas” che per loro è più che sufficiente. Ci sistemiamo su un paio di baracche con amache e sacchi a pelo. Comincia a diluviare ma la festa non si ferma e si va avanti a ballare sino a notte sotto una tettoia. Il giorno dopo, ci dividiamo in due gruppi per andare a vedere la “marijuana che non c’è”. Un’altra salita dura. Arriviamo su un grande campo coltivato a mais e fagioli. Alcuni ragazzini li stanno cogliendo. Per noi è anche il primo incontro con un serpente velenoso che qui chiamano “sette passi”, perché se ti morde nessuno fa l’ottavo. Al ritorno, troviamo ad aspettarci un brodo caldo. Per gli abitanti di Galiana, questo è il piatto più ricco che possono permettersi. Ce lo offrono senza chiedere nulla in cambio. La sera, prima dell’immancabile festa, incontriamo le donne del pueblo e la promotrice della salute che ci spiega quello che stanno facendo con i pochissimi mezzi a disposizione. Uno dei portavoce della comunià ci racconta de tentativi che il governo mette in atto per tentare di comprarli e di rinunciare all’autogoverno in cambio di animali e di medicine. “Ma sappiamo bene cosa si nasconde dietro questo offerte – spiega – e siamo tutti fortemente decisi a rifiutarle. La nostra libertà e la nosra dignità non sono merce di scambio”.
Cronaca del 2 Agosto
La Comunità di San Alejandro
Oggi si scende. La gente ci aspetta all’inizio del sentiero per salutarci uno per uno “Gracias compa, que te vaja bien”. Si ritorna a La Garrucha ma prima il comandante Ismael ci accompagna a San Alejandro. Altra scarpinata in mezzo al fango. Per fortuna stavolta siamo in discesa, ma sono pochi quelli che arrivano giù col fondo dei pantaloni pulito.
Troviamo ancora tutta la gente del villaggio a riceverci con canzoni, ringraziamenti e piatti di riso e fagioli. Un mese fa, i militari avevano cercato di entrare nel villaggio ma la gente, donne e bambini, in particolare (gli uomini erano nei campi) li ha costretti a salire sulle camionette e a fare dietro front.
Cronaca del 4 e 5 agosto
Visita alle Comunità di Xavier Hernandez, Rancho de Santa Rita e San Rafael
“Il padrone ci pagava 5 pesos (più o meno 30 centesimi di euro) al giorno. Si cominciava la mattina al levar del sole e si finiva a notte fonda. Poi dovevamo attendere il giudizio degli sgherri del padrone. Se giudicavano il nostro lavoro mal fatto, lui non ci versava un soldo. E il più delle volte era così che andava”. A raccontare ai carovanieri come la gente del Chiapas viveva prima della “rebeldia” è una anziana signora vestita del colorito abito tradizionale e con un cappuccio nero in testa. Lei è stata una delle prime donne del villaggio di Xavier Hernàndez a ribellarsi. La carovana di stanza al Caracol La Garrucha era arrivata nella comunità zapatista nella tarda mattinata di lunedì 5, dopo due ore di viaggio in pick up su una strada che definire disastrata sarebbe fargli un complimento, tra violenti scrosci di pioggia ed improvvise apparizioni di solleone. Arrivati a Xavier Hernàndez, neppure il tempo di poggiare giù i bagagli che bisogna salire su una vicina collina, dove sorgeva la “finca” (la tipica casa del latifondista del Chiapas) di padron Fernandez. Nel sentiero che sale ripido, il fango ci arriva alle caviglie ma i disagi sono compensati da un paesaggio bello da togliere il fiato. Una vallata verde brillante si apre a vista d’occhio, racchiusa da una cintura di colline basse coperte dalla tipica flora tropicale della selva Lacandona. “Tutto quello che vedete apparteneva al padron Fernandez - continua l’anziana zapatista - Tutto. Compresi noi che qui vivevamo, lavoravamo e morivamo”. Tra le rovine della casa del padron Fernandez, i carovanieri ascoltano attoniti le testimonianze degli abitanti del pueblo. Agli indios non era consentito tenere animali senza il permesso specifico del padrone. Non potevano neppure coltivare un pezzo di quell’immensa terra. Gli era permesso solo lavorare e lavorare per il padrone. Anche l’accesso al fiume era di esclusiva pertinenza del padrone, dei suoi sgherri e dei suoi animali. Gli abitanti del pueblo dovevano chiedere sempre un permesso che il più delle volte veniva loro negato. I bambini erano costretti a fare legna per la case padronale e una volta che, grazie ad una associazione benefica, era stata costruita una scuola, gli sgherri del padrone l’hanno bruciata. Gli indios dovevano rimanere ignoranti. “Se protestavamo con il poliziotto locale, questo ci rispondeva che il padrone aveva diritto di fare così perché questa era la sua terra e noi eravamo i suoi campesinos - continua la zapatista - Se chiedevamo di più, ci rispondeva che lui non aveva soldi per noi e che dovevamo solo ubbidire, poi ci aizzava contro i suoi sgherri. E quando abbiamo cominciato ad organizzarci, Fernandez ha assunto una banda di pistoleri che ha devastato, violentato ed ucciso”. Ricordiamo che la maggior parte dei latifondisti messi in fuga dall’Eznl è stata in seguito risarcita dal governo Messicano che, in pratica, gli ha “comperato” la terra recuperata dai contadini. La stessa terra che il governo sta ora assegnando a gruppi di indios con la scusa di “riordinare il latifondo” ma con il vero scopo di innescare una guerra tra poveri e mettere contadini contro contadini. Il giorno dopo, la carovana riparte. Tocca al villaggio di San Rafael. Veniamo accolti come di consueto. Bambini, donne e uomini tutti in fila, con cartelli di benvenuto e l’immancabile inno zapatista. Ancora, andiamo alla “finca” del latifondista. Diversi gli occhi che ci guardano dietro i cappucci, ma le storie di violenza e sopraffazione sono le stesse. Qui, se possibile, le cose andavano ancora peggio. Il padrone non riconosceva agli indios neppure il diritto ad una paga. Schiavi. Schiavi e basta.
Cronaca dal 7 agosto
Ritorno al Caracol
Il giorno dopo, giovedì 7, si ritorna al Caracol.
Domani è una data importante. Una data che la gente del Chiapas per secoli schiavizzata dai latifondisti non dimentica mai. L’8 agosto 1879 ad Anenecuilco, nello stato di Morelos, nasceva Emiliano Zapata.Al Caracol ci attendono tre giorni di festa.
Sono i giorni dell’Anniversario della nascita delle Giunte di Buongoverno. Il Caracol si riempie di indigeni che arrivano da tutti i Municipi: ci sono spettacoli, musica e poesie preparate dagli studenti della Scuola Autonoma e dai gruppi culturali locali, si balla la notte e di giorno si gioca a basket e calcio.
Anche la delegazione italiana si esibisce in una creativa interpretazione di “Curre, curre guaglio” dei 99 Posse ..
Le delegazioni internazionali e nazionali vengono invitate sul palco per stringere e rafforzare i legami con le lotte in tutto il mondo.
Partiamo per tornare a San Cristobal ma come sempre un pezzo di cuore resta nella vallata de La Garrucha …
DELEGAZIONE DELLA CAROVANA INTERNAZIONALE NEL CARACOL DI OVENTIC
Cronaca del 30 agosto
Arrivo nel Caracol
Il gruppo di carovanieri è composto da aderenti alla Otra Campaña del Messico, da europei aderenti alla rete Europa Zapatista ed altri internazionali, per un totale di circa 50 persone. Arriviamo nel pomeriggio nel Caracol di Oventic. Veniamo accolti con una cerimonia di benvenuto a cui partecipano tutte le comunità. La Giunta di Buon Governo spiega la situazione di estrema povertà ed emarginazione in cui vivono gli indigeni ed i contadini del Chiapas ed i motivi per cui molti di essi si sono organizzati all’interno dell’EZLN e sono insorti il 1 gennaio 1994.
Giustizia, Libertà e Democrazia i cardini che gli zapatisti hanno messo al centro della loro azione con la nascita dei Municipi Autonomi Zapatisti nel 1994.
La Giunta ha poi ricordato come il governo messicano ha risposto a queste legittime richieste solo con la militarizzazione e la violenza. Il Governo messicano pur firmando gli accordi di San Andres nel 1996, in cui si riconosce il diritto ai popoli indigeni messicani ad autogovernarsi, non ha mai voluto mettere in pratica questi accordi e per questo gli zapatisti hanno scelto di affermare che “per essere liberi non c’è bisogno di chiedere il permesso a nessuno”. Fin dall’inizio della loro lotta si sono organizzati nelle comunità, portando avanti progetti autonomi e collettivi nell’ambito dell’autogoverno, dell’educazione, della salute e della produzione.
Nell’agosto 2003 sono nati i Caracoles e le Giunte di Buon Governo. Un ulteriore passaggio nella costruzione delle forme di autogoverno che le comunità in lotta hanno scelto per coordinare i propri Municipi Autonomi.
Il Governo messicano, soprattutto nell’ultimo anno, ha aumentato la repressione operando con diverse strategie: dalle aggressioni agli arresti, all’organizzazione di gruppi paramilitari, all’attacco al diritto alla terra e all’acqua. Ma la lotta delle comunità ribelli continua insieme alla loro organizzazione e alla costruzione dell’ autonomia.
In serata alcuni giornalisti di Radio Insurgente e di altre radio comunitarie della zona degli Altos del Chiapas hanno intervistato alcuni componenti della Carovana perché raccontassero delle lotte che si stanno portando avanti nei loro luoghi di origine.
Il giorno seguente i carovanieri si sono divisi in due gruppi .
Uno si e’ diretto verso il presidio delle basi di appoggio zapatiste che, dallo scorso anno, stanno difendendo la Riserva Ecologica del Monte Huitepec.
L’altro gruppo si e’ diretto alla comunità di Cruzton nel Municipio di Venustiano Carranza.
Huitepec
Il presidio si trova a 2500 metri s.l.m., nel bosco, con un clima freddo e le condizioni dell’accampamento sono molto dure. Dalla montagna Huitepec, sulle cui pendici vivono alcune comunità zapatiste, sgorgano numerosi corsi di acqua che approvvigionano le comunità e la città di San Cristobal. Il tentativo del Governo messicano di privatizzare la Riserva di Huitepec e soprattutto i suoi corsi di acqua ha trovato l’opposizione delle Basi d’appoggio zapatiste che stanno difendendo queste risorse che sono indispensabili per la loro vita e per quella di tutti coloro che vivono nelle vicinanze della montagna. Nonostante le avverse condizioni la Carovana è stata ricevuta con una cerimonia di benvenuto.
Intervista con le basi di appoggio che danno vita all’accampamento di resistenza.
Il Cerro de Huitepec e’ una delle montagne che circonda la città di San Cristobal, a nord.
E’ ricoperta da boschi ed è ricca di corsi d’acqua. Dal marzo del 2007 la Giunta di Buon Governo della zona Altos di Oventic ha creato una riserva ecologica comunitaria, per difendere una parte della montagna dal tentativo del governo e di privati di sfruttare a fini di lucro le ricchezze che vi si trovano. La riserva comunitaria, grande 102 ettari, e’ vigilata da un presidio di basi di appoggio zapatiste provenienti dalle varie comunità della zona degli Altos.
Le basi d’appoggio permangono al presidio con turni di una settimana.
Domanda: Cos’è il Cerro di Huitepec e quali risorse vi si trovano?
Huitepec è il nome della montagna. Qui si incontrano sorgenti e ruscelli che forniscono l’acqua alle comunità circostanti e ad alcuni quartieri della città di San Cristobal. Ci sono molte specie di piante medicinali, molti alberi, alcuni dei quali hanno 300 o 400 anni. Sono risorse di grande valore. Sulla montagna sembra che ci siano anche dei resti archeologici Maya, ancora sotterrati.
D: Quali interessi ha il governo sulla riserva di Huitepec?
Il governo vuole fare affari sulla riserva. Sta espropriando le terre alle comunità e alle famiglie contadine per venderle ai ricchi. I ricchi, molti dei quali stranieri, hanno cominciato a costruire case di villeggiatura sulle pendici della montagna. Il governo espropria le terre ai contadini senza pagarle il loro vero valore, ma dando solo elemosine. Il governo municipale di San Cristobal ha dato queste elemosine alle famiglie priiste (affiliate al partito del PRI, n.d.t.), per farle tacere sull’espropriazione. Le famiglie zapatiste non accettano questi soldi ma vogliono difendere la riserva.
Il governo sta pensando di scavare i resti archeologici e sfruttare il turismo. Il governo vende l’acqua a delle imprese. La Coca Cola sta prendendo l’acqua da alcuni ruscelli perché vuole costruire una fabbrica di imbottigliamento. Questi ruscelli fino ad ora rifornivano alcune comunità e alcuni quartieri poveri di San Cristobal. Noi sappiamo che l’acqua e’ di Dio, quindi di tutti. Non è del governo né di un’impresa privata.
D: Perché avete creato la Riserva Ecologica Comunitaria “El Huitepec” e il Campamento Civil por la Paz (presidio).
La riserva Ecologica Comunitaria “El Huitepec”, di 102 ettari, la stiamo difendendo perché per noi ha un immenso valore. Ci sono tante piante e animali, c’è ossigeno. Per noi la vegetazione è vita. La stiamo difendendo non solo per noi ma per tutti. Sulla montagna di Huitepec vivono alcune comunità indigene che da molti anni stanno proteggendo la riserva. Abbiamo installato il Campamento Civil por la Paz (presidio) perché vogliamo difenderla in modo pacifico. Sappiamo che la riserva è di noi indigeni, come da sempre è stata dei nostri antenati.
D: Vivono famiglie zapatiste sulla montagna di Huitepec? Quale è il rapporto con le altre famiglie?
Sulla montagna di Huitepec ci sono alcune famiglie basi di appoggio zapatiste, ma non ci sono comunità interamente zapatiste. Nei primi mesi del presidio le famiglie priiste ci volevano cacciare perché il governo municipale di San Cristobal li pagava per crearci problemi. Adesso la maggior parte delle famiglie non zapatiste si è resa conto che è importante la difesa della riserva. Anche se non partecipano alla lotta non si oppongono più al presidio. Solo le autorità di alcune comunità sono contro il presidio, ma non la gente. Queste autorità si comportano così perché sono pagate dal partito (PRI, n.d.t.) e dal governo municipale di San Cristobal.
Al momento di lasciare l’accampamento sul Cerro di Huitepec le basi di appoggio salutano i carovanieri esprimendo la loro gratitudine. Queste le loro parole:
Ringraziamo i compagni e le compagne che sono venuti nelle nostre comunità a portare la loro solidarietà, alcuni anche da luoghi molto lontani. Ci dà molto coraggio la vostra presenza. Ci dà molto coraggio conoscere che in altre parti del mondo ci sono presidi per la difesa dei territori e ci sono molte lotte che, come la nostra, si battono per costruire un mondo migliore. Dobbiamo organizzarci nei nostri luoghi e dobbiamo unire le nostre lotte.
Cruzton
La comunità di Crutzon dallo scorso anno è in lotta per difendere il diritto di proprietà della terra sulla quale vivono e lavorano da anni. Non tutta la comunità è zapatista e non è organizzata in Municipio Autonomo Zapatista, anche se negli ultimi mesi è sempre in contatto con la JBG di Oventic. Nella comunità ci sono 2 famiglie zapatiste e 24 famiglie aderenti alla Otra Campaña. Tutte queste famiglie dallo scorso anno si sono riappropriate e stanno difendendo circa 249 ettari di terra intorno alla loro comunità; questi terreni erano stati occupati illegalmente, nel 1994, da persone che vivevano in altri municipi e che riscuotevano un affitto per far lavorare la terra che invece appartiene agli abitanti di Crutzon.
Gli abitanti di Crutzon fino al 1984 vivevano come schiavi in un latifondo. Molti ancora ricordano la vita durissima e inumana in cui erano costretti. Dal 1984 il ricco proprietario latifondista se ne è andato e loro hanno cominciato a lavorare la terra della loro valle, pagandoci le tasse. Nel 1994 alcune persone provenienti da altri municipi hanno espropriato le loro terre avvalendosi di titoli di proprietà che però non hanno mai dimostrato di avere. Gli espropriatori sono sempre stati spalleggiati dal governo municipale di Venustiano Carranza. Gli abitanti di Crutzon, per anni hanno chiesto incontri per risolvere la situazione e per veder riconosciuti i loro diritti sulle terre.
Gli abitanti di Crutzon, dopo che per anni sono stati ingannati sia dagli invasori che dal governo municipale, lo scorso anno hanno deciso di riappropriarsi di ciò che gli appartiene. Il 5 maggio 2007 hanno occupato le terre. Negli ultimi mesi gli invasori, molti appartenenti al locale PRI, insieme alla polizia di Venustiano Carranza e alla polizia dello stato del Chiapas, hanno attaccato la comunità di Crutzon. La comunità, grazie anche alla continua presenza di osservatori dei diritti umani mandati dalla organizzazione Fray Bartolomè de las Casas, ha resistito e continua a difendere le terre, nelle quali coltivano il mais che è la base della loro sussistenza.
Il governo locale ha anche emesso 8 mandati di cattura contro altrettanti abitanti della comunità.
Il 27 aprile 2008 la polizia è entrata per la prima volta nella comunità per arrestare gli 8 accusati. Ma grazie alla mobilitazione delle donne della comunità l’azione militare è stata bloccata.
Il 18 giugno c’è stata la seconda incursione: la polizia, questa volta insieme ai vecchi invasori, ha occupato le terre di Crutzon, installando un accampamento. Tutto questo ha prodotto la distruzione di parte dei campi coltivati e l’inquinamento del ruscello che porta l’acqua alla comunità di Crutzon e alle comunità vicine.
La risposta degli abitanti di Crutzon, insieme agli osservatori, è la costruzione di un presidio nei pressi delle terre.
Il 22 luglio si decide di andare a lavorare i campi di mais, che da un mese sono circondati dalla polizia che impedisce l’accesso e nei quali il mais è quasi andato perduto. Avviene un’altra aggressione da parte della polizia nella quale viene arrestato un osservatore della Otra Jovel e vengono sparati gas lacrimogeni. Anche qui sono le donne che si interpongono e respingono la polizia. Nella notte la polizia abbandona l’accerchiamento delle terre di Crutzon. Probabilmente anche perché nei giorni seguenti sarebbe arrivata la Carovana di osservazione e il governo del Chiapas non aveva alcun interesse a mostrare, a livello internazionale, le ingiustizie e gli oltraggi che compie contro i contadini poveri del suo stato.
Adesso le terre sono tornate alla comunità, ma parte del raccolto di questo anno è ormai andato perso.
Arrivo della Carovana a Cruzton
La Carovana raggiunge la comunità il 31 luglio. Siamo 24 persone, tra cui 8 italiani, un canadese, un tedesco, una norvegese e messicani. La cerimonia di benvenuto è molto emozionante. Anche perché è la prima Carovana internazionale che raggiunge questa la comunità in lotta. I rappresentanti della comunità ringraziano la Carovana. I messicani e gli internazionali ribadiscono che gli zapatisti “no estan solos” e che in altre parti del Messico e in Europa ci sono tante altre lotte e che lottiamo tutti insieme per obbiettivi comuni.
La comunità mostra un video girato dagli osservatori durante l’aggressione della polizia del 22 luglio. Nelle immagini si nota il coraggio delle donne della comunità che si interpongono alla polizia.
Il 1 agosto abbiamo fatto un lungo incontro in cui molti membri della comunità hanno raccontato la loro storia e soprattutto la storia della loro lotta e della loro resistenza.
DELEGAZIONE DELLA CAROVANA INTERNAZIONALE
NEL CARACOL DI MORELIA
Relazione conclusiva sulle comunità del Municipio Autonomo Ribelle “17 de Novembre” visitate dalla Carovana Nazionale e Internazionale
Nei giorni che vanno dal 3 al 7 agosto 2008, il primo gruppo della brigata di osservazione destinata al Caracol Morelia della carovana “l@s zapatistas no estàn sol@s”, composto da 15 compagni tra cui svizzeri, francesi, statunitensi figli di immigrati messicani, spagnoli, messicani e una delegazione italiana ha visitato le comunità di Nueva Revoluciòn, 8 de Marzo, 10 de Abril e Pancho Villa, tutte appartenenti al municipio autonomo ribelle zapatista “17 de Novembre”, il più grande tra i 12 municipi che compongono il Caracol Morelia, nonché quello in cui ha sede il Caracol stesso.In ognuna delle sopra citate comunità il gruppo è stato accolto con una riunione a cui ha partecipato tutta la popolazione, compresi i bambini, ed in seguito i promotori di educazione e di salute e le autorità comunitarie hanno offerto uno spazio per rispondere a tutte le domande riguardo il funzionamento, la storia e l’attualità delle comunità autonome zapatiste, ovvero delle “bases de apoyo” dell’EZLN.
Le risposte date dagli zapatisti di ciascuna delle quattro comunità riguardo i temi della sanità ed educazione autonoma, della nascita delle comunità, del ruolo della donna e dei problemi con i militari, i paramilitari e le comunità non zapatiste appartenenti al PAN e al PRI, presentando tratti comuni, possono essere raggruppate ed esposte come segue:
La “salud autonoma”Prima dell’insurrezione armata dell’EZLN del ’94 gli indigeni che oggi sono zapatisti non erano in nessun modo assistiti in materia di sanità. Gli ospedali erano lontani dalle comunità e i medici discriminavano gli indigeni che non avevano soldi per pagare inventando spesso che la malattia era incurabile. Si moriva di malattie facilmente curabili.Oggi invece gli zapatisti dispongono di cliniche municipali e a livello delle comunità di “casas de salud”. Nella comunità Pancho Villa, ad esempio, la “casa de salud” comprende una farmacia, un posto letto e lo studio del promotore, che nel periodo della nostra visita stava facendo, insieme ai promotori delle altre comunità, dei controlli sul tasso di denutrizione dei bambini e sui casi di malaria (dal gennaio all’agosto 2008 sono stati pari a zero), nella zona media del municipio 17 de Noviembre.
Il popolo nomina i “promotores de salud”, questo incarico non è retribuito bensì frutto di una scelta di coscienza e responsabilità a fronte dell’impegno tutta la comunità offre ai promodores il necessario per vivere. Il compito di ogni promotores è di diffondere norme di prevenzione come l’igiene personale e la dieta e di essere un primo riferimento per coloro che si ammalano. I promotores si dividono in tre livelli a seconda dell’esperienza acquisita e i principianti del primo livello apprendono da quelli più esperti dell’ultimo. Anche perchè, come succede ad esempio a Pancho Villa, i promotores cercano di ruotare tra le comunità e di lavorare insieme, così da fare più esperienze e di condividere le conoscenze.Di importanza fondamentale per la sanità autonoma è l’uso delle piante curative, le cui proprietà e le modalità di utilizzo sono state rimesse in gioco a partire dalle conoscenze tradizionali dei più anziani. Nella clinica “Nueva Esperancia”, vicina al Caracol, vengono coltivate e trattate piante in grado, ad esempio, di tranquillizzare, di risolvere problemi gastrointestinali, di trattare il diabete, piante con effetti diuretici, antiallergici o ricche di vitamine. Sono disponibili anche alcuni medicinali farmaceutici, anche se a causa del loro costo il loro utilizzo è abbastanza limitato.La maggior parte dei problemi comuni vengono risolti già al livello della comunità, altrimenti si passa alla clinica municipale. Laddove nemmeno la clinica municipale può risolvere il problema il malato va in un ospedale accompagnato dal promotore. Nel caso della clinica “Nueva Esperancia” del Caracol Morelia i casi più gravi vengono accompagnati in un ospedale indipendente della città di Altamirano che appoggia gli zapatisti.L’aborto volontario non è praticato nelle comunità perchè, come detto dal “promotor de salud” di Pancho Villa, viene avvertito come omicidio.
Il ruolo della “mujer”Prima dell’insurrezione del ’94 le donne vivevano in una condizione di discriminazione, relegate solo all’ambito domestico. Nelle comunità zapatiste invece le donne si sono andate organizzando ed hanno ottenuto diritti e partecipazione uguali agli uomini. Nel suo percorso il gruppo di carovanieri ha incontrato donne componenti della “Junta de Buen Gobierno”, donne “promotoras de salud”, donne che lavorano in cooperative producendo indumenti, borse, pane ed ha visto donne partecipare alle assemblee.Va però detto che, almeno in alcune comunità, sono ancora le donne che si svegliano ore prima degli uomini per preparare la colazione, anche se è pur vero che poi sono gli uomini ad andare a lavorare nei campi.Va anche detto che, nonostante in tutte le riunioni a cui il gruppo ha partecipato, gli uomini si sono espressi a favore delle pari opportunità, in alcune comunità il pregiudizio nei confronti della donna non è ancora del tutto estirpato.
Militari, paramilitari e comunità partidisteNelle quattro comunità visitate, attualmente, non vi sono osteggiamenti da parte di militari, paramilitari o indigeni di comunità non zapatiste. Tuttavia nella comunità Pancho Villa, che dal ’94 ad oggi non ha mai sofferto osteggiamenti , gli zapatisti si dicono preoccupati perchè nelle sue vicinanze si sta formando un nuovo gruppo di paramilitari che con tutta probabilità darà problemi in futuro. Per il resto, nel territorio del municipio “17 de Novembre”, va segnalato che nel maggio 2008 alcuni indigeni di comunità non zapatiste volevano impossessarsi del territorio dello stesso Caracol o di ricevere la somma di cinquecentomila pesos, rifiutando ogni proposta di patteggiamento fatta dagli zapatisti e attuando atti di ostilità come il taglio dell’illuminazione elettrica. In seguito alla mobilitazione di migliaia di compagni zapatisti a difesa del Caracol, questa pretesa sembra essere stata abbandonata. Gli zapatisti della comunità 8 de Marzo hanno confermato l’uso di “intelligence” da parte del governo per spiare l’organizzazione autonoma e hanno ribadito che l’esercito ha usato più volte la scusa della lotta al narcotraffico come pretesto per irrompere nelle comunità zapatiste dove notoriamente l’uso di droghe e alcool è proibito.
Produzione e consumo
Tutti gli uomini che hanno terminato gli studi, che stanno in salute e che non svolgono incarichi di promotori o di autorità si svegliano presto per lavorare collettivamente la terra. Nelle comunità visitate le colture lavorate sono: fagioli, mais, patate e caffè; in alcune comunità si produce anche il miele utilizzando tecniche di apicoltura. Le comunità consumano quasi solo ciò che producono. Per quanto riguardo il mais, i fagioli e le patate risulta raro che la comunità possa vendere molto perchè è poco ciò che avanza al consumo, ma per quanto riguarda il caffè ed il miele essi sono i principali prodotti che la comunità vende per costituire una cassa comune, assieme ai prodotti delle cooperative di donne come il pane, i vestiti, le borse. Con tale cassa la comunità compra quei beni di consumo che essa non produce come il sapone e la cancelleria per gli studenti. Nelle comunità sono presenti negozi che vendono alimenti basi e diversi beni di consumo. La terra è proprietà collettiva, sebbene ogni famiglia possegga anche una parte di terra che lavora privatamente, la quale però é sempre oggetto di scelte prese collettivamente.Alla domanda di quante ore lavorano al giorno i compagni hanno risposto che lavorano fin quando non si stancano, ma che in media lavorano la terra quattro o cinque ore al giorno. La domenica comunque è giorno festivo e durante l’anno ricorrono anche altre festività in ogni singola comunità.
Popolazione e territorioLe comunità visitate presentano una media di 100-200 abitanti ciascuna. La comunità Nueva Revolución, molto popolata, è composta da 75 famiglie; la più piccola invece, 8 de Marzo, è composta da 25 famiglie. Si incontra una forte presenza di giovani e bambini, che da soli compongono circa la metà di ogni “pueblo”. Riguardo il territorio, ciò che ha destato per primo l’attenzione è stata la sua vastità: il viaggio più lungo compiuto dal gruppo, della durata di due ore con la camionetta, si è svolto per intero all’interno del solo municipio 17 de Noviembre, che è solamente uno dei 12 municipi che compongono il Caracol di Morelia.Nella maggior parte dei casi le comunità si trovano su terre recuperate, vale a dire sottratte ai latifondisti con l’insurrezione armata del ’94.Tale immenso territorio autonomo, che nel caso del Caracol Morelia corrisponde per lo più al Tzotz Choj, comprende rovine maya e altri siti di interesse turistico come cascate e laghi che sono i maggiori oggetti di conflitto tra comunità zapatiste e non zapatiste. Nei pressi della comunità 8 de Marzo, ad esempio, si trovano tre rovine maya e un lago che il governo vuole privatizzare. Ma un membro della JBG ha rassicurato: “il governo autonomo ha un esercito e lo difenderà”.
Concezioni diffuse tra gli zapatistiGli abitanti e le autorità delle comunità visitate hanno più volte espresso le stesse posizioni intellettuali nei confronti della lotta zapatista e anticapitalista. In particolare, volendo riportare alcune delle stesse parole pronunciate dai compagni durante le diverse riunioni, è stato detto che “andiamo crescendo”, che “andiamo rompendo frontiere”, che “possiamo incontrare problemi nel nostro cammino, ma di certo lasciamo dei semi che poi fioriranno e daranno frutti”, che “abbiamo fatto una scelta, abbiamo preso il nostro sentiero”, che “il lavoro è duro, ma dobbiamo completarlo”.Gli zapatisti hanno inoltre manifestato una concezione internazionalista della lotta de “los de abajo” contro “los de arriba” che ha portato alcuni di loro, nella comunità di Pancho Villa, a fare al gruppo domande su come funzionano le società dei paesi occidentali.
Delegazione italiana del gruppo presente nel municipio 17 de Noviembre.
Cronaca del 3 agosto
Sistema di salute autonoma nel Municipio Autonomo Rebelde “Che Guevara”
In seguito all’intervista con il consiglio del Municipio “Che Guevara”, incluso nel Caracol di Morelia, abbiamo potuto conoscere la situazione del sistema di salute autonomo della comunità zapatista di questo Municipio.
Prima del 1994, era palese una situazione di abbandono da parte del sistema ufficiale di salute.Come conseguenza di questo abbandono alla popolazione indigena non si garantiva la stessa situazione che al resto dei pazienti. Quando era necessaria la presenza di un dottore in qualche comunità, nel migliore dei casi il governo inviava studenti di medicina, convertendo così l’indigeno in oggetto della pratica universitaria invece di considerarlo un paziente reale. Dopo l’insurrezione armata dell’EZLN del 1994 inizia la costruzione del sistema autonomo di salute. In questo nuovo sistema il paziente indigeno recupera il suo diritto ad un’attenzione sanitaria degna. Gli zapatisti formano la Commissione di salute, la quale designa dei promotori di salute in ogni Municipio, inoltre viene istituita in ogni comunità una casa della salute. Nel Municipio Che Guevara esistono dieci promotori di salute che si alternano ogni settimana, l’ incarico non è remunerato né economicamente né materialmente ma “è un lavoro di coscienza”. La formazione della conoscenza della medicina chimica (allopata) di questi promotori è stata realizzata con l’aiuto di medici ed infermieri della società civile nazionale ed internazionale. Questa conoscenza della medicina allopata, insieme a quella della medicina tradizionale, è trasmessa successivamente ai nuovi promotori. In questo modo il paziente, sia zapatista che no, può scegliere tra l’applicazione del trattamento allopata o tradizionale. Il paziente, nel caso scegliesse il trattamento allopata, paga una quota del prezzo della medicina. In ogni caso la visita è gratuita. La clinica del Municipio “Che Guevara”, situata nella comunità “Moises y Gandhi”, è stata costruita nel 1996 grazie all’appoggio civile nazionale ed internazionale. Questa clinica chiamata “San Manuel”, è composta da una stanza per le visite, una clinica dentale ed un laboratorio nel quale si realizzano analisi di campioni fecali e di sangue. Inoltre, nel caso fosse necessario, i pazienti che necessitassero di una maggiore attenzione, possono essere ricoverati nella clinica stessa. In casi di maggiore gravità o di parto, i pazienti si trasportano all’ospedale “San Carlos” di Altamirano o alla clinica Guadalupana del Caracol di Oventic. Per il trasporto del paziente si utilizza un mezzo del Municipio ed il paziente paga solo il costo della benzina. Nella clinica “San Manuel” si visitano la media di 50/60 persone alla settimana, principalmente zapatisti, anche se non esistono distinzioni. Le principali malattie che si riscontrano sono le parassitosi, specialmente nei bambini, la bronchite e l’asma. A distanza di 14 anni dall’insurrezione, oggi il paziente indigeno riceva un’attenzione sanitaria degna, tenendo conto delle difficoltà di risorse in cui si trovano attualmente, e senza dimenticare che questo è un processo lungo ed è appena all’inizio.
Brigata presente nel municipio”Che Guevara”, Caracol 4 di Morelia, dal 2 al 7 agosto 2008.
La condizione delle donne nel Municipio Autonomo Rebelde “Che Guevara”,
Durante l’incontro con le autorità del municipio “Che Guevara”, una delle questioni che sono state trattate è stata la condizione della donna. Le autorità hanno sottolineato come prima dell’ insurrezione le donne non avevano parola né diritti. Il ruolo della donna era relegato all’ambiente domestico, la capacità di decidere in tutti gli ambiti della comunità apparteneva esclusivamente all’uomo. E’ importante notare il fatto che essendo una comunità indigena di costumi tradizionali molto radicati hanno realizzato un processo di autocritica sul tema dell’uguaglianza tra uomini e donne. Le donne hanno avuto un ruolo essenziale nella costruzione delle norme, come quella che proibisce l’alcol e le droghe nelle comunità. Questo ha portato ad una riduzione degli abusi ed dei maltrattamenti da parte degli uomini. La lotta zapatista è cosciente di ciò che si è ottenuto e di quello che ancora manca, c’è la consapevolezza di una differenza tra il processo di elaborazione e il processo personale nelle comunità. Questo processo ha pochi anni di esistenza e, nonostante la partecipazione ugualitaria sia concepita teoricamente, nella pratica non è ancora totale. Tuttavia le donne sono passate da non aver voce a partecipare e decidere attivamente in tutti gli ambiti. Una delle basi del loro pensiero collettivo a lungo termine è costruire sapendo che “le donne non possono andare avanti senza gli uomini né gli uomini senza le donne”. In questo modo il lavoro domestico si coordina. Quando la donna ha un incarico comunitario e deve allontanarsi da casa per un periodo è l’uomo il responsabile dei lavori domestici e dalla cura familiare. Come risultato di questo processo le donne adulte hanno accesso alla formazione in diversi ambiti, come l’apprendimento del castigliano, compiti di logistica, organizzazione.
Le nuove generazione hanno accesso a una educazione basata su un assetto egualitario. Abbiamo potuto osservare che nella scuola di zona del Caracol 4 di Morelia, le classi sono miste e che una delle materie che attualmente si impartisce è “sessualità e genere”. Ugualmente si trattano temi come il maltrattamento, alcolismo, prostituzione e malattie a trasmissione sessuale. A partire dai 15 anni uomini e donne iniziano ad occupare ruoli di responsabilità nelle comunità (promotori e promotrici di salute, membri di commissioni, partecipazione nella JBG). Nell’ambito quotidiano la donna continua ad essere la responsabile della cura familiare e della casa e inizia a integrarsi nella vita agraria. Si può notare che la partecipazione della donna alla vita politica e sociale è sempre più ampia grazie ad una crescente consapevolezza dei propri diritti come ad esempio la contraccezione.Terminiamo l’incontro con una forte sensazione che il processo di lotta della donna continua e che nonostante tutte le contraddizioni i progressi ottenuti permettono di vedere un altro mondo possibile.
Cronaca dal 2 al 7 agosto
Recupero della terra e problematica agraria
Nel 1994 con il “levantamiento” dell’EZLN nello stato del Chiapas, Messico, gli indigeni hanno recuperato per diritto le terre che appartenevano ai loro antenati prima della conquista degli spagnoli, come nel caso di Bosque Bonito nel municipio autonomo Che Guevara, terreno di venti ettari proprietà di un solo latifondista. Nel giugno 2003, alcune famiglie zapatiste vanno a vivere in questo posto per formare la comunità “la Resistencia”. Alcuni giorni dopo priisti e gente dell’ ORCAO, invadono queste terre, appoggiati dal governo del Chiapas. Gli zapatisti prima tentano di arrivare a un accordo per una convivenza ma questo viene rifiutato principalmente dall’ORCAO e quindi si ritirarono dalle terre per evitare lo scontro. L’ORCAO (organizzazione dei caffecultori di Ocosingo) è composta da priisti e ex zapatisti. Se fino ad oggi le minacce sono rimaste a livello di parole e non si è passati ai fatti, è perchè gli zapatisti hanno evitato di cadere in provocazioni, dato che per loro il nemico non sono i loro fratelli contadini, ma il governo.Per ciò che hanno detto le autorità municipali zapatiste, tutto questo è parte di una strategia del governo statale e federale per distruggere le basi di appoggio dell’EZLN e in questo caso, per mezzo dell’ORCAO, permettere la privatizzazione di Bosque Bonito.
Parole del Subcomandante Insurgente Marcos alla Carovana Nazionale e Internazionale di Osservazione e Solidarietà con le Comunità Zapatiste
Caracol La Garrucha - 2 agosto 2008
Buon pomeriggio, buona sera. Il mio nome è Marcos, Subcomandante Insurgente Marcos, e sono qui per presentarvi il Tenente Colonnello Insurgente Moisés. Lui è l’incaricato dell’attività internazionale per la Comandancia Generale dell’EZLN, che noi chiamiamo la Commissione Intergalattica e la Sesta Internazionale, perché, rispetto a tutti noi, lui è l’unico che riesce ad essere paziente con voi.
Parleremo lentamente, per permettere la traduzione. We will speak slowly, for the translation. Nous allons parler doucement, pour la traduction. Vogliamo ringraziarvi di essere venuti fino qua per conoscere direttamente quello che sta accadendo nel processo zapatista, non solo le aggressioni che stiamo subendo, ma anche quanto si sta realizzando qui in territorio ribelle, in territorio zapatista.
Speriamo che ciò che vedrete e che ascolterete possa essere portato lontano: in Grecia, in Italia, in Francia, in Spagna, nei Paesi Baschi, negli Stati Uniti e nel resto del nostro paese, con i nostri compagni dell’Altra Campagna.
Speriamo non facciate come la cosiddetta Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani, che la sola cosa che ha fatto venendo qua, alcuni mesi fa, è stata lavare le mani del governo perredista del Chiapas, dicendo che le aggressioni che subiscono le nostre comunità non vengono dal governo statale ma dal governo federale.
Vorrei introdurre quello di cui parlerà il Tenente Colonnello Moisés. Ci fa piacere che la vostra visita abbia coinciso con il suo passaggio da queste parti. Lui è il compagno che ha seguito più da vicino il processo di costruzione dell'autonomia nelle comunità zapatiste.
Vorrei spiegare, a grandi linee, la storia dell'EZLN e delle comunità indigene zapatiste in questo territorio, il Chiapas. Mi riferisco agli Altos del Chiapas, la zona del Caracol di Oventic; la zona tzotz choj, tzeltal-tojolabal, che è quella del Caracol di Morelia; la zona chol che è quella di Roberto Barrios, nel nord del Chiapas; la zona tojolabal o Selva Fronteriza, che è quella del Caracol di La Realidad; e questa che è la zona tzeltal, quella del Caracol di La Garrucha.
Domani siete invitati a visitare un villaggio che da molti anni è base di appoggio dell'EZLN. Avrete l'onore di essere guidati dal Comandante Ismael, che è qui. Questo compagno insieme al Señor Ik - il defunto Comandante Hugo o Francisco Gómez, il suo nome da civile - percorrevano queste gole diffondendo la parola zapatista quando nessuno era con noi.
Vi accompagnerà lui. Vedrete il luogo in cui i soldati cercavano marijuana. Vogliamo che vediate se c’è marijuana. Se la trovate non fumatela, ma denunciatelo affinché sia distrutta. No, non c’è marijuana. Ma a noi non credono, forse crederanno a voi. (…).
Con noi c’è anche il Comandante Masho, qui alla mia destra. Anche lui è uno dei compagni comandanti che erano con il Señor Ik, il Comandante Hugo, agli inizi dell’EZLN in questa vallata. E fa parte della Commissione Sesta dell’EZLN. Era con noi nel nordovest della Repubblica messicana a visitare comunità indios e compagni e compagne dell'Altra Campagna in Messico, in quella parte del paese.
Com’è cominciata? 24 anni fa, quasi 25, arrivò un piccolo gruppo di urbani, o di cittadini come diciamo noi, non in questa parte della selva, ma molto più all’interno, nella zona che ora è nota come la Riserva dei Montes Azules. In quella zona non c'era niente, solo animali selvaggi a quattro zampe ed animali selvaggi a due zampe, che eravamo noi. E la mentalità di quel piccolo gruppo - sto parlando del 1983-1984, cioè 24 o 25 anni fa - era la mentalità tradizionale dei movimenti di liberazione in America Latina, cioè: un piccolo gruppo di illuminati che si solleva in armi contro il governo. Questo fa sì che molta gente li segua, si ribelli e faccia cadere il governo e si instauri un governo socialista. Sono molto schematico, ma essenzialmente è quello che si conosce come la teoria del "fuoco guerrigliero".
Quel piccolo gruppo aveva quella mentalità tradizionale, classica od ortodossa, se la volete chiamare così, ma possedeva anche un bagaglio etico e morale che non aveva precedenti nei movimenti guerriglieri o armati in America Latina. Questa eredità etica e morale veniva da altri compagni che erano morti affrontando l'esercito federale e la polizia segreta del governo messicano.
Per tutti quegli anni rimanemmo soli. Non c'erano compagni nei villaggi. Nessuno dalla Grecia veniva a trovarci. Né dall'Italia né dalla Francia né dalla Spagna né dai Paesi Baschi. Nemmeno dal Messico! Perché questo era l'angolo più dimenticato di questo paese. Quello che era un fattore contro, più avanti si trasformò in un vantaggio: il fatto di essere isolati e dimenticati ci permise, allora, di vivere un processo di involuzione. Qualche ortodosso conoscerà il libro che racconta della "trasformazione della scimmia in uomo". Allora avvenne il contrario: l'uomo si trasformò in scimmia, che era quello che eravamo noi. Perfino fisicamente, per questo uso il passamontagna. È per una questione di estetica e di buon gusto che bisogna coprirsi il volto.
Questo piccolo gruppo sopravvisse alla caduta del Muro di Berlino, al crollo del socialismo, ai tentennamenti della guerriglia in America Centrale - prima col FMLN nel Salvador, poi con quello che una volta si chiamava il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, in Nicaragua. Ed in seguito, l'unione rivoluzionaria del Guatemala, la URNG -.
Ciò che lo fece sopravvivere furono due elementi, secondo noi: Uno, la sciocchezza o l'ostinazione che probabilmente quella gente aveva nel DNA. E l'altro, il bagaglio morale ed etico ereditato dai compagni e compagne che erano stati assassinati dall'esercito, proprio in quelle montagne.
Le cose stavano dunque così, con due possibilità: un piccolo gruppo che passa decenni rinchiuso in montagna aspettando il momento in cui succederà qualcosa per agire nella realtà sociale. O finire, come una parte della sinistra radicale nel Messico di allora, come deputati, senatori, o presidenti legittimi della sinistra istituzionale in Messico.
Accadde qualcosa che ci salvò. In quei primi anni ci salvò e ci sconfisse. Quello che accadde è qui seduto alla mia sinistra, il Tenente Colonnello Insurgente Moisés, il Comandante Masho, il Comandante Ismael e molti altri compagni che trasformarono l'EZLN da un movimento guerrigliero d'avanguardia ed ortodosso, in un esercito di indigeni.
Non si trattava solo del fatto che era un esercito composto in maggioranza da indigeni. In maggioranza… in realtà su 100 combattenti 99 erano indigeni ed uno era meticcio. Non solo questo, ma quell'esercito e la sua mentalità subì la sconfitta nel suo progetto illuminante, il suo progetto di guida, caudillista, rivoluzionario classico, dove un uomo, o un gruppo di uomini, si trasforma nel salvatore dell'umanità, o del paese.
Accadde che quel progetto fu sconfitto nel momento in cui ci confrontammo con le comunità e ci rendemmo conto non solo che non ci capivano, ma che la loro proposta era migliore.
Decenni prima, secoli prima era successo qualcosa. Ci stavamo confrontando con un movimento di vita che era riuscito a sopravvivere ai tentativi di conquista di Spagna, Francia, Inghilterra, Stati Uniti e di tutte le potenze europee, compresa la Germania nazista nel 1940-1945. Quello che aveva fatto resistere questa gente, questi nostri compagni e compagne in primo luogo, e poi, i nostri capi e cape di adesso, era stato l'attaccamento alla vita che aveva molto a che vedere con il loro bagaglio culturale. La lingua, il linguaggio, il modo di rapportarsi con la natura rappresentava un'alternativa non solo di vita, ma di lotta. Non stavamo insegnando a resistere a nessuno. Ci stavamo trasformando in alunni di quella scuola di resistenza di gente che lo stava facendo da cinque secoli.
Quelli che venivano a salvare le comunità indigene, furono salvati da queste stesse. E trovammo rotta, destino, strada, compagnia e velocità per il nostro passo. Quello che allora, ed ora, chiamiamo "la velocità del nostro sogno".
L'EZLN ha molti debiti con voi, con gente come voi, in Messico ed in tutto il mondo, ma il nostro debito fondamentale è nel nostro cuore: nel cuore indigeno. In questa comunità ed in migliaia di comunità come questa popolate da compagni basi di appoggio zapatiste.
Nel momento in cui il piccolo gruppo guerrigliero entra in contatto con i villaggi, sorge un problema ed un conflitto. Io posseggo la verità - io, il gruppo guerrigliero - e tu sei un ignorante, ti insegno, ti indottrino, ti educo, ti formo. Errore e sconfitta.
Nel momento in cui si inizia a costruire il ponte del linguaggio, ed incominciamo a modificare il nostro modo di parlare, iniziamo a modificare anche il nostro modo di pensare noi stessi e di pensare al nostro posto all'interno di un processo: Servire.
Da un movimento che si proponeva di servirsi delle masse, dei proletari, degli operai, dei contadini, degli studenti per arrivare al potere e guidarli alla felicità suprema, ci stavamo trasformando, gradualmente, in un esercito che doveva servire alle comunità. In questo caso, le comunità indigene tzeltales, le prime in cui ci stabilimmo in questa zona.
Il contatto con le comunità significò un processo di rieducazione più forte e più terribile dell'elettroshock praticato nelle cliniche psichiatriche. Non tutti lo sopportarono, ma alcuni sì.
Poi, che cosa è successo? Il fatto è che l'EZLN si trasforma in un esercito di indigeni, al servizio degli indigeni, e passa dai sei con i quali è nato l'EZLN, ad oltre seimila combattenti.
Che cosa fa scoppiare l'insurrezione del primo gennaio del '94? Perché decidemmo di sollevarci in armi? La risposta è nei bambini e nelle bambine. Non fu l'analisi della congiuntura internazionale. Ognuno di voi converrà con me che la congiuntura internazionale non era favorevole per un'insurrezione armata. Il campo socialista era stato sconfitto, tutto il movimento di sinistra in America Latina era in fase di ritirata. In Messico la sinistra stava piangendo la sconfitta dopo che Salinas de Gortari non solo aveva fatto una frode, ma aveva comperato buona parte della coscienza critica della sinistra in Messico.
Chiunque minimamente ragionevole ci avrebbe detto: non ci sono le condizioni, non sollevatevi in armi, consegnate le armi, entrate nel nostro partito, eccetera, eccetera. Ma qualcosa dentro ci disse di sfidare quei pronostici e quelle congiunture internazionali.
L'EZLN dunque si prepara, per la prima volta, a sfidare il calendario e la geografia dell'alto. Ho detto i bambini e le bambine. Successe che in quegli anni, a partire dal principio degli anni '90, fu introdotta una riforma che impediva ai contadini l'accesso alla terra. La terra, come vedrete domani, quando salirete la collina che va verso il villaggio di Galeana, quella era la terra che avevano i contadini: ripidi pendii pieni di pietre. Le buone terre erano nelle mani dei finqueros. Nei prossimi giorni vedrete anche quelle fincas e potrete constatare la differenza di qualità della terra.
Si era cancellata la possibilità ad accedere ad un pezzo di terra. Contemporaneamente le malattie iniziarono ad uccidere i bambini e le bambine. Dal 1990 al 1992 non c'era bambino nella Selva Lacandona che arrivasse a compiere cinque anni. Prima dei cinque anni morivano di malattie curabili. Non era il cancro, non era l'AIDS, non erano malattie di cuore, erano malattie curabili: tifo, tubercolosi e a volte una semplice febbre ammazzava bambini e bambine minori di cinque anni.
Capisco che in città questo può essere perfino un vantaggio: meno asini, più pannocchie, si dice. Ma nel caso di un villaggio indigeno la morte dei suoi bambini significa la scomparsa come popolo. Cioè, nel processo naturale, gli adulti crescono, diventano vecchi e muoiono. Se non ci sono bambini quella cultura scompare.
La moria degli indigeni, dei bambini e delle bambine indigene, acutizzò ancora di più il problema. Ma la differenza rispetto al resto di altri villaggi indios, è che qui c'era un esercito ribelle, armato. Furono le donne a spingere per questa scelta. Non furono gli uomini. So che la tradizione in Messico - i mariachi, Pedro Infante e tutto il resto - è che gli uomini sono molto machi. Ma non è stato così. Chi cominciò a spingere: bisogna fare qualcosa, basta, è ora di finirla, furono le donne che vedevano morire i loro figli e figlie.
Cominciò a diffondersi una voce in tutte le comunità: bisogna fare qualcosa, ora, facciamola finita, in tutte le lingue. In quel momento eravamo presenti ormai anche nella zona degli Altos. E lì avevamo due compagne che erano, e sono ancora, la colonna portante di quell’opera: la defunta Comandante Ramona e la Comandante Susana.
In diverse parti cominciò a nascere questa inquietudine, questo malessere… Chiamiamolo col suo nome: questa ribellione tra le donne zapatiste, secondo le quali bisognava fare qualcosa. Noi allora facemmo quello che dovevamo, domandare a tutti che cosa avremmo fatto. Allora, nel 1992, si svolse una consultazione - senza televisione, senza governo del Distretto Federale, senza niente di quello che c'è adesso - e villaggio per villaggio si fecero assemblee - come quella che stiamo facendo adesso -. Si presentava la questione. L'alternativa era molto semplice: se ci fossimo ribellati in armi ci avrebbero sconfitto, ma avremmo richiamato l'attenzione e le condizioni degli indigeni sarebbero migliorate. Se non ci fossimo ribellati in armi saremmo sopravvissuti, ma saremmo scomparsi come popoli indios.
La logica di morte è quando diciamo: non ci hanno lasciato altra scelta. Ora, dopo quattordici anni, quasi quindici, noi - quelli che siamo qui da più tempo - diciamo: che bello non aver avuto altra scelta.
Nei villaggi dissero: sei qui per questo, combatti, combatti con noi. Non si trattava solo di un rapporto formale, di comando. Perché formalmente era il contrario: formalmente l'EZLN era il comando e le comunità i subordinati. Nei fatti, nella realtà, era il contrario: i popoli sostenevano, si prendevano cura e facevano crescere l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
A quel tempo è stata importante anche la partecipazione di un compagno meticcio, proveniente dalla città, il Subcomandante Insurgente Pedro, che cade in combattimento il primo gennaio del 1994.
Di fronte a questa alternativa ed alle comunità che dicono "alziamoci in armi", il calcolo militare che facemmo - il Tenente Colonnello Moisés forse lo ricorda bene perché fu su questa montagna che sta alle spalle del villaggio, lassù, dove avevamo un accampamento, che si tenne una riunione di tutti i comandi zapatisti -, il piano che presentai loro fu questo: dobbiamo pensare bene a quello che faremo, perché quando si inizia qualcosa non si può tornare indietro.
Se noi andavamo a chiedere alla gente se ci si doveva sollevare in armi o no, non potevamo poi fermarci. Sapevamo e sentivamo che la risposta sarebbe stata un sì. E sapevamo e sentivamo che quelli che sarebbero morti erano quelli che si stavano riunendo su queste montagne, qui a La Garrucha.
Poi è successo quello che è successo. Non vi racconterò del primo gennaio del '94 perché iniziate a saperne un bel po' su di noi - almeno alcuni di voi, perché altri erano molto piccoli - e si apre una tappa di resistenza, diciamo noi, dove si passa dalla lotta armata all'organizzazione della resistenza civile e pacifica.
Accadde qualcosa in tutto questo processo sul quale voglio richiamare l'attenzione: il cambiamento della posizione dell'EZLN rispetto alla questione del potere. E la posizione rispetto alla questione del potere è quella che segnerà in maniera più profonda il percorso zapatista. Noi ci eravamo resi conto - e per noi vanno incluse le comunità, non solo il primo gruppo - ci eravamo resi conto che le soluzioni, come tutto in questo mondo, si costruiscono dal basso verso l'alto. E tutta la nostra proposta precedente, la proposta della sinistra ortodossa, fino ad allora, era stata il contrario: dall'alto si risolvono le cose per il basso.
Questo cambiamento dal basso verso l'alto per noi significava non organizzarci, non organizzare la gente per andare a votare, né per andare ad una marcia, né per gridare, ma per sopravvivere e per trasformare la resistenza in una scuola. Questo è stato quello che hanno fatto i compagni, non l'EZLN originale, quel piccolo gruppo, ma l'EZLN con ormai presente questa componente indigena. Quello che ora si conosce a grandi linee come la costruzione dell'autonomia zapatista è un processo che vi spiegherà ora il Tenente Colonnello Insurgente Moisés.
Prima di questo, volevo segnalare alcune cose. Si dice, non senza ragione, che negli ultimi due anni, il 2006 e 2007, il Subcomandante Marcos ha lavorato con impegno e con successo a distruggere l'immagine mediatica che si era costruita intorno a lui. E si fa osservare come persone che prima erano vicine a lui ora si siano allontanate o diventate addirittura anti-zapatiste. Alcune di queste persone sono andate nei rispettivi paesi a tenere conferenze e sono state ricevute come se fossero stati loro a ribellarsi in armi. Sono gli zapatologi, pronti a viaggiare con tutti i rimborsi spese, a ricevere gli applausi, le carovane e qualche altro favore, quando viaggiano all'estero.
Che cosa è successo? Vi dirò come la vediamo noi. Voi avrete la vostra opinione. Mi spiego: qui nelle zone indigene si parla molto dei "coyote". A differenza che tra gli yaquis ed i mayos per i quali il coyote è molto rispettato ed emblematico, in Chiapas no. Il coyote è l'intermediario. È qualcuno che compra a buon mercato agli indigeni e poi rivende al mercato a caro prezzo.
Quando scoppia l'insurrezione zapatista, nascono quelli che noi chiamiamo gli intermediari della solidarietà. Cioè, i coyote della solidarietà. Questa gente che diceva, ed ancora dice, di avere il contatto diretto con lo zapatismo, di avere il telefono rosso, sono quelli che sanno come stanno le cose qui, e questo per loro rappresenta un capitale politico. Vengono e portano qualche cosa, cioè pagano a buon mercato; se ne vanno e si presentano come emissari dell'EZLN: riscuotono molto.
La comparsa di questo gruppo di intermediari, in cui c'erano politici, intellettuali, artisti e gente del movimento sociale, ci nascondeva l'esistenza di altre cose, di altri in basso. Noi intuivamo che c'era la Spagna del basso; che c'erano i Paesi Baschi in rivolta; che c'era la Grecia ribelle; che esisteva la Francia insorta; che c'era l'Italia della lotta; ma non lo vedevamo. Temevamo, quindi, che neanche loro ci vedessero.
Questi intermediari organizzavano e facevano cose quando eravamo di moda ed incassavano il loro capitale politico. Così come chi organizza concerti e si tiene una quota: riscuote il suo salario, o quello che spetta alla sua organizzazione.
C'era un altro in basso. Abbiamo sempre avuto questa idea: lo zapatismo ha sempre detto di non essere l'unico gruppo ribelle, né il migliore. La nostra idea non era creare un movimento che egemonizzasse tutta la ribellione in Messico, o tutta la ribellione a livello mondiale. Non abbiamo mai aspirato ad una internazionale, alla quinta internazionale o non so a che numero sono arrivati - Ora c'è la Sesta. Ma questa è un'altra, questa è L'Altra Internazionale.
Che cosa è successo? Vi dirò alcune cose che per voi non saranno novità. La descrizione della sinistra istituzionale è perfettamente chiara per gli spagnoli, con Rodríguez Zapatero o Felipe González; per i Paesi Baschi - Gora Euskal Herria - ancora di più; anche per l'Italia ribelle non deve essere una novità; ed anche la Grecia può raccontarci molto; in Francia con Miterrand, il barone, è lo stesso.
In Messico, no. Continua ad esserci questa aspettativa: che è possibile che la sinistra che ci ritroviamo adesso, se arriva al potere, lo farà impunemente, cioè: può arrivare a governare senza smettere di essere di sinistra. Spagna, Italia, Francia, Grecia, praticamente tutti i paesi al mondo possono rendersi conto del contrario: di gente di sinistra, coerente - non necessariamente radicale - che smette di esserlo nel momento in cui arriva al potere. Varia la velocità, varia la profondità, ma inevitabilmente si trasformano. Questo è quello che noi chiamiamo "l'effetto stomaco" del potere: o ti digerisce o ti trasforma in merda.
In Messico questo avvicinamento della sinistra, o di quello che si autodefinisce sinistra, al potere - mi viene in mente ora che su un giornale è stato scritto che io non ero qui, ma che ero a Città del Messico alle feste della sinistra, ma non sapevo ci fosse una sinistra a Città del Messico e che facesse delle feste…. Sì c'è ancora, ma è un'Altra sinistra - dicevo, nel momento in cui si è presentata la possibilità del potere, è iniziato il processo di digestione e defecazione del potere su questa sinistra. (...)
Dunque, noi avremmo dovuto, ce lo chiedeva questo gruppo di intellettuali, artisti, leader sociali, ritornare alla situazione storica presente al 1984, quando pensavamo che un gruppo, o una persona, se arriva al potere, trasforma tutto dall'alto verso il basso. E che noi depositassimo la fiducia, il futuro, la nostra vita ed il nostro sviluppo nelle mani di un illuminato, di una persona, insieme ad una banda di 40 ladroni... che è la sinistra in Messico.
Noi abbiamo detto no. Non è che il presidente legittimo ci sia antipatico, semplicemente non crediamo in questo processo. Non crediamo che qualcuno, nemmeno così figo quanto il Subcomandante Marcos, sia capace di operare questa trasformazione. Noi non potevamo fare questo, ed allora c'è stata la rottura.
Voglio richiamare l'attenzione su una cosa: allora dicemmo quello che sarebbe successo. Quello che sta succedendo adesso. Quando noi lo dicevamo, dissero che stavamo facendo il gioco della destra. Ora che stanno ripetendo perfino con le nostre stesse parole quello che dicevamo due anni fa, si dice che è per fare un servizio alla sinistra.
Lo zapatismo è scomodo. È come se nel rompicapo del potere ci fosse un pezzo che non si incastra e di cui bisogna disfarsi. Di tutti i movimenti che ci sono in Messico, uno di questi - non l'unico - lo zapatismo, è scomodo per questa gente. È un movimento che non permette di accontentarsi, che non permette di arrendersi, che non permette di tentennare, che non permette di vendersi. E nei movimenti dell'alto questa è la logica, questo è razionale. È la "real politik", come si dice.
Allora si verifica l'allontanamento che, a poco a poco, incomincia a permeare perfino i settori internazionali, in America Latina ed in Europa, fondamentalmente. In questo percorso, tuttavia, si sono costruite relazioni più solide. Per citarne alcune, con i compagni della CGT della Spagna, con il movimento culturale ribelle dei Paesi Baschi, l'Italia sociale e, più recentemente, la Grecia ribelle ed insubordinata che abbiamo conosciuto.
Questo spostamento a destra si nasconde in questo modo, si dice: "L'EZLN si è radicalizzato ed è diventato più di sinistra". Scusate, ma il nostro progetto è sempre lo stesso: non cerchiamo la presa del potere, pensiamo che le cose si costruiscono dal basso. Quello che è successo è che quei settori, gli intermediari della solidarietà, i coyote internazionalisti, o l'internazionale del coyotaggio, si sono spostati a destra. Perché il potere non ti fa entrare gratis.
Il potere è un club esclusivo e bisogna avere determinati requisiti per accedervi. Quello che gli zapatisti chiamano "la società del potere" ha le sue regole. E vi si può accedere solo se si rispettano determinate regole. Chiunque cerchi giustizia, libertà, democrazia, rispetto per le differenze, non ha possibilità di accedervi, a meno che tentenni su queste idee.
Quando noi abbiamo cominciato a vedere questo spostamento a destra del settore apparentemente più zapatista, ci siamo chiesti che cosa c'era sotto, cosa c'era dietro. Ad essere sinceri siamo partiti dal contrario: abbiamo cominciato dal mondo, cioè a livello internazionale, e poi ci siamo chiesti del Messico.
Per ragioni che forse voi potete spiegare, la vicinanza dello zapatismo è stata più forte con altri paesi che col Messico. Ed è stata più forte in Messico che con la gente del Chiapas. Come se ci fosse un rapporto inverso nella geografia: chi viveva più lontano era più vicino a noi, mentre chi viveva più vicino era più lontano da noi.
È venuta l'idea di cercarli con l'intuizione ed il desiderio che esistessero: voi, altri come voi. È arrivata la Sesta Dichiarazione, la rottura definitiva con quel settore dei coyote della solidarietà. E la ricerca, in Messico e nel mondo, di altri che fossero come noi, ma che fossero diversi.
Oltre a questa posizione rispetto al potere, c'è una caratteristica essenziale nello zapatismo - e lo vedrete ora che siete qui in questi giorni o se parlerete con i Consigli Autonomi e con le Giunte di Buon Governo, ovvero con le autorità autonome -: la rinuncia ad egemonizzare ed omogeneizzare la società. Noi non pretendiamo un Messico zapatista, né un mondo zapatista. Non pretendiamo che tutti diventino indigeni. Noi vogliamo un posto, qui, il nostro, che ci lascino in pace, che non ci comandi nessuno. Questo è la libertà: che noi decidiamo quello che vogliamo fare.
E pensiamo che sia possibile solo se altri come noi lo vogliono e lottano per la stessa cosa. E si stabilisce un rapporto di cameratismo, diciamo noi. Questo è quello che vuole costruire L'Altra Campagna. Questo è quello che vuole costruire la Sesta Internazionale. Un incontro di ribellioni, uno scambio di apprendistati ed un rapporto più diretto, non mediatico, ma reale, di appoggio tra organizzazioni.
Alcuni mesi fa sono venuti qua compagni di Corea, Tailandia, Malesia, India, Brasile, Spagna - e non mi ricordo di che altre parti - di Vía Campesina. Noi li abbiamo incontrati a La Realidad ed abbiamo detto loro: l'incontro tra dirigenti per noi non vale niente. Tanto meno le foto con loro. Se le dirigenze di due movimenti non servono affinché i movimenti si incontrino e si conoscano, queste dirigenze non servono.
Diciamo la stessa cosa a chiunque venga a proporci questo. Quello che ci interessa è quello che c'è dietro: voi, altri come voi. Non possiamo andare in Grecia, ma possiamo fare un calcolo e dire che non sono tutti qua quelli che avrebbero voluto venire. Come possiamo parlare con questi altri? E dire loro che non vogliamo elemosine, che non vogliamo pietà. Che non vogliamo che ci salvino la vita. Che vogliamo un compagno, una compagna, ed uno/a compagno/a in Grecia che lotti per le proprie rivendicazioni. In Italia, nei Paesi Baschi, in Spagna, in Francia, in Germania, Danimarca, Svezia - non elenco tutti i paesi perché se ne salto uno poi mi contestano -…
Dove guardiamo noi? Mentre vi espongo questo rapido percorso, vi parlo di un'eredità morale ed etica dalla quale siamo nati. Ha a che vedere soprattutto con la lotta ed il rispetto per la vita, per la libertà, per la giustizia e per la democrazia. Noi abbiamo un debito morale con i nostri compagni. Non con voi, non con gli intellettuali che si sono allontanati, non con gli artisti né con gli scrittori, né con i leader sociali che ora sono antizapatisti.
Noi abbiamo un debito con coloro che sono morti lottando. E noi vogliamo che arrivi il giorno in cui ai nostri morti ed alle nostre morte potremo dire solo tre cose: non ci siamo arresi, non ci siamo venduti, non abbiamo tentennato.
Parole del Tenente Colonnello Insurgente Moisés alla Carovana Nazionale e Internazionale di Osservazione e Solidarietà con le comunità zapatiste
Caracol La Garrucha - 2 agosto 2008
Buona sera, compagni e compagne. Vi voglio dunque spiegare come si sta costruendo l'autonomia nei diversi Caracol e nelle Giunte di Buon Governo.
Ma prima di iniziare con questo, come vi ha detto compagno Subcomandante Insurgente Marcos, prima dell'arrivo dei compagni ribelli dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale in tutte le comunità si viveva molto male: sfruttati, umiliati, calpestati e saccheggiati.
Vi parlerò ora delle terre recuperate che erano dei latifondisti. I nostri nonni e nonne vivevano lì e da moltissimi anni.
Vedevano che i padroni erano prepotenti. E vedevano, i nostri nonni e nonne, che così erano i malgoverni.
Dunque, quando arriva l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale - come dice il compagno Subcomandante Marcos - è iniziato il lavoro nei villaggi parlando alla gente dello sfruttamento. Allora, i nostri compagni e compagne, i nostri nonni e nonne, i nostri papà e mamme, capirono la necessità di organizzarsi. Perché vedevano quello che stava succedendo e quello che subivano. C'era già dunque l'idea che bisognava organizzarsi, che bisognava unirsi, che così si aveva più forza. Ma a quei tempi non si poteva perché i padroni ed il malgoverno non lo permettevano. Ci sono molte storie riguardo a questo. Perché il malgoverno ci diceva che bisognava entrare nelle organizzazioni ufficiali, come la CNC, e poi la CTM, Confederazione Nazionale dei Lavoratori, qualcosa così.
Allora, i nostri papà ed i nostri nonni entrarono in quelle organizzazioni legali che, diceva il malgoverno, avrebbero risolto i nostri bisogni, le nostre richieste. Ci provarono ma non si risolse niente.
Venne l'idea che bisognava organizzarsi in maniera indipendente, con organizzazioni indipendenti; ci provarono e non si risolse niente. Solo persecuzioni, carcere, sparizioni.
Per questo quando arriva l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale i nostri villaggi cominciarono ad organizzarsi. Poi si fece l'apparizione pubblica - come ha detto il compagno Subcomandante Marcos - e lì si decise, nel '94, che dovevamo governarci da noi.
Grazie all'idea nata prima di unirci ed organizzarci. Perché si era visto da tempo che il malgoverno non ci rispettava. Quindi, all'inizio ci siamo organizzati nei municipi autonomi. Così si chiamavano "autonomi". Noi contadini, indigeni, tzeltales, tojolabales, choles, zoques, mames, non capivamo che cosa significava, che cosa voleva dire la parola "autonomia".
A poco a poco capimmo che l'autonomia era proprio quello che stavamo facendo. Il domandarci quello che avremmo fatto. Discutere nelle riunioni e nelle assemblee e poi decidere tra noi. Fino ad ora possiamo spiegare cosa è l'autonomia che si pratica nei nostri Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti.(...).Quello che pensavamo, che immaginavamo prima, ora è confermato. Noi indigeni siamo i più dimenticati. Ma sappiamo anche che di libertà, giustizia, e democrazia hanno bisogno anche quelli che non sono indigeni.
Ora il lavoro nei municipi autonomi si è consolidato. I nostri compagni e compagne hanno capito ed ora si rendono conto che così dovrebbe essere in tutto il Messico: il popolo comanda e chi sta al governo deve ubbidire. È così che lavorano le nostre compagne e compagni.
Si sta costruendo autonomia in tutti i settori. Si parla di salute, di educazione e di altre opere collettive, si discute, si analizza tutto nei villaggi e poi a livello generale si decide quello che si deve costruire.
Ci siamo resi conto, con i nostri compagni e compagne, che si può fare. Hanno imparato molto coi compagni e compagne delle Giunte di Buon Governo. Ed i nostri compagni hanno scoperto una cosa molto importante, che è la partecipazione delle compagne nei diversi incarichi nella costruzione dell'autonomia, e le nostre compagne non possono rimanere sole.
Certo, ci è costato molto. Perché le nostre compagne erano sempre trattate come un oggetto che sta in disparte. Al tempo dei padroni - come hanno raccontato le compagne nell'incontro delle donne - le nostre compagne, le nostre nonne erano maltrattate, violentate.
Allora, i nostri nonni tentarono di proteggere le nostre nonne nascondendole ai padroni, affinché non facessero loro del male. E purtroppo, solo gli uomini si riunivano a discutere e le compagne erano messe da parte.
Con la costruzione dell'autonomia che stiamo facendo ora, abbiamo scoperto che non possiamo continuare come prima a tenere in disparte le compagne. Adesso le compagne nei villaggi aiutano i compagni a risolvere i diversi problemi, a pianificare e a discutere, fanno proposte nelle assemblee dei municipi autonomi o nelle assemblee generali delle Giunte di Buon Governo.
Dove si impara questo? A che scuola? Dove si apprende? Proprio qui, nelle comunità. Migliorano quello che facciamo noi uomini. E se gli uomini fanno qualcosa che non va bene, li mettono in disparte.
Nella costruzione dell'autonomia le nostre comunità, uomini e donne, devono rispettare i sette principi del comandare ubbidendo. I nostri compagni e compagne dicono che se in Messico esistesse un governo che ubbidisce, il Messico sarebbe diverso. Con i nostri compagni autorità, cioè i commissari, le commissarie, gli agenti e le agenti, discutiamo e, per esempio, si parla del fatto che in Messico è il Congresso dell'Unione, i deputati e senatori che sono i rappresentanti del popolo del Messico, e allora le compagne e compagni autorità si chiedono: quando ci hanno consultati riguardo alle leggi che emettono? Si chiedono, per esempio, se sia stato chiesto loro quando Carlos Salinas de Gortari ha cambiato l'Articolo 27, quello che il nostro generale Emiliano Zapata era riuscito ad inserire nella Costituzione, secondo cui la terra non si vende né si affitta. Carlos Salinas, insieme ai senatori e deputati hanno cambiato questo articolo che ora dice che la terra sarà dei padroni che possono decidere quello che vogliono farne.
Dunque, la domanda che si fanno i nostri compagni e compagne autorità è: quando ce l'hanno chiesto? Allora dicono: non servono a niente questi deputati, deputate, senatori o senatrici che stanno lì. Non rappresentano il popolo del Messico, perché non ci domandano mai, non ci consultano mai. Crediamo che nemmeno gli operai vengano consultati sulle leggi che li riguardano.
Quando si fanno le assemblee generali nei municipi, le assemblee generali delle Giunte di Buon Governo, si parla di questo. Che cosa succederebbe se in Messico si chiedesse a tutti i milioni di indigeni, a tutti i milioni di operai, a tutti i milioni di studenti, di esprimersi sulla legge che vogliono?
Per esempio, dicono che Diego di Cevallos, che è stato senatore - credo - o deputato, è un proprietario terriero. Non sente come soffre un indigeno; non sente come soffre un operaio o un'operaia. Quindi, non capisce di che tipo di legge hanno bisogno i lavoratori della campagna e della città.
Compagni, compagne, parlare dell'autonomia sembra molto semplice, ma non è vero. I discorsi sono molto belli, ma la pratica è un'altra cosa. Ci sono molti scrittori, intellettuali, che hanno scritto libri sull'autonomia. Chissà, forse toccano il 2 o il 5 percento di quello che più o meno riguarda l'autonomia. Il 95 percento gli manca.
Per potere parlare di autonomia bisogna vivere dove la si sta facendo. Per scoprire, per vedere e conoscere cosa è. Perché bisogna vedere il modo in cui si pratica la democrazia, come si prendono le decisioni.
In questo caso l'autorità massima sono i compagni e le compagne della Giunta di Buon Governo. Loro si riuniscono per discutere i piani di lavoro. E poi li propongono alle autorità dei MAREZ ed ai compagni e compagne autorità dei MAREZ, cioè dei municipi autonomi; riuniscono i compagni e compagne autorità, cioè i commissari, le commissarie, gli agenti e le agenti dei villaggi. Si porta lì la proposta della Giunta di Buon Governo. E loro, commissari ed agenti la portano nei propri villaggi e la espongono alla Giunta di Buon Governo.
Dai villaggi escono le decisioni, si fa l'assemblea municipale. Lì si vota a maggioranza la decisione su quanto propone la Giunta di Buon Governo. E da lì si fa l'assemblea generale del territorio di competenza della Giunta di Buon Governo e si decide, ora sì, su mandato del popolo.
E poi, alla rovescia. Cioè, il contrario: i villaggi possono proporre dei lavori o delle leggi che si devono fare. Per fare un esempio, in questa zona tutti i villaggi adesso zapatisti stanno decidendo di come coltivare le terre recuperate. Adesso tutti i villaggi in questa zona sono impegnati in questo. Tutti. Manca l'assemblea generale di questa zona dalla quale uscirà il mandato relativo a come coltivare la terra.
Quindi, che cosa succede quando c'è un'assemblea generale? Fate conto di essere i commissari e gli agenti. A volte viene fuori una decisione a maggioranza e rimane una minoranza. Qualche compagno o compagna fa presente che l'accordo preso ha dei problemi che possono avere conseguenze. Allora, la maggioranza permette al compagno o alla compagna di esporre quali sarebbero le conseguenze. Quindi, l'assemblea pone attenzione alle argomentazioni del compagno o della compagna.
Se riguardano un lavoro che ancora non è stato fatto, la maggioranza dice: lo faremo e se non viene bene, noi che siamo quelli che comandano, lo rifaremo. Cioè, dicono alla minoranza che non si tiene conto di quello che dice, ma che le cose che si fanno possono essere migliorate.
La costruzione dell'autonomia in tutte le zone zapatiste è varia. Si fa in diversi modi. Lo vedrete parlando con i compagni e le compagne che andrete a visitare nei diversi Caracol, perchè non c'è un unico modello. Dipende dalla situazione in cui si vive in ogni zona.
Per esempio, nel Caracol di Oventik, di Morelia, di Roberto Barrios, ci sono molti paramilitari. Questo ci obbliga a considerare la costruzione dell'autonomia con molta sicurezza. Perché ci sono molte provocazioni dei paramilitari. In altri Caracol le distanze da un villaggio all'altro ci obbliga a procedere a velocità diverse nella costruzione della nostra autonomia.
Ma sotto un principio che dobbiamo osservare, i nostri sette principi. Che il nostro governo deve ubbidire ed il popolo comanda. Che i nostri governi autonomi devono abbassarsi al popolo e non salire in alto per comandare, per non consultare, per non proporre al popolo. Le nostre autorità autonome, i MAREZ e le Giunte di Buon Governo dobbiamo proporre al popolo. E non imporre. Le nostre autorità autonome devono lavorare per convincere il popolo, e non convincerlo per forza. Le nostre autorità devono costruire quello di cui si ha bisogno, quello che è buono, e non distruggere.
Le nostre autorità devono rappresentare, cioè quello che dice, la vera parola, il pensiero del popolo. Non possono dire che è la parola del popolo se non l'hanno consultato. Le nostre autorità autonome devono servire il popolo. E non che si servano di esso per essere governo autonomo.
Quindi, le nostre comunità, le nostre autorità presenti in ogni villaggio, così agiscono affinché si osservino questi principi. E qui, nelle Giunte di Buon Governo, uomini e donne si alternano al governo nelle proprie zone. Qui si è arrivati alla partecipazione di uomini e donne.
Così facendo, compagni e compagne, le nostre comunità pensano che forse questa pratica potrebbe essere utile ai nostri fratelli e sorelle di fuori, sia del Messico che di altri paesi. Perché, quando il popolo comanda, nessuno può distruggerlo. Ma, dobbiamo pensare che anche i popoli possono cedere, possono sbagliarsi.
Non è come adesso che possiamo incolpare i deputati ed i senatori, i governatori, i presidenti municipali. Ma il giorno in cui il popolo del Messico: operai, maestri, studenti, indigeni, contadini, tutti, il popolo del Messico, deciderà, non troveremo più chi incolpare.
Perchè se un giorno commetteremo un errore, così come siamo stati bravi a farlo, dovremo essere altrettanto bravi a pulire la merda che avremo fatto. E' proprio così che veramente decide il popolo. Ma questa ora deve togliersela chi comanda adesso, il malgoverno. Sono loro ad essere al potere.
Per questo diciamo che quello che ci fa praticare maggiormente l'autonomia è quando togliamo le terre ai proprietari terrieri, ai latifondisti. Quando si prendono i mezzi di produzione. Solo così si ottiene. Per questo c'è bisogno dell'organizzazione.
Dunque, compagni e compagne, in questo siamo impegnati. Speriamo di aver spiegato come lo facciamo e quanto manca ancora per migliorarlo. Ma lo vedrete visitando alcuni villaggi. Lì ve lo spiegheranno in maniera più diretta perchè l'hanno vissuta. E come l'hanno conquistata dove vivono ora.
Traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo
INVITO AL PRIMO FESTIVAL MONDIALE DELLA RABBIA DEGNAMESSICO _ CHIAPAS
Dal 26 dicembre 2008 al 4 gennaio 2009
Per partecipare contatti ed info yabasta@sherwood.it e www.yabasta.it
COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL´ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE.COMMISSIONE SESTA-COMMISSIONE INTERGALATTICA DELL´EZLN. MESSICO
15 E 16 SETTEMBRE 2008
A GLI/LE ADERENTI ALLA SESTA DICHIARAZIONE E ALL´ALTRA CAMPAGNAA GLI/LE ADERENTI ALLA ZEZTA INTERNAZIONAL:AL POPOLO DEL MESSICO:AI POPOLI DEL MONDO:COMPAGNE E COMPAGNI:FRATELLI E SORELLE:
Di nuovo rivolgiamo la nostra parola.Questo vediamo, questo guardiamo. Questo giunge al nostro udito, arriva al nostro cuore scuro.
I. Là in alto vogliono ripetere la loro storia. Vogliono tornare ad imporci il loro calendario di morte, la loro geografia di distruzione. Quando non ci sradicano dalle nostre radici, le distruggono. Ci rubano il lavoro, la forza. Lasciano senza persone, senza vita, i nostri mondi, la terra, le sue acque e tesori. Le città ci perseguitano ed espellono.I campi muoiono e ci fanno morire.E la menzogna si trasforma in governi e l’usurpazione l’arma i loro eserciti e poliziotti.Nel mondo siamo illegali, clandestini, indesiderati.Siamo perseguitat@.Donne, giovani, bambini, anziani muoiono in morte e muoiono in vita. E là in alto predicano la rassegnazione, la sconfitta, la claudicazione, l’abbandono per quelli in basso.Qua in basso restiamo senza niente. Solo rabbia. Solamente dignità.Non c’è ascolto per il nostro dolore se non da chi è come noi.Non siamo nessuno.Siamo soli e solo con la nostra dignità e con la nostra rabbia.Rabbia e dignità sono i nostri ponti, i nostri linguaggi.Ascoltiamoci dunque, conosciamoci.Che il nostro coraggio cresca e si faccia speranza.Che la dignità sia di nuovo radice e nasca un altro mondo.Abbiamo visto ed ascoltato.Piccola è la nostra voce per fare da eco a questa parola, il nostro sguardo è piccolo per così tanta degna rabbia.Ancora dobbiamo vederci, guardarci, parlarci, ascoltarci.Siamo altri, altre, altro.Se il mondo non ha un posto per noi, allora bisogna fare un altro mondo.Senza altri strumenti che la rabbia, senza altro materiale che la nostra dignità.Dobbiamo ancora incontrarci, conoscerci.Manca quello che manca...
II. A 3 anni dalla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, l’EZLN ha fatto una riflessione collettiva, alimentata dall’orizzonte più ampio di quello che le/i nostr@ compagn@ dell’Altra Campagna in Messico e della Zezta Internazionale nel Mondo ci hanno regalato. Non è poco quello che abbiamo visto ed ascoltato, a volte direttamente, a volte nelle parole e negli sguardi degli altri, delle altre. Tanta è la rabbia che abbiamo toccato e tanta la dignità che abbiamo trovato, che pensiamo di essere ancora più piccoli di quello che credevamo.In Messico e nei 5 continenti abbiamo trovato quello che avevamo intuito quando abbiamo iniziato questo nostro sesto passo: c’è un altro mondo, c’è un’altra strada. Se la catastrofe che si avvicina si può impedire e l’umanità ha un’altra opportunità, sarà per quest@ altr@ che, in basso e a sinistra, non solo resistono, ma già abbozzano il profilo di un’altra cosa. Di qualcosa di diverso da quello che succede in alto. Nell’impossibile geometria del Potere politico, i fondamentalismi si distribuiscono equamente: le destre tornano ultradestre e le sinistre istituzionali mutano nell’impossibile destra erudita. Chi si lamenta sulla stampa progressista del fatto che i fanatici della stampa opposta censurano, distorcono e calunniano il loro capo, a sua volta censura, distorce, calunnia e tace di fronte a qualsiasi altro movimento che non si piega al giudizio del capoccia, e senza pudore distribuiscono condanne ed assoluzioni al ritmo mediatico assurdo. Fanatici di una e dell’altra parte si disputano bugie travestite di verità ed i crimini valgono secondo il tempo mediatico che occupano. Ma tutto questo non è altro che il pallido riflesso di quello che succede nella politica.Il disgusto di fronte al cinismo e l’incompetenza delle classi politiche tradizionali, si è trasformato in rabbia. A volte questa rabbia persegue la speranza di un cambiamento sulle stesse strade di sempre e si imbatte nella delusione che immobilizza o nella forza arbitraria che soffoca. Il nord confuso e brutale torna alle solite. Quando non fomenta frodi elettorali (come in Messico) promuove, incoraggia e finanzia colpi di Stato (come sta tentando ora in Bolivia e Venezuela). La guerra continua ad essere la sua diplomazia internazionale per eccellenza: Iraq ed Afghanistan bruciano ma, per la disperazione dell’alto, non si consumano.Le imposizioni di egemonia ed omologazione su scala mondiale, trovano nelle nazioni, nelle regioni e nelle piccole località, gli apprendisti stregoni che tentano l’impossibile ritorno storico ad un passato dove il fanatismo era legge ed il dogma scienza. Nel frattempo, le classi politiche di governo hanno trovato nel mondo del teatro il travestimento adeguato per occultare il loro ingresso nel crimine organizzato. Stanco di tanta avarizia, il pianeta comincia a presentare l’impagabile conto della sua distruzione. Ma anche le catastrofi "naturali" sono di classe e le sue stragi si fanno sentire soprattutto tra quelli che non hanno niente e non sono nessuno. Di fronte a questo, la stupidità del Potere non ha limiti: milioni e milioni di dollari sono impiegati per fabbricare nuove armi ed installare altre basi militari. Il Potere del capitale non si preoccupa di formare maestr@, medici, ingenier@, ma soldati. Non prepara costruttor@, ma altro distruttori.E chi si oppone a questo è perseguitat@, incarcerat@, assassinat@.In Messico in prigione ci sono contadini che difendevano la loro terra (San Salvador Atenco); in Italia sono perseguiti e trattati come terroristi coloro che si oppongono all’installazione di basi militari; nella Francia di "libertà, uguaglianza e fraternità" gli esseri umani sono liberi, uguali e fratelli solo se lo dicono i documenti; in Grecia la gioventù è un vizio da sradicare; ed ancora in Messico, ma ora nella città con lo stesso nome, i giovani sono criminalizzati ed assassinati e non succede niente perché non rientra nell’agenda che in alto dettano quelli di una e dell’altra parte, mentre una consultazione legittima si trasforma nel penoso lavarsi le mani di un capo di governo assassino; nella Spagna della moderna Unione Europea si chiudono giornali e si criminalizza una lingua, il basco, pensando che uccidere la parola uccide chi la inalbera; nell’Asia tanto vicina, alle richieste campagnole si risponde con ingiustizie blindate; nella superba Unione Americana, nata dal sangue di immigranti, si perseguono ed uccidono gli/le altr@ colori che vi lavorano; nel lungo dolore che si chiama America Latina è disprezzato e umiliato il sangue scuro che la sostiene; nel Caribe ribelle, un paese, Cuba, deve sommare alla disgrazia naturale quella di un blocco imperiale che non è altro che un crimine impunito.Ed in tutti gli angoli della geografia del mondo e tutti i giorni dei loro calendari, coloro che lavorano, coloro che fanno andare avanti le cose, sono spogliati, disprezzati, sfruttati, repressi.Ma ci sono anche volte, molte, tante, in cui ci strappano il sorriso, in cui le rabbie cercano le proprie strade, nuove, altre. Ed il "no" che si alza non solo resiste, ma comincia a proporre, a proporsi.Dalla nostra apparizione pubblica, orami quasi 15 anni fa, è stato nostro impegno l’essere ponte affinché le ribellioni passino da una parte all’altra.A volte ci siamo riusciti, a volte no.Ora vediamo e sentiamo non solo la ribelle resistenza che, sorella e compagna, continua ad essere al nostro fianco ed incoraggia i nostri passi. C’è ora qualcosa che prima non c’era, o che non riusciamo a vedere allora.C’è una rabbia creativa. Una rabbia che dipinge di tutti i colori le strade del basso e a sinistra nei cinque continenti...
III. PER TUTTO QUESTO, E COME PARTE DEGLI EVENTI IN OCCASIONE DEL 25 ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE, I 15 ANNI DELL’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO L’OBLIO, IL QUINTO ANNO DELLE GIUNTE DI BUON GOVERNO ED IL TERZO ANNO DELL’ALTRA CAMPAGNA E DELLA ZEZTA INTERNAZIONALE, GLI UOMINI, DONNE, BAMBINI ED ANZIANI DELL’EZLN INVITIAMO TUTT@ I RIBELLI DEL MESSICO E DEL MONDO ALLA CELEBRAZIONE DEL PRIMO FESTIVAL MONDIALE DELLA RABBIA DEGNA DAL TEMA:
UN ALTRO MONDO, UN ALTRO CAMMINO: IN BASSO E A SINISTRA
CHE SI SVOLGERÀ NELLE SEGUENTI SEDI E DATE:
NELL´ALTRA CITTÀ DEL MESSICO, DISTRITO FEDERAL, I GIORNI 26, 27, 28 E 29 DICEMBRE 2008.
ESTATE 2008
INVITO AL
PRIMO FESTIVAL MONDIALE
DELLA RABBIA DEGNA Messico – Chiapas dal 26 dicembre 2008 al 4 gennaio 2009
A cura Associazione Ya Basta Nord Est
Carovana Nazionale e Internazionale di Osservazione e Solidarietà con le Comunità Zapatiste in Chiapas
Estate 2008
Da Città del Messico al Chiapas
La proposta della Carovana nasce dalla volontà di denunciare la situazione di aggressione costante alle Comunità Indigene zapatiste ma soprattutto dalla decisione collettiva, maturata a livello europeo, di affermare pubblicamente il legame forte tra l’esperienza zapatista e le lotte nel mondo. Una condivisione rafforzata nel corso delle innumerevoli occasioni in cui lo zapatismo si è trasformato in un ponte tra quanti nel mondo lottano e si organizzano in forma autonoma.
La carovana aveva lo scopo di affermare che “gli zapatisti non sono soli” ma che rappresentano un laboratorio costante di conflitto, di costruzione di una alternativa radicale che sperimenta in forma concreta la ricerca delle forme che la ribellione si dà nell’epoca della globalizzazione.
La partecipazione da tutta Europa e dal Messico alla Carovana è stata anche l’occasione per intrecciare relazioni e rapporti specchiandosi nell’esperienza dell’autonomia zapatista.
I luoghi che la Carovana ha visitato ci hanno permesso di entrare nel “cuore della resistenza zapatista”: le piccole e grandi comunità che affrontano quotidianamente la costruzione capillare dei percorsi dell’autogoverno; i Caracoles e l’operato delle Giunte del Buongoverno come applicazione della ricerca del “comandare obbedendo” … in un viaggio che ci ha fatto conoscere l’ampiezza del processo di recupero delle terre ad una dinamica collettiva, rompendo lo sfruttamento del latifondo, che ci ha fatto misurare la profondità della resistenza degli zapatisti di fronte al costante ed ipocrita attacco del Governo del Chiapas e di quello centrale.
Voci e volti, storie personali e collettive che fanno parte della complessità di una esperienza che nel mantenere una forma forte di organizzazione comune al tempo stesso costruisce comunità che agisce e si propone all’esterno non chiudendosi in formule identitarie. Lo zapatismo cerca, tra le mille contraddizioni della realtà, di costruire un comune basato sulla condivisione di un progetto sociale nuovo.
La Carovana ha rappresentato un’esperienza forte e carica di suggestioni che, ancora una volta, ci hanno fatto tornare con la voglia di socializzare la nostra esperienza e di partecipare ancora con più energia al prossimo appuntamento che i nostri fratelli e sorelle zapatiste propongono a tutti noi: il Primo Festival Mondiale della Rabbia Degna che si svolgerà in Messico e Chiapas dal 26 dicembre 2008 al 4 gennaio del 2009.
Perchè tutti quelli che nel mondo si organizzano dal basso stanno scrivendo un pezzo della storia futura dell’umanità e perché, come dicono gli zapatisti, il problema non è cambiare il mondo ma costruirne uno di nuovo.
Nel bollettino che vi proponiamo abbiamo raccolto:
- la cronaca della Carovana estiva
- i discorsi del Sub Comandante Marcos e del Tenente Colonnello Moises
- la proposta del Primo Festival Mondiale della Rabbia Degna
INIZIA IL VIAGGIO …..
Il 27 luglio inizia a Città del Messico la Carovana Nazionale ed Internazionale.
Ospitati nella sede dell’Unios inizia a formarsi la Carovana. Dall’Europa ci sono delegazioni da tutti i paesi che si uniscono ai partecipanti messicani.
Prima della partenza dalla capitale i partecipanti alla Carovana hanno la possibilità di approfondire la realtà del Messico attuale segnata da una forte militarizzazione e da una repressione generalizzata che viene giustificata da parte del governo Calderon con le necessità della guerra al narcotraffico. Peccato che le filiere dei cartelli della droga, anche in Messico, si innervano nel potere politico e che la lotta “al narcotraffico” assume le stesse caratteristiche di tutte le operazioni di creazione e gestione dell’emergenza con conseguente militarizzazione che ben conosciamo anche a casa nostra.
Dal Distretto federale la Carovana raggiunge il Chiapas e, dopo la generosa ospitalità offerta dall’Università della Terra a San Cristobal, si parte per 4 i Caracoles: La Realidad, Morelia, Oventic, La Garrucha.
La Cronaca che si proponiamo è tratta dalle relazioni elaborate dai 4 gruppi in cui la carovana si è organizzata.
DELEGAZIONE DELLA CAROVANA INTERNAZIONALE
NEL CARACOL DE LA GARRUCHA
Cronaca del 30 luglio
Incontro con le promotrici di salute nel Caracol
La giornata, iniziata molto presto dopo i lunghi festeggiamenti della sera precedente, ha visto i carovanieri impegnati in alcune riunioni organizzative che hanno messo a punto il programma, proposto dalle autorità zapatiste, per i prossimi giorni.Una volta definiti i compiti delle commissioni i carovanieri hanno incontrato le promotrici di salute della scuola e della clinica, per una presentazione delle attività e dei problemi che le promotrici devono affrontare quotidianamente sviluppando l’autonomia zapatista in questo campo.Infatti i progetti in corso cercano tutti di partire dal recupero di tecniche tradizionali delle comunità indigene, dallo sviluppo di un rapporto con la natura differente, capace di sviluppare anche soluzioni mediche, ma che non neghi l’importanza dello sviluppo tecnologico.
Cronaca del 1 Agosto
La Commissione Sesta incontra la Carovana
Tra un temporale e l’altro si attendeva un incontro che spiegasse la situazione generale e l’autonomia delle comunità e Caracoles zapatiste. Poi nell’auditorio è arrivata una delegazione dell’EZLN formata dal Sub Comandante Marcos, il Tenente Colonnello Moises e altri due comandanti che hanno voluto raccontare alla Carovana la storia dell’esperienza zapatista e la situazione attuale.
Cronaca del 2 Agosto
Incontro con la Comunità de La Galiana
Arrivano al Caracol cinque furgoncini per prelevare i carovanieri rimasti a La Garrucha. Il comandante Ismael ci vuole accompagnare a visitare due comunità, quella di Galiana e quella di San Alejandro, dove i militari hanno tentato di distruggere i campi di mais e di fagioli del popolo zapatista con la scusa che qui si coltivava marijuana. “E se la trovate – ci aveva detto scherzando il sub comandante Marcos, la sera prima – non fumatevela!” E’ proprio in quelle vallate che è cominciata la rebeldia.Ricordiamo che la coltivazione di marijuana è vietata in tutti i Municipi Autonomi Zapatisti per non dare all’esercito messicano l’opportunità di intervenire in armi con la scusa di combattere il narcotraffico.Il viaggio è piuttosto avventuroso. I vecchi motori dei camioncini stentano a cambiare marcia sulle salite e i carovanieri sono costretti a farsi lunghi tratti a piedi. Arrivati al sentiero, il comandante Ismael e altri “compas” zapatisti cominciano a farsi largo a colpi di machete. Salita dura per noi europei, tra fango, coltivazioni di mais (e non certo di marijuana), boscaglia fitta e milioni di zanzare e di altri animaletti assetati del nostro sangue.
Arriviamo a La Galiana a metà pomeriggio. Un villaggio di una trentina di abitazioni immerso in una vallata verde smeraldo dove il tempo pare essersi fermato. In mezzo scorre un piccolo torrente che è la vera “main street” del paese. La gente ci attende all’entrata. Siamo i primi “internazionali” a raggiungere la loro vallata. Tutti in fila, prima i bambini, poi le bambine, le donne e gli uomini. Tutti col volto coperto. Una chitarra, un violino con una corda di meno e un basso con solo due corde suonano per noi l’inno zapatista. La gente grida “Zapata vive”. Rispondiamo “La lucha sigue”. E’ subito festa grande. Ci chiedono di non fotografarli se non hanno il fazzoletto sul volto e gli diamo la nostra parola. Parola di “compas” che per loro è più che sufficiente. Ci sistemiamo su un paio di baracche con amache e sacchi a pelo. Comincia a diluviare ma la festa non si ferma e si va avanti a ballare sino a notte sotto una tettoia. Il giorno dopo, ci dividiamo in due gruppi per andare a vedere la “marijuana che non c’è”. Un’altra salita dura. Arriviamo su un grande campo coltivato a mais e fagioli. Alcuni ragazzini li stanno cogliendo. Per noi è anche il primo incontro con un serpente velenoso che qui chiamano “sette passi”, perché se ti morde nessuno fa l’ottavo. Al ritorno, troviamo ad aspettarci un brodo caldo. Per gli abitanti di Galiana, questo è il piatto più ricco che possono permettersi. Ce lo offrono senza chiedere nulla in cambio. La sera, prima dell’immancabile festa, incontriamo le donne del pueblo e la promotrice della salute che ci spiega quello che stanno facendo con i pochissimi mezzi a disposizione. Uno dei portavoce della comunià ci racconta de tentativi che il governo mette in atto per tentare di comprarli e di rinunciare all’autogoverno in cambio di animali e di medicine. “Ma sappiamo bene cosa si nasconde dietro questo offerte – spiega – e siamo tutti fortemente decisi a rifiutarle. La nostra libertà e la nosra dignità non sono merce di scambio”.
Cronaca del 2 Agosto
La Comunità di San Alejandro
Oggi si scende. La gente ci aspetta all’inizio del sentiero per salutarci uno per uno “Gracias compa, que te vaja bien”. Si ritorna a La Garrucha ma prima il comandante Ismael ci accompagna a San Alejandro. Altra scarpinata in mezzo al fango. Per fortuna stavolta siamo in discesa, ma sono pochi quelli che arrivano giù col fondo dei pantaloni pulito.
Troviamo ancora tutta la gente del villaggio a riceverci con canzoni, ringraziamenti e piatti di riso e fagioli. Un mese fa, i militari avevano cercato di entrare nel villaggio ma la gente, donne e bambini, in particolare (gli uomini erano nei campi) li ha costretti a salire sulle camionette e a fare dietro front.
Cronaca del 4 e 5 agosto
Visita alle Comunità di Xavier Hernandez, Rancho de Santa Rita e San Rafael
“Il padrone ci pagava 5 pesos (più o meno 30 centesimi di euro) al giorno. Si cominciava la mattina al levar del sole e si finiva a notte fonda. Poi dovevamo attendere il giudizio degli sgherri del padrone. Se giudicavano il nostro lavoro mal fatto, lui non ci versava un soldo. E il più delle volte era così che andava”. A raccontare ai carovanieri come la gente del Chiapas viveva prima della “rebeldia” è una anziana signora vestita del colorito abito tradizionale e con un cappuccio nero in testa. Lei è stata una delle prime donne del villaggio di Xavier Hernàndez a ribellarsi. La carovana di stanza al Caracol La Garrucha era arrivata nella comunità zapatista nella tarda mattinata di lunedì 5, dopo due ore di viaggio in pick up su una strada che definire disastrata sarebbe fargli un complimento, tra violenti scrosci di pioggia ed improvvise apparizioni di solleone. Arrivati a Xavier Hernàndez, neppure il tempo di poggiare giù i bagagli che bisogna salire su una vicina collina, dove sorgeva la “finca” (la tipica casa del latifondista del Chiapas) di padron Fernandez. Nel sentiero che sale ripido, il fango ci arriva alle caviglie ma i disagi sono compensati da un paesaggio bello da togliere il fiato. Una vallata verde brillante si apre a vista d’occhio, racchiusa da una cintura di colline basse coperte dalla tipica flora tropicale della selva Lacandona. “Tutto quello che vedete apparteneva al padron Fernandez - continua l’anziana zapatista - Tutto. Compresi noi che qui vivevamo, lavoravamo e morivamo”. Tra le rovine della casa del padron Fernandez, i carovanieri ascoltano attoniti le testimonianze degli abitanti del pueblo. Agli indios non era consentito tenere animali senza il permesso specifico del padrone. Non potevano neppure coltivare un pezzo di quell’immensa terra. Gli era permesso solo lavorare e lavorare per il padrone. Anche l’accesso al fiume era di esclusiva pertinenza del padrone, dei suoi sgherri e dei suoi animali. Gli abitanti del pueblo dovevano chiedere sempre un permesso che il più delle volte veniva loro negato. I bambini erano costretti a fare legna per la case padronale e una volta che, grazie ad una associazione benefica, era stata costruita una scuola, gli sgherri del padrone l’hanno bruciata. Gli indios dovevano rimanere ignoranti. “Se protestavamo con il poliziotto locale, questo ci rispondeva che il padrone aveva diritto di fare così perché questa era la sua terra e noi eravamo i suoi campesinos - continua la zapatista - Se chiedevamo di più, ci rispondeva che lui non aveva soldi per noi e che dovevamo solo ubbidire, poi ci aizzava contro i suoi sgherri. E quando abbiamo cominciato ad organizzarci, Fernandez ha assunto una banda di pistoleri che ha devastato, violentato ed ucciso”. Ricordiamo che la maggior parte dei latifondisti messi in fuga dall’Eznl è stata in seguito risarcita dal governo Messicano che, in pratica, gli ha “comperato” la terra recuperata dai contadini. La stessa terra che il governo sta ora assegnando a gruppi di indios con la scusa di “riordinare il latifondo” ma con il vero scopo di innescare una guerra tra poveri e mettere contadini contro contadini. Il giorno dopo, la carovana riparte. Tocca al villaggio di San Rafael. Veniamo accolti come di consueto. Bambini, donne e uomini tutti in fila, con cartelli di benvenuto e l’immancabile inno zapatista. Ancora, andiamo alla “finca” del latifondista. Diversi gli occhi che ci guardano dietro i cappucci, ma le storie di violenza e sopraffazione sono le stesse. Qui, se possibile, le cose andavano ancora peggio. Il padrone non riconosceva agli indios neppure il diritto ad una paga. Schiavi. Schiavi e basta.
Cronaca dal 7 agosto
Ritorno al Caracol
Il giorno dopo, giovedì 7, si ritorna al Caracol.
Domani è una data importante. Una data che la gente del Chiapas per secoli schiavizzata dai latifondisti non dimentica mai. L’8 agosto 1879 ad Anenecuilco, nello stato di Morelos, nasceva Emiliano Zapata.Al Caracol ci attendono tre giorni di festa.
Sono i giorni dell’Anniversario della nascita delle Giunte di Buongoverno. Il Caracol si riempie di indigeni che arrivano da tutti i Municipi: ci sono spettacoli, musica e poesie preparate dagli studenti della Scuola Autonoma e dai gruppi culturali locali, si balla la notte e di giorno si gioca a basket e calcio.
Anche la delegazione italiana si esibisce in una creativa interpretazione di “Curre, curre guaglio” dei 99 Posse ..
Le delegazioni internazionali e nazionali vengono invitate sul palco per stringere e rafforzare i legami con le lotte in tutto il mondo.
Partiamo per tornare a San Cristobal ma come sempre un pezzo di cuore resta nella vallata de La Garrucha …
DELEGAZIONE DELLA CAROVANA INTERNAZIONALE NEL CARACOL DI OVENTIC
Cronaca del 30 agosto
Arrivo nel Caracol
Il gruppo di carovanieri è composto da aderenti alla Otra Campaña del Messico, da europei aderenti alla rete Europa Zapatista ed altri internazionali, per un totale di circa 50 persone. Arriviamo nel pomeriggio nel Caracol di Oventic. Veniamo accolti con una cerimonia di benvenuto a cui partecipano tutte le comunità. La Giunta di Buon Governo spiega la situazione di estrema povertà ed emarginazione in cui vivono gli indigeni ed i contadini del Chiapas ed i motivi per cui molti di essi si sono organizzati all’interno dell’EZLN e sono insorti il 1 gennaio 1994.
Giustizia, Libertà e Democrazia i cardini che gli zapatisti hanno messo al centro della loro azione con la nascita dei Municipi Autonomi Zapatisti nel 1994.
La Giunta ha poi ricordato come il governo messicano ha risposto a queste legittime richieste solo con la militarizzazione e la violenza. Il Governo messicano pur firmando gli accordi di San Andres nel 1996, in cui si riconosce il diritto ai popoli indigeni messicani ad autogovernarsi, non ha mai voluto mettere in pratica questi accordi e per questo gli zapatisti hanno scelto di affermare che “per essere liberi non c’è bisogno di chiedere il permesso a nessuno”. Fin dall’inizio della loro lotta si sono organizzati nelle comunità, portando avanti progetti autonomi e collettivi nell’ambito dell’autogoverno, dell’educazione, della salute e della produzione.
Nell’agosto 2003 sono nati i Caracoles e le Giunte di Buon Governo. Un ulteriore passaggio nella costruzione delle forme di autogoverno che le comunità in lotta hanno scelto per coordinare i propri Municipi Autonomi.
Il Governo messicano, soprattutto nell’ultimo anno, ha aumentato la repressione operando con diverse strategie: dalle aggressioni agli arresti, all’organizzazione di gruppi paramilitari, all’attacco al diritto alla terra e all’acqua. Ma la lotta delle comunità ribelli continua insieme alla loro organizzazione e alla costruzione dell’ autonomia.
In serata alcuni giornalisti di Radio Insurgente e di altre radio comunitarie della zona degli Altos del Chiapas hanno intervistato alcuni componenti della Carovana perché raccontassero delle lotte che si stanno portando avanti nei loro luoghi di origine.
Il giorno seguente i carovanieri si sono divisi in due gruppi .
Uno si e’ diretto verso il presidio delle basi di appoggio zapatiste che, dallo scorso anno, stanno difendendo la Riserva Ecologica del Monte Huitepec.
L’altro gruppo si e’ diretto alla comunità di Cruzton nel Municipio di Venustiano Carranza.
Huitepec
Il presidio si trova a 2500 metri s.l.m., nel bosco, con un clima freddo e le condizioni dell’accampamento sono molto dure. Dalla montagna Huitepec, sulle cui pendici vivono alcune comunità zapatiste, sgorgano numerosi corsi di acqua che approvvigionano le comunità e la città di San Cristobal. Il tentativo del Governo messicano di privatizzare la Riserva di Huitepec e soprattutto i suoi corsi di acqua ha trovato l’opposizione delle Basi d’appoggio zapatiste che stanno difendendo queste risorse che sono indispensabili per la loro vita e per quella di tutti coloro che vivono nelle vicinanze della montagna. Nonostante le avverse condizioni la Carovana è stata ricevuta con una cerimonia di benvenuto.
Intervista con le basi di appoggio che danno vita all’accampamento di resistenza.
Il Cerro de Huitepec e’ una delle montagne che circonda la città di San Cristobal, a nord.
E’ ricoperta da boschi ed è ricca di corsi d’acqua. Dal marzo del 2007 la Giunta di Buon Governo della zona Altos di Oventic ha creato una riserva ecologica comunitaria, per difendere una parte della montagna dal tentativo del governo e di privati di sfruttare a fini di lucro le ricchezze che vi si trovano. La riserva comunitaria, grande 102 ettari, e’ vigilata da un presidio di basi di appoggio zapatiste provenienti dalle varie comunità della zona degli Altos.
Le basi d’appoggio permangono al presidio con turni di una settimana.
Domanda: Cos’è il Cerro di Huitepec e quali risorse vi si trovano?
Huitepec è il nome della montagna. Qui si incontrano sorgenti e ruscelli che forniscono l’acqua alle comunità circostanti e ad alcuni quartieri della città di San Cristobal. Ci sono molte specie di piante medicinali, molti alberi, alcuni dei quali hanno 300 o 400 anni. Sono risorse di grande valore. Sulla montagna sembra che ci siano anche dei resti archeologici Maya, ancora sotterrati.
D: Quali interessi ha il governo sulla riserva di Huitepec?
Il governo vuole fare affari sulla riserva. Sta espropriando le terre alle comunità e alle famiglie contadine per venderle ai ricchi. I ricchi, molti dei quali stranieri, hanno cominciato a costruire case di villeggiatura sulle pendici della montagna. Il governo espropria le terre ai contadini senza pagarle il loro vero valore, ma dando solo elemosine. Il governo municipale di San Cristobal ha dato queste elemosine alle famiglie priiste (affiliate al partito del PRI, n.d.t.), per farle tacere sull’espropriazione. Le famiglie zapatiste non accettano questi soldi ma vogliono difendere la riserva.
Il governo sta pensando di scavare i resti archeologici e sfruttare il turismo. Il governo vende l’acqua a delle imprese. La Coca Cola sta prendendo l’acqua da alcuni ruscelli perché vuole costruire una fabbrica di imbottigliamento. Questi ruscelli fino ad ora rifornivano alcune comunità e alcuni quartieri poveri di San Cristobal. Noi sappiamo che l’acqua e’ di Dio, quindi di tutti. Non è del governo né di un’impresa privata.
D: Perché avete creato la Riserva Ecologica Comunitaria “El Huitepec” e il Campamento Civil por la Paz (presidio).
La riserva Ecologica Comunitaria “El Huitepec”, di 102 ettari, la stiamo difendendo perché per noi ha un immenso valore. Ci sono tante piante e animali, c’è ossigeno. Per noi la vegetazione è vita. La stiamo difendendo non solo per noi ma per tutti. Sulla montagna di Huitepec vivono alcune comunità indigene che da molti anni stanno proteggendo la riserva. Abbiamo installato il Campamento Civil por la Paz (presidio) perché vogliamo difenderla in modo pacifico. Sappiamo che la riserva è di noi indigeni, come da sempre è stata dei nostri antenati.
D: Vivono famiglie zapatiste sulla montagna di Huitepec? Quale è il rapporto con le altre famiglie?
Sulla montagna di Huitepec ci sono alcune famiglie basi di appoggio zapatiste, ma non ci sono comunità interamente zapatiste. Nei primi mesi del presidio le famiglie priiste ci volevano cacciare perché il governo municipale di San Cristobal li pagava per crearci problemi. Adesso la maggior parte delle famiglie non zapatiste si è resa conto che è importante la difesa della riserva. Anche se non partecipano alla lotta non si oppongono più al presidio. Solo le autorità di alcune comunità sono contro il presidio, ma non la gente. Queste autorità si comportano così perché sono pagate dal partito (PRI, n.d.t.) e dal governo municipale di San Cristobal.
Al momento di lasciare l’accampamento sul Cerro di Huitepec le basi di appoggio salutano i carovanieri esprimendo la loro gratitudine. Queste le loro parole:
Ringraziamo i compagni e le compagne che sono venuti nelle nostre comunità a portare la loro solidarietà, alcuni anche da luoghi molto lontani. Ci dà molto coraggio la vostra presenza. Ci dà molto coraggio conoscere che in altre parti del mondo ci sono presidi per la difesa dei territori e ci sono molte lotte che, come la nostra, si battono per costruire un mondo migliore. Dobbiamo organizzarci nei nostri luoghi e dobbiamo unire le nostre lotte.
Cruzton
La comunità di Crutzon dallo scorso anno è in lotta per difendere il diritto di proprietà della terra sulla quale vivono e lavorano da anni. Non tutta la comunità è zapatista e non è organizzata in Municipio Autonomo Zapatista, anche se negli ultimi mesi è sempre in contatto con la JBG di Oventic. Nella comunità ci sono 2 famiglie zapatiste e 24 famiglie aderenti alla Otra Campaña. Tutte queste famiglie dallo scorso anno si sono riappropriate e stanno difendendo circa 249 ettari di terra intorno alla loro comunità; questi terreni erano stati occupati illegalmente, nel 1994, da persone che vivevano in altri municipi e che riscuotevano un affitto per far lavorare la terra che invece appartiene agli abitanti di Crutzon.
Gli abitanti di Crutzon fino al 1984 vivevano come schiavi in un latifondo. Molti ancora ricordano la vita durissima e inumana in cui erano costretti. Dal 1984 il ricco proprietario latifondista se ne è andato e loro hanno cominciato a lavorare la terra della loro valle, pagandoci le tasse. Nel 1994 alcune persone provenienti da altri municipi hanno espropriato le loro terre avvalendosi di titoli di proprietà che però non hanno mai dimostrato di avere. Gli espropriatori sono sempre stati spalleggiati dal governo municipale di Venustiano Carranza. Gli abitanti di Crutzon, per anni hanno chiesto incontri per risolvere la situazione e per veder riconosciuti i loro diritti sulle terre.
Gli abitanti di Crutzon, dopo che per anni sono stati ingannati sia dagli invasori che dal governo municipale, lo scorso anno hanno deciso di riappropriarsi di ciò che gli appartiene. Il 5 maggio 2007 hanno occupato le terre. Negli ultimi mesi gli invasori, molti appartenenti al locale PRI, insieme alla polizia di Venustiano Carranza e alla polizia dello stato del Chiapas, hanno attaccato la comunità di Crutzon. La comunità, grazie anche alla continua presenza di osservatori dei diritti umani mandati dalla organizzazione Fray Bartolomè de las Casas, ha resistito e continua a difendere le terre, nelle quali coltivano il mais che è la base della loro sussistenza.
Il governo locale ha anche emesso 8 mandati di cattura contro altrettanti abitanti della comunità.
Il 27 aprile 2008 la polizia è entrata per la prima volta nella comunità per arrestare gli 8 accusati. Ma grazie alla mobilitazione delle donne della comunità l’azione militare è stata bloccata.
Il 18 giugno c’è stata la seconda incursione: la polizia, questa volta insieme ai vecchi invasori, ha occupato le terre di Crutzon, installando un accampamento. Tutto questo ha prodotto la distruzione di parte dei campi coltivati e l’inquinamento del ruscello che porta l’acqua alla comunità di Crutzon e alle comunità vicine.
La risposta degli abitanti di Crutzon, insieme agli osservatori, è la costruzione di un presidio nei pressi delle terre.
Il 22 luglio si decide di andare a lavorare i campi di mais, che da un mese sono circondati dalla polizia che impedisce l’accesso e nei quali il mais è quasi andato perduto. Avviene un’altra aggressione da parte della polizia nella quale viene arrestato un osservatore della Otra Jovel e vengono sparati gas lacrimogeni. Anche qui sono le donne che si interpongono e respingono la polizia. Nella notte la polizia abbandona l’accerchiamento delle terre di Crutzon. Probabilmente anche perché nei giorni seguenti sarebbe arrivata la Carovana di osservazione e il governo del Chiapas non aveva alcun interesse a mostrare, a livello internazionale, le ingiustizie e gli oltraggi che compie contro i contadini poveri del suo stato.
Adesso le terre sono tornate alla comunità, ma parte del raccolto di questo anno è ormai andato perso.
Arrivo della Carovana a Cruzton
La Carovana raggiunge la comunità il 31 luglio. Siamo 24 persone, tra cui 8 italiani, un canadese, un tedesco, una norvegese e messicani. La cerimonia di benvenuto è molto emozionante. Anche perché è la prima Carovana internazionale che raggiunge questa la comunità in lotta. I rappresentanti della comunità ringraziano la Carovana. I messicani e gli internazionali ribadiscono che gli zapatisti “no estan solos” e che in altre parti del Messico e in Europa ci sono tante altre lotte e che lottiamo tutti insieme per obbiettivi comuni.
La comunità mostra un video girato dagli osservatori durante l’aggressione della polizia del 22 luglio. Nelle immagini si nota il coraggio delle donne della comunità che si interpongono alla polizia.
Il 1 agosto abbiamo fatto un lungo incontro in cui molti membri della comunità hanno raccontato la loro storia e soprattutto la storia della loro lotta e della loro resistenza.
DELEGAZIONE DELLA CAROVANA INTERNAZIONALE
NEL CARACOL DI MORELIA
Relazione conclusiva sulle comunità del Municipio Autonomo Ribelle “17 de Novembre” visitate dalla Carovana Nazionale e Internazionale
Nei giorni che vanno dal 3 al 7 agosto 2008, il primo gruppo della brigata di osservazione destinata al Caracol Morelia della carovana “l@s zapatistas no estàn sol@s”, composto da 15 compagni tra cui svizzeri, francesi, statunitensi figli di immigrati messicani, spagnoli, messicani e una delegazione italiana ha visitato le comunità di Nueva Revoluciòn, 8 de Marzo, 10 de Abril e Pancho Villa, tutte appartenenti al municipio autonomo ribelle zapatista “17 de Novembre”, il più grande tra i 12 municipi che compongono il Caracol Morelia, nonché quello in cui ha sede il Caracol stesso.In ognuna delle sopra citate comunità il gruppo è stato accolto con una riunione a cui ha partecipato tutta la popolazione, compresi i bambini, ed in seguito i promotori di educazione e di salute e le autorità comunitarie hanno offerto uno spazio per rispondere a tutte le domande riguardo il funzionamento, la storia e l’attualità delle comunità autonome zapatiste, ovvero delle “bases de apoyo” dell’EZLN.
Le risposte date dagli zapatisti di ciascuna delle quattro comunità riguardo i temi della sanità ed educazione autonoma, della nascita delle comunità, del ruolo della donna e dei problemi con i militari, i paramilitari e le comunità non zapatiste appartenenti al PAN e al PRI, presentando tratti comuni, possono essere raggruppate ed esposte come segue:
La “salud autonoma”Prima dell’insurrezione armata dell’EZLN del ’94 gli indigeni che oggi sono zapatisti non erano in nessun modo assistiti in materia di sanità. Gli ospedali erano lontani dalle comunità e i medici discriminavano gli indigeni che non avevano soldi per pagare inventando spesso che la malattia era incurabile. Si moriva di malattie facilmente curabili.Oggi invece gli zapatisti dispongono di cliniche municipali e a livello delle comunità di “casas de salud”. Nella comunità Pancho Villa, ad esempio, la “casa de salud” comprende una farmacia, un posto letto e lo studio del promotore, che nel periodo della nostra visita stava facendo, insieme ai promotori delle altre comunità, dei controlli sul tasso di denutrizione dei bambini e sui casi di malaria (dal gennaio all’agosto 2008 sono stati pari a zero), nella zona media del municipio 17 de Noviembre.
Il popolo nomina i “promotores de salud”, questo incarico non è retribuito bensì frutto di una scelta di coscienza e responsabilità a fronte dell’impegno tutta la comunità offre ai promodores il necessario per vivere. Il compito di ogni promotores è di diffondere norme di prevenzione come l’igiene personale e la dieta e di essere un primo riferimento per coloro che si ammalano. I promotores si dividono in tre livelli a seconda dell’esperienza acquisita e i principianti del primo livello apprendono da quelli più esperti dell’ultimo. Anche perchè, come succede ad esempio a Pancho Villa, i promotores cercano di ruotare tra le comunità e di lavorare insieme, così da fare più esperienze e di condividere le conoscenze.Di importanza fondamentale per la sanità autonoma è l’uso delle piante curative, le cui proprietà e le modalità di utilizzo sono state rimesse in gioco a partire dalle conoscenze tradizionali dei più anziani. Nella clinica “Nueva Esperancia”, vicina al Caracol, vengono coltivate e trattate piante in grado, ad esempio, di tranquillizzare, di risolvere problemi gastrointestinali, di trattare il diabete, piante con effetti diuretici, antiallergici o ricche di vitamine. Sono disponibili anche alcuni medicinali farmaceutici, anche se a causa del loro costo il loro utilizzo è abbastanza limitato.La maggior parte dei problemi comuni vengono risolti già al livello della comunità, altrimenti si passa alla clinica municipale. Laddove nemmeno la clinica municipale può risolvere il problema il malato va in un ospedale accompagnato dal promotore. Nel caso della clinica “Nueva Esperancia” del Caracol Morelia i casi più gravi vengono accompagnati in un ospedale indipendente della città di Altamirano che appoggia gli zapatisti.L’aborto volontario non è praticato nelle comunità perchè, come detto dal “promotor de salud” di Pancho Villa, viene avvertito come omicidio.
Il ruolo della “mujer”Prima dell’insurrezione del ’94 le donne vivevano in una condizione di discriminazione, relegate solo all’ambito domestico. Nelle comunità zapatiste invece le donne si sono andate organizzando ed hanno ottenuto diritti e partecipazione uguali agli uomini. Nel suo percorso il gruppo di carovanieri ha incontrato donne componenti della “Junta de Buen Gobierno”, donne “promotoras de salud”, donne che lavorano in cooperative producendo indumenti, borse, pane ed ha visto donne partecipare alle assemblee.Va però detto che, almeno in alcune comunità, sono ancora le donne che si svegliano ore prima degli uomini per preparare la colazione, anche se è pur vero che poi sono gli uomini ad andare a lavorare nei campi.Va anche detto che, nonostante in tutte le riunioni a cui il gruppo ha partecipato, gli uomini si sono espressi a favore delle pari opportunità, in alcune comunità il pregiudizio nei confronti della donna non è ancora del tutto estirpato.
Militari, paramilitari e comunità partidisteNelle quattro comunità visitate, attualmente, non vi sono osteggiamenti da parte di militari, paramilitari o indigeni di comunità non zapatiste. Tuttavia nella comunità Pancho Villa, che dal ’94 ad oggi non ha mai sofferto osteggiamenti , gli zapatisti si dicono preoccupati perchè nelle sue vicinanze si sta formando un nuovo gruppo di paramilitari che con tutta probabilità darà problemi in futuro. Per il resto, nel territorio del municipio “17 de Novembre”, va segnalato che nel maggio 2008 alcuni indigeni di comunità non zapatiste volevano impossessarsi del territorio dello stesso Caracol o di ricevere la somma di cinquecentomila pesos, rifiutando ogni proposta di patteggiamento fatta dagli zapatisti e attuando atti di ostilità come il taglio dell’illuminazione elettrica. In seguito alla mobilitazione di migliaia di compagni zapatisti a difesa del Caracol, questa pretesa sembra essere stata abbandonata. Gli zapatisti della comunità 8 de Marzo hanno confermato l’uso di “intelligence” da parte del governo per spiare l’organizzazione autonoma e hanno ribadito che l’esercito ha usato più volte la scusa della lotta al narcotraffico come pretesto per irrompere nelle comunità zapatiste dove notoriamente l’uso di droghe e alcool è proibito.
Produzione e consumo
Tutti gli uomini che hanno terminato gli studi, che stanno in salute e che non svolgono incarichi di promotori o di autorità si svegliano presto per lavorare collettivamente la terra. Nelle comunità visitate le colture lavorate sono: fagioli, mais, patate e caffè; in alcune comunità si produce anche il miele utilizzando tecniche di apicoltura. Le comunità consumano quasi solo ciò che producono. Per quanto riguardo il mais, i fagioli e le patate risulta raro che la comunità possa vendere molto perchè è poco ciò che avanza al consumo, ma per quanto riguarda il caffè ed il miele essi sono i principali prodotti che la comunità vende per costituire una cassa comune, assieme ai prodotti delle cooperative di donne come il pane, i vestiti, le borse. Con tale cassa la comunità compra quei beni di consumo che essa non produce come il sapone e la cancelleria per gli studenti. Nelle comunità sono presenti negozi che vendono alimenti basi e diversi beni di consumo. La terra è proprietà collettiva, sebbene ogni famiglia possegga anche una parte di terra che lavora privatamente, la quale però é sempre oggetto di scelte prese collettivamente.Alla domanda di quante ore lavorano al giorno i compagni hanno risposto che lavorano fin quando non si stancano, ma che in media lavorano la terra quattro o cinque ore al giorno. La domenica comunque è giorno festivo e durante l’anno ricorrono anche altre festività in ogni singola comunità.
Popolazione e territorioLe comunità visitate presentano una media di 100-200 abitanti ciascuna. La comunità Nueva Revolución, molto popolata, è composta da 75 famiglie; la più piccola invece, 8 de Marzo, è composta da 25 famiglie. Si incontra una forte presenza di giovani e bambini, che da soli compongono circa la metà di ogni “pueblo”. Riguardo il territorio, ciò che ha destato per primo l’attenzione è stata la sua vastità: il viaggio più lungo compiuto dal gruppo, della durata di due ore con la camionetta, si è svolto per intero all’interno del solo municipio 17 de Noviembre, che è solamente uno dei 12 municipi che compongono il Caracol di Morelia.Nella maggior parte dei casi le comunità si trovano su terre recuperate, vale a dire sottratte ai latifondisti con l’insurrezione armata del ’94.Tale immenso territorio autonomo, che nel caso del Caracol Morelia corrisponde per lo più al Tzotz Choj, comprende rovine maya e altri siti di interesse turistico come cascate e laghi che sono i maggiori oggetti di conflitto tra comunità zapatiste e non zapatiste. Nei pressi della comunità 8 de Marzo, ad esempio, si trovano tre rovine maya e un lago che il governo vuole privatizzare. Ma un membro della JBG ha rassicurato: “il governo autonomo ha un esercito e lo difenderà”.
Concezioni diffuse tra gli zapatistiGli abitanti e le autorità delle comunità visitate hanno più volte espresso le stesse posizioni intellettuali nei confronti della lotta zapatista e anticapitalista. In particolare, volendo riportare alcune delle stesse parole pronunciate dai compagni durante le diverse riunioni, è stato detto che “andiamo crescendo”, che “andiamo rompendo frontiere”, che “possiamo incontrare problemi nel nostro cammino, ma di certo lasciamo dei semi che poi fioriranno e daranno frutti”, che “abbiamo fatto una scelta, abbiamo preso il nostro sentiero”, che “il lavoro è duro, ma dobbiamo completarlo”.Gli zapatisti hanno inoltre manifestato una concezione internazionalista della lotta de “los de abajo” contro “los de arriba” che ha portato alcuni di loro, nella comunità di Pancho Villa, a fare al gruppo domande su come funzionano le società dei paesi occidentali.
Delegazione italiana del gruppo presente nel municipio 17 de Noviembre.
Cronaca del 3 agosto
Sistema di salute autonoma nel Municipio Autonomo Rebelde “Che Guevara”
In seguito all’intervista con il consiglio del Municipio “Che Guevara”, incluso nel Caracol di Morelia, abbiamo potuto conoscere la situazione del sistema di salute autonomo della comunità zapatista di questo Municipio.
Prima del 1994, era palese una situazione di abbandono da parte del sistema ufficiale di salute.Come conseguenza di questo abbandono alla popolazione indigena non si garantiva la stessa situazione che al resto dei pazienti. Quando era necessaria la presenza di un dottore in qualche comunità, nel migliore dei casi il governo inviava studenti di medicina, convertendo così l’indigeno in oggetto della pratica universitaria invece di considerarlo un paziente reale. Dopo l’insurrezione armata dell’EZLN del 1994 inizia la costruzione del sistema autonomo di salute. In questo nuovo sistema il paziente indigeno recupera il suo diritto ad un’attenzione sanitaria degna. Gli zapatisti formano la Commissione di salute, la quale designa dei promotori di salute in ogni Municipio, inoltre viene istituita in ogni comunità una casa della salute. Nel Municipio Che Guevara esistono dieci promotori di salute che si alternano ogni settimana, l’ incarico non è remunerato né economicamente né materialmente ma “è un lavoro di coscienza”. La formazione della conoscenza della medicina chimica (allopata) di questi promotori è stata realizzata con l’aiuto di medici ed infermieri della società civile nazionale ed internazionale. Questa conoscenza della medicina allopata, insieme a quella della medicina tradizionale, è trasmessa successivamente ai nuovi promotori. In questo modo il paziente, sia zapatista che no, può scegliere tra l’applicazione del trattamento allopata o tradizionale. Il paziente, nel caso scegliesse il trattamento allopata, paga una quota del prezzo della medicina. In ogni caso la visita è gratuita. La clinica del Municipio “Che Guevara”, situata nella comunità “Moises y Gandhi”, è stata costruita nel 1996 grazie all’appoggio civile nazionale ed internazionale. Questa clinica chiamata “San Manuel”, è composta da una stanza per le visite, una clinica dentale ed un laboratorio nel quale si realizzano analisi di campioni fecali e di sangue. Inoltre, nel caso fosse necessario, i pazienti che necessitassero di una maggiore attenzione, possono essere ricoverati nella clinica stessa. In casi di maggiore gravità o di parto, i pazienti si trasportano all’ospedale “San Carlos” di Altamirano o alla clinica Guadalupana del Caracol di Oventic. Per il trasporto del paziente si utilizza un mezzo del Municipio ed il paziente paga solo il costo della benzina. Nella clinica “San Manuel” si visitano la media di 50/60 persone alla settimana, principalmente zapatisti, anche se non esistono distinzioni. Le principali malattie che si riscontrano sono le parassitosi, specialmente nei bambini, la bronchite e l’asma. A distanza di 14 anni dall’insurrezione, oggi il paziente indigeno riceva un’attenzione sanitaria degna, tenendo conto delle difficoltà di risorse in cui si trovano attualmente, e senza dimenticare che questo è un processo lungo ed è appena all’inizio.
Brigata presente nel municipio”Che Guevara”, Caracol 4 di Morelia, dal 2 al 7 agosto 2008.
La condizione delle donne nel Municipio Autonomo Rebelde “Che Guevara”,
Durante l’incontro con le autorità del municipio “Che Guevara”, una delle questioni che sono state trattate è stata la condizione della donna. Le autorità hanno sottolineato come prima dell’ insurrezione le donne non avevano parola né diritti. Il ruolo della donna era relegato all’ambiente domestico, la capacità di decidere in tutti gli ambiti della comunità apparteneva esclusivamente all’uomo. E’ importante notare il fatto che essendo una comunità indigena di costumi tradizionali molto radicati hanno realizzato un processo di autocritica sul tema dell’uguaglianza tra uomini e donne. Le donne hanno avuto un ruolo essenziale nella costruzione delle norme, come quella che proibisce l’alcol e le droghe nelle comunità. Questo ha portato ad una riduzione degli abusi ed dei maltrattamenti da parte degli uomini. La lotta zapatista è cosciente di ciò che si è ottenuto e di quello che ancora manca, c’è la consapevolezza di una differenza tra il processo di elaborazione e il processo personale nelle comunità. Questo processo ha pochi anni di esistenza e, nonostante la partecipazione ugualitaria sia concepita teoricamente, nella pratica non è ancora totale. Tuttavia le donne sono passate da non aver voce a partecipare e decidere attivamente in tutti gli ambiti. Una delle basi del loro pensiero collettivo a lungo termine è costruire sapendo che “le donne non possono andare avanti senza gli uomini né gli uomini senza le donne”. In questo modo il lavoro domestico si coordina. Quando la donna ha un incarico comunitario e deve allontanarsi da casa per un periodo è l’uomo il responsabile dei lavori domestici e dalla cura familiare. Come risultato di questo processo le donne adulte hanno accesso alla formazione in diversi ambiti, come l’apprendimento del castigliano, compiti di logistica, organizzazione.
Le nuove generazione hanno accesso a una educazione basata su un assetto egualitario. Abbiamo potuto osservare che nella scuola di zona del Caracol 4 di Morelia, le classi sono miste e che una delle materie che attualmente si impartisce è “sessualità e genere”. Ugualmente si trattano temi come il maltrattamento, alcolismo, prostituzione e malattie a trasmissione sessuale. A partire dai 15 anni uomini e donne iniziano ad occupare ruoli di responsabilità nelle comunità (promotori e promotrici di salute, membri di commissioni, partecipazione nella JBG). Nell’ambito quotidiano la donna continua ad essere la responsabile della cura familiare e della casa e inizia a integrarsi nella vita agraria. Si può notare che la partecipazione della donna alla vita politica e sociale è sempre più ampia grazie ad una crescente consapevolezza dei propri diritti come ad esempio la contraccezione.Terminiamo l’incontro con una forte sensazione che il processo di lotta della donna continua e che nonostante tutte le contraddizioni i progressi ottenuti permettono di vedere un altro mondo possibile.
Cronaca dal 2 al 7 agosto
Recupero della terra e problematica agraria
Nel 1994 con il “levantamiento” dell’EZLN nello stato del Chiapas, Messico, gli indigeni hanno recuperato per diritto le terre che appartenevano ai loro antenati prima della conquista degli spagnoli, come nel caso di Bosque Bonito nel municipio autonomo Che Guevara, terreno di venti ettari proprietà di un solo latifondista. Nel giugno 2003, alcune famiglie zapatiste vanno a vivere in questo posto per formare la comunità “la Resistencia”. Alcuni giorni dopo priisti e gente dell’ ORCAO, invadono queste terre, appoggiati dal governo del Chiapas. Gli zapatisti prima tentano di arrivare a un accordo per una convivenza ma questo viene rifiutato principalmente dall’ORCAO e quindi si ritirarono dalle terre per evitare lo scontro. L’ORCAO (organizzazione dei caffecultori di Ocosingo) è composta da priisti e ex zapatisti. Se fino ad oggi le minacce sono rimaste a livello di parole e non si è passati ai fatti, è perchè gli zapatisti hanno evitato di cadere in provocazioni, dato che per loro il nemico non sono i loro fratelli contadini, ma il governo.Per ciò che hanno detto le autorità municipali zapatiste, tutto questo è parte di una strategia del governo statale e federale per distruggere le basi di appoggio dell’EZLN e in questo caso, per mezzo dell’ORCAO, permettere la privatizzazione di Bosque Bonito.
Parole del Subcomandante Insurgente Marcos alla Carovana Nazionale e Internazionale di Osservazione e Solidarietà con le Comunità Zapatiste
Caracol La Garrucha - 2 agosto 2008
Buon pomeriggio, buona sera. Il mio nome è Marcos, Subcomandante Insurgente Marcos, e sono qui per presentarvi il Tenente Colonnello Insurgente Moisés. Lui è l’incaricato dell’attività internazionale per la Comandancia Generale dell’EZLN, che noi chiamiamo la Commissione Intergalattica e la Sesta Internazionale, perché, rispetto a tutti noi, lui è l’unico che riesce ad essere paziente con voi.
Parleremo lentamente, per permettere la traduzione. We will speak slowly, for the translation. Nous allons parler doucement, pour la traduction. Vogliamo ringraziarvi di essere venuti fino qua per conoscere direttamente quello che sta accadendo nel processo zapatista, non solo le aggressioni che stiamo subendo, ma anche quanto si sta realizzando qui in territorio ribelle, in territorio zapatista.
Speriamo che ciò che vedrete e che ascolterete possa essere portato lontano: in Grecia, in Italia, in Francia, in Spagna, nei Paesi Baschi, negli Stati Uniti e nel resto del nostro paese, con i nostri compagni dell’Altra Campagna.
Speriamo non facciate come la cosiddetta Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani, che la sola cosa che ha fatto venendo qua, alcuni mesi fa, è stata lavare le mani del governo perredista del Chiapas, dicendo che le aggressioni che subiscono le nostre comunità non vengono dal governo statale ma dal governo federale.
Vorrei introdurre quello di cui parlerà il Tenente Colonnello Moisés. Ci fa piacere che la vostra visita abbia coinciso con il suo passaggio da queste parti. Lui è il compagno che ha seguito più da vicino il processo di costruzione dell'autonomia nelle comunità zapatiste.
Vorrei spiegare, a grandi linee, la storia dell'EZLN e delle comunità indigene zapatiste in questo territorio, il Chiapas. Mi riferisco agli Altos del Chiapas, la zona del Caracol di Oventic; la zona tzotz choj, tzeltal-tojolabal, che è quella del Caracol di Morelia; la zona chol che è quella di Roberto Barrios, nel nord del Chiapas; la zona tojolabal o Selva Fronteriza, che è quella del Caracol di La Realidad; e questa che è la zona tzeltal, quella del Caracol di La Garrucha.
Domani siete invitati a visitare un villaggio che da molti anni è base di appoggio dell'EZLN. Avrete l'onore di essere guidati dal Comandante Ismael, che è qui. Questo compagno insieme al Señor Ik - il defunto Comandante Hugo o Francisco Gómez, il suo nome da civile - percorrevano queste gole diffondendo la parola zapatista quando nessuno era con noi.
Vi accompagnerà lui. Vedrete il luogo in cui i soldati cercavano marijuana. Vogliamo che vediate se c’è marijuana. Se la trovate non fumatela, ma denunciatelo affinché sia distrutta. No, non c’è marijuana. Ma a noi non credono, forse crederanno a voi. (…).
Con noi c’è anche il Comandante Masho, qui alla mia destra. Anche lui è uno dei compagni comandanti che erano con il Señor Ik, il Comandante Hugo, agli inizi dell’EZLN in questa vallata. E fa parte della Commissione Sesta dell’EZLN. Era con noi nel nordovest della Repubblica messicana a visitare comunità indios e compagni e compagne dell'Altra Campagna in Messico, in quella parte del paese.
Com’è cominciata? 24 anni fa, quasi 25, arrivò un piccolo gruppo di urbani, o di cittadini come diciamo noi, non in questa parte della selva, ma molto più all’interno, nella zona che ora è nota come la Riserva dei Montes Azules. In quella zona non c'era niente, solo animali selvaggi a quattro zampe ed animali selvaggi a due zampe, che eravamo noi. E la mentalità di quel piccolo gruppo - sto parlando del 1983-1984, cioè 24 o 25 anni fa - era la mentalità tradizionale dei movimenti di liberazione in America Latina, cioè: un piccolo gruppo di illuminati che si solleva in armi contro il governo. Questo fa sì che molta gente li segua, si ribelli e faccia cadere il governo e si instauri un governo socialista. Sono molto schematico, ma essenzialmente è quello che si conosce come la teoria del "fuoco guerrigliero".
Quel piccolo gruppo aveva quella mentalità tradizionale, classica od ortodossa, se la volete chiamare così, ma possedeva anche un bagaglio etico e morale che non aveva precedenti nei movimenti guerriglieri o armati in America Latina. Questa eredità etica e morale veniva da altri compagni che erano morti affrontando l'esercito federale e la polizia segreta del governo messicano.
Per tutti quegli anni rimanemmo soli. Non c'erano compagni nei villaggi. Nessuno dalla Grecia veniva a trovarci. Né dall'Italia né dalla Francia né dalla Spagna né dai Paesi Baschi. Nemmeno dal Messico! Perché questo era l'angolo più dimenticato di questo paese. Quello che era un fattore contro, più avanti si trasformò in un vantaggio: il fatto di essere isolati e dimenticati ci permise, allora, di vivere un processo di involuzione. Qualche ortodosso conoscerà il libro che racconta della "trasformazione della scimmia in uomo". Allora avvenne il contrario: l'uomo si trasformò in scimmia, che era quello che eravamo noi. Perfino fisicamente, per questo uso il passamontagna. È per una questione di estetica e di buon gusto che bisogna coprirsi il volto.
Questo piccolo gruppo sopravvisse alla caduta del Muro di Berlino, al crollo del socialismo, ai tentennamenti della guerriglia in America Centrale - prima col FMLN nel Salvador, poi con quello che una volta si chiamava il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, in Nicaragua. Ed in seguito, l'unione rivoluzionaria del Guatemala, la URNG -.
Ciò che lo fece sopravvivere furono due elementi, secondo noi: Uno, la sciocchezza o l'ostinazione che probabilmente quella gente aveva nel DNA. E l'altro, il bagaglio morale ed etico ereditato dai compagni e compagne che erano stati assassinati dall'esercito, proprio in quelle montagne.
Le cose stavano dunque così, con due possibilità: un piccolo gruppo che passa decenni rinchiuso in montagna aspettando il momento in cui succederà qualcosa per agire nella realtà sociale. O finire, come una parte della sinistra radicale nel Messico di allora, come deputati, senatori, o presidenti legittimi della sinistra istituzionale in Messico.
Accadde qualcosa che ci salvò. In quei primi anni ci salvò e ci sconfisse. Quello che accadde è qui seduto alla mia sinistra, il Tenente Colonnello Insurgente Moisés, il Comandante Masho, il Comandante Ismael e molti altri compagni che trasformarono l'EZLN da un movimento guerrigliero d'avanguardia ed ortodosso, in un esercito di indigeni.
Non si trattava solo del fatto che era un esercito composto in maggioranza da indigeni. In maggioranza… in realtà su 100 combattenti 99 erano indigeni ed uno era meticcio. Non solo questo, ma quell'esercito e la sua mentalità subì la sconfitta nel suo progetto illuminante, il suo progetto di guida, caudillista, rivoluzionario classico, dove un uomo, o un gruppo di uomini, si trasforma nel salvatore dell'umanità, o del paese.
Accadde che quel progetto fu sconfitto nel momento in cui ci confrontammo con le comunità e ci rendemmo conto non solo che non ci capivano, ma che la loro proposta era migliore.
Decenni prima, secoli prima era successo qualcosa. Ci stavamo confrontando con un movimento di vita che era riuscito a sopravvivere ai tentativi di conquista di Spagna, Francia, Inghilterra, Stati Uniti e di tutte le potenze europee, compresa la Germania nazista nel 1940-1945. Quello che aveva fatto resistere questa gente, questi nostri compagni e compagne in primo luogo, e poi, i nostri capi e cape di adesso, era stato l'attaccamento alla vita che aveva molto a che vedere con il loro bagaglio culturale. La lingua, il linguaggio, il modo di rapportarsi con la natura rappresentava un'alternativa non solo di vita, ma di lotta. Non stavamo insegnando a resistere a nessuno. Ci stavamo trasformando in alunni di quella scuola di resistenza di gente che lo stava facendo da cinque secoli.
Quelli che venivano a salvare le comunità indigene, furono salvati da queste stesse. E trovammo rotta, destino, strada, compagnia e velocità per il nostro passo. Quello che allora, ed ora, chiamiamo "la velocità del nostro sogno".
L'EZLN ha molti debiti con voi, con gente come voi, in Messico ed in tutto il mondo, ma il nostro debito fondamentale è nel nostro cuore: nel cuore indigeno. In questa comunità ed in migliaia di comunità come questa popolate da compagni basi di appoggio zapatiste.
Nel momento in cui il piccolo gruppo guerrigliero entra in contatto con i villaggi, sorge un problema ed un conflitto. Io posseggo la verità - io, il gruppo guerrigliero - e tu sei un ignorante, ti insegno, ti indottrino, ti educo, ti formo. Errore e sconfitta.
Nel momento in cui si inizia a costruire il ponte del linguaggio, ed incominciamo a modificare il nostro modo di parlare, iniziamo a modificare anche il nostro modo di pensare noi stessi e di pensare al nostro posto all'interno di un processo: Servire.
Da un movimento che si proponeva di servirsi delle masse, dei proletari, degli operai, dei contadini, degli studenti per arrivare al potere e guidarli alla felicità suprema, ci stavamo trasformando, gradualmente, in un esercito che doveva servire alle comunità. In questo caso, le comunità indigene tzeltales, le prime in cui ci stabilimmo in questa zona.
Il contatto con le comunità significò un processo di rieducazione più forte e più terribile dell'elettroshock praticato nelle cliniche psichiatriche. Non tutti lo sopportarono, ma alcuni sì.
Poi, che cosa è successo? Il fatto è che l'EZLN si trasforma in un esercito di indigeni, al servizio degli indigeni, e passa dai sei con i quali è nato l'EZLN, ad oltre seimila combattenti.
Che cosa fa scoppiare l'insurrezione del primo gennaio del '94? Perché decidemmo di sollevarci in armi? La risposta è nei bambini e nelle bambine. Non fu l'analisi della congiuntura internazionale. Ognuno di voi converrà con me che la congiuntura internazionale non era favorevole per un'insurrezione armata. Il campo socialista era stato sconfitto, tutto il movimento di sinistra in America Latina era in fase di ritirata. In Messico la sinistra stava piangendo la sconfitta dopo che Salinas de Gortari non solo aveva fatto una frode, ma aveva comperato buona parte della coscienza critica della sinistra in Messico.
Chiunque minimamente ragionevole ci avrebbe detto: non ci sono le condizioni, non sollevatevi in armi, consegnate le armi, entrate nel nostro partito, eccetera, eccetera. Ma qualcosa dentro ci disse di sfidare quei pronostici e quelle congiunture internazionali.
L'EZLN dunque si prepara, per la prima volta, a sfidare il calendario e la geografia dell'alto. Ho detto i bambini e le bambine. Successe che in quegli anni, a partire dal principio degli anni '90, fu introdotta una riforma che impediva ai contadini l'accesso alla terra. La terra, come vedrete domani, quando salirete la collina che va verso il villaggio di Galeana, quella era la terra che avevano i contadini: ripidi pendii pieni di pietre. Le buone terre erano nelle mani dei finqueros. Nei prossimi giorni vedrete anche quelle fincas e potrete constatare la differenza di qualità della terra.
Si era cancellata la possibilità ad accedere ad un pezzo di terra. Contemporaneamente le malattie iniziarono ad uccidere i bambini e le bambine. Dal 1990 al 1992 non c'era bambino nella Selva Lacandona che arrivasse a compiere cinque anni. Prima dei cinque anni morivano di malattie curabili. Non era il cancro, non era l'AIDS, non erano malattie di cuore, erano malattie curabili: tifo, tubercolosi e a volte una semplice febbre ammazzava bambini e bambine minori di cinque anni.
Capisco che in città questo può essere perfino un vantaggio: meno asini, più pannocchie, si dice. Ma nel caso di un villaggio indigeno la morte dei suoi bambini significa la scomparsa come popolo. Cioè, nel processo naturale, gli adulti crescono, diventano vecchi e muoiono. Se non ci sono bambini quella cultura scompare.
La moria degli indigeni, dei bambini e delle bambine indigene, acutizzò ancora di più il problema. Ma la differenza rispetto al resto di altri villaggi indios, è che qui c'era un esercito ribelle, armato. Furono le donne a spingere per questa scelta. Non furono gli uomini. So che la tradizione in Messico - i mariachi, Pedro Infante e tutto il resto - è che gli uomini sono molto machi. Ma non è stato così. Chi cominciò a spingere: bisogna fare qualcosa, basta, è ora di finirla, furono le donne che vedevano morire i loro figli e figlie.
Cominciò a diffondersi una voce in tutte le comunità: bisogna fare qualcosa, ora, facciamola finita, in tutte le lingue. In quel momento eravamo presenti ormai anche nella zona degli Altos. E lì avevamo due compagne che erano, e sono ancora, la colonna portante di quell’opera: la defunta Comandante Ramona e la Comandante Susana.
In diverse parti cominciò a nascere questa inquietudine, questo malessere… Chiamiamolo col suo nome: questa ribellione tra le donne zapatiste, secondo le quali bisognava fare qualcosa. Noi allora facemmo quello che dovevamo, domandare a tutti che cosa avremmo fatto. Allora, nel 1992, si svolse una consultazione - senza televisione, senza governo del Distretto Federale, senza niente di quello che c'è adesso - e villaggio per villaggio si fecero assemblee - come quella che stiamo facendo adesso -. Si presentava la questione. L'alternativa era molto semplice: se ci fossimo ribellati in armi ci avrebbero sconfitto, ma avremmo richiamato l'attenzione e le condizioni degli indigeni sarebbero migliorate. Se non ci fossimo ribellati in armi saremmo sopravvissuti, ma saremmo scomparsi come popoli indios.
La logica di morte è quando diciamo: non ci hanno lasciato altra scelta. Ora, dopo quattordici anni, quasi quindici, noi - quelli che siamo qui da più tempo - diciamo: che bello non aver avuto altra scelta.
Nei villaggi dissero: sei qui per questo, combatti, combatti con noi. Non si trattava solo di un rapporto formale, di comando. Perché formalmente era il contrario: formalmente l'EZLN era il comando e le comunità i subordinati. Nei fatti, nella realtà, era il contrario: i popoli sostenevano, si prendevano cura e facevano crescere l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
A quel tempo è stata importante anche la partecipazione di un compagno meticcio, proveniente dalla città, il Subcomandante Insurgente Pedro, che cade in combattimento il primo gennaio del 1994.
Di fronte a questa alternativa ed alle comunità che dicono "alziamoci in armi", il calcolo militare che facemmo - il Tenente Colonnello Moisés forse lo ricorda bene perché fu su questa montagna che sta alle spalle del villaggio, lassù, dove avevamo un accampamento, che si tenne una riunione di tutti i comandi zapatisti -, il piano che presentai loro fu questo: dobbiamo pensare bene a quello che faremo, perché quando si inizia qualcosa non si può tornare indietro.
Se noi andavamo a chiedere alla gente se ci si doveva sollevare in armi o no, non potevamo poi fermarci. Sapevamo e sentivamo che la risposta sarebbe stata un sì. E sapevamo e sentivamo che quelli che sarebbero morti erano quelli che si stavano riunendo su queste montagne, qui a La Garrucha.
Poi è successo quello che è successo. Non vi racconterò del primo gennaio del '94 perché iniziate a saperne un bel po' su di noi - almeno alcuni di voi, perché altri erano molto piccoli - e si apre una tappa di resistenza, diciamo noi, dove si passa dalla lotta armata all'organizzazione della resistenza civile e pacifica.
Accadde qualcosa in tutto questo processo sul quale voglio richiamare l'attenzione: il cambiamento della posizione dell'EZLN rispetto alla questione del potere. E la posizione rispetto alla questione del potere è quella che segnerà in maniera più profonda il percorso zapatista. Noi ci eravamo resi conto - e per noi vanno incluse le comunità, non solo il primo gruppo - ci eravamo resi conto che le soluzioni, come tutto in questo mondo, si costruiscono dal basso verso l'alto. E tutta la nostra proposta precedente, la proposta della sinistra ortodossa, fino ad allora, era stata il contrario: dall'alto si risolvono le cose per il basso.
Questo cambiamento dal basso verso l'alto per noi significava non organizzarci, non organizzare la gente per andare a votare, né per andare ad una marcia, né per gridare, ma per sopravvivere e per trasformare la resistenza in una scuola. Questo è stato quello che hanno fatto i compagni, non l'EZLN originale, quel piccolo gruppo, ma l'EZLN con ormai presente questa componente indigena. Quello che ora si conosce a grandi linee come la costruzione dell'autonomia zapatista è un processo che vi spiegherà ora il Tenente Colonnello Insurgente Moisés.
Prima di questo, volevo segnalare alcune cose. Si dice, non senza ragione, che negli ultimi due anni, il 2006 e 2007, il Subcomandante Marcos ha lavorato con impegno e con successo a distruggere l'immagine mediatica che si era costruita intorno a lui. E si fa osservare come persone che prima erano vicine a lui ora si siano allontanate o diventate addirittura anti-zapatiste. Alcune di queste persone sono andate nei rispettivi paesi a tenere conferenze e sono state ricevute come se fossero stati loro a ribellarsi in armi. Sono gli zapatologi, pronti a viaggiare con tutti i rimborsi spese, a ricevere gli applausi, le carovane e qualche altro favore, quando viaggiano all'estero.
Che cosa è successo? Vi dirò come la vediamo noi. Voi avrete la vostra opinione. Mi spiego: qui nelle zone indigene si parla molto dei "coyote". A differenza che tra gli yaquis ed i mayos per i quali il coyote è molto rispettato ed emblematico, in Chiapas no. Il coyote è l'intermediario. È qualcuno che compra a buon mercato agli indigeni e poi rivende al mercato a caro prezzo.
Quando scoppia l'insurrezione zapatista, nascono quelli che noi chiamiamo gli intermediari della solidarietà. Cioè, i coyote della solidarietà. Questa gente che diceva, ed ancora dice, di avere il contatto diretto con lo zapatismo, di avere il telefono rosso, sono quelli che sanno come stanno le cose qui, e questo per loro rappresenta un capitale politico. Vengono e portano qualche cosa, cioè pagano a buon mercato; se ne vanno e si presentano come emissari dell'EZLN: riscuotono molto.
La comparsa di questo gruppo di intermediari, in cui c'erano politici, intellettuali, artisti e gente del movimento sociale, ci nascondeva l'esistenza di altre cose, di altri in basso. Noi intuivamo che c'era la Spagna del basso; che c'erano i Paesi Baschi in rivolta; che c'era la Grecia ribelle; che esisteva la Francia insorta; che c'era l'Italia della lotta; ma non lo vedevamo. Temevamo, quindi, che neanche loro ci vedessero.
Questi intermediari organizzavano e facevano cose quando eravamo di moda ed incassavano il loro capitale politico. Così come chi organizza concerti e si tiene una quota: riscuote il suo salario, o quello che spetta alla sua organizzazione.
C'era un altro in basso. Abbiamo sempre avuto questa idea: lo zapatismo ha sempre detto di non essere l'unico gruppo ribelle, né il migliore. La nostra idea non era creare un movimento che egemonizzasse tutta la ribellione in Messico, o tutta la ribellione a livello mondiale. Non abbiamo mai aspirato ad una internazionale, alla quinta internazionale o non so a che numero sono arrivati - Ora c'è la Sesta. Ma questa è un'altra, questa è L'Altra Internazionale.
Che cosa è successo? Vi dirò alcune cose che per voi non saranno novità. La descrizione della sinistra istituzionale è perfettamente chiara per gli spagnoli, con Rodríguez Zapatero o Felipe González; per i Paesi Baschi - Gora Euskal Herria - ancora di più; anche per l'Italia ribelle non deve essere una novità; ed anche la Grecia può raccontarci molto; in Francia con Miterrand, il barone, è lo stesso.
In Messico, no. Continua ad esserci questa aspettativa: che è possibile che la sinistra che ci ritroviamo adesso, se arriva al potere, lo farà impunemente, cioè: può arrivare a governare senza smettere di essere di sinistra. Spagna, Italia, Francia, Grecia, praticamente tutti i paesi al mondo possono rendersi conto del contrario: di gente di sinistra, coerente - non necessariamente radicale - che smette di esserlo nel momento in cui arriva al potere. Varia la velocità, varia la profondità, ma inevitabilmente si trasformano. Questo è quello che noi chiamiamo "l'effetto stomaco" del potere: o ti digerisce o ti trasforma in merda.
In Messico questo avvicinamento della sinistra, o di quello che si autodefinisce sinistra, al potere - mi viene in mente ora che su un giornale è stato scritto che io non ero qui, ma che ero a Città del Messico alle feste della sinistra, ma non sapevo ci fosse una sinistra a Città del Messico e che facesse delle feste…. Sì c'è ancora, ma è un'Altra sinistra - dicevo, nel momento in cui si è presentata la possibilità del potere, è iniziato il processo di digestione e defecazione del potere su questa sinistra. (...)
Dunque, noi avremmo dovuto, ce lo chiedeva questo gruppo di intellettuali, artisti, leader sociali, ritornare alla situazione storica presente al 1984, quando pensavamo che un gruppo, o una persona, se arriva al potere, trasforma tutto dall'alto verso il basso. E che noi depositassimo la fiducia, il futuro, la nostra vita ed il nostro sviluppo nelle mani di un illuminato, di una persona, insieme ad una banda di 40 ladroni... che è la sinistra in Messico.
Noi abbiamo detto no. Non è che il presidente legittimo ci sia antipatico, semplicemente non crediamo in questo processo. Non crediamo che qualcuno, nemmeno così figo quanto il Subcomandante Marcos, sia capace di operare questa trasformazione. Noi non potevamo fare questo, ed allora c'è stata la rottura.
Voglio richiamare l'attenzione su una cosa: allora dicemmo quello che sarebbe successo. Quello che sta succedendo adesso. Quando noi lo dicevamo, dissero che stavamo facendo il gioco della destra. Ora che stanno ripetendo perfino con le nostre stesse parole quello che dicevamo due anni fa, si dice che è per fare un servizio alla sinistra.
Lo zapatismo è scomodo. È come se nel rompicapo del potere ci fosse un pezzo che non si incastra e di cui bisogna disfarsi. Di tutti i movimenti che ci sono in Messico, uno di questi - non l'unico - lo zapatismo, è scomodo per questa gente. È un movimento che non permette di accontentarsi, che non permette di arrendersi, che non permette di tentennare, che non permette di vendersi. E nei movimenti dell'alto questa è la logica, questo è razionale. È la "real politik", come si dice.
Allora si verifica l'allontanamento che, a poco a poco, incomincia a permeare perfino i settori internazionali, in America Latina ed in Europa, fondamentalmente. In questo percorso, tuttavia, si sono costruite relazioni più solide. Per citarne alcune, con i compagni della CGT della Spagna, con il movimento culturale ribelle dei Paesi Baschi, l'Italia sociale e, più recentemente, la Grecia ribelle ed insubordinata che abbiamo conosciuto.
Questo spostamento a destra si nasconde in questo modo, si dice: "L'EZLN si è radicalizzato ed è diventato più di sinistra". Scusate, ma il nostro progetto è sempre lo stesso: non cerchiamo la presa del potere, pensiamo che le cose si costruiscono dal basso. Quello che è successo è che quei settori, gli intermediari della solidarietà, i coyote internazionalisti, o l'internazionale del coyotaggio, si sono spostati a destra. Perché il potere non ti fa entrare gratis.
Il potere è un club esclusivo e bisogna avere determinati requisiti per accedervi. Quello che gli zapatisti chiamano "la società del potere" ha le sue regole. E vi si può accedere solo se si rispettano determinate regole. Chiunque cerchi giustizia, libertà, democrazia, rispetto per le differenze, non ha possibilità di accedervi, a meno che tentenni su queste idee.
Quando noi abbiamo cominciato a vedere questo spostamento a destra del settore apparentemente più zapatista, ci siamo chiesti che cosa c'era sotto, cosa c'era dietro. Ad essere sinceri siamo partiti dal contrario: abbiamo cominciato dal mondo, cioè a livello internazionale, e poi ci siamo chiesti del Messico.
Per ragioni che forse voi potete spiegare, la vicinanza dello zapatismo è stata più forte con altri paesi che col Messico. Ed è stata più forte in Messico che con la gente del Chiapas. Come se ci fosse un rapporto inverso nella geografia: chi viveva più lontano era più vicino a noi, mentre chi viveva più vicino era più lontano da noi.
È venuta l'idea di cercarli con l'intuizione ed il desiderio che esistessero: voi, altri come voi. È arrivata la Sesta Dichiarazione, la rottura definitiva con quel settore dei coyote della solidarietà. E la ricerca, in Messico e nel mondo, di altri che fossero come noi, ma che fossero diversi.
Oltre a questa posizione rispetto al potere, c'è una caratteristica essenziale nello zapatismo - e lo vedrete ora che siete qui in questi giorni o se parlerete con i Consigli Autonomi e con le Giunte di Buon Governo, ovvero con le autorità autonome -: la rinuncia ad egemonizzare ed omogeneizzare la società. Noi non pretendiamo un Messico zapatista, né un mondo zapatista. Non pretendiamo che tutti diventino indigeni. Noi vogliamo un posto, qui, il nostro, che ci lascino in pace, che non ci comandi nessuno. Questo è la libertà: che noi decidiamo quello che vogliamo fare.
E pensiamo che sia possibile solo se altri come noi lo vogliono e lottano per la stessa cosa. E si stabilisce un rapporto di cameratismo, diciamo noi. Questo è quello che vuole costruire L'Altra Campagna. Questo è quello che vuole costruire la Sesta Internazionale. Un incontro di ribellioni, uno scambio di apprendistati ed un rapporto più diretto, non mediatico, ma reale, di appoggio tra organizzazioni.
Alcuni mesi fa sono venuti qua compagni di Corea, Tailandia, Malesia, India, Brasile, Spagna - e non mi ricordo di che altre parti - di Vía Campesina. Noi li abbiamo incontrati a La Realidad ed abbiamo detto loro: l'incontro tra dirigenti per noi non vale niente. Tanto meno le foto con loro. Se le dirigenze di due movimenti non servono affinché i movimenti si incontrino e si conoscano, queste dirigenze non servono.
Diciamo la stessa cosa a chiunque venga a proporci questo. Quello che ci interessa è quello che c'è dietro: voi, altri come voi. Non possiamo andare in Grecia, ma possiamo fare un calcolo e dire che non sono tutti qua quelli che avrebbero voluto venire. Come possiamo parlare con questi altri? E dire loro che non vogliamo elemosine, che non vogliamo pietà. Che non vogliamo che ci salvino la vita. Che vogliamo un compagno, una compagna, ed uno/a compagno/a in Grecia che lotti per le proprie rivendicazioni. In Italia, nei Paesi Baschi, in Spagna, in Francia, in Germania, Danimarca, Svezia - non elenco tutti i paesi perché se ne salto uno poi mi contestano -…
Dove guardiamo noi? Mentre vi espongo questo rapido percorso, vi parlo di un'eredità morale ed etica dalla quale siamo nati. Ha a che vedere soprattutto con la lotta ed il rispetto per la vita, per la libertà, per la giustizia e per la democrazia. Noi abbiamo un debito morale con i nostri compagni. Non con voi, non con gli intellettuali che si sono allontanati, non con gli artisti né con gli scrittori, né con i leader sociali che ora sono antizapatisti.
Noi abbiamo un debito con coloro che sono morti lottando. E noi vogliamo che arrivi il giorno in cui ai nostri morti ed alle nostre morte potremo dire solo tre cose: non ci siamo arresi, non ci siamo venduti, non abbiamo tentennato.
Parole del Tenente Colonnello Insurgente Moisés alla Carovana Nazionale e Internazionale di Osservazione e Solidarietà con le comunità zapatiste
Caracol La Garrucha - 2 agosto 2008
Buona sera, compagni e compagne. Vi voglio dunque spiegare come si sta costruendo l'autonomia nei diversi Caracol e nelle Giunte di Buon Governo.
Ma prima di iniziare con questo, come vi ha detto compagno Subcomandante Insurgente Marcos, prima dell'arrivo dei compagni ribelli dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale in tutte le comunità si viveva molto male: sfruttati, umiliati, calpestati e saccheggiati.
Vi parlerò ora delle terre recuperate che erano dei latifondisti. I nostri nonni e nonne vivevano lì e da moltissimi anni.
Vedevano che i padroni erano prepotenti. E vedevano, i nostri nonni e nonne, che così erano i malgoverni.
Dunque, quando arriva l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale - come dice il compagno Subcomandante Marcos - è iniziato il lavoro nei villaggi parlando alla gente dello sfruttamento. Allora, i nostri compagni e compagne, i nostri nonni e nonne, i nostri papà e mamme, capirono la necessità di organizzarsi. Perché vedevano quello che stava succedendo e quello che subivano. C'era già dunque l'idea che bisognava organizzarsi, che bisognava unirsi, che così si aveva più forza. Ma a quei tempi non si poteva perché i padroni ed il malgoverno non lo permettevano. Ci sono molte storie riguardo a questo. Perché il malgoverno ci diceva che bisognava entrare nelle organizzazioni ufficiali, come la CNC, e poi la CTM, Confederazione Nazionale dei Lavoratori, qualcosa così.
Allora, i nostri papà ed i nostri nonni entrarono in quelle organizzazioni legali che, diceva il malgoverno, avrebbero risolto i nostri bisogni, le nostre richieste. Ci provarono ma non si risolse niente.
Venne l'idea che bisognava organizzarsi in maniera indipendente, con organizzazioni indipendenti; ci provarono e non si risolse niente. Solo persecuzioni, carcere, sparizioni.
Per questo quando arriva l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale i nostri villaggi cominciarono ad organizzarsi. Poi si fece l'apparizione pubblica - come ha detto il compagno Subcomandante Marcos - e lì si decise, nel '94, che dovevamo governarci da noi.
Grazie all'idea nata prima di unirci ed organizzarci. Perché si era visto da tempo che il malgoverno non ci rispettava. Quindi, all'inizio ci siamo organizzati nei municipi autonomi. Così si chiamavano "autonomi". Noi contadini, indigeni, tzeltales, tojolabales, choles, zoques, mames, non capivamo che cosa significava, che cosa voleva dire la parola "autonomia".
A poco a poco capimmo che l'autonomia era proprio quello che stavamo facendo. Il domandarci quello che avremmo fatto. Discutere nelle riunioni e nelle assemblee e poi decidere tra noi. Fino ad ora possiamo spiegare cosa è l'autonomia che si pratica nei nostri Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti.(...).Quello che pensavamo, che immaginavamo prima, ora è confermato. Noi indigeni siamo i più dimenticati. Ma sappiamo anche che di libertà, giustizia, e democrazia hanno bisogno anche quelli che non sono indigeni.
Ora il lavoro nei municipi autonomi si è consolidato. I nostri compagni e compagne hanno capito ed ora si rendono conto che così dovrebbe essere in tutto il Messico: il popolo comanda e chi sta al governo deve ubbidire. È così che lavorano le nostre compagne e compagni.
Si sta costruendo autonomia in tutti i settori. Si parla di salute, di educazione e di altre opere collettive, si discute, si analizza tutto nei villaggi e poi a livello generale si decide quello che si deve costruire.
Ci siamo resi conto, con i nostri compagni e compagne, che si può fare. Hanno imparato molto coi compagni e compagne delle Giunte di Buon Governo. Ed i nostri compagni hanno scoperto una cosa molto importante, che è la partecipazione delle compagne nei diversi incarichi nella costruzione dell'autonomia, e le nostre compagne non possono rimanere sole.
Certo, ci è costato molto. Perché le nostre compagne erano sempre trattate come un oggetto che sta in disparte. Al tempo dei padroni - come hanno raccontato le compagne nell'incontro delle donne - le nostre compagne, le nostre nonne erano maltrattate, violentate.
Allora, i nostri nonni tentarono di proteggere le nostre nonne nascondendole ai padroni, affinché non facessero loro del male. E purtroppo, solo gli uomini si riunivano a discutere e le compagne erano messe da parte.
Con la costruzione dell'autonomia che stiamo facendo ora, abbiamo scoperto che non possiamo continuare come prima a tenere in disparte le compagne. Adesso le compagne nei villaggi aiutano i compagni a risolvere i diversi problemi, a pianificare e a discutere, fanno proposte nelle assemblee dei municipi autonomi o nelle assemblee generali delle Giunte di Buon Governo.
Dove si impara questo? A che scuola? Dove si apprende? Proprio qui, nelle comunità. Migliorano quello che facciamo noi uomini. E se gli uomini fanno qualcosa che non va bene, li mettono in disparte.
Nella costruzione dell'autonomia le nostre comunità, uomini e donne, devono rispettare i sette principi del comandare ubbidendo. I nostri compagni e compagne dicono che se in Messico esistesse un governo che ubbidisce, il Messico sarebbe diverso. Con i nostri compagni autorità, cioè i commissari, le commissarie, gli agenti e le agenti, discutiamo e, per esempio, si parla del fatto che in Messico è il Congresso dell'Unione, i deputati e senatori che sono i rappresentanti del popolo del Messico, e allora le compagne e compagni autorità si chiedono: quando ci hanno consultati riguardo alle leggi che emettono? Si chiedono, per esempio, se sia stato chiesto loro quando Carlos Salinas de Gortari ha cambiato l'Articolo 27, quello che il nostro generale Emiliano Zapata era riuscito ad inserire nella Costituzione, secondo cui la terra non si vende né si affitta. Carlos Salinas, insieme ai senatori e deputati hanno cambiato questo articolo che ora dice che la terra sarà dei padroni che possono decidere quello che vogliono farne.
Dunque, la domanda che si fanno i nostri compagni e compagne autorità è: quando ce l'hanno chiesto? Allora dicono: non servono a niente questi deputati, deputate, senatori o senatrici che stanno lì. Non rappresentano il popolo del Messico, perché non ci domandano mai, non ci consultano mai. Crediamo che nemmeno gli operai vengano consultati sulle leggi che li riguardano.
Quando si fanno le assemblee generali nei municipi, le assemblee generali delle Giunte di Buon Governo, si parla di questo. Che cosa succederebbe se in Messico si chiedesse a tutti i milioni di indigeni, a tutti i milioni di operai, a tutti i milioni di studenti, di esprimersi sulla legge che vogliono?
Per esempio, dicono che Diego di Cevallos, che è stato senatore - credo - o deputato, è un proprietario terriero. Non sente come soffre un indigeno; non sente come soffre un operaio o un'operaia. Quindi, non capisce di che tipo di legge hanno bisogno i lavoratori della campagna e della città.
Compagni, compagne, parlare dell'autonomia sembra molto semplice, ma non è vero. I discorsi sono molto belli, ma la pratica è un'altra cosa. Ci sono molti scrittori, intellettuali, che hanno scritto libri sull'autonomia. Chissà, forse toccano il 2 o il 5 percento di quello che più o meno riguarda l'autonomia. Il 95 percento gli manca.
Per potere parlare di autonomia bisogna vivere dove la si sta facendo. Per scoprire, per vedere e conoscere cosa è. Perché bisogna vedere il modo in cui si pratica la democrazia, come si prendono le decisioni.
In questo caso l'autorità massima sono i compagni e le compagne della Giunta di Buon Governo. Loro si riuniscono per discutere i piani di lavoro. E poi li propongono alle autorità dei MAREZ ed ai compagni e compagne autorità dei MAREZ, cioè dei municipi autonomi; riuniscono i compagni e compagne autorità, cioè i commissari, le commissarie, gli agenti e le agenti dei villaggi. Si porta lì la proposta della Giunta di Buon Governo. E loro, commissari ed agenti la portano nei propri villaggi e la espongono alla Giunta di Buon Governo.
Dai villaggi escono le decisioni, si fa l'assemblea municipale. Lì si vota a maggioranza la decisione su quanto propone la Giunta di Buon Governo. E da lì si fa l'assemblea generale del territorio di competenza della Giunta di Buon Governo e si decide, ora sì, su mandato del popolo.
E poi, alla rovescia. Cioè, il contrario: i villaggi possono proporre dei lavori o delle leggi che si devono fare. Per fare un esempio, in questa zona tutti i villaggi adesso zapatisti stanno decidendo di come coltivare le terre recuperate. Adesso tutti i villaggi in questa zona sono impegnati in questo. Tutti. Manca l'assemblea generale di questa zona dalla quale uscirà il mandato relativo a come coltivare la terra.
Quindi, che cosa succede quando c'è un'assemblea generale? Fate conto di essere i commissari e gli agenti. A volte viene fuori una decisione a maggioranza e rimane una minoranza. Qualche compagno o compagna fa presente che l'accordo preso ha dei problemi che possono avere conseguenze. Allora, la maggioranza permette al compagno o alla compagna di esporre quali sarebbero le conseguenze. Quindi, l'assemblea pone attenzione alle argomentazioni del compagno o della compagna.
Se riguardano un lavoro che ancora non è stato fatto, la maggioranza dice: lo faremo e se non viene bene, noi che siamo quelli che comandano, lo rifaremo. Cioè, dicono alla minoranza che non si tiene conto di quello che dice, ma che le cose che si fanno possono essere migliorate.
La costruzione dell'autonomia in tutte le zone zapatiste è varia. Si fa in diversi modi. Lo vedrete parlando con i compagni e le compagne che andrete a visitare nei diversi Caracol, perchè non c'è un unico modello. Dipende dalla situazione in cui si vive in ogni zona.
Per esempio, nel Caracol di Oventik, di Morelia, di Roberto Barrios, ci sono molti paramilitari. Questo ci obbliga a considerare la costruzione dell'autonomia con molta sicurezza. Perché ci sono molte provocazioni dei paramilitari. In altri Caracol le distanze da un villaggio all'altro ci obbliga a procedere a velocità diverse nella costruzione della nostra autonomia.
Ma sotto un principio che dobbiamo osservare, i nostri sette principi. Che il nostro governo deve ubbidire ed il popolo comanda. Che i nostri governi autonomi devono abbassarsi al popolo e non salire in alto per comandare, per non consultare, per non proporre al popolo. Le nostre autorità autonome, i MAREZ e le Giunte di Buon Governo dobbiamo proporre al popolo. E non imporre. Le nostre autorità autonome devono lavorare per convincere il popolo, e non convincerlo per forza. Le nostre autorità devono costruire quello di cui si ha bisogno, quello che è buono, e non distruggere.
Le nostre autorità devono rappresentare, cioè quello che dice, la vera parola, il pensiero del popolo. Non possono dire che è la parola del popolo se non l'hanno consultato. Le nostre autorità autonome devono servire il popolo. E non che si servano di esso per essere governo autonomo.
Quindi, le nostre comunità, le nostre autorità presenti in ogni villaggio, così agiscono affinché si osservino questi principi. E qui, nelle Giunte di Buon Governo, uomini e donne si alternano al governo nelle proprie zone. Qui si è arrivati alla partecipazione di uomini e donne.
Così facendo, compagni e compagne, le nostre comunità pensano che forse questa pratica potrebbe essere utile ai nostri fratelli e sorelle di fuori, sia del Messico che di altri paesi. Perché, quando il popolo comanda, nessuno può distruggerlo. Ma, dobbiamo pensare che anche i popoli possono cedere, possono sbagliarsi.
Non è come adesso che possiamo incolpare i deputati ed i senatori, i governatori, i presidenti municipali. Ma il giorno in cui il popolo del Messico: operai, maestri, studenti, indigeni, contadini, tutti, il popolo del Messico, deciderà, non troveremo più chi incolpare.
Perchè se un giorno commetteremo un errore, così come siamo stati bravi a farlo, dovremo essere altrettanto bravi a pulire la merda che avremo fatto. E' proprio così che veramente decide il popolo. Ma questa ora deve togliersela chi comanda adesso, il malgoverno. Sono loro ad essere al potere.
Per questo diciamo che quello che ci fa praticare maggiormente l'autonomia è quando togliamo le terre ai proprietari terrieri, ai latifondisti. Quando si prendono i mezzi di produzione. Solo così si ottiene. Per questo c'è bisogno dell'organizzazione.
Dunque, compagni e compagne, in questo siamo impegnati. Speriamo di aver spiegato come lo facciamo e quanto manca ancora per migliorarlo. Ma lo vedrete visitando alcuni villaggi. Lì ve lo spiegheranno in maniera più diretta perchè l'hanno vissuta. E come l'hanno conquistata dove vivono ora.
Traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo
INVITO AL PRIMO FESTIVAL MONDIALE DELLA RABBIA DEGNAMESSICO _ CHIAPAS
Dal 26 dicembre 2008 al 4 gennaio 2009
Per partecipare contatti ed info yabasta@sherwood.it e www.yabasta.it
COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL´ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE.COMMISSIONE SESTA-COMMISSIONE INTERGALATTICA DELL´EZLN. MESSICO
15 E 16 SETTEMBRE 2008
A GLI/LE ADERENTI ALLA SESTA DICHIARAZIONE E ALL´ALTRA CAMPAGNAA GLI/LE ADERENTI ALLA ZEZTA INTERNAZIONAL:AL POPOLO DEL MESSICO:AI POPOLI DEL MONDO:COMPAGNE E COMPAGNI:FRATELLI E SORELLE:
Di nuovo rivolgiamo la nostra parola.Questo vediamo, questo guardiamo. Questo giunge al nostro udito, arriva al nostro cuore scuro.
I. Là in alto vogliono ripetere la loro storia. Vogliono tornare ad imporci il loro calendario di morte, la loro geografia di distruzione. Quando non ci sradicano dalle nostre radici, le distruggono. Ci rubano il lavoro, la forza. Lasciano senza persone, senza vita, i nostri mondi, la terra, le sue acque e tesori. Le città ci perseguitano ed espellono.I campi muoiono e ci fanno morire.E la menzogna si trasforma in governi e l’usurpazione l’arma i loro eserciti e poliziotti.Nel mondo siamo illegali, clandestini, indesiderati.Siamo perseguitat@.Donne, giovani, bambini, anziani muoiono in morte e muoiono in vita. E là in alto predicano la rassegnazione, la sconfitta, la claudicazione, l’abbandono per quelli in basso.Qua in basso restiamo senza niente. Solo rabbia. Solamente dignità.Non c’è ascolto per il nostro dolore se non da chi è come noi.Non siamo nessuno.Siamo soli e solo con la nostra dignità e con la nostra rabbia.Rabbia e dignità sono i nostri ponti, i nostri linguaggi.Ascoltiamoci dunque, conosciamoci.Che il nostro coraggio cresca e si faccia speranza.Che la dignità sia di nuovo radice e nasca un altro mondo.Abbiamo visto ed ascoltato.Piccola è la nostra voce per fare da eco a questa parola, il nostro sguardo è piccolo per così tanta degna rabbia.Ancora dobbiamo vederci, guardarci, parlarci, ascoltarci.Siamo altri, altre, altro.Se il mondo non ha un posto per noi, allora bisogna fare un altro mondo.Senza altri strumenti che la rabbia, senza altro materiale che la nostra dignità.Dobbiamo ancora incontrarci, conoscerci.Manca quello che manca...
II. A 3 anni dalla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, l’EZLN ha fatto una riflessione collettiva, alimentata dall’orizzonte più ampio di quello che le/i nostr@ compagn@ dell’Altra Campagna in Messico e della Zezta Internazionale nel Mondo ci hanno regalato. Non è poco quello che abbiamo visto ed ascoltato, a volte direttamente, a volte nelle parole e negli sguardi degli altri, delle altre. Tanta è la rabbia che abbiamo toccato e tanta la dignità che abbiamo trovato, che pensiamo di essere ancora più piccoli di quello che credevamo.In Messico e nei 5 continenti abbiamo trovato quello che avevamo intuito quando abbiamo iniziato questo nostro sesto passo: c’è un altro mondo, c’è un’altra strada. Se la catastrofe che si avvicina si può impedire e l’umanità ha un’altra opportunità, sarà per quest@ altr@ che, in basso e a sinistra, non solo resistono, ma già abbozzano il profilo di un’altra cosa. Di qualcosa di diverso da quello che succede in alto. Nell’impossibile geometria del Potere politico, i fondamentalismi si distribuiscono equamente: le destre tornano ultradestre e le sinistre istituzionali mutano nell’impossibile destra erudita. Chi si lamenta sulla stampa progressista del fatto che i fanatici della stampa opposta censurano, distorcono e calunniano il loro capo, a sua volta censura, distorce, calunnia e tace di fronte a qualsiasi altro movimento che non si piega al giudizio del capoccia, e senza pudore distribuiscono condanne ed assoluzioni al ritmo mediatico assurdo. Fanatici di una e dell’altra parte si disputano bugie travestite di verità ed i crimini valgono secondo il tempo mediatico che occupano. Ma tutto questo non è altro che il pallido riflesso di quello che succede nella politica.Il disgusto di fronte al cinismo e l’incompetenza delle classi politiche tradizionali, si è trasformato in rabbia. A volte questa rabbia persegue la speranza di un cambiamento sulle stesse strade di sempre e si imbatte nella delusione che immobilizza o nella forza arbitraria che soffoca. Il nord confuso e brutale torna alle solite. Quando non fomenta frodi elettorali (come in Messico) promuove, incoraggia e finanzia colpi di Stato (come sta tentando ora in Bolivia e Venezuela). La guerra continua ad essere la sua diplomazia internazionale per eccellenza: Iraq ed Afghanistan bruciano ma, per la disperazione dell’alto, non si consumano.Le imposizioni di egemonia ed omologazione su scala mondiale, trovano nelle nazioni, nelle regioni e nelle piccole località, gli apprendisti stregoni che tentano l’impossibile ritorno storico ad un passato dove il fanatismo era legge ed il dogma scienza. Nel frattempo, le classi politiche di governo hanno trovato nel mondo del teatro il travestimento adeguato per occultare il loro ingresso nel crimine organizzato. Stanco di tanta avarizia, il pianeta comincia a presentare l’impagabile conto della sua distruzione. Ma anche le catastrofi "naturali" sono di classe e le sue stragi si fanno sentire soprattutto tra quelli che non hanno niente e non sono nessuno. Di fronte a questo, la stupidità del Potere non ha limiti: milioni e milioni di dollari sono impiegati per fabbricare nuove armi ed installare altre basi militari. Il Potere del capitale non si preoccupa di formare maestr@, medici, ingenier@, ma soldati. Non prepara costruttor@, ma altro distruttori.E chi si oppone a questo è perseguitat@, incarcerat@, assassinat@.In Messico in prigione ci sono contadini che difendevano la loro terra (San Salvador Atenco); in Italia sono perseguiti e trattati come terroristi coloro che si oppongono all’installazione di basi militari; nella Francia di "libertà, uguaglianza e fraternità" gli esseri umani sono liberi, uguali e fratelli solo se lo dicono i documenti; in Grecia la gioventù è un vizio da sradicare; ed ancora in Messico, ma ora nella città con lo stesso nome, i giovani sono criminalizzati ed assassinati e non succede niente perché non rientra nell’agenda che in alto dettano quelli di una e dell’altra parte, mentre una consultazione legittima si trasforma nel penoso lavarsi le mani di un capo di governo assassino; nella Spagna della moderna Unione Europea si chiudono giornali e si criminalizza una lingua, il basco, pensando che uccidere la parola uccide chi la inalbera; nell’Asia tanto vicina, alle richieste campagnole si risponde con ingiustizie blindate; nella superba Unione Americana, nata dal sangue di immigranti, si perseguono ed uccidono gli/le altr@ colori che vi lavorano; nel lungo dolore che si chiama America Latina è disprezzato e umiliato il sangue scuro che la sostiene; nel Caribe ribelle, un paese, Cuba, deve sommare alla disgrazia naturale quella di un blocco imperiale che non è altro che un crimine impunito.Ed in tutti gli angoli della geografia del mondo e tutti i giorni dei loro calendari, coloro che lavorano, coloro che fanno andare avanti le cose, sono spogliati, disprezzati, sfruttati, repressi.Ma ci sono anche volte, molte, tante, in cui ci strappano il sorriso, in cui le rabbie cercano le proprie strade, nuove, altre. Ed il "no" che si alza non solo resiste, ma comincia a proporre, a proporsi.Dalla nostra apparizione pubblica, orami quasi 15 anni fa, è stato nostro impegno l’essere ponte affinché le ribellioni passino da una parte all’altra.A volte ci siamo riusciti, a volte no.Ora vediamo e sentiamo non solo la ribelle resistenza che, sorella e compagna, continua ad essere al nostro fianco ed incoraggia i nostri passi. C’è ora qualcosa che prima non c’era, o che non riusciamo a vedere allora.C’è una rabbia creativa. Una rabbia che dipinge di tutti i colori le strade del basso e a sinistra nei cinque continenti...
III. PER TUTTO QUESTO, E COME PARTE DEGLI EVENTI IN OCCASIONE DEL 25 ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE, I 15 ANNI DELL’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO L’OBLIO, IL QUINTO ANNO DELLE GIUNTE DI BUON GOVERNO ED IL TERZO ANNO DELL’ALTRA CAMPAGNA E DELLA ZEZTA INTERNAZIONALE, GLI UOMINI, DONNE, BAMBINI ED ANZIANI DELL’EZLN INVITIAMO TUTT@ I RIBELLI DEL MESSICO E DEL MONDO ALLA CELEBRAZIONE DEL PRIMO FESTIVAL MONDIALE DELLA RABBIA DEGNA DAL TEMA:
UN ALTRO MONDO, UN ALTRO CAMMINO: IN BASSO E A SINISTRA
CHE SI SVOLGERÀ NELLE SEGUENTI SEDI E DATE:
NELL´ALTRA CITTÀ DEL MESSICO, DISTRITO FEDERAL, I GIORNI 26, 27, 28 E 29 DICEMBRE 2008.
NELLA STRUTTURA DELL’ASSOCIAZIONE LOS CHARROS REYES DI IZTAPALAPA, del Frente Popular Francisco Villa Independiente-UNOPII, avenida Guelatao # 50, Colonia Álvaro Obregón, Delegación Iztapalapa, vicino alla stazione Guelatao della metropolitana, dove si terrà l´esposizione.
E NEL LOCALE DELLA UNÍOS, calle Dr. Carmona y Valle #32, colonia Doctores
NEL CARACOL DI OVENTIK, CHIAPAS, SEDE DELLA GIUNTA DI BUON GOVERNO "CORAZÓN CÉNTRICO DE LOS ZAPATISTAS DELANTE DEL MUNDO", I GIORNI 31 DICEMBRE 2008 E PRIMO GENNAIO 2009.
NELLA CITTÀ DI SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS, CHIAPAS, I GIORNI 2, 3 E 4 GENNAIO 2009.
NELLA CITTÀ DI SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS, CHIAPAS, I GIORNI 2, 3 E 4 GENNAIO 2009.
NELLA SEDE DEL CIDECI, che si trova s Camino Real de San Juan Chamula s/n, Colonia Nueva Maravilla.
ALCUNI DEI SOTTO-TEMI DEL FESTIVAL SARANNO: UN´ALTRA CAMPAGNA UN´ALTRA POLITICA UN´ALTRA CITTÀ UN ALTRO MOVIMENTO SOCIALE UN´ALTRA COMUNICAZIONE UN´ALTRA STORIA UN´ALTRA ARTE E UN´ALTRA CULTURA UN´ALTRA SESSUALITÀ
IL FESTIVAL "UN ALTRO MONDO, UN ALTRO CAMMINO: IN BASSO E A SINISTRA", AVRÀ LE SEGUENTI CARATTERISTICHE:
1. - Nella sede di Città del Messico sarà installata una grande esposizione nazionale ed internazionale dove ogni lotta, ogni esperienza, ogni rabbia avrà un suo spazio dove potrà mostrare la sua lotta ed il suo coraggio. Affinché tutt@ possiamo guardarli, ascoltarli, conoscerli.
ALCUNI DEI SOTTO-TEMI DEL FESTIVAL SARANNO: UN´ALTRA CAMPAGNA UN´ALTRA POLITICA UN´ALTRA CITTÀ UN ALTRO MOVIMENTO SOCIALE UN´ALTRA COMUNICAZIONE UN´ALTRA STORIA UN´ALTRA ARTE E UN´ALTRA CULTURA UN´ALTRA SESSUALITÀ
IL FESTIVAL "UN ALTRO MONDO, UN ALTRO CAMMINO: IN BASSO E A SINISTRA", AVRÀ LE SEGUENTI CARATTERISTICHE:
1. - Nella sede di Città del Messico sarà installata una grande esposizione nazionale ed internazionale dove ogni lotta, ogni esperienza, ogni rabbia avrà un suo spazio dove potrà mostrare la sua lotta ed il suo coraggio. Affinché tutt@ possiamo guardarli, ascoltarli, conoscerli.
2. - Nella sede in territorio zapatista, la dignità e la rabbia si faranno arte e cultura, musica e canto, perché la ribellione si balla. E con le parole il dolore si farà speranza.
3. - Nella sede a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, la parola andrà e verrà per far nascere altre parole e dare forza e ragione alla rabbia.
4.- I gruppi, collettivi ed organizzazioni nazionali ed internazionali che parteciperanno al festival saranno solo quelli invitati per tale scopo. Per questo, la Commissione Sesta dell’EZLN ha avviato consultazioni con organizzazioni politiche e sociali, così come con collettivi e gruppi anarchici e libertari, di comunicazione alternativa, di arte e cultura, di difesa dei diritti umani, di lavoratori e lavoratrici del sesso, con intellettuali attivisti sociali, con ex prigionier@ politic@, tutt@ aderenti alla Sesta Dichiarazione; e con gruppi, collettivi ed organizzazioni di altri paesi, tutt@ parte della Zezta Internazional. Dopo queste consultazioni si stabiliranno i criteri per gli inviti e le regole di partecipazione.
5. - Per le tavole rotonde e conferenze, l’EZLN inviterà organizzatori sociali, pensator@ e dirigenti di progetti anticapitalisti del Messico e del Mondo. La lista degli invitati sarà resa nota in seguito.
6. - Ulteriori dettagli su come pensiamo sarà questo festival della degna rabbia saranno comunicati a tempo opportuno (cioè, quando avremo un’idea approssimativa della faccenda in cui vi stiamo cacciando).Per ora è tutto.
LIBERTÀ E GIUSTIZIA PER ATENCO!
Dalle montagne del Sudest Messicano.Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, Settembre 2008
LIBERTÀ E GIUSTIZIA PER ATENCO!
Dalle montagne del Sudest Messicano.Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, Settembre 2008
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